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Autore: Aiko_Yume    29/08/2013    1 recensioni
Era sempre stato così, la sofferenza arrecata da lui la accoglievo a braccia aperte. Anziché reagire mi facevo trasportare dagli eventi. Volevo che mi facesse soffrire. La sofferenza era meglio del vuoto.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aoi, Un po' tutti, Uruha
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Salve! Sono tornata.
Questo è un finale alternativo della mia prima fic -che trovate QUI- che ho scritto dopo essere stata accusata di aver affranto cuori con la prima. Dato che neanch’io ero rimasta molto soddisfatta dal finale della prima ho deciso di scrivere questa. Uruha e Aoi fanno lo stesso sogno, ma stavolta la situazione è un po’ diversa. <3 Spero vi piaccia!


Stavo sognando di essere in una sala prove con il mio side guitar. Avevo trovato il coraggio per dichiarargli i miei sentimenti, dopo anni, e adesso lo tenevo stretto al muro. Lo stavo baciando, lui mi stava baciando, le sue mani si infilavano sotto i miei vestiti, mi graffiavano, mi bramavano. Non so come, finimmo sul vecchio divano di quella stanza, consumato dal tempo. Lui mi toglieva i vestiti, io li toglievo a lui. Mi stava baciando ovunque, scendendo sempre di più e togliendomi ogni indumento. Non potevo credere che anche lui provasse i miei stessi sentimenti.
Adesso ero io a spogliarlo.

Mi fece male, ma era piacevole.
Era sempre stato così, la sofferenza arrecata da lui la accoglievo a braccia aperte. Anziché reagire mi facevo trasportare dagli eventi. Volevo che mi facesse soffrire. La sofferenza era meglio del vuoto.
Inaspettatamente lo vidi abbracciarmi.
-Ti ho fatto male?- Mi chiese con aria dispiaciuta, stringendomi forte al suo petto.
-N-No...- Mentii.
-Mi dispiace...-  Mi carezzò i capelli, riempiendomi di carezze e baci.
‘Ti amo’, volevo dirgli. Alzai il viso per guardarlo negli occhi.
Stavo per dirglielo, ma un rumore assordante si fece strada nella stanza, sempre più forte. Vidi Yuu sparire sempre di più, e io restavo a guardare impotente.
Aprii gli occhi, controvoglia. Trovai il cellulare sul comodino, stava squillando, emettendo quel fastidioso rumore che era penetrato nel mio sogno. Lo afferrai senza neanche guardare chi fosse il mittente.
-Pronto?- Chiesi, guardando la sveglia digitale sul mio comodino, con i suoi numeri rossi che brillavano nell’oscurità della stanza. Alla fine era stato solo un sogno.
Nessuno rispose.
-Pronto?- Riprovai.
Con uno sforzo non indifferente riuscii a leggere il nome sul display. Era Yuu.
-Pronto? Yuu!- Gridai con voce preoccupata.
Quando non mi rispose chiusi la chiamata, provando a richiamarlo. Magari gli era solo partita una chiamata. Alle tre di notte?
Non mi rispose, il mio cuore si strinse per la paura.
Saltai giù dal letto, afferrando dei vestiti a caso in giro ed uscendo direttamente con le crocs che utilizzavo come pantofole in casa. Mi infilai in macchina e corsi verso casa sua, rischiando di morire un paio di volte e di finire all’ospedale un altro paio.
Lasciai la macchina dove c’era un po’ di spazio e suonai il campanello, facendo su e giù per l’entrata nell’attesa. Non mi rispose nessuno. Tornai in auto a prendere le chiavi di casa sua, la copia per le emergenze.
Magari è fuori a bere ed è ubriaco fradicio... Qualcuno lo starà riportando a casa. Oppure ha preso un taxi.
Sperai con tutto il cuore, mentre aprivo la porta dell’appartamento.
Lo chiamai inutilmente, poi vidi una piccola luce accesa in camera. Mi stavo sentendo male.
Ogni passo mi sentivo sempre peggio.
Avevo una sensazione orribile.
La porta era davanti a me. Chiusa.
La scostai, trovando Yuu sul letto, con qualcosa in mano. Sembrava dormire. Mi scappò un urlo, insieme a delle lacrime. Sentivo le gambe senza forza, mi poggiai al muro, avvicinandomi a lui. Aveva in mano dei sonniferi. Una boccetta vuota. Mi lasciai andare in un pianto disperato, componendo il numero dell’ambulanza, non so con quale lucidità.
Li pregai di fare presto, piangendo, e poi crollai sul pavimento, piangendo e stringendo la sua mano.
Era caldo, il suo cuore batteva. Era vivo.
Gli avevo chiesto più e più volte di non usarli, di buttarli nel cesso, quei maledetti sonniferi.
 
-Yuu, non dovresti prendere questi medicinali, fanno male…- 
Dissi guardando preoccupato la confezione di sonniferi che teneva in mano. 
-Aah, ti preoccupi sempre troppo, brutto anatroccolo!-
Mi rispose sorridendo Yuu, prima di tirarmi un pugno scherzoso sul braccio.
-Sono sempre convinto che non ti servano… Puoi dormire anche senza!-
-Hmm, se vuoi possiamo fare la prova..-
Mi rivolse un occhiolino e scoppiammo a ridere insieme.
 
Avrei dovuto buttarglieli.
-Ti prego... Ti prego, fallo per me... Resisti...- Singhiozzai sul suo corpo. Gli tolsi i capelli dal viso e lo strinsi forte, aspettando che arrivasse qualcuno.
Mi sembrava che il tempo non scorresse più.
Quanto ci mettevano ad arrivare?
 
Con gli occhi rossi per il pianto continuo, intercettai subito il dottore che usciva dalla stanza.
-C-Come sta?- Domandai, con un peso sul cuore.
-E’ in coma...- Lo vidi distogliere lo sguardo, come se non volesse dirmi qualcosa. Iniziai a tremare, cercando di controllare il tono di voce.
-Quante possibilità... ha di farcela?-
-Poche. Ha preso troppe pillole di un farmaco troppo potente. Se ce la farà sarà solo grazie a lei.- Mi mise una mano su una spalla, come se mi stesse comunicando che era morto.
-No... No.- Scossi la testa, con le lacrime che premevano ancora per uscire.
-P-Posso vederlo?-
Il dottore annuì.
-Provi a parlargli. La sentirà.- Mi aprì la porta e si allontanò con un cenno del capo, chiudendomela dietro.
Mi scapparono dei singhiozzi. Stava dormendo. Stava solo dormendo. Tra qualche ora si sarebbe svegliato. Perché quei macchinari? Perché quel ‘bip’ freddo, che sembrava solo aspettare di smettere?
Gli presi la mano, sedendomi vicino a lui.
-Yuu...- Lo chiamai.
-Yuu...- Singhiozzai, senza riuscire a controllarmi.
-Ti prego, svegliati...- Gli carezzai una guancia, spostando poi la mano tra i suoi capelli scuri.
-Non volevi morire... Mi hai chiamato, non volevi morire...- Portai la sua mano sulle mie labbra, baciandola. Una mia lacrima cadde sulla sua pelle.
-Yuu, ti devo dire una cosa...- Iniziai, ancora piangendo.
-Io... In tutti questi anni, dalla prima volta che ti ho visto, ho pensato a te come il mio migliore amico e... E anche qualcosa di più. Volevo di più dal nostro rapporto. Non ti ho mai detto niente, pensavo di compromettere qualcosa tra noi... Io... Ti amo, Yuu. Tanto.- Strinsi di più la sua mano.
-Ti prego, non lasciarmi...- Mugolai, nascondendomi il viso tra le mani, mentre le parole della canzone che io stesso avevo composto venivano a galla nelle acque agitate e scure della mia mente. Quiete. Come un titolo del genere poteva adattarsi ad una situazione del genere?
Osservai attentamente la sua mano nella mia. Quei suoi piccoli nei, uno al lato sinistro del dorso e uno sul polso. La forma un po’ strana del suo pollice.
Tra poco lo avrei rivisto muoverle sulla sua chitarra. Come se non fosse accaduto nulla.
Sarei tornato a sperare che toccasse anche me in quel modo, accarezzandomi con così tanta passione e guardandomi con uno sguardo pieno di amore.
 Spostai lo sguardo alle sue braccia forti.
Mi chiesi se non avesse freddo, nudo sotto quelle sottili lenzuola bianche.
Guardai il suo viso, seguendone le linee con la mano libera.
Accarezzai i suoi zigomi alti, le sue palpebre chiuse e rilassate, come se stesse facendo un bel sogno, le sue guance morbide, ultimamente più piene, e le sue labbra. Le sue labbra che avevo potuto gustare solo per pochi secondi, una volta. Così carnose e ben definite, sempre calde ed invitanti.


Ogni tanto mi sembrava di vederlo muoversi, strizzare un po’ le palpebre. Allora speravo di vederlo aprire gli occhi, sorridermi, ancora assonnato.
 
Non lasciai il suo fianco per giorni. Sempre mano nella mano, osservando ogni piccola reazione e parlandogli.
Gli raccontai tutta la nostra storia. Da quando lo conobbi, con quel suo maglione adorabilmente buffo, al giorno prima che tutto questo accadesse.
Eravamo a casa sua a scrivere e bere, lui mi sembrava così rilassato. Scherzava anche.

Gli altri vennero parecchie volte, dandosi il cambio fuori dalla stanza a cui il medico aveva categoricamente proibito l’accesso a più di una persona per volta. Si accontentarono di vederlo dall’uscio. Non avevano il coraggio di entrare. Stavano a guardarlo da lì, ogni tanto le lacrime venivano fuori.
Loro rischiavano di perdere un loro caro amico, io rischiavo di perdere l’uomo che amavo, senza avergli detto quello che provavo per lui. Un ragionamento del genere può sembrare egoista, però lui era il mio Yuu. Avrei fatto qualsiasi cosa pur di stringerlo ancora. Stavolta gli avrei detto tutto.
 
Passarono giorni. Era più di una settimana che non mi muovevo da quella stanza. Mangiavo solo quando gli altri mi costringevano, ma sentivo l’appetito chiudersi ogni giorno di più.
Non potevo mangiare guardando Yuu così, ma non potevo lasciare il suo fianco.
Avrebbe potuto svegliarsi mentre io non c’ero. Non vedere nessuno.
Non volevo pensare che, mentre non c’ero, la macchina che scandiva i battiti del suo cuore avrebbe potuto smettere di emettere quel bip.
Odiavo quella macchina. Mi sembrava come se scandisse il tempo che gli restava.
Bip...
Bip...
Come se ogni battito fosse così incerto da dover essere celebrato.
Bip...
Ancora un’ora.
Ancora un giorno.
Ancora una notte su quella sedia, adesso non più così scomoda, stringendo la sua mano e addormentandomi per sfinimento, controvoglia. Ogni tanto sentivo un rumore e mi svegliavo di soprassalto, sperando che fosse Yuu, finalmente sveglio.
 
Una mattina il dottore entrò in camera. Ultimamente quando entrava a visitare Yuu avevo il sentore che volesse dirmi qualcosa ma che non sapesse come dirmelo.
Ovviamente non ero stupido. Non volevo immaginare cosa potesse volermi dire.
Mi crogiolai nella convinzione che tutto andasse bene fino a quel momento.
-Temo che a questo punto ci sia poco da fare... E’ tenuto in vita dalle macchine.- Mi mise una mano su una spalla.
-Mi dispiace...-
Mi lasciai andare ad un pianto incontrollato e disperato, stringendo convulsamente la mano di Yuu. Era caldo, era vivo.
-N-No... Un altro giorno... - Implorai, certo che si sarebbe svegliato.
Stringendomi più forte la spalla, il dottore annuì leggermente e si allontanò a passo svelto.
Mi avvicinai più a Yuu, carezzandogli una guancia.
-Yuu!- Lo chiamai, ancora in lacrime, singhiozzando disperato.
-Ti prego... Svegliati...- Con il dorso di una mano asciugai le lacrime che mi impedivano di vedere il suo bel volto, in tempo per vedere le sue palpebre strizzarsi. Un’altra falsa speranza?
Mi sembrò di sentirlo stringere più forte la mia mano, così continuai a parlargli, invaso da un senso di speranza e gioia che, dopo tutti quei giorni, mi sembrava inarrivabile.
Continuai per ore, dimenticando tutto il resto. Gli parlai, gli sussurrai, piansi. 
 
Tutte le lacrime versate in poco meno di due settimane sembrarono essere cancellate in un solo istante quando, dopo aver strizzato gli occhi, lo vidi aprirli. Li aprì teneramente, come se fosse la prima volta. Si guardò un po’ attorno, fissando poi lo sguardo su di me.
Istintivamente trattenni un grande singhiozzo, stringendo più forte la sua mano.
E’... E’ sveglio. Yuu.
Non riuscivo a pensare ad altro mentre le lacrime, stavolta di gioia, mi rigavano ancora le guance.
Lo vidi sorridermi debolmente.
-Yuu!- Quasi gridai, con un sorriso tra le lacrime.
Si avvicinò a me, staccandosi qualche tubo che, secondo lui, doveva essere troppo molesto in quel momento.
Aprì le braccia, così lo strinsi forte, sebbene avessi paura di fargli del male, debole com’era. Nascosi il viso tra i suoi capelli e piansi le lacrime più salate ma allo stesso tempo più dolci che avessi mai pianto.
-Ti amo. Ti amo tanto anch’io.-  Sussurrò, stringendosi più forte a me.
Il mio cuore fece una capriola. Mi allontanai un po’ per guardarlo negli occhi. Anche lui piangeva, sorridendomi con quello stesso sorriso debole e un po’ imbarazzato di poco prima.
Come se fosse la cosa più naturale del mondo, lo baciai, sentendolo attirarmi a sé.
Lo baciai e lo baciai ancora, stringendolo e accarezzandolo, sorridendo e piangendo con lui.
La mia mano non aveva lasciato la sua.
Aveva sentito tutto quello che gli avevo detto.
 
 
-Coraggio, questo è l’ultimo scatolo.-
-Non posso crederci...-
-Neanch’io.-
Sorridendo lo strinsi forte tra le mie braccia. Lo guardai intensamente negli occhi, togliendogli i capelli dal viso.
-Ehi...- Sussurrai, a due millimetri dalle sue labbra, mentre le mie braccia si stringevano attorno i suoi fianchi e le sue si legavano attorno al mio collo.
-Sei sicuro che è questo che vuoi, passare la tua vita con me?- Sussurrai, dandogli un bacio a fior di labbra.
-Finché morte non ci separi...- Citò la formula in un sussurro, sorridendomi furbo. Vedevo i suoi occhi brillare di una luce intensa e meravigliosa.
Iniziai a baciargli il collo, facendolo indietreggiare fino alla porta della nostra camera da letto, in quella che da oggi era casa nostra.
Mi chiusi delicatamente la porta alle spalle e il resto... Beh, quello ve lo racconterò un’altra volta.
 
 
 
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Grazie per aver letto e... Riguardo l’altra volta... Recensite! ;)
Alla prossima!
   
 
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