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Autore: ChiaraLilianWinter    28/08/2013    3 recensioni
Camilla Herstood ha quindici anni, un'amica fantastica che cambia fidanzato con la stessa velocità con cui si fa zapping in tv, una madre depressa che, dopo la fine di un matrimonio sbagliato, tenta di rifarsi con il primo che le capita sotto mano.
Camilla ama scrivere, ma, a forza di essere circondata da persone superficiali, ne ha assunto il carattere: non riesce a completare una storia, che già sta lavorando ad un'altra, e così di continuo.
Camilla ha un segreto, un segreto terribile che è costretta a trattenere all'interno del suo cuore.
Camilla incontra William, e da allora cambia tutto. Il ragazzo gli propone di esaudire dieci desideri, per superare la sua superficialità, e Camilla accetta. Tra i due nasce qualcosa che diventa sempre più profondo, ma il tempo a loro disposizione è poco, e ogni secondo che passa diminuisce.
Perchè anche William nasconde un segreto. E non solo lui.
I segreti, le bugie, i tradimenti, sono fili insidiosi che avvolgono tutto, in un intreccio terribile che Camilla dovrà districare. Ma ciò che rimarrà alla fine potrebbe non essere quello che lei e William hanno sperato.
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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Il Childrens' Hospital è, come si capisce dal nome, un ospedale infantile. È composto da un grande edificio grigio e triste, dove vi sono centinaia di finestrelle decorate con forme colorate fatte col cartoncino. Quando io e William arriviamo davanti all'ospedale, gran parte delle luci sono già spente.
I bambini più piccoli.
Sento una fitta al cuore, e mi accorgo che anche William ha sul viso la tristezza.
<< Tua cugina... >>
Annuisco senza dire nulla e smonto dalla moto. Aspetto che William faccia lo stesso, ma lui non si muove.
<< Io ti aspetto qui, se preferisci. Pensavo che... Magari volevi stare un pò da sola con lei. >>
Il suo tono è strano, quasi timoroso. Sembra mi stia pregando di lasciarlo ad aspettare lì fuori. Mi volto verso di lui: è estremamente teso, e capisco che non è solo la tristezza che gli fa quest'effetto. C'è qualcos'altro che non riesco a decifrare.
Non posso fare a meno di sorridergli. Prendo il pacchetto e faccio per andare, quando sento la sua mano che scivola nella mia e la stringe brevemente. Un attimo dopo, si ritrae. Non so come, ma riesco a capire cosa significa.
Io sono con te.
Sorrido, confortata, e faccio un gran sospiro, prima di entrare a grandi passi nell'ospedale.

Non mi sono mai piaciuto gli ospedali. Non mi piace l'odore di gomma e dentifricio e alcool che ti invade appena entri, gli infermieri in camice bianco, le persone con le borse sotto gli occhi sedute sulle sedie lungo i corridoi. In tutta la mia vita sono stata in ospedale solo una volta, quando avevo sette anni. Ero caduta dall'altalena e non so come mi ero rotta il braccio. Da allora ho fatto di tutto per non rientrarci mai più.
Mi avvicino al banco nella sala d'ingresso e mi rivolgo alla segretaria.
<< Melìne Herstood...? >>
<< Chi la cerca? >>
La donna dietro il bancone sembra molto giovane. Ha i capelli neri raccolti in una crocchia e un paio di spessi occhiali a coprirle gli occhi.
<< Sua cugina, Camilla Herstood. >>
Lei digita un paio di numeri sullo schermo.
<< Stanza 234. >>
<< La ringrazio. >>
Stanza 234. Interno 23. Interno 24.
Strano il modo in cui ricorrono questi numeri.
Mi dirigo verso l'ascensore, vicino a cui c'è un uomo. Non è in camice, ma sulla camicia leggera porta un cartellino con il nome.
Quando lo leggo, sento una fitta allo stomaco e spalanco la bocca, come se qualcuno mi avesse appena tirato un pugno.
Il nome dell'uomo è Harstrong. Julio Harstrong.
Il fratello maggiore di William.
Mentre premo il pulsante per chiamare l'ascensore, non riesco a non osservarlo.
Non assomiglia molto a William, in realtà. Ha i capelli biondo cenere, la pelle chiara. Potrebbe anche non essere suo fratello, se non fosse per un piccolo particolare. I suoi occhi, i suoi meravigliosi occhi. Sono blu, il blu del mare, e luccicano mentre si volta verso di me e abbozza un sorriso.
<< Desidera qualcosa? >>
<< Ah! No, non... In verità... >>
Abbasso lo sguardo, mentre le mie guancie assumono una tinta rosea piuttosto scura. L'uomo si lascia sfuggire una risata.
<< Ecco... Mi chiedevo... Sa dirmi dove si trova la stanza 234? >>
Lui attende un attimo prima di rispondere.
<< Sì che lo so. Quella bambina è una mia paziente. >>
Mi manca il respiro e stringo le mani sul pacchetto, fino a fare scricchiolare la carta.
Quindi è un dottore. E Melìne è una sua paziente.
<< Ragazzina dolcissima, la piccola Mel. Peccato per la sua malattia... La costringe a stare in ospedale proprio nel periodo del suo compleanno. >>
Proprio così. È da cinque anni che Melìne, dal 15 al 22 Maggio, è costretta a stare in ospedale per una serie di controlli. Non so cos'abbia di preciso, ma so che è incurabile. I controlli e le terapie servono solo ad allontanare il giorno in cui...
Mi strofino insistentemente gli occhi, cercando di scacciare via quei pensieri e le lacrime.
<< E tu chi saresti? >>
Alzo lo sguardo e vedo il dottore che mi osserva.
<< Sono Camilla, sua cugina. >>
<< Oh, Camilla! Melìne mi parla sempre di te! Finalmente.. >>
Si blocca e fa una smorfia, decisamente a disagio. Ha parlato troppo, se ne rende conto. A salvarlo è l'ascensore, che arriva con un trillo e una voce metallica ad annunciarlo. Io mi ci fiondo dentro.
<< Allora arrivederci. >>
<< Ah! Aspetta! >>
Si mette davanti all'entrata dell'ascensore e mi sorride. Solo allora mi rendo conto di quanto sia giovane. Non deve avere nemmeno trent'anni.
<< La camera è al piano 9. >>
Ricambio il sorriso e schiaccio il pulsante con sopra scritto il numero 9.
<< Grazie mille, dottor Harstrong. >>
Le porte si chiudono cigolando.

È da una decina di minuti che sto davanti alla porta della stanza 234, e non riesco a decidermi ad entrare. Ho paura che, una volta varcata quella soglia, Melìne mi veda e mi cacci via. Ne avrebbe tutte le ragioni.
Io amo molto mia cugina. Quando eravamo più piccole stavamo sempre insieme, eravamo come due sorelle. Ma lei è sempre stata di salute cagionevole. Ricordo quel giorno come se fosse ieri.
Era il suo compleanno. Stavamo giocando, ci rincorrevamo per il giardino della sua casa, io davanti e lei dietro. Ad un certo punto, non ho più sentito il rumore dei suoi passi. E quando mi sono voltata, Melìne era stesa a terra, non si muoveva più. Le mie urla hanno scosso tutto il quartiere.
Mia cugina ha dovuto passare settimane in ospedale, e da allora, ogni anno, deve ritornare e stare all'ospedale per una settimana.
Io non sono riuscita più a vederla. Non so perchè, ma mi sentivo responsabile di quello che era successo. Non la sono andata a trovare in ospedale, e non le ho fatto più gli auguri di compleanno. Per cinque anni.
E adesso sono qui, così, ferma come uno stoccafisso davanti alla porta della sua stanza d'ospedale e con un pacchetto regalo in mano. Dopo tutto questo tempo.
Chi mi credo di essere? Perchè diamine lo sto facendo?
Solo per avere quello stupido premio, quel dannatissimo incontro. Se non fosse per quello non avrei mai avuto il coraggio di farlo, di venire qui.
La verità mi colpisce come un pugno allo stomaco e mi sento orribile, mi vergogno di me stessa. Vorrei soltanto sparire da qui, non dover entrare in questa maledetta stanza e non dover vedere Melìne, la mia Melìne, distesa sul letto inerme. Non voglio non voglio non voglio.
E poi sento una mano sulla mia spalla.
Mi giro e osservo Julio Harstrong che mi sorride, rassicurante.
<< È tutto ok. >>
<< Perchè è qui? Melìne, intendo. Lei non dovrebbe essere qui. Oggi è il suo compleanno, ci dovrebbe essere una grande festa e lei dovrebbe essere felice. >>
<< Non sempre le cose vanno come dovrebbero. >>
<< Perchè? >>
<< A questa domanda nessuno può dare una risposta. >>
Il suo sorriso si addolcisce e si china su di me.
<< Ma tu potresti renderla felice, almeno un pò. >>
<< Non ce la faccio.. >>
<< Ma certo che ce la fai. Devi solo attraversare quella porta. >>
<< È questa la cosa difficile. >>
Lui mi gira, mettendomi davanti alla porta. Poi, mi sussurra all'orecchio.
<< Solo tu puoi farlo. >>
E mi spinge dentro la stanza.

Appena entro, mi sento invadere da un profumo buonissimo, dolce, che mi rallegra. Ma questa sensazione dura solo finchè non capisco dove mi trovo.
La stanza è in penombra, illuminata solamente da una lampada accesa sul comodino. La finestra è spalancata e da essa entra una piacevole brezza estiva che aiuta a diffondere quel profumo, proveniente da alcuni mazzi di fiori appoggiati su un tavolino. Stesa sul letto, c'è Melìne.
È come me la ricordavo: lunghi capelli biondi e lisci, occhi verdi vispi, naso all'insù e una spruzzata di lentiggini sulla sua pelle chiara.
Lei alza lo sguardo dal libro che sta leggendo e mi fissa. Io fisso lei. Rimaniamo così più o meno per un minuto, fino a quando sul suo volto si allarga un sorriso sorpreso e i suoi occhi si illuminano.
<< Camilla. >>
<< Ciao.... Ciao, Melìne. >>
Lei sorride ancora di più, e si mette a sedere sul letto, in attesa che mi avvicini. Con le gambe tremanti, la accontento e mi siedo sulla poltroncina accanto al letto.
So di essere terribilmente impacciata.
<< Pensavo... Che zia fosse qui. >>
Lei annuisce.
<< È scesa un attimo a prendere il caffè. >>
<< Beh... Certo... Ehm. >>
Le mie guancie si imporporano mentre le porgo il pacchetto.
<< Il tuo regalo. Buon.. Buon compleanno, Mel. >>
Lei mi guarda, poi lentamente prende il pacchetto e lo poggia davanti a sè. Ma non lo apre.
<< Mel. Mi chiamavi sempre così, da piccola. >>
Assume un'espressione nostalgica.
<< Già. Tu mi chiamavi Milla, invece. >>
Volevo farla ridere, ma non ci sono riuscita. Nella frase c'era solo tanta tristezza. Lei sospira e alza lo sguardo su di me, decisa.
<< Non sei mai venuta a trovarmi. >>
Eccola, la frase che temevo. Inizio a tremare ancora di più e il cuore mi batte sempre più forte nel petto.
<< Mi... Mi dispiace.. >>
<< Perchè? >>
La sua voce è fiebile, sembra voler dire altro, ma scrolla le spalle e sta zitta.
<< Io... Pensavo non ti facesse piacere... >>
<< Come avrebbe potuto non farmi piacere?! >>
Quando alza il viso, vedo che è rigato di lacrime.
<< Tu sei sempre stata come una sorella, per me! Come diamine ti è saltato in mente che non volessi vederti?! Eri l'unica... L'unica persona che sarebbe stata in grado di farmi sentire meglio ma mai, mai in cinque anni sei venuta a trovarmi! Mai! >>
Sussulto sentendo il suo tono di voce alto e duro. Melìne riprende fiato per dire qualcos'altro ma un eccesso di tosse la interrompe, facendola piegare su sè stessa. Io mi chino verso di lei sfiorandole la schiena con una mano, aspettando che lo sfogo si fermi. Approffitto di questo momento per osservarla meglio.
Da una parte è sempre mia cugina, ma dall'altra è cambiata completamente. È pallidissima e ancora più magra di quanto lo fosse anni fa, sembra poter crollare da un momento all'altro. Ha profonde occhiaie sotto gli occhi e le sue labbra sono secche. Mi fa male, malissimo vederla in quello stato, ed era anche per questo che non volevo venire a visitarla.
Quando la tosse si ferma, Melìne fa un paio di respiri profondi e si rimette dritta.
<< Tutto ok...? >>
<< Sì. Ci sono abituata. >>
Io faccio un sospiro di sollievo e poi cerco di sorriderle. Lei non ricambia, si limita ad osservarmi e a prendere il regalo tra le sue fragili mani, soppesandolo.
<< Che cos'è? >>
Senza aspettare la mia risposta, inizia a stracciare la carta e da una scatola di cartone tira fuori il regalo. È un vestito violetto, piuttosto leggero, senza maniche. Ha una fascia viola che lo regge, sul seno, e da lì si allarga assumendo man mano un colore più chiaro. È davvero bello, ma non è quella la cosa importante.
<< Te lo ricordi, Mel? Quando eravamo piccole, tu notasti un vestito violetto sulla vetrina di un negozio. Stetti lì ad osservarlo per un'ora buona, e quando alla fine tua madre riuscì a portarti via tu scoppiasti a piangere perchè lo volevi. Ma era un vestito da donna. Questo non è lo stesso, ma... >>
<< È molto più bello. >>
Emetto un singhiozzo sorpreso e alzo di scatto la testa per guardarla negli occhi. Ma la sua attenzione è concentrata sul vestito. I suoi occhi sono lucidi e sul suo viso si estende un sorriso quando finalmente mi guarda.
<< È decisamente più bello dell'altro. È stupendo. Grazie... Grazie. >>
A quel punto non riesco più a trattenermi. Soffoco a stento un'altro singhiozzo e mi tuffo tra le sue braccia, mentre nessuna di noi due riesce più a ricacciare via le lacrime.

Vedere Camilla in questo modo, così... Vulnerabile, mi ha stretto il cuore in maniera indescrivibile. Vorrei stare al posto di sua cugina adesso, lì, stretta a lei, a consorarla e a consolare sè stessa. Ma non è questo il momento di pensare a certe cose, purtroppo.
<< Sapevi che lavoravo qui, Will? >>
Sposto lo sguardo sul giovane uomo davanti a me, appoggiato al muro opposto. Non ci assomigliamo molto, se non per gli occhi.
<< Mi sono giunte certe voci... All'inizio non volevo crederci. >>
<< Immagino. Sapere che ti sto così vicino, dopo che hai impiegato anni per allontanarti da me... Da noi... >>
<< Non parlare come se ti dispiacesse. Sono sempre stato un peso. >>
<< Per me e per papà, certo che sì. Tuttavia.. >>
Julio affila lo sguardo.
<< Lei ha bisogno di te, Will. >>
<< È una bugia. Ha voi, sta molto meglio. >>
<< Sai che non è così... Ma... Immagino che adesso ci sia qualcosa che ti trattiene... >>
Oh no. Non avrà mica...
<< Ti sbagli. Non... >>
Ma lui non sta più guardando me. La sua attenzione adesso è rivolta alle due ragazze nella stanza 234.
<< Dimmi, ti piace davvero tanto, questa Camilla? >>
<< Ti sbagli! >>
Lui riporta lo sguardo su di me e mi sorride. Un sorriso crudele.
<< Sai che è impossibile. >>
<< Io non... >>
<< Pensavo che l'avessi capito. Le donne sono crudeli, Will. Ti spaccherà il cuore. >>
<< Lei non è come le altre.. >>
<< Come puoi dirlo? Da quanto ne so, vi conoscete da pochi giorni... >>
<< Come fai a saperlo? >>
Lui passa sopra alla mia domanda.
<< È crudele da parte tua inserirla in tutto questo. Ho fatto ricerche su di lei, decisamente non è il tipo di ragazza che dovresti frequentare, nè tantomeno il tipo di ragazza che può entrare nella tua storia. In quello che è successo. Non reggerà, William. La farai a pezzi. E sarai costretto ad abbandonarla. >>
<< Tu...! >>
Ma lui mi zittisce, e mi si avvicina.
<< Will, ti prego di riflettere. Sai dove trovarci. Se non ti farai vivo, beh... >>
Il suo sguardo vaga nuovamente sulla stanza, raggelandomi il sangue nelle vene.
Poi Julio si volta, dandomi le spalle, e inizia ad allontanarsi per il corridoio.
<< Goodbye, fratellino. >>

Nell'antro della strega!
Scusate per questo papiro, inizialmente volevo separarlo in due parti, ma poi non sarebbe stato dello stesso spessore, insomma, preferivo mettere tutto insieme. Il terzo desiderio è stato uno dei più impegnativi da ideare e da scrivere, anche perchè vediamo l'entrata in scena di Julio, il fratello maggiore del nostro caro William.
Cosa succederà, adesso?
Muahahaahahahahah.
Grazie per aver letto il capitolo e se avete voglia recensite, ovviamente!
Al prossimo capitolo!
Baci
  
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