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Autore: Laylath    28/08/2013    3 recensioni
In tutti gli anni che aveva giocato con quelle rondelle, Fury solo sei volte era riuscito a fare una torre di ben cinque pezzi che fosse durata poco più di un secondo.
Alla fine, considerate le oggettive difficoltà statiche, era stupido continuare con quel gioco, ma gli capitava di rifarlo. E la maggior parte delle volte succedeva quando era particolarmente pensieroso: montare quella torre che, inevitabilmente, continuava a cadere, lo faceva piombare in una sorta di trance dove poteva dar sfogo ai suoi turbamenti.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Kain Fury, Roy Mustang
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Military memories'
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Le rondelline che usava per le radio non erano perfettamente piatte: erano leggermente rigonfie lungo il foro centrale e non in maniera uniforme, questo per far sì che si adattassero perfettamente ai cavi elettronici. Ma proprio questa caratteristica, che permetteva un loro ampio utilizzo all’interno delle radio, rendeva difficilissimo impilarle una sopra l’altra. Già alla terza rondella iniziava un pericoloso ondeggiamento, alla ricerca di un equilibrio difficilissimo da trovare, se non impossibile. A volte mettendoci subito sopra una quarta rondella la costruzione dava un illusorio senso di stabilità, ma tutto crollava nell’arco di pochi secondi.
In tutti gli anni che aveva giocato con quelle rondelle, Fury solo sei volte era riuscito a fare una torre di ben cinque pezzi che fosse durata poco più di un secondo.
Alla fine, considerate le oggettive difficoltà statiche, era stupido continuare con quel gioco, ma gli capitava di rifarlo. E la maggior parte delle volte succedeva quando era particolarmente pensieroso: montare quella torre che, inevitabilmente, continuava a cadere, lo faceva piombare in una sorta di trance dove poteva dar sfogo ai suoi turbamenti.
Anche se non sempre riusciva a trovare qualche conforto.
La pila di rondelle si disfece sotto le sue mani per l’ennesima volta e Fury sospirò tristemente.
“Cinque rondelle impilate per ben tre secondi: – commentò una voce accanto a lui – siamo proprio pensierosi, eh Fury?”
“Colonnello!” esclamò il ragazzo, lievemente sorpreso. Credeva di essere rimasto solo nell’ufficio, data l’ora tarda.
Mustang si sedette sopra la scrivania del sergente, mettendosi a braccia conserte e sorridendo divertito.
“Vediamo… – iniziò, assumendo un’aria falsamente concentrata – quando Falman è pensieroso tormenta l’angolo destro dei fogli che ha davanti: l’ho imparato dopo due settimane che era entrato in squadra. Havoc fuma in maniera più nervosa, ma a questo ci si arriva in fretta, non credi? Per Breda ci ho dovuto riflettere parecchio prima di capire che è pensieroso quando si passa più volte la mano sulla sua cresta rossa, tirandosi lievemente i ciuffi. Ma tu sei stato un vero problema, Fury… mi ci sono voluti ben due mesi per capire che i tuoi pensieri li sfoghi in queste torri di rondelle.”
“Pensavo di essere il più prevedibile di tutti” ammise il ragazzo, arrossendo e riprendendo istintivamente a impilare i piccoli componenti.
“No, per certe cose sei abbastanza imprevedibile: a volte non so proprio cosa aspettarmi da te. – disse Mustang, fissando con attenzione quelle mani così snelle ed agili che facevano a gara con il freddo metallo - Ma ormai so riconoscere quando c’è qualcosa che ti turba profondamente.”
Un sorriso comprensivo comparve nel viso del colonnello: erano rare le occasioni in cui l’alchimista si permetteva di essere così aperto nei confronti dei suoi sottoposti, nel delicato equilibrio tra gerarchia e amicizia. Ma considerato che il ragazzo lo stava praticamente tirando su lui, dato che l’aveva preso in squadra appena diciottenne, si poteva permettere di essere più comprensivo, anzi, era quasi un dovere farlo.
“Signore… - iniziò il giovane, intuendo che poteva sfogarsi con una persona che forse l’avrebbe capito – davvero il corpo di Alphonse…” non riuscì a terminare la frase, troppo scosso dalla terribile sorte che era toccata a quel ragazzino.
La torre di rondelline crollò di nuovo.
No, non era giusto quello che era capitato ai due fratelli Elric: li conosceva relativamente da poco e gli sembravano due bravissime persone. Certo, era rimasto perplesso quando aveva visto per la prima volta Alphonse, ma non poteva immaginare che dietro quell’armatura si nascondesse una storia così tremenda. Quando, qualche giorno prima, aveva conosciuto le loro vicende ne era rimasto profondamente turbato: non credeva che l’alchimia potesse avere delle simili conseguenze sulle persone.
“Quello che hanno tentato di fare quei due ragazzi – spiegò Roy – è un tabù dell’alchimia. Sono davvero fortunati ad essere ancora qui, a tentare di riavere i loro corpi… anche se la loro condizione non l’augurerei a nessuno.”
“Lui non può sentire nulla, vero?” chiese Fury, alzando lo sguardo verso il suo superiore.
“No, - ammise con gentilezza Mustang – non sente né caldo né freddo, né fame, sonno, dolore… o meglio, il dolore che prova non è fisico. ”
“E’… è ingiusto… lui voleva solo sentire di nuovo le carezze della sua mamma, il suo abbraccio, il suo calore. Possibile che un desiderio così bello debba essere ripagato in un modo così tremendo?”
C’erano lacrime sul viso del sergente, certo… come poteva quel ragazzo così sensibile non piangere davanti alla tragedia che era toccata ai fratelli Elric?
E la domanda che aveva posto non era più che giusta?
“Sembra quasi uno spietato scambio equivalente, non credi? – sospirò Mustang – Lui voleva sentire il suo abbraccio, il suo calore, le sue carezze e ora ha un corpo che non può sentire niente di tutto questo”
“Davvero l’alchimia può essere così crudele?… Oh, mi scusi signore, non volevo…” il giovane abbassò lo sguardo, sperando di non aver offeso il suo superiore. Spesso preferiva dimenticare che l’alchimia poteva anche uccidere le persone, specie quella di fuoco.
Ma l’alchimista non sembrava arrabbiato da quello sfogo: pareva riflettere attentamente sulle prossime parole da dire
“Prendi la tua pistola” ordinò infine.
Il ragazzo obbedì ed estrasse l’arma dalla fondina.
“Che è successo quando hai sparato per la prima volta senza sapere come usarla?”
“Mi… mi è scappata di mano e mi sono ferito in volto. Ho ancora una cicatrice sotto il ponte degli occhiali” rispose Fury, arrossendo lievemente nel ricordare l’increscioso incidente.
“Se la usi contro un assassino che sta per commettere un omicidio che succede?”
“Salvo la vita della persona che stava per essere uccisa, signore” rispose ancora il ragazzo, chiedendosi dove il suo superiore volesse arrivare.
“Se hai un cadavere e gli spari nel cuore, lo riporti in vita?”
“No, signore.”
“Ecco l’alchimia, Fury: non dissimile dalla tua pistola. Devi saperla usare o non sparerà o, anche peggio, ti farai male; quando invece la controlli potrai fare del bene alle persone, dipende sempre da te ovviamente… ma, nonostante tutte le sue potenzialità, non riporta in vita le persone, perché non si può. E’ il ciclo della vita, tutto qui: non puoi interromperlo a tuo piacere, per quanto il tuo desiderio possa essere il più bello e puro del mondo.”
“Ma perché le conseguenze dovevano essere così dolorose?” sospirò il giovane, fissando le sue rondelle sparpagliate sul tavolo, fredde come l’armatura di Alphonse.
“Perché a volte la vita ci infligge delle lezioni davvero crudeli. Ma sono sicuro che quei due ragazzi avranno modo di rimediare, fidati di me.”
“Desidero davvero che riescano ad avere indietro i loro corpi. – dichiarò il sergente ad occhi chiusi, quasi fosse una preghiera - Lei li aiuterà, vero signore?” chiese poi alzando lo sguardo verso Mustang.
Ecco la solita aria da cucciolo fiducioso davanti alla quale persino il tenente Hawkeye ogni tanto si scioglieva. L’alchimista si alzò in piedi, sospirando con aria seccata.
“Acciaio e suo fratello non hanno bisogno che faccia loro da balia, ma quando vorranno potranno venire qui… è un bene avere un punto fermo dove poter tornare, non credi Fury?”
“Sì, colonnello! – sorrise il ragazzo, comprendendo che dietro quella frase il suo superiore voleva dire che avrebbe dato agli Elric tutto il sostegno possibile… a modo suo, ovviamente – Ha proprio ragione.”
“Io sto andando a casa – annunciò l’alchimista di fuoco – Hai voglia di impilare quelle rondelle ancora per molto?”
Fury fissò per qualche secondo quei pezzetti di freddo metallo e poi sorrise.
“No, signore. Direi che posso andare via dall’ufficio pure io.”
“Allora ti concedo un minuto per prepararti, sergente: ho un appuntamento stasera e non voglio fare tardi.”
 
Le rondelle rimasero immobili sulla scrivania di Fury per quella notte fino a quando, il mattino dopo, il ragazzo se le rimise in tasca con un lieve sorriso.
L’alchimista di fuoco non lo vide più tentare di impilare quei componenti per moltissimo tempo.




___________________
nda.
Ecco la one shot che per qualche giorno mi ha picchiettato nella testa distraendomi dalla ff su Falman.
Si vede che ogni tanto il piccolo Fury reclama attenzioni e io sono pronta a dargliele... specie se si tratta di momenti così delicati. 
Mi è sempre piaciuto vedere Roy in atteggiamento semi paterno con il nostro sergentino, anche quando si tratta di spiegare cose difficili come le conseguenze della trasmutazione umana di Ed e Al  *_*
  
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