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Autore: TaKeYou13    29/08/2013    1 recensioni
È una storia che ho dovuto scrivere per la scuola, un racconto d'avventura breve. Mi piaceva quindi l'ho messo su questo sito, spero vi piaccia.
Trevor è un ragazzo che ha una missione da compiere, ma per farlo deve viaggiare nel tempo.
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Trevor era seduto lì, immobile, con il sangue che gli ribolliva nelle vene. Sapeva benissimo che in poco tempo sarebbe entrato, in quella locanda, l’uomo che cercava. 

Iniziò a picchiettare sul tavolo di legno le sue dita, faceva una irritante melodia, e mentre continuava, non accorgendosi neanche, fece irruzione il prescelto.

Entrò con quel suo passo pesante, seguito dalla carriola che portava il baule. Alto, poderoso, bruno, con un codino incatramato che gli ricadeva sopra il suo bisunto abito blu: le mani  rugose e ragnate di cicatrici, dall’unghie rotte e orlate di nero; e, attraverso la guancia, il taglio del colpo di sciabola d’un bianco livido e sporco. Roteò in giro un’occhiata fischiettando fra sé, e poi, con la sua vecchia e stridula voce ritmata e arrochita intonò una canzone di mare, andando a poggiare il baule in una stanza dietro al bancone.

Trevor sapeva perfettamente che cosa c’era all’interno e sapeva perfettamente che doveva riuscire ad impossessarsene prima che “L’Olandese” e i suoi scagnozzi arrivassero.

Lentamente si alzò, lasciò due o tre monete sul tavolo per pagare il caffè che aveva bevuto un paio di minuti prima, poi cercando di non dare nell’occhio si avviò verso il bancone, e una volta dietro si inginocchiò. Continuando a gattonare, arrivò alla misteriosa porta, cercò di aprirla, ma era chiusa a chiave. Non ci poteva credere. 

«Trevor sei uno stupido!» Si ripeté urlando sottovoce. Non aveva minimamente pensato a questo piccolo particolare, quando vide una forcina tre le bottiglie di rum e gin. La prese e facendo attenzione a non rompere la forcina provò a sforzarla. Ci riuscì ed un sospiro di sollievo gli uscì dalla bocca.

Si guardò attorno, una stanza sporca lurida, piena di ragnatele e ragni compresi. Il baule di un color marrone scuro quasi a parar sul nero era in fondo, in un angolo. Trevor si incamminò, ovviamente il baule sarebbe stato chiuso, il suo pensiero lo portava solo a quello. Riprovò con la forcina e ci riuscì di nuovo. «Credo di essermi innamorato di questa forcina» disse in tono scherzoso dandole un bacio sulla punta.

Con cautela aprì il tanto desiderato baule. Dentro c’era tutto quello che si aspettava di trovare: c’erano vari tipi di cianfrusaglie, gioielli di ogni tipo, una pergamena che pareva una mappa, ma indicava solo una “x” in un lato del foglio, e poi c’era una scatolina, dello stesso materiale e colore del baule. Dentro era presente una piccola bussola, ma non lo era. C’era uno scompartimento segreto, nel quale fuoriusciva un piccolo ago, e nel quadrante, invece che indicare i quattro punti cardinali, indicava quel che era una data, potevi scegliere giorno, mese, anno e orario. Era proprio quello che cercava. La macchina del tempo.

Era già impostata quindi fu semplice scomparire tra quelle quattro  mura. Inserì il dito punzecchiandosi con l’ago e dopo un leggero fastidio scomparve nel nulla.

Poco dopo Trevor comparve in quello che lui pensava fosse il 1400. Si trovava in una grotta, per quanto fosse buia era luminosa; c’erano torce infuocate ovunque lungo il cammino. Quel cammino che portava direttamente ad una cella. Trevor iniziò a correre verso di essa. 

Era rinchiusa una splendida ragazza con i capelli lunghi biondi, di un biondo dorato che le circondava quel suo viso angelico, ora tutto sporco come il suo vestito, che da un bianco ed un azzurrino chiaro passò ad un nero carbone.

«Elle!» Trevor urlò, aveva le lacrime agli occhi, doveva a tutti i costi salvare sua sorella. 

Elle alzò la testa, dalla bocca le uscì un lamento che sembrava volesse dire il nome di suo fratello. Trevor, però, cercava soltanto di farla uscire da lì. Sua sorella era lì per colpa sua, non avrebbe mai dovuto dirle quello che i pirati ritenevano “il più grande segreto di tutti i tempi”, ovvero come lo chiamava lui il tesoro del pirata Edward England. Lui non aveva parlato, era riuscito a fuggire da “L’Olandese” e sua sorella era il prezzo che aveva dovuto scontare, ma non era ancora finita. Era riuscito a ribellarsi una volta e ce l’avrebbe fatta anche per una seconda volta.

Si ricordò della forcina e dopo qualche tentativo riuscì ad aprire la cella. Prese in braccio la sua sorellina e iniziò a camminare per uscire dalla grotta, ancora, però, non potevano tornare indietro nella loro epoca, avevano ancora dieci minuti da stare lì, ma in qualche modo doveva prendersi cura di Elle e di fasciarle qualche ferita. L’appoggiò per terra con una estrema cura, e strappando le sue maniche con forza la iniziò a medicare.

«T-Trevor» Elle cercò di comunicargli qualcosa, infatti alzò un dito indicando dietro di lui. Aveva una pistola puntata alla testa, era l’uomo del baule.

«Chi si rivede!» Iniziò a fare lo spiritoso, ma Trevor rispose a toni: «Lo sai benissimo che a me non piace parlare» un sorriso malefico gli comparve sul volto, con un’agitata di mano in aria riuscì a prendergli la pistola, senza che neanche lui se ne accorgesse. Ora era proprio il fratello che aveva la situazione in mano, non per molto. Arrivarono altri due scagnozzi con a capo “L’Olandese” stesso.

«Non riuscirai a vincere di nuovo, quel tesoro è mio!” Ringhiò il capo.

«Ah Davvero?» Si stava prendendo gioco di loro. Sparò in aria per dare un po’ di confusione, poi guardò l’orologio, rimaneva quindici secondi, corse da Elle la prese per mano e urlò quasi canticchiando: «Adios amigos!» Dopo di che di lui e la sorella non ci fu più traccia.

Erano tornati alla loro epoca. Trevor aveva ancora in mano la pistola, la usò per un giusto scopo, sparò direttamente al congegno per viaggiare nel tempo, così che nessuno poteva tornare indietro e i pirati non potessero tornare alla loro vera epoca.

Trevor si girò di scatto, Elle piangeva in ginocchio a terra, così si buttò a capofitto su di lei e le sussurrò nella maniera più dolce che conosceva: «È tutto finito ok? Sta Tranquilla, tutto è finito» le stava accarezzando la testa con dolcezza e le baciava la fronte. 

Tutto era finito.

  
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