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Autore: Palmeras Celestiales    30/08/2013    2 recensioni
“Sei l’unica famiglia che ho!” Così le ho detto.
In realtà avrei voluto dirle: “Sei tutto quello che ho! Ogni cosa sensata della mia vita, ogni cosa bella, ogni soffio d’aria fresca penetrante e passeggero… sei tu Amanda!”
E se inizialmente aiutarla nei suoi piani era un obbligo morale per onorare suo padre, ora diventa un piacere effimero dal retrogusto agrodolce.
Conto di dirle tutto questo una volta tornata dal Giappone. Ma una parte di me pensa anche che potrebbe non tornare più e restare là per sempre.
Genere: Fluff, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emily Thorne, Nolan Ross
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Smells Like Teen Spirit



Volata via in Giappone, Emily, Amanda cioè, insomma quella bellissima ragazza bionda, alta e slanciata che rende impossibile la mia vita, si “gode” l’estate potenziando il suo fisico e la malvagità.
Ma, onestamente, non m’importa un bel niente dei suoi piani malvagi, della sua perfidia: ha un’obiettivo ed intende raggiungerlo.
Difendere suo padre risulta, dunque, un atto di grande forza interiore, e non il risultato di un piano malvagio mal congeniato.

La sua casa vuota da ben tre settimane. Tre settimane come un’eternità. Mi manca.
Mi manca la sua presenza, mi mancano le sue richieste d’aiuto telefoniche, mi mancano i batti cinque a missione conclusa, mi manca sorseggiare un bicchiere di vino seduto sul dondolo spinto a tratti dal vento. Mi manca entrare dirimpetto in casa sua, trovarla appena sveglia coi capelli scompigliati, talvolta dal vento, talvolta dalla brezza oceanica. Mi mancano le sue nuotate in pieno inverno, con l’acqua gelida, osservata dallo stupore comune.
Mi manca lei.

“Sei l’unica famiglia che ho!” Così le ho detto.
In realtà avrei voluto dirle: “Sei tutto quello che ho! Ogni cosa sensata della mia vita, ogni cosa bella, ogni soffio d’aria fresca penetrante e passeggero… sei tu Amanda!”
E se inizialmente aiutarla nei suoi piani era un obbligo morale per onorare suo padre, ora diventa un piacere effimero dal retrogusto agrodolce.
Conto di dirle tutto questo una volta tornata dal Giappone. Ma una parte di me pensa anche che potrebbe non tornare più e restare là per sempre.

È assurdo, una parte di me lo vorrebbe, vorrebbe che restasse in Giappone, almeno lascerebbe stare la vendetta e ricomincerebbe a vivere.
L’altra parte di me sente il bisogno psicofisico della sua presenza, come fosse qualcosa di necessario per la sopravvivenza, un bisogno primario, come mangiare e fare la pipì. Ho bisogno di Emily o le mie giornate non vanno, risultano vuote.

E non la boxe, nè alcuno sport fisico potrà mai riempire quell’incolmabile vuoto, il bisogno necessario di uscire di casa alle 5:00 di mattina per recarmi nella sua casa vuota.

Guardo continuamente il cellulare in attesa di una sua chiamata, una richiesta di aiuto, un “Hey Nolan, arrivo tra venti minuti all’aeroporto: vieni a prendermi.”, qualsiasi cosa, ma quel dannato telefono non squilla.

Allora controllo la posta elettronica, la casella della posta cartacea in attesa di un suo segno di vita: niente.

Incontro alle feste Daniel Grayson e solo dalla sua faccia mi rendo conto che neanche lui sa nulla di Emily, dannatissimo Grayson!
Stessa cosa vale per l’ignaro Jack. Ed io non so più dove sbattere la testa, dove o cosa cercare perché, ricordiamolo, Emily è bravissima ad occultare le sue tracce.

Mi sento come un adolescente impazzito: con gli ormoni a mille al solo pensiero di lei; che vola nella più crudele disperazione nel notare la sua assenza.
Una condizione perenne di infelicità, un ruolo marginale e privo di significato spetta a Nolan Ross, burattino comune, fondatore dalla Nolcorp, una delle più grandi società esistenti nella “Grande Mela”, dopo la Grayson Global ovviamente.

Seduto sul tappeto in casa di Emily, la schiena appoggiata al divano, tengo il tablet sulle mie ginocchia e scrivo queste memorie, come a suo tempo David Clarke fece coi suoi diari.
Ma che Nolan Ross scriva diari cartacei penso che ai miei posteri risulterà alquanto strano, visto che sono il fondatore di una società specializzata in elettronica. Ovviamente, ci tengo a ricordarlo, questo non sarebbe stato possibile senza l’aiuto di quel folle imprenditore di un David Clarke.
Un bicchiere di vino rosso, annata 1995, giace a terra accanto a me, mentre alla radio trasmettono una canzone dei Counting Crows:

A long December and there's reason to believe, 
maybe this year will be better than the last,
I can't remember the last thing that you said as you were leaving. 
Oh the days go by so fast.

And it's one more day up in the canyons,
and it's one more night in Hollywood,
if you think that I could be forgiven, 
I wish you would.
(Na na na, etc. yeah)
[…]

 

L’orologio sul camino indica le 00:07, un nuovo giorno inizia.
Di solito con Emily a quest’ora accadevano cose interessanti, strani deja vu, finali di serata interessanti… ora niente più e forse è il momento di chiudere le mie memorie, prendere la macchina e tornare a casa nel modo più salutare possibile.

Cinque ore ed una nuova giornata infernale inizia, pur sapendo che i demoni agiscono anche in piena notte.

Ciao ciao casa di Emily.

 

 

Missing Emily.
7/07/2012




  
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