Smells
Like Teen Spirit
Volata via in
Giappone, Emily, Amanda cioè,
insomma quella bellissima ragazza bionda, alta e slanciata che rende
impossibile la mia vita, si “gode”
l’estate potenziando il suo fisico e la
malvagità.
Ma, onestamente, non m’importa un bel niente dei suoi piani
malvagi, della sua
perfidia: ha un’obiettivo ed intende raggiungerlo.
Difendere suo padre risulta, dunque, un atto di grande forza interiore,
e non
il risultato di un piano malvagio mal congeniato.
La sua casa
vuota da ben tre settimane. Tre
settimane come un’eternità. Mi manca.
Mi manca la sua presenza, mi mancano le sue richieste d’aiuto
telefoniche, mi
mancano i batti cinque a missione conclusa, mi manca sorseggiare un
bicchiere
di vino seduto sul dondolo spinto a tratti dal vento. Mi manca entrare
dirimpetto in casa sua, trovarla appena sveglia coi capelli
scompigliati,
talvolta dal vento, talvolta dalla brezza oceanica. Mi mancano le sue
nuotate
in pieno inverno, con l’acqua gelida, osservata dallo stupore
comune.
Mi manca lei.
“Sei
l’unica famiglia che ho!” Così le ho
detto.
In realtà avrei voluto dirle: “Sei tutto quello
che ho! Ogni cosa sensata della
mia vita, ogni cosa bella, ogni soffio d’aria fresca
penetrante e passeggero…
sei tu Amanda!”
E se inizialmente aiutarla nei suoi piani era un obbligo morale per
onorare suo
padre, ora diventa un piacere effimero dal retrogusto agrodolce.
Conto di dirle tutto questo una volta tornata dal Giappone. Ma una
parte di me
pensa anche che potrebbe non tornare più e restare
là per sempre.
È
assurdo, una parte di me lo vorrebbe, vorrebbe
che restasse in Giappone, almeno lascerebbe stare la vendetta e
ricomincerebbe
a vivere.
L’altra parte di me sente il bisogno psicofisico della sua
presenza, come fosse
qualcosa di necessario per la sopravvivenza, un bisogno primario, come
mangiare
e fare la pipì. Ho bisogno di Emily o le mie giornate non
vanno, risultano
vuote.
E non la boxe,
nè alcuno sport fisico potrà mai
riempire quell’incolmabile vuoto, il bisogno necessario di
uscire di casa alle
5:00 di mattina per recarmi nella sua casa vuota.
Guardo
continuamente il cellulare in attesa di
una sua chiamata, una richiesta di aiuto, un “Hey Nolan,
arrivo tra venti
minuti all’aeroporto: vieni a prendermi.”,
qualsiasi cosa, ma quel dannato
telefono non squilla.
Allora controllo
la posta elettronica, la casella
della posta cartacea in attesa di un suo segno di vita: niente.
Incontro alle
feste Daniel Grayson e solo dalla
sua faccia mi rendo conto che neanche lui sa nulla di Emily,
dannatissimo
Grayson!
Stessa cosa vale per l’ignaro Jack. Ed io non so
più dove sbattere la testa,
dove o cosa cercare perché, ricordiamolo, Emily è
bravissima ad occultare le
sue tracce.
Mi sento come un
adolescente impazzito: con gli
ormoni a mille al solo pensiero di lei; che vola nella più
crudele disperazione
nel notare la sua assenza.
Una condizione perenne di infelicità, un ruolo marginale e
privo di significato
spetta a Nolan Ross, burattino comune, fondatore dalla Nolcorp, una
delle più grandi
società esistenti nella “Grande Mela”,
dopo la Grayson Global ovviamente.
Seduto sul
tappeto in casa di Emily, la schiena
appoggiata al divano, tengo il tablet sulle mie ginocchia e scrivo
queste
memorie, come a suo tempo David Clarke fece coi suoi diari.
Ma che Nolan Ross scriva diari cartacei
penso
che ai miei posteri risulterà alquanto strano, visto che
sono il fondatore di
una società specializzata in elettronica. Ovviamente, ci
tengo a ricordarlo,
questo non sarebbe stato possibile senza l’aiuto di quel
folle imprenditore di
un David Clarke.
Un bicchiere di vino rosso, annata 1995, giace a terra accanto a me,
mentre
alla radio trasmettono una canzone dei Counting Crows:
A
long December and there's reason to believe,
maybe
this year will be better than the last,
I
can't remember the last thing that you said as
you were leaving.
Oh
the days go by so fast.
And it's one more
day up in the canyons,
and
it's one more night in Hollywood,
if
you think that I could be forgiven,
I wish you would.
(Na
na na, etc. yeah)
[…]
L’orologio
sul camino indica le 00:07, un nuovo
giorno inizia.
Di solito con Emily a quest’ora accadevano cose interessanti,
strani deja vu, finali
di serata interessanti… ora niente più e forse
è il momento di chiudere le mie memorie,
prendere la macchina e tornare a casa nel modo più salutare
possibile.
Cinque ore ed
una nuova giornata infernale
inizia, pur sapendo che i demoni agiscono anche in piena notte.
Ciao ciao casa
di Emily.
Missing
Emily.
7/07/2012