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Autore: mamogirl    28/08/2013    3 recensioni
"Just like a prayer, your voice can take me there."
Nick continuò a guardarsi in giro, a soffermare lo sguardo su quelle persone che lo fissavano a loro volta, con un'espressione shockata e, a tratti, piene di pietà e compassione. Ma guardavano solo lui, nessuno ancora sembrava essersi accorto di Brian lì al suo fianco. "Bri, perché mi fissano?"
La risposta arrivò con quel tono impersonale che continuava a infondere la sensazione che qualcosa non quadrava in quella situazione. "Anche tu fisseresti qualcuno che sembra parlare da solo, no?"
"Cosa? Ma io sto parlando con te!" Esclamò Nick, evitando quella voce che ora stava urlando pericolo dentro di lui.
"Sì. - Rispose Brian, senza nemmeno un sorriso. - Ma solo tu puoi vedermi."
Genere: Angst, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Brian Littrell, Nick Carter
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I Parte

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Forse avrebbe preferito il silenzio. Oh, avrebbe di certo preferito l’assenza del benché minimo rumore piuttosto che quel continuo e terrificante bip meccanico che proveniva dal lato opposto del letto. Avrebbe voluto alzarsi e spegnerlo, avrebbe voluto metterlo a tacere, sottolineando quanto non fosse necessaria e indispensabile la sua presenza.
Negare, ecco che cosa avrebbe voluto fare.
Negare con estrema ostinazione l’esistenza di quel giorno, cancellarlo dal calendario e ritornare al giorno prima, quando tutto ancora era perfetto e non c’era nessuna nube ad incombere su di loro.
Negare, a gran voce, di trovarsi in quel luogo, attaccato ad una mano come se da essa dipendesse la vita dell’altro. Non solo quella della persona che giaceva in quel letto, immobile e pallida e silenziosa ma anche la sua, colui che ancora sentiva il sangue sulle sue mani, nonostante le avesse lavate, sfregate e quasi tolto la pelle pur di cancellare quelle macchie rosse.
Negare quello che era successo, negare quelle immagini che continuavano a danzargli davanti agli occhi, scene che però non appartenevano ad un film e che nemmeno lui avrebbe mai volute sceneggiare e produrre.
Dicevano, i dottori, che non era in pericolo di vita e che più trascorrevano le ore, più diventava più forte. Dicevano che lo avevano ripreso per un soffio. Non era un controsenso? Non li aveva mai compresi e nemmeno quella notte era stata un’eccezione. Così si aggrappava a quella minuscola, e a volte enorme, speranza e a quella promessa. E non le aveva mai infrante, lui, le promesse. Gli aveva chiesto di tornare e lo aveva fatto, nonostante sapesse quanto dolore lo avrebbe aspettato al varco.
Una mano scostò i riccioli biondo castano, spostandoli dalla fronte e dagli occhi chiusi. Lentamente e delicatamente, l’indice seguì la linea delle ossa, scendendo dalla tempia fin la parte più bassa e prominente della mascella; lì il palmo si appoggiò sulla guancia, sussultando per quel freddo contatto perché sempre memore di quanto, invece, quella pelle fosse sempre stata calda. Poteva aver freddo, poteva sempre indossare tremila strati, ma non il viso, no, quello rimaneva sempre caldo.
“Devi tornare.”
Erano le uniche parole che mormorava il ragazzo, le uniche che riuscissero a sfuggire a quel groppo che ancora non si era sciolto, quell’involucro in cui si erano nascoste ogni emozione e sentimento. Non vi erano più lacrime, le aveva ormai esaurite in quel vicolo buio in cui...
“Devi tornare.”
Glielo aveva promesso, no?
Glielo aveva promesso e lui non mancava mai alla parola data. Non gli aveva ancora chiesto scusa, non gli aveva ancora detto quanto scioccamente si era comportato quel giorno. Almeno, ed era quella una mera consolazione, era riuscito a dirgli e ripetergli che lo amava.
“Devi tornare. Frick. Devi tornare da me.” Le labbra si appoggiarono sulla mano stretta attorno alla sua, baciando con tenerezza ogni singola dita e rimanere poi a contatto con il centro del dorso. Per qualche secondo, aspettò con trepidazione qualcosa. Un cambiamento. Qualsiasi movimento.
Ma a rispondere a Nick fu ancora il bip meccanico.

 

 

 

∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞∞

 

 

 

Era iniziato tutto con una lite.
Una stupida e inutile discussione. Almeno inizialmente, non era sembrata così futile e priva di sostanza anche se era incominciata da una banale frase non compresa, un fraintendimento portato poi all’estremo e reso molto più grande di quanto lo era in realtà. Era inutile, ora, ricercare le cause radicate in quelle parole: c’era stata la stanchezza a dare vita alla prima scintilla, la tensione aveva agito poi da combustibile, impedendo a quella debole fiamma di morire immediatamente; il resto, quell’alto e scatenato fuoco, era stato alimentato dalle paure, dalle ansie e dall’insicurezza. Poteva essere quindi giustificabile l’origine di quel litigio ma non le frasi che si erano lanciati contro come se fossero pugnali ben affilati, consci e consapevoli di quanto profonde sarebbero state le ferite.
Strano, o forse casuale, era il fatto che la discussione fosse nata in un giorno di pioggia, come se lampi e nubi grigie avessero agito da catalizzatori di tutto quel malumore che già si stava infuriando dentro di loro.
O forse, solamente dentro Nick.
Era stata una mattina come le altre. Era stata una giornata come le altre. Il picchiettio delle gocce di pioggia contro il vetro li aveva svegliati quando ancora il sole avrebbe dovuto nascere dietro i nuvoloni che rendevano plumbeo il cielo mattutino. Con il sottofondo di quella naturale melodia, Brian e Nick si erano goduti il calore delle coperte più del dovuto, complice una giornata completamente libera e vuota di impegni lavorativi. Per loro, giorni come quelli avevano il profumo e il sapore di un angolo di paradiso. Ancora poche persone, solamente il stretto cerchio attorno a loro, erano a conoscenza della loro relazione, nonostante essa procedesse a gonfie vele da più di qualche anno. Ed era quel piccolo neo, quel piccolo puntino nero, che ogni tanto riusciva a rovinare l’umore di Nick perché non c’era più grande desiderio al suo mondo di urlare con gioia chi era il fortunato che ogni giorno lo faceva sorridere. Voleva, Nick, che ognuno sapesse che il vero fortunato era lui, che era lui che doveva ringraziare chiunque avesse deciso di sceglierlo come anima gemella di Brian. Si completavano alla perfezione e Brian, oh, Brian era la sua stella, il sole attorno al quale faceva danzare ogni pianeta e satellite del suo universo. Voleva raccontare questo al mondo, voleva far vedere a loro che cosa significava aver incontrato, aver sempre conosciuto l’altra parte del suo cuore.
Eppure, invece, non poteva.
E il tarlo, il dubbio, erano difficili da scacciare via. Specialmente e soprattutto in giornate come quelle, dove l’apparenza poteva farli recitare come una comune coppia per poi togliere il suo velo all’improvviso, riportandoli in quell’angolo dove si dovevano sempre nascondere. Non ne aveva mai parlato con Brian, forse perché odiava dover essere sempre lui colui che oscurava, sebbene solamente in minima parte, la luce nei suoi occhi o del suo sorriso. O forse perché che non avrebbe dovuto lasciarsi trasportare da quelle che erano solamente insicurezze. Brian lo amava, che importanza aveva se lo faceva in modo riservato? Non era quella una delle qualità che più amava in lui? La gente sbagliava, le fans ritenevano sempre lui colui più incline a tenere privati certe emozioni della sua vita. Era Brian, invece, colui che nascondeva ogni minimo dettaglio della sua vita, come se fosse davvero sicuro che a nessuno, in fin dei conti, davvero avesse interesse a saperli e conoscerli.
Non ne aveva mai parlato, dunque, ma forse avrebbe dovuto. Perché quei dubbi non erano scomparsi sotto carezze, baci e promesse. Infidi e bastardi, quei piccoli insetti si erano cibati di ogni piccola incomprensione e le avevano ingigantite, portando alla luce un problema che, in realtà, non esisteva.
Quel giorno, proprio quel giorno, il dubbio era esploso, lanciando mille detriti infuocati senza fare attenzione a dove andavano a finire. O chi andavano a colpire. Era esploso come uno di quei tuoni che continuavano a fare da sottofondo alla danza della pioggia, in un momento in cui Brian e Nick se ne stavano tranquilli a fare una delle più normali attività di una coppia ormai ben abituata a vivere insieme. Il piccolo supermercato non era mai pieno, complice quel piccolo paesino dove si erano rifugiati e nascosti dagli occhi indiscreti del mondo in cui vivevano. E lì, in quel loro angolo, mai avrebbe Nick pensato di doversi difendere dal dubbio: esso era sgattaiolato via dalle sue redini, aveva camminato al loro fianco fino a quando non si erano ritrovati al centro dell’attenzione ed era bastato un gesto, il semplice e normale tenersi per la mano, per scatenare la tempesta.
Brian non si era accorto di niente. O, meglio, l’unica cosa di cui si era accorto era stato il cambiamento di umore in Nick: da gioioso, con una luce di felicità negli occhi, era diventato all’improvviso silenzioso e gli angoli della bocca erano curvati all’ingiù, come se stesse cercando di trattenere lacrime o urla. Forse il secondo visto che gli occhi non erano lucidi e, se fosse successo qualcosa di così grave da far piangere Nick, Brian se ne sarebbe immediatamente reso conto. Non avevano parlato, Brian non gli aveva domandato niente per tutto il tragitto in macchina, né quando scesero da essa e incominciarono a portare in cucina i sacchetti della spesa: per tutto quel tempo, Brian semplicemente osservò il suo compagno, cercando l’appiglio giusto per dare inizio all’interrogatorio. Sembrava quasi fosse una missione, la sua, quella di dover sempre scoprire che cosa turbava il minore e cercare di risolvere tutti i suoi problemi. A volte sapeva di esagerare, a volte sapeva che doveva fare un passo indietro e lasciare che Nick commettesse i suoi errori e, la maggior parte di quei momenti, si ritrovava sempre a fare da spalla e sostegno.
A volte, bastava solo un abbraccio per sciogliere via la tensione.
Non quella volta, però.
Quella volta Nick si scostò da lui, quasi come non volesse nemmeno essere sfiorato dalle sue mani. Il lampo di delusione passò via veloce, non lasciò nemmeno un’ombra sul viso di Brian. La testa leggermente inclinata di lato, le braccia conserte davanti al petto: fu quella la sua postura mentre scrutava ancora di più Nick, ritrovandosi però a mani vuote. “Che cosa c’è?”
Nick non risponde, dandogli solo il silenzio mentre faceva sbattere le bottiglie di latte sopra il bancone; alzò semplicemente il volto, mostrandogli il più duro degli sguardi e poi si voltò per mettere via il sacchetto della spesa.
Era arrabbiato con lui, dedusse Brian. Per quale motivo?
L’illuminazione arrivò a tempo con un tuono. Brian scosse la testa, maledicendosi per esser stato così ottuso da non capirlo subito. Non era stato intenzionale, non lo aveva fatto con cattiveria come, di certo, Nick stava pensando in quel momento. Era stato, invece, una reazione istintiva, quel suo senso di dover sempre proteggere la persona più importante di tutta la sua vita. E, quella volta, la battaglia era, ancora, contro l’ottusità di certe persone che si credevano migliori e superiori, qualsiasi alibi pur di giustificare i loro giudizi crudeli.
“Nick...”
“Perché ti vergogni di noi?”
La domanda arrivò esattamente come un lampo non annunciato, quando ancora nessuno avrebbe potuto sospettare o prevedere l’arrivo di quel temporale. Più di tutto, più di quel verbo che da solo sembrava essere capace di stringersi attorno al suo stomaco come una pressa, fu il tono di Nick a lasciare Brian senza fiato, come se qualcuno gli avesse appena tirato un pugno. Era il tono che mai aveva usato contro di lui, era il tono che racchiudeva in sé tutta la cattiveria e crudeltà che Nick nascondeva sotto quel viso d’angelo e che pochi avrebbero anche solo potuto immaginare.
“Non dire stupidate.” Affilò lo sguardo, Brian, puntando anche lui su un tono che non voleva uscire sconfitto contro quello di Nick.
“Stai mentendo e lo sai. – Rispose il compagno, incrociando le braccia sul petto. – Appena ti sei accorto che ci stavano fissando, al negozio, hai lasciato andare la mia mano. Come se ti stessi vergognando.”
Brian non perse una battuta d’aria. “E’ questo che pensi?” Domandò Brian, la mascella tesa come una linea d’acciaio.
“Che altro dovrei pensare, Brian? Non rifilarmi una banale scusa come se fossi un bambino perché sai bene che non lo sono.”
“Pensala come vuoi ma non azzardarti a dire che mi vergogno di te.”
“No, ovviamente. Sia mai che il santo Brian possa fare qualcosa di così cattivo! – Lo derise Nick con punte acide. – Non ti vergogni di me. Ti vergogni solamente di farti vedere insieme a me. Mano nella mano. Ti vergogni che gli altri possano pensare che siamo una coppia.”
“E la realtà sarebbe, invece?”
“Sono il tuo segreto. Sono il tuo sporco segreto che, se venuto alla luce, rovinerebbe la candida immagine di buon cristiano che tutti pensano che tu sia. Dì la verità, è questo che hai sempre voluto? Incontri nascosti, discorsi su quanto mi ami ma non abbastanza da ammetterlo al mondo intero? E’ questo che sono per te? E’ questo che valgo per te? Solo il sesso?”
Una parte di Brian era così tanto tentata di lasciare la stanza, senza nemmeno degnare di una risposta quelle accuse che non avevano né sostanza né forma. Davvero Nick lo riteneva così subdolo e materiale? Davvero lo riteneva capace di usarlo solo per soddisfare i suoi piaceri e mentirgli con tutti i suoi ti amo? Ed era quello che faceva più male, era quello che quasi lo costringeva a terra, piegato su stesso perché era un colpo troppo crudele da poter sopportare.
“Tu, tu più di tutti dovresti sapere che non mi importa che cosa pensa la gente di me. Non mi importa un accidente se mi credono un peccatore o qualsiasi altro insulto che possono tirare fuori dal loro bigotto dizionario. Possono bruciare i miei cd, possono boicottarmi quanto vogliono, non cambia di un’assoluta virgola quello che provo per te e mai, mai, potrò mai provare vergogna nell’amarti.” Non aveva urlato, non aveva mai bisogno di alzare la voce quando si trattava di quegli argomenti. La potenza, la forza, risiedeva sempre in quell’intensità che rendevano dure e invalicabili sia le parole sia il significato e Nick non ne aveva mai dubitato.
Fino a quel momento.
Perché Nick aveva imparato, sulla sua pelle, che i gesti avevano più valore e valenza delle parole e quel gesto, quelle mani slacciate non appena gli sguardi si erano posati su di loro, ancora faceva male, ancora reclamava e richiamava vendetta a gran voce. “Perché, allora?” Domandò ma non in un sussurro. Era come se il suo cuore, il suo orgoglio tradito, avesse preso possesso delle sue corde vocali e avesse deciso di urlare quella richiesta di spiegazioni.
Brian scosse la testa, incredulo di fronte a quella domanda. Non lo aveva ancora compreso, Nick? Tutti quegli anni, tutti quei momenti trascorsi insieme e tutte quelle volte che aveva dovuto fisicamente trattenerlo, dopo tutto questo ancora non lo aveva compreso? “Perché non posso sopportare che ti facciano del male. Non posso sopportare che, per causa mia, ti siano chiuse delle porte in faccia. Non mi importa della mia reputazione, mi importa della tua. Mi importa che la gente, il mondo, continui a vederti come la persona meravigliosa che sei e non additato come un lebbroso solo perché mi ami.”
Sorpreso. Ecco come rimase Nick. Sorpreso e totalmente senza parole di fronte a quella confessione. Per un momento, fu come se poté toccare l’amore che aveva avvolto quelle vocali e consonanti, quel sentimento che aveva dato loro spessore e intensità e che stava creando un’immagine di totale devozione davanti ai suoi occhi.
Come poteva aver dubitato di Brian?
Oh, sapeva perché aveva reagito in quel modo. Nick lo sapeva e, in fondo a quella rabbia istintiva, anche Brian lo sapeva. Ed ecco il perché di quello sguardo ferito, ecco il perché di quell’espressione che si struggeva per quale motivo non potesse ancora credere che ferirlo era l’ultimo pensiero e intento che Brian avrebbe mai potuto concepire. Continuava imperterrito con quel vizio; continuava, Nick, a colpevolizzare Brian per tutte le altre persone che lo avevano ferito in passato. Non era giusto, lo sapeva. Eppure Brian continuava a difendersi e difenderlo, come se non potesse mai scindere una colpa e una responsabilità anche nei suoi confronti.
Fu un attimo, lungo quanto il lampo che aveva illuminato in quel momento la stanza. Fu un attimo, giusto il tempo di abbassare lo sguardo per asciugarsi via quelle lacrime, e il silenzio venne spezzato dal rumore della porta che si apriva. Nick alzò la testa di scatto e tutto quello che poté vedere furono i capelli di Brian scomparire dietro la porta, prima che essa si richiudesse e lo nascondesse all’interno del temporale.
Nessun insulto. Nessuna porta sbattuta, nessuna lacrima. Questo era Brian. Quando si trattava di difendere un altro, quando si trattava di proteggere qualcuno che amava, non c’era santo o preghiera che potesse trattenere la sua rabbia e furia o le sue braccia per consolare e confortare. Ma quando si trattava di se stesso, quando era lui a trovarsi sotto la punta di una spada, la sua unica difesa era nascondersi, racchiudersi attorno a quella ferita affinché nessuno, nemmeno lui, potesse vedere quanto sangue stava uscendo.
La rabbia, quella di Nick, scivolò via assieme a quell’ultimo filo di profumo che annunciava sempre la presenza di Brian. Era ancora ferito, quel gesto ancora reclamava un’oncia della sua pelle, ma il resto si stava struggendo perché aveva rovinato tutto: reagiva sempre d’istinto, con la pancia, senza mai riflettere su quali potevano essere le conseguenze dei suoi gesti o delle sue parole. La maggior parte delle volte, era vero, era sempre Brian a riportarlo sulla giusta via, a volte riprendendolo come avrebbe fatto con un bambino; altre, invece, semplicemente stando dalla sua parte e difendendolo senza respiro.
E lui lo aveva accusato di vergognarsi di loro.
Stupido!
L’istinto diceva, urlava, consigliava di correre dietro a Brian: pioveva e Dio solo sapeva quanta potente, a volte, era quella paura di Brian per i temporali. Ma l’altra, la ragione, lo tratteneva in quelle mura, ricordandogli che sarebbe stato impossibile trovare il ragazzo, a meno che lui non volesse farsi raggiungere e consolare. Il che era accaduto solo qualche rara volta.
Gli toccava, a Nick, rimanere in casa e maledirsi per come aveva affrontato quella questione. Le parole, le frasi che avrebbe potuto dire, invece che lanciare insulti senza nemmeno ascoltare le risposte di Brian, si presentavano davanti ai suoi occhi come se volessero ricordargli ogni minimo errore.
Un tuono fece vibrare i vetri mentre il picchiettio della pioggia incominciò a diventare ancor più intenso, chicchi sempre più grossi che rimbalzavano contro il vetro, rotolando poi via come tante anime disperse. Appoggiando la fronte contro quella fredda superficie, contro il rifletto della natura che si stava dando combattimento l’una contro l’altra, Nick poté solo augurarsi che, ovunque Brian si fosse nascosto, si fosse riparato.
Avrebbe aspettato per l’arcobaleno alla fine della tempesta. Avrebbe aspettato, sperando che quella calma, pace e serenità che arrivava con il sole sarebbero potuti tornare anche fra lui e Brian.
 

 

 

∞∞∞∞∞∞∞∞∞

 

 

 

Faceva freddo.
Faceva freddo e Brian non aveva idea di dove si trovasse o che cosa fosse successo. Un lampo e parte della sua memoria era scomparsa via, risucchiata da un vortice di dolore di cui non riusciva a comprendere l’origine o la causa.
Faceva freddo e, nell’oscurità, l’unico senso rimasto a disposizione di Brian era il suo udito. Sì, era tutto buio attorno a lui, un infinito oceano nero le cui onde lo stavano dolcemente cullando verso un’isola che prometteva e preannunciava solamente pace. Doveva lasciarsi trasportare verso quella riva? Era così allettante, sembrava così tanto un paradiso che resistere richiedeva forze e energie che, lentamente, stavano scomparendo sotto la pressione invisibile di quella corrente.
Che cosa era successo?
Un lampo. Un tuono che vibrò in ogni nervo, scintille che si univano in un unico e grande fuoco di dolore.
Perché il lampo era importante?
Non riusciva a vedere quella luce gialla, non riusciva a scorgere quel bagliore che aveva sempre preannunciato il tuono. E ciò lo spaventava, ciò lo terrorizzava più di quanto volesse e potesse ammettere, ed era una paura che si sprigionava insieme a quei brividi che percorrevano la spina dorsale come se questa fosse la loro autostrada privata. Perché Brian odiava più di tutti i tuoni, odiava quei rombi che tuonavano dall’alto come minacce e che erano capaci di far tremare pareti e vetri, un rimando della loro potenza. Odiava i tuoni, Brian, perché erano imprevedibili da soli: si presentavano all’improvviso, ti prendevano di sorpresa e non c’era niente che potesse prepararti a quel momento. Se non i lampi.
Brian odiava i tuoni, sì, ma amava i lampi. Erano rassicuranti, erano quei bagliori che sussurravano l’arrivo del tuono e gli permettevano sempre di prepararsi: lentamente, con respiri misurati, Brian contava quasi secondi sarebbero trascorsi prima di quel rombo che non avrebbe più avuto così tanto potere su di lui.
Ma ora non riusciva a vederli, sentiva solamente i tuoni e tutto quello che sfuggiva dalle sue labbra era un patetico e flebile gemito. Di paura, di dolore? Non lo sapeva, non poteva saperlo. Non riusciva a saperlo. L’unica cosa che riusciva a rammentare era che il lampo, almeno in parte, aveva un ruolo importante in quella situazione. Perché?
Calmati, Brian. Si disse fra sé e sé, sentendo come un peso quel respiro che cercava affannosamente di uscire dalla sua gola per poi ritornare rinfrancato dall’ossigeno. Calmarsi, come poteva farlo? Non ricordava dove si trovava, non ricordava che cosa era successo o perché si trovasse lì, al freddo, e senza possibilità di aprire gli occhi.
Il lampo. Un flash. L’immagine di Nick, la delusione e la sofferenza dipinta nell’azzurro dei suoi occhi. Un altro lampo, un altro tuono e il rumore della porta di casa che si chiudeva dietro le sue spalle. Avevano litigato? Era per questo che ora Brian si trovava da solo?
Ricorda. Ricorda.
Era uscito. Avevano litigato e lui era uscito ma non si ricordava dove era andato. Lo faceva spesso. Invece che arrabbiarsi con Nick e lanciarsi parole di cui si sarebbero pentiti in pochi minuti, preferiva scomparire per qualche momento, minuto o ora. E dare ad entrambi il tempo di raffreddarsi e riflettere. Più di tutto, scompariva perché non voleva che Nick vedesse quanto le sue parole lo avevano ferito: mostrarsi debole era l’arma più pericolosa che avrebbe potuto lasciare nelle mani del suo nemico, soprattutto quando questi era la persona che più lo conosceva e più sapeva come rigirare e usare quella sofferenza contro di lui.
Il lampo, questa volta, era direttamente collegato al dolore. Le scintille, i fuochi d’artificio, non erano uno spettacolo che stava danzando nel cielo ma solamente nell’oscurità in cui era sprofondata la sua mente. Faceva male. Ogni singolo centimetro del suo corpo vibrava con ogni ondata di dolore, sempre più alta e sempre più vicina a sommergerlo completamente. Era allettante, oh, se lo era! Niente più dolore, solo oscurità. E, forse, proprio questo lo spingeva a rimanere sveglio, a continuare a lottare per tenersi aggrappato a quell’ultimo bagliore di lucidità.
Nick.
Nick.
Doveva avvertire Nick. Doveva tornare da lui, in qualche modo. Anche se non voleva che lo vedesse in quello stato, anche se sapeva che lo avrebbe preoccupato ancor di più sentire quella sua voce ormai ridotta ad un bisbiglio, doveva chiamare Nick.
Voleva Nick.
Aveva bisogno di Nick.
I lampi incominciavano a diventare sempre meno potenti, sempre meno luminosi. La pioggia aveva finito di scendere, anche se Brian non sapeva dire quando fosse successo, considerato che il freddo continuava ad andare a braccetto con una sensazione di bagnato che continuava a scivolare via dal suo corpo. Non aveva senso, eppure lui continuava a percepire un rivolo scendere dal suo fianco e fu l’istinto l’unica forza a spingere la sua mano verso quel punto. La mente aveva un vago ricordo di come etichettare quella sensazione ma più Brian cercava di aggrapparsi a quella definizione, più questa fuggiva via, lasciandolo sempre di più nell’oscurità.
I lampi erano scomparsi.
I tuoni si erano silenziati.
Attorno a lui, solo oscurità e silenzio.
Con un ultimo respiro, Brian si lasciò avvolgere da quell’oceano, acque di promesse di pace e serenità.
“Nicky.” Fu l’unica parola che lasciò in eredità al vento, sperando che potesse portarla fino alle orecchie di Nick.
Ovunque lui si trovasse.
 

 

 

 

 

 










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Questa storia è un regalo per quella persona speciale che è Laphy, mia compagna di scleri su Brian e Nick, mia compagna di lacrime per la voce di Brian e mia sostenitrice da sempre. E non potevo non dedicarti tutta questa storia. Angst al suo più puro aspetto ma con il.... ehm, no, non posso dirlo altrimenti rovino la sorpresa!
Tanti, tanti auguri! <3

   
 
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