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Autore: dragon_queen    29/08/2013    3 recensioni
"L’individuo mi osservò facendomi per un attimo gelare. Rimasi quindi di fianco alla porta, il più lontano possibile da lui.
Il silenziò fu però interrotto dalle sue parole:
-Quella cagna pregava di risparmiarla, ma i suoi occhi mi imploravano di farlo-
Mi voltai a guardarlo come se dinnanzi avessi il diavolo in persona. Provai a parlare, ma solo un singulto mi uscì dalle labbra..."
Genere: Dark, Mistero, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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    “IO SONO LO STRUMENTO”
 
 
 
Il caldo era insopportabile.
Un velo di sudore ricopriva la fronte dei presenti, l’attenzione dei quali era tutta concentrata su colui che occupava la piccola stanza. I respiri erano come misurati, pesanti e ritmati.
Mi fermai davanti alla vetrata appannata dal fiato e dalla calura. Osservavo il capo camminare con fare marziale e un evidente nervosismo fumando un signaro, facendolo assomigliare ad un vecchio locomotore. Seduto al tavolo, poco più in là, stava il detective Carter, i pugni stretti mentre imprecava animatamente contro qualcuno che a prima vista notato, dato l’innaturale cono d’ombra che lo oscurava.
Finalmente la mia attenzione si fermò sull’individuo: la falda del cappello nascondeva buona parte del viso, anche se gli occhi parevano brillare come quelli di un gatto. Le guance erano infossate, facendo apparire l’uomo più vecchio di quando in realtà non fosse. Al di sotto del naso aquilino si apriva un ghigno tranquillo e sicuro, mefistofelico quasi. Solo quel gesto avrebbe avuto la capacità di incastrarlo per ognuno degli efferati delitti dei quali lo si accusava.
Quando il capo sbattè violentemente sul tavolo di legno entrambi i palmi delle mani, quel ghigno, se possibile, divenne ancora più strafottente.
-Non sono colpevole di ciò che mi imputate-
La sua voce risuonò come unghie su di una lavagna, tanto che i miei denti, quasi come un riflesso incondizionato, si strinsero.
-Pensi che siamo degli stupidi?!?-
Il silenzio che ne seguì fu una conferma che fece infuriare ancora di più il capo della polizia. Fu quindi Carter a proseguire:
-Sei stato arrestato a due incroci dalla scena dell’ultimo omicidio, nella tua borsa sono stati rinvenuti strumenti per operazioni chirurgiche e si da il caso che alla vittima, come a tutte le altre, siano state asportate parti diverse del corpo: cuore, lingua e cervello. Sono fin troppe coincidenze per essere un caso-
L’uomo fissò il detective con sufficienza, per poi rispondere:
-Sono un medico, avevo un intervento in quella zona. Mi sono trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato-
Vidi gli occhi dell’uomo saettare verso il vetro, come se in qualche modo potesse vedermi e d’istinto arretrai di un passo.
Quando il capo stava per ribattere, uno dei nostri irruppe nella stanza, comunicando che un altro delitto era stato commesso, le caratteristiche identiche ai precedenti.
Lo sguardo dei due ufficiali si posò sul sospettato, il quale pareva impercettibilmente essersi rilassato, incrociando le braccia sul petto continuando a sorridere.
-A quanto pare abbiamo commesso un errore, ma chiediamo di attendere fino al nostro ritorno- e detto questo uscirono, ordinandomi  di tenerlo d’occhio.
Entrai nella stanza, chiudendomi la porta alle spalle. Nonostante fossi appena un novellino, non ero stato convinto neanche da una parola di quel bastardo ed ero più che sicuro che il nuovo delitto fosse stato commesso da un imitatore.
L’individuo mi osservò facendomi per un attimo gelare. Rimasi quindi di fianco alla porta, il più lontano possibile da lui.
Il silenziò fu però interrotto dalle sue parole:
-Quella cagna pregava di risparmiarla, ma i suoi occhi mi imploravano di farlo-
Mi voltai a guardarlo come se dinnanzi avessi il diavolo in persona. Provai a parlare, ma solo un singulto mi uscì dalle labbra.
-Non tentare di dire qualcosa, in quanto sarebbe solo idiozia e blasfemia. Le vite che io prendo sono tutte necessarie per il progresso. Io sono lo strumento, il boia, l’arma in mano alla divinità dell’umano sviluppo-
A quelle parole, come se avessero in sé uno strano potere, la mia mente collassò, le gambe cedettero e mi ritrovai a terra, la schiena contro il muro, lo sguardo sperso come quello di un bambino. Chi era quell’uomo? Si poteva definire umano?
Quel demonio si alzò, venendo verso di me mentre una mano frugava all’interno del lungo cappotto nero. Mi si fermò davanti, inginocchiandosi.
-Mi piacciono i tuoi occhi…-
Dopodichè fu il buio.
 
 
  
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