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Autore: slanif    30/08/2013    1 recensioni
SenKosh
Okay, da come ne parlo la madre di Akira è un angelo, ma io sono ottimista di natura e quindi per me reagirebbe così!
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Akira Sendoh, Altro personaggio, Hiroaki Koshino
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sguardo
di slanif
 
**
 
Akira Sendo P.O.V.

Cosa nasconde il tuo sguardo blu come il cielo?
Cosa nasconde il tuo broncio?
Cosa c'è dietro quell'atteggiamento distaccato e scorbutico?
Me lo chiedo di continuo mentre ti osservo, ti sbircio, ti fisso adorante.
Ti amo e vorrei conoscerti, sapere tutto di te.
Ma tu non vuoi.
Tu neanche mi guardi.
Non mi sfiori neanche con lo sguardo.
Per te sono invisibile.
E questo mi fa male.
Perchè mi tratti così?
Eppure siamo amici, no?
Insomma, ci conosciamo dalla prima media, siamo sempre stati in classe insieme e conosciamo tutto l'uno dell'altro.
Ma tu mi guardi come se fossi trasparente.
O meglio, tu mi guardi, ma come si guarda un amico, un conoscente, non un innamorato.
Ed è proprio quello che io vorrei.
Che tu mi guardassi come se mi amassi.
Vorrei che tu mi amassi.
Ma tu non lo fai.
Certo, sono incredibilmente felice che tu sia il mio migliore amico e che ti confidi con me, anche se solo superficialmente; perchè le cose serie, come i sentimenti, tu non li sfiori mai come argomento; ma in compenso ci sono io a parlare e parlare di me dando a te la sola possibilità di ascoltare.
Ed è proprio quello che tu vuoi.
E io per vedere il tuo sorriso sarei disposto a fare qualsiasi cosa.
Questo mi spaventa e mi esalta perchè so che sono pazzo di te.
"Insomma, Sendo! Torna tra noi!".
L'urlo del professore mi fa sobbalzare dalla sedia.
Mi accorgo che non sto fissando la cattedra ma la persona di cui sono innamorato, due banchi davanti a me nella fila laterale.
Quindi mi volto verso il professore e con la mia migliore faccia di bronzo sorrido sfacciatamente e dico: "Mi scusi".
Il professore annuisce e torna a spiegare.
 
L'ho scampata.
Come sempre.
Decido di fare almeno finta di seguire la lezione e fisso con sguardo attento che nasconde tutta la sua vacuità la lavagna dove il professore continua a fare segni impossibili e incomprensibili mentre la mia mente vola da tutta altra parte.
Ovviamente la mia mente è occupata da il solo viso di Hiroaki Koshino, colui che amo e che non mi guarda.
Accidenti!
Maledetta sfiga!
Ho sempre avuto successo con le ragazze e mi bastava schioccare le dita per averle tutte ai mie piedi, e invece, ora che mi sono innamorato SERIAMENTE la persona che amo non mi si caga di striscio.
Ma che cazzo!!
 
DLING, DLOG, DLANG.
Evviva!
La campanella!!
La tortura è finita!!
Con passo deciso mi avvio agli armadietti, afferro il borsone da basket dove tengo tutta la mia roba e mi dirigo verso la palestra dove passerò l’altra metà del pomeriggio.
Con un sospiro spalanco la porta e le urla di Taoka mi giungono forti e prepotenti alle orecchie: “SENDOOOO!! MALEDETTO SCREANZATO! SEI IN RITARDDO!!”
“Scusi coach!”.
Sfrondo un sorriso disarmante a trentadue denti mo de pubblicità del dentifricio o di filo interdentale e lui rimane basito e io lo supero nascondendomi nella sicurezza degli spogliatoi.
Vi entro, ovviamente, lo trovo vuoto visto che  tutti i miei compagni di squadra sono di la a correre.
Mi cambio con lentezza.
So che riceverò unp0altra strigliata da Taoka ma non me ne importa.
Non ho proprio voglia di allenarmi oggi.
Soprattutto perché mi sento stanco e avvilito.
Come posso fare per risolvere la mia situazione con Hiro??
Voglio a tutti i costi stare con lui non come amico, ma come qualcosa di più.
Voglio a tutti i costi prenderlo per mano, osservarlo negli occhi senza aver paura di tradire i miei sentimenti, abbracciarlo, baciarlo, fare l’amore…
O più semplicemente osservarlo.
Voglio lui in tutto il suo essere e lo voglio ora!!
“Capitano, muoviti. Taoka sta per farsi prendere da un infarto isterico se non sei in palestra tra due secondi!”.
Fukuda è entrato nello spogliatoi spalancando la porta con la solita grazia.
Capitano, è così che mi ha chiamato.
Mi fa uno strano effetto essere chiamato così!
Sì, ora sono in terza, Uozumi se ne è andato e ha affidato a me il compito di guidare la squadra, ma….
Non so…
Mi fa uno strano effetto!
“Sì, sì, arrivo!” dico chiudendo la borsa.
“Senti, capitano… Che cazzo hai ultimamente?” chiede Fukuda incrociando le braccia sul petto.
“Niente, perché?” chiedo.
“O, avanti! Non dire cazzate! Permettimi di aiutarti, in fondo sono in debito con te!” sbotta lui scrollando le spalle.
“Ancora con quella storia? E’ stato più di un anno fa…” sorrido sbalordito con un leggero sospiro.
“Be, mi hai cambiato la vita” dice Kitcho “Se non fosse stato per te io adesso no starei con Soichiro”
“E mi subisco di come Jin riesca a sopportarti!” dico sorridendo.
Ho fatto una battuta, ovviamente.
Non li offenderei mai.
So che per Kitcho è importantissimo stare con Jin, visto che gli sbavava dietro dalle medie.
E poi, potrei dirglielo.
Insomma, lui è gay, no?
Non mi giudicherà mai per essermi innamorato di Hiro.
“Ahahah!” dice con tono canzonatorio “Molto spiritoso! Comunque spara!”
“Okay, sparo!” dico sorridendo “Sono innamorato”
Lui sgrana gli occhi e mi fissa.
Cha cavolo gli piglia??
“Chi è la fortunata stavolta?” chiede dopo un attimo di silenzio.
“IL fortunatO!” preciso.
“E chi sarebbe costui?” chiede.
“Koshino” rispondo.
“Ma va!” dice con lo stesso tono di uno che la sa lunga.
“Che vuoi dire?” chiedo infastidito dal suo tono.
“Che lo hanno capito tutti!! E’ così evidente! Insomma, non fai altro che fissarlo! Lo veneri e lo tratti con i guanti! E quando arriva lui ti si illumina tutto i viso!” spiega lui.
“Lo sanno TUTTI?” chiedo sbalordito.
“Sì, anche Taoka!” dice ridendo.
“CHHEEEEEEEEEE?????????? Anche il coach??” urlo.
Non è possibile…
Devo aver capito male…
“Hai capito benissimo…” dice lui con un sorrisetto divertito.
“Non è possibile… No, vi prego, dimmi che non è vero…” sussurro.
“Va be, è meglio andare di la prima che il coach scleri!” dice Fukuda prendendo la porta.
“Okay, okay…” dico e anche io esco.
Quando siamo sul corridoio tra la porta dello spogliatoio e quella della palestra, lo afferro per un braccio e gli chiedo: “Perché quando ho detto che sono innamorato, tu hai sgranato gli occhi?”
“Sentire parlare di amore da te mi ha stupito piacevolmente. Sono contento che tu ti sia innamorato di lui”
“Sì, ma lui non ama me…” sospiro piano.
“Mai dire mai!” risponde sibillino.
Che voleva dire?
“Kitcho…”
“SENDOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!!!!!!!!!!! MUOVITI O TI RAPO A ZEROOOOOOOOOOOOOOOOOO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!” l’urlo di Taoka mi interrompe.
“NOOOOOOOOOOOO!!!!!!!!!!!!!!! I MIEI CAPELLI NO!!!!!!!!!!” urlo disperato.
Toccatemi tutto ma non i capelli!
E visto che conosco abbastanza bene Taoka sarà meglio fare come dice.
L’allenamento comincia.
 
E dura una vita!
Sembra non finire mai!
Queste due ore passano così lente che credevo di morire.
Sono stanco e ho voglia di starmene solo, magari di uscire stasera e portarmi a letto qualche stupida puttanella da disco, per cercare di dimenticarlo.
Per far finta, nel buio della stanza, che quel corpo e quei gemiti appartengono a Hiro e non a qualcun altro…
Posso fingere a me stesso.
Tanto è inutile continuare a pensare a Hiro.
Lui non mi ha mai guardato  e mai mi guarderà.
Siiigghhh…
Che tristezza la vita!
“Fine dell’allenamento!” urla di Taoka ponendo la parola fine alla nostra tortura.
Ci dirigiamo rumorosamente alle docce con sospiri di sollievo e borbottii contro la fiscalità di Taoka.
“Quell’uomo è un mostro!” dice uno dei miei compagni.
Sapessi quanto sono d’accordo con te…
 
Con una doccia veloce e un vestimento ancora più rapido, molto strano per i miei standard, me ne torno a casa.
Apro la porta di casa e la trovo piena di luce e calore.
Ho sempre amato questa casa.
Mi fa sentire ‘a casa’ e amato.
Esattamente come mi fanno sentire i miei genitori.
Ed è bellissimo.
“Mamma, sono a casa!” dico dirigendomi in cucina sapendo di trovarla lì indaffarata a preparare la cena.
“Ben tornato tesoro, sono felice che tu sia a casa!” mi dice lei sorridendomi.
So di essere molto più fortunato di  molti miei coetanei ad avere una famiglia così, ma per me rappresentano la normalità e, anzi, vedere i genitori degli altri, così isterici ed egocentrici, mi fa provare una sensazione di vuoto, di inadeguatezza, di confusione.
Io non so cosa voglia dire tornane a casa la sera e non trovare tua madre o tuo padre che ti salutano con affetto…
Io non ho mai provato una cosa del genere e spero di non provarla mai…
“Grazie mamma, spero tu abbia trascorso una buona giornata” le dico.
Lei sorride: “Come è andata la scuola? Tutto okay, spero. Ti hanno interrogato? Hanno riportato il compito di inglese?”
Okay, devo ammettere che la mia cara mammina è un po’ ossessiva quando si tratta della scuola, ma chi non lo sarebbe??
Credo che tutte le mamme siano una piattola quando si tratta di voti scolastici!
… O no?
“La scuola è andata bene, nessuna interrogazione e la professoressa di inglese non ha riportato il compito” dico andando a posare il borsone in bagno.
Comincio a svuotarlo e a operazione terminata me ne vado in camera a lavarmi i capelli.
Mi direte: ti sei fatto la doccia adesso a scuola, perché non te li sei lavati?
Semplice.
Se mi fossi lavato i capelli il gel che me li incrosta se ne sarebbe andato e i mie capelli si sarebbero messi a baschetto e non voglio.
Ho una reputazione da difendere IO!!
Quindi con calma me li lavo.
Ho tempo, tanto mio padre tornerà tra un’oretta dal lavoro.
Con calma li asciugo e li lascio liberi dal gel.
Mi infilo il pigiama e scendo in sala a guardarmi la televisione.
Subito Zoya, il mio cane, uno shar- pey di un anno e messo, mi si accoccola sopra inondandomi con la sua ciccia.
Alza il musetto e mi fissa con i grandi occhi neri.
Ma quanto sei teneroso!
Lo abbraccio e lo bacio sul muso e poi lo coccolo mentre guardo una partita di NBA.
Sento la porta dell’ingresso aprirsi e sento mia madre salutare calorosamente mio padre: “Ben tornato Natsuki!”
“Grazie, Nobuko” sorride mio padre.
“Ciao Akira!” dice entrando in sala mentre posa la sua ventiquattrore e la giacca su una sedia e si slaccia i bottoni delle maniche della camicia e se le arrotola fino ai gomiti.
Si siede sul divano di fianco a me e si toglie la cravatta.
“Ciao papà” lo risaluto.
Lui mi sorride e io ricambio.
Più lo fisso e più mi rendo conto di somigliargli sempre di più: mio padre è alto, magro e abbastanza muscoloso, con gli occhi neri e i capelli del medesimo colore pettinati ordinatamente indietro mentre la sua pelle diafana è ricoperta dalle fini lenti degli occhiali.
Mia madre, invece, è totalmente diversa: è piccolissima, alta si e no un metro e cinquanta, ha gli occhi blu come i miei, i capelli castani legati sempre con un fermaglio un po’ mossi, le labbra carnose, la pelle chiara un po’ rosata sulle guance ed è grassottella.
Ed è tenerissima e io la adoro!
Sorrido.
Sono proprio fortunato ad avere una famiglia come questa…
 
Dopo cena me ne vado in camera con la scusa di dover fare i compiti, scusa assai poco credibile visto che io e lo studio non andiamo affatto d’accordo e i miei genitori lo sanno bene.
Comunque ho colto il loro momento di defaillance per andarmene in camera.
Mi butto sul letto a pancia in giù e affondo il viso nel cuscino.
Sbuffo.
Avrei una voglia pazza di dire a Hiroaki ciò che provo ma ho paura della sua reazione.
Ho paura di poter perdere quel poco di rapporto che ho con lui.
Non vorrei che mi guardasse e mi dicesse che, oltre a non amarmi, non vorrebbe più essere mio amico.
E io non potrei sopportarlo.
Anche di soffrire per sempre non voglio dirglielo.
Però non è gusto, così…
Insomma, io mi sento di doverglielo dire, ma ho paura.
Lo ammetto.
Ho paura di Hiroaki.
Io, il grande Sendo, ho paura della reazione di uno scorbutico prepotente che io amo.
E non lo sopporto.
TOC. TOC.
Sento bussare e con voce atona dico: “Avanti”
Mi metto seduto e nel frattempo entra mia madre.
“Tesoro, tutto okay?” chiede.
“Sì, mamma, perché?” chiedo sorridendo mentre mi aggiusto meglio il cuscino dietro la schiena.
“Io e tuo padre siamo preoccupati… Hai una faccia strana, negli ultimi giorni, non sei più lo stesso… Cos’hai?” mi chiede con faccia preoccupata sedendosi sul bordo del letto vicino a me.
“Niente, mamma, te l’ho detto” cerco di uscire dalla conversazione ma so che fino a quando non otterrà ciò che vuole non se ne andrà.
Infatti mi fissa e tacitamente mi chiede di essere sincero.
Sospiro e con una gran fatica cerco di trovare le parole adatte per dirgli ciò che provo: “Senti, mamma… Tu, con papà… Cioè, chi ha fatto la prima mossa?” chiedo.
“Io, perché?” risponde mia madre.
“Ecco, a me… Ehm… Piace una persona… E, non so se piaccio a questa persona e questa persona ha un carattere un po’ difficile… E io ho un po’ di… Paura, a fare il primo passo…” dico cercando di stare attendo a non usare il maschile perché credo che se lo facessi dovrei portare mia madre al pronto soccorso con urgenza di infarto.
Quindi, per evitargli qualsiasi tipo di shock, sto più attento del previsto.
“Che intendi per carattere difficile?” chiede.
“Sì, insomma, è una persona un po’  nervosa… E scorbutica e... E’ un po’ particolare… E, anche se ha questo carattere, di lui mi piace tutto e…” e mi blocco rendendomi conto dio aver usato l’appellativo ‘lui’.
“LUI?” chiede mia madre sgranando gli occhi.
MA PERCHE’ SONO COSI’ CRETINO???
“Ehm… Sì…” dico fissandola “Sei arrabbiata?” chiedo timoroso.
“No, e da come ne parlavi mi sembrava Koshino. Ahahahah! Ho sempre immaginato che ti saresti innamorato di lui!” ride mia madre allegra e vivace come se gli avessi raccontato una barzelletta.
“Mamma, io sto parlando di un ragazzo…” dico.
“Lo so, e allora?” chiede con lo sguardo di una che è COMPLETAMENTE sincera.
La fisso attonito e poi la abbraccio: “Sei la mamma migliore del mondo!” dico e gli bacio la guancia con uno schiocchio.
“Eh, lo so!” dice allegra.
“Comunque, credo che tu debba dirglielo. E non guardarmi con quella faccia. So che Koshino è scorbutico e musone ma no credo che ti tratterà mai male. A modo suo ti vuole bene e il massimo che potrà fare sarà dirti di no. Quindi, morale della favola, DEVI dirglielo!” mi consiglia mia madre.
Rimaniamo in silenzio per un po’ e poi mia madre si alza ed esce.
Prima che lei possa chiudere la porta la chiama e gli dico: “Mamma, grazie per quello che hai fatto e detto per me!”
Lei sorride e chiude la porta.
E io ripenso alle sue parole.
Forse ha ragione.
In più io non ce la faccio più a tenermi tutto dentro.
Insomma…
Io SENTo di doverglielo dire.
Ne ho il BISOGNO.
Mi alzo ed esco sul corridoio e prendo il telefono portatile e me ne ritorno in camera.
Compongo velocemente il numero della casa di Koshino e aspetto trepidante mentre il telefono suona.
“Pronto?” chiedono dall’altro capo del telefono.
“Pronto, buona sera, scusate l’orario, sono Akira Sendo e vorrei sapere se Hiroaki è in casa” dico parlando con la madre, credo.
“Sì, un attimo che te lo passo” dice la donna.
“Grazie…” dico e aspetto con calma.
Quando avverto il rumore di qualcuno che alza il ricevitore il cuore comincia a battermi forte.
“Akira, sono Hiroaki, che c’è?” chiede l’inconfondibile voce del mio amico.
“Ehm, potrei venire da te?” chiedo un po’ titubante.
“Adesso?” chiede.
“Non è il momento?” chiedo.
“No, non è questo… Anzi, vieni pure…” mi dice.
“Okay, allora vengo. Tra 10 minuti sono lì” dico.
“Bene” dice e chiude la conversazione.
Anche io abbasso il ricevitore e riappoggio il cordles dove lo avevo trovato.
Afferro la giacca ed esco con un veloce: “Torno subito” rivolto ai miei genitori.
Corro per la strada e in breve arrivo davanti casa sua.
Oltrepasso il canceletto, il giardino e suono.
 
**

Hiroaki Koshino P.O.V.
Sento il campanello suonare e so per certo che è Akira.
Pochi minuti fa mi ha telefonato e con voce affannosa mi ha chiesto se poteva venire qui da me perché aveva un urgente bisogno di parlarmi.
Di cosa, poi, rimane un mistero…
Comunque, vado ad aprire e me lo ritrovo davanti col suo sorriso sfrontato sempre dipinto sul volto.
“Ciao, Hiroaki” mi dice lui entrando in casa e togliendosi le scarpe.
“Ciao Akira…” lo saluto.
Aspetto che termini la sua operazione e poi lo invito nella mia stanza dopo essere passati in cucina a prendere qualcosa da bere.
Quando vi arriviamo, io mi siedo sul letto e lui rimane in piedi di fronte a me.
“Che dovevi dirmi?” chiedo.
“Una cosa che mi preme dirti da parecchio…” dice.
“Cosa!” dico spazientito.
Perché ci gira intorno?
Che senso ha?
E poi che sarà mai!??
Manco dovesse dirmi che si è follemente innamorato di me! (à tono ironico)
Tsk!

però devo ammettere che mi piacerebbe proprio che fosse innamorato di me.
Io sono anni che impazzisco per lui e lui neanche mi guarda.
Ha occhi solo per quelle puttanelle che si porta a letto.
Maledetto cretino!
Come se io non potessi dargli più di quelle sgualdrine!
Potrei dargli amore, amicizia…
Tutto quello che vuole!
E allora PERCHE’ non mi guarda??
“Sì, insomma…” la sua voce mi riscuote dai mie pensieri “… Ecco, io…” si interrompe e poi sbotta: “Accidenti quanto è difficile!”
“Cosa è difficile?” chiedo.
“Dirti questa cosa… Non so se ci riuscirò…” ammette.
“Avanti, non credo sia una cosa così importante da metterti in imbarazzo!” dico.
“O, sì, invece…” dice lui.
“E allora parla tutto d’un fiato!” dico guardando i suoi occhi che mi rendo conto sono velati dalla paura, dal TERRORE di dirmi questa cosa.
“Ho paura di sbagliare tutto…” dice abbassando lo sguardo.
“Fallo questo errore! Non si migliora mai se non si fanno gli errori. Gli errori sono il pretesto migliore per diventare grandi!” dico cercando i suoi occhi ma non trovandoli.
Ma che diavolo gli prende?
Non l’ho mai visto così…
“Okay, allora parlo!” dice annuendo e riportando gli occhi su di me.
Si avvicina lentamente a me e mi si inginocchia di fronte prendendomi una mano e intrecciando le mie dita con le sue.
Ho un sussulto al cuore e mi irrigidisco un po’.
Sento la sua stretta allentarsi ma io gli stringo le dita perché non voglio che si allontani.
Voglio che continui a tenermi stretto a se senza allontanarsi perché così posso far finta che lo fa per amore…
“Hiro… Io, da tanti anni, ormai… Ecco… Io ti voglio bene, te ne voglio tantissimo, ma non come se ne vuole ad un amico ma come se ne vuole ad una persona speciale… Io… Vuoi stare con me?” chiede.
Sgrano gli occhi e lo fisso con sguardo perso.
Che ha detto?
Ha detto che mi vuole bene come se ne vuole ad una persona speciale e che si vuole mettere con me?
Ho capito bene?
Siamo sicuri?
“Che hai detto…?” gli chiedo con voce tremate.
“Ti amo, Hiro” dice rafforzando ancora di più il concetto “Vuoi stare con me?”
lo fisso ancora senza riuscire a proferire parola.
Perché non mi esce niente dalla bocca?
Perché non riesco a rispondergli?
Perché non riesco a dirgli che anche io lo amo, che voglio stare con lui, che provo esattamente quello che prova lui?
Perché me ne sto zitto?
Perché?
Lui mi fissa e poi annuisce con la testa abbassando lo sguardo e scioglie la mano dalla mia e si alza.
Sorride amaramente e dice: “Spero solo che continueremo a rimanere amici…” sussurra.
Ed esce.
E io rimango immobile.
Rimango così anche dopo parecchio tempo che lui se ne è andato.
Ma che diavolo mi è preso?
Perché sono pietrificato e con gli occhi sgranati?
Perché non ho detto niente?
Perché accidenti!!?
E mi alzo.
Afferro la giacca e corro veloce verso casa di Akira.
Sento mia madre urlare ma non le bado.
Ho fretta.
Devo andare da lui e chiarire la situazione.
Devo dirgli ciò che provo senza timore calpestando il mio stupido orgoglio e la mia stupida paura.
Arrivo davanti la sua casa mi attacco al campanello.
Mi viene ad aprire la madre che mi sgrida e dice: “Insomma, Hiroaki! Che ti prende?”
“Dov’è Akira?” chiedo.
“In camera sua, perché?” quasi non finisce la risposta che io già sono volato in camera di Akira.
Spalanco la porta e lui alza la testa dalla rivista di basket che stava leggendo.
“Hi… Hiroaki?” chiede.
Non rispondo ne dico niente ma gli butto le braccia al collo e lo bacio.
Lo bacio a lungo, con amore e passione fino a quando non avvertiamo il bisogno di respirare.
Quando ci stacchiamo lui mi fissa sbalordito e mi dice: “Che significa?” chiede.
“Secondo te?” rispondo.
“Ma prima…” dice.
“Lascia perdere prima. Ero così felice che tu me lo avessi detto che non mi sembrava vero. Ti amo da tantissimo tempo e avevo perso le speranze. Credevo che tu avessi occhi solo per le puttanelle che ti portavi a letto e…” ma mi interrompe baciandomi ancora.
Ma il bacio non dura molto perché lui ha usato questo pretesto solo per zittirmi e mi dice: “Io non ho mai guardato nessun  altro all’infuori di te…”
 
**FINE**

   
 
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