Zucchero
a velo
Oh!
dolci baci, o languide carezze,
mentr’io
fremente
le
belle forme disciogliea dai veli!
Giacomo
Puccini, E lucevan le stelle
Forse
sono un po’ folli, forse soltanto innamorate, o forse la
colpa è del sole che
splende tra i palazzi e illumina la vespa rossa di una luce che nessuna
delle
due riesce a identificare come “naturale,
pomeridiana”.
Forse
i motivi sono quelli, ma a loro piace definirsi
“avventate”.
«Dai,
sali su, i miei non ci sono, mamma è a lavoro, torna tardi,
papà è in riunione,
vuoi un tè?, qualcosa da mangiare?, resta ché ci
cuciniamo qualcosa per
pranzo.»
E
allora di fretta sulle scale, ridendo come tredicenni per la prima
volta a casa
di un’amica, gli zaini che sbattono contro le schiene
nascoste da sottili
magliette estive. Gli onori di casa non servono a niente, sanno
già dove
poggiare i libri di scuola e la felpa arrotolata intorno alla vita
– quella
mattina pioveva, il tempo era scuro, ma ora il sole splende di quella
luce che
nessuna delle due riesce a identificare e sembra quasi un segno, un
invito a
farsi coraggio.
Cercano
nella dispensa una pentola, prendono del sugo dal frigo e un pacco di
pasta;
c’è dello sciroppo di lampone che sulla pasta non
serve, però «Tiriamolo fuori,
mettiamolo sui pancakes come piacciono a te.»
C’è molta incoscienza, possono
sentirla. Ed è questo che rende l’aria attorno a
loro pura adrenalina.
Lei
non ha mai fatto i pancakes, così prende uova e zucchero a
velo, spera che
l’altra le dia indicazioni. Si scontrano, lo zucchero vola e
presto entrambe si
ritrovano a terra. Cosa fare se non giocare, disegnare ghirigori con le
dita
ancora pulite e ridere di gusto; i vestiti sono sporchi,
però, e loro devono
cucinare.
Mani
che vagano sulle spalle, una bretella che si abbassa, un pudore che
presto
viene liberato dai suoi veli. D’altronde loro non lo vogliono
– che felicità
potrebbe dare il pudore? – e bramano soltanto le dolci forme
che la nudità
potrebbe rivelare.
A
lei il rossetto non è mai piaciuto, lo sente una maschera
sulle labbra, ma
l’altra applica un po’ di cioccolato e la bacia,
mentre le dita scivolano sulle
calze nere e se ne disfano perché il loro amore non ne ha
bisogno. In fretta,
più in fretta, l’acqua bolle e ancora devono
apparecchiare. Il sugo si è quasi
bruciato, si aggiunge sapientemente dell’olio e tutto torna
alla normalità.
Mangiano
guardandosi negli occhi, ridendo dei loro giochi mentre i piedi sotto
il tavolo
si incontrano, danzano come ballerine
in
tutù rosa. Lentamente finiscono il pasto, godendosi gli
ultimi residui di pasta
perché pregustano ciò che avverrà
dopo: ci sono i pancakes, c’è dello sciroppo
di lampone.
Lo
zucchero a velo si cosparge ancora sui visi, i pancakes uno sopra
all’altro di
fronte a loro che sono incapaci di gustare il cibo senza prima
assaggiarsi le
labbra, loro che vorrebbero vivere in un appartamento
all’ultimo piano,
ascoltando Stairway to Heaven e
mangiando ciliegie rosse appena colte. Vivere nascoste non è
vita, sono stanche
della rabbia dei genitori e il sole quel giorno splende di quella luce
che
nessuno riesce a identificare e picchia forte contro la vespa rossa
parcheggiata in strada, e allora perché non rischiare?
Bello,
bellissimo e travolgente è lasciarsi vivere totalmente,
ignorando la realtà e
le pareti che le racchiudono, ma tanto arriva il sole, lo possono
vedere dalle
finestre.
Così
continuano a baciarsi, sostando sui seni, accarezzandosi e gemendo
languidamente, ma con l’energia di due adolescenti in pieno
amore.
“Sconveniente”
direbbero le loro madri, ma loro lo chiamano “dolce
dolcissimo”, perché i due
concetti si equivalgono – coi bei peccati, si sa, succede
sempre.
Buondì!
Pubblico la seconda storia scritta in occasione della Mistery Weekly Table-y indetta dallo Pseudopolis Yard; i prompt, questa volta, sono stati:
- Rossetto e cioccolato (Ornella Vanoni)
- E lucevan le stelle (Giacomo Puccini)
- immagine
Spero vi sia piaciuta! ^^
Medusa, a Lannister