Abbiamo peccato. Purtroppo, questo lo so bene.
Abbiamo provato a infrangere la legge delle leggi, e ora ne paghiamo le conseguenze. Questo lo so benissimo.
Inutile rivangare il passato. Inutile star qui a ripetermi che la trasmutazione umana è a noi preclusa, inutile ripetermelo. Perché è assolutamente improduttivo ribadire sempre e comunque i medesimi concetti. Non restituirà a Alphonse il suo corpo, e non ridarà a me i miei arti mancanti.
Rievocare costantemente il mio passatto è pressoché inutile.
Guardo Al. È sulla panca, intento a leggere un giornale. Sembra annoiato, anche se il suo volto non lascia trasparire emozioni - dopotutto, quello non è il suo corpo. Non potrebbe mai emozionarsi.
Non gli è consentito. E lui lo accettato comunque...
Questa cella è fredda. Buia. Vuota.
Palesemente diversa dalla minuscola abitazione della zietta, a Resembool.
Lì
- per quanto io odi quel posto - c’è
un’atmosfera dolcemente
familiare. E certamente malinconica...
Basta!
Fantasticare
non mi aiuterà di certo. E, alla fin fine, l’ho
scelta io, la strada che sto percorrendo. Non devo lamentarmi. Non voglio.
Quella... donna!
Ci
ha rinchiusi qui, nemmeno fossimo dei criminali! E pensare che
è stato il maggiore Armstrong a mandarci da lei. Sono
fratelli, dannazione!,
se tratta così gli amici di suo fratello, mi chiedo come
tratterà i suoi nemici…
Al
continua a leggere il suo giornale, concedendosi, di tanto in tanto,
qualche esclamazione di sorpresa. Come se quella barbosa lettura lo
emozionasse più di tanto...!
Io
litigo con i miei carcerieri.
Carcerieri… sto certamente esagerando! È vero: quella donna ci ha rinchiusi qui dentro, ma aveva le sue buone ragioni. E loro che ci sorvegliano non desiderano di certo farci del male. Vogliono aiutarci.
Peccato non mi abbiano minimamente capito.
Voglio sapere se hanno trovato quella ragazzina e il suo gatto. E voglio saperlo ora.
Loro mi dicono di portare pazienza - ancora. Che la troveranno - è questione di ore.
Certo.
Ovviamente
non mi conoscono, e non hanno idea del mio essere dannatamente
impaziente. Un minuto, per me, è tanto. Specie se
sono rinchiuso in una stupidissima gabbia, circondato da un gruppo di
stupidissimi carcerieri
che non mi conoscono.
Uno
dei miei carcerieri
mi porge un tè. Sulle prime lo accetto, sorpreso dalla sua
gentilezza. Poi mi rendo conto di chi me l’ha passato: questo
tizio è il re degli avidi. Sono sicuro che il suo
tè va a peso d’oro.
E
infatti mi dice subito una cifra con cui, a Central City, ne
acquisterei 10.
Faccio
per restituirglielo. Non mi va di indebitarmi per uno stupido
tè, insapore ed eccessivamente caldo - preferisco morire di sete, che
pagare così
tanto.
Iniziamo un’animata discussione - dopotutto, questo è solo un modo per passare il tempo. Ci stiamo annoiando. E abbiamo bisogno di sfogarci.
Veniamo
quasi subito interrotti.
“Ehi. Salve. Sono venuto
a fare una visita al signor alchimista d’acciaio”.
Zolf
J. Kimbly.
Lo
guardo, sospettoso. Non mi piace, e non mi faccio problemi a farglielo
capire: sono sicuro che la sua non è una semplice visita di
cortesia. E questo mi irrita non poco.
Tanto, l’esercito è corrotto. Tutto. Dalle fondamenta ai piani più alti… Forse, i piani più alti sono anche i più corrotti.
Sapere che anche il generale supremo è dalla parte dei cattivi… Che è un homunculs… Tutto ciò mi ha turbato, ma non più di tanto. Ho iniziato una guerra contro di loro, ma resto comunque tra i “cani dell’esercito”. Incoerentemente idiota, mi definirei. Perché sono incoerente. E idiota.
Incoerentemente idiota.
Si è accorto del mio sguardo sospettoso. Sorride, compiaciuto, elettrizzato.
Che
ci troverà di tanto divertente in un adolescente che lo
vuole morto lo sa solo lui.
Ci
dice che ci ha portato un ospite, senza tuttavia smettere di sorridere.
Lo fa entrare… O, meglio: la fa entrare.
Varca
la soglia l’ultima persona che avrei voluto vedere,
soprappensiero. Non che la odi, sia chiaro. Non volevo vederla,
perché volevo tenerla fuori da questa faccenda. Avrei
preferito salvare almeno lei.
Winry Rockbell, la
mia migliore amica. La ragazza per cui ho una cotta da quando portavo
ancora i pannolini.
Le
chiedo che ci fa qui, in termini decisamente ostili. Questa situazione
non mi piace per nulla. Voglio
vederci chiaro.
Litighiamo,
ma è una cosa normale. La sua voce furiosa mi atterrisce, e
così ingrano la dose, iracondo.
È
a quel punto che Kimbly prende nuovamente la parola.
“Sua eccellenza il comandante supremo… Era molto preoccupato per voi due”.
E, appena lo dice, mi si gela il sangue nelle vene. Dovevo aspettarmelo, dopotutto.
Ho
capito. Non è ancora finita.
E mi domando: perché proprio questa era sfuggita alla mia revisione?
ò.ò Indubbiamente era la peggiore tra le mie prime storie.
Priva di spessore, banale, piatta e inutile. -.-''
Ho inserito qualche frase, tolto qualche puntino di sospensione...
Non molto, in realtà. Non ho fatto granché.
Ma lasciarla così com'era... No. Non era pensabile.
Non è molto migliorata, ma almeno non dà problemi di stomaco. XD
-.-'' Chiedo scusa a coloro che l'hanno letta e si sono sentiti male.
XD Non ho più scritto sul fandom di FMA proprio a causa della mia
incapacità di mantenere i personaggi decentemente IC, credo. -.-
(_ _) Grazie ancora!