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Autore: Kruaxi    30/08/2013    1 recensioni
Ho sempre subito il fascino perverso della distruzione assoluta... E sono tuttora sicuro che, prima o poi, la razza umana toglierà il disturbo da sola. Alimentato da libri e film, il mio immaginario 'nucleare' si è ben pasciuto nei decenni. Il racconto è una piccola cartolina dall'Apocalisse: siamo negli anni 60...
Genere: Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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800 Roentgen/ora...                                                                                                                                                                                                                                       
 

Helmut distolse lo sguardo dalla lancetta del contatore, si lisciò nervosamente i capelli e, con stupore, se ne ritrovò una folta ciocca fra le mani. C'era del sangue rappreso alla radice di quei capelli biondi come il grano. Guardò preoccupato Dirk, il capocarro.

-Quanti qui dentro ?- Il volto del vecchio tenente era una ragnatela di rughe, alle quali la fievole luce artificiale conferiva un aspetto sinistro, tale da rivaleggiare in orrore con l'incerto paesaggio che intravvedevano dalle feritoie, pesantemente blindate da una spessa lastra di cristallo.

-Non lo so, non lo so...- Il giovane artigliere scosse la testa lentamente ed incrociò le braccia; si sarebbe volentieri lasciato cadere in terra, sopraffatto dalla stanchezza e dagli eventi, se solo ci fosse stato lo spazio per farlo: -il contatore portatile non funziona, forse è rotto o forse è fuori scala.-

Un sobbalzo del pesante semovente li costrinse ad aggrapparsi di scatto alla culatta dell'enorme pezzo da 122mm: -Demonio ! Dove hai sbattuto stavolta ?- Ringhiò Dirk alla volta del pilota.

Questi alzò a malapena una mano, come per scusarsi, e continuò a tenere ben fisso lo sguardo sul periscopio: -Scusi comandante ma sto andando alla cieca, è tutto scuro, nebbioso... non vedo più niente...-

-Ce la possiamo fare a tornare... ?-

-Dove ?- Dirk guardò Helmut dritto negli occhi: -Dove ? Berlino è tabula rasa, la Germania est è tabula rasa, TUTTA la Germania è una tabula rasa radioattiva, come temo gran parte del mondo che conoscevamo.-

-Il bunker...-

-Il bunker non ha più acqua, non ha energia, e quelle pareti di calcestruzzo non ci salveranno dai tuoi Roentgen,- scandì bene l'ultima parola prima di continuare, -ne più ne meno come non ci salverà questa vernice anti radiazioni al piombo con cui hanno verniciato questo vecchio carro...-

-Vado avanti comandante ?-

-Vai, vai. Vai avanti !.- Urlò all'insegna del pilota.

Il cielo era coperto da nubi nere e spesse, che non facevano filtrare un raggio di luce. Era tarda mattinata, ma poteva anche essere notte fonda. Si sarebbe potuta intravvedere a tratti, persa nella nebbia, la rossa sagoma di un pesante carro armato in corsa verso il nulla.

Si sarebbe potuta intravvedere, se ci fosse stato ancora qualcuno per farlo.

  Resistette a lungo, stringendo le labbra ed i pugni, respirando piano l'aria oramai mefitica dentro il carro ma, alla fine, Dirk afferrò di scatto il secchio dove già gli altri componenti dell'equipaggio avevano abbondantemente vomitato. 

  Dopo essersi liberato non si sentì meglio come aveva sperato, ma soltanto sfinito ed incapace di muoversi e di parlare.

  Helmut era accasciato da un'ora a ridosso del munizionamento e sembrava dormire. Aveva assunto una postura scomposta e grottesca e ad ogni respiro pareva più lontano; pur nella quasi oscurità, a Dirk non sfuggi la macchia rossa che pian piano andava impregnando i pantaloni del suo secondo.

  Chiuse gli occhi, accorgendosi che la mente stava vagando da sola nel tempo e nello spazio. Le palpebre serrate non bastarono a difenderlo dai continui flash rossi che, saltando il nervo ottico, gli arrivavano direttamente al cervello.

  'Sono le radiazioni, già...'

  Poi vide la Germania, la Germania del 1945. Sembrava una pellicola in bianco e nero, rigata e sgranata. Si vide impegnato a difendere Berlino dai russi, appena frettolosamente rientrato dal Brennero, dopo anni di guerra in Italia. Ripensò all'ultimo colpo di Panzerfaust sparato, proprio su un semovente simile a quello che stava comandando adesso: il colpo era rimbalzato sulla corazza inclinata di quel mostro d'acciaio, giovane, fiero ed arrogante. Giovane... anche lui era ancora giovane, allora. Mesi nascosto in casa di sua cugina, mentre la famiglia ricercava la tessera di quando, ragazzo, era stato nel KPD.   Una scossa; il carro stava passando su qualcosa di metallico, che cedette di schianto sotto il peso dei cingoli. 'Un'auto probabilmente', pensò, 'forse una Wartburg, forse una Volkswagen...'   Tornò dove preferiva stare, ed ora l'immagine era a sbiaditi colori.   Era ieri, in piedi sul suo carro armato, a guardia della frontiera mentre flotte di operai alzavano in gran velocità mura e reticolati fra le due Berlino. Era ieri, quando Kennedy aveva detto 'Io sono berlinese'. Era ieri...

...poi...

 

шесть... семь... восемь... девять... десять ... Five... four... three... two... one...

 

 -Comandante !

  Il carro si arrestò di colpo e stavolta Dirk cadde sul pavimento come un sacco vuoto. Imprecando si rimise in piedi a fatica: -Cosa cazzo... E' finito il carburante ?

  Il pilota si girò verso di lui e quasi Dirk ebbe un sobbalzo: perdeva sangue dalla bocca e pareva febbricitante.

  -Signore... Non siamo soli...- Fece come per puntare l'indice davanti a se. Dirk mise le mani sul periscopio, ed inquadrò la zona di fronte al carro, a malapena illuminata dai fari. Un carro, un carro armato con un uomo in torretta, a pochi metri da loro. Un uomo che li guardava. Un carro con il cannone rivolto verso di loro.   Istintivamente Dirk eseguì le procedure di carica e puntamento: il pezzo da 122mm era pronto al fuoco.    -Helmut, alzati maledizione, vieni qui subito !- Dirk attese qualche secondo, poi scosse violentemente con la mano destra la spalla del compagno, che cadde riverso.

  -Helmut...-

  Girò lo sguardo verso il pilota, che stava vomitando sangue copiosamente. Senza pensarci, indossò la maschera antigas ed aprì il portellone d'uscita; stava per prendere l'Ak 47 ma... per farne cosa ? Lo gettò sul fondo del carro.   Lo stupì la totale assenza di rumori. Appoggiando i piedi per terra, si ritrovò a carponi. Rimase a lungo, come paralizzato, in quella posizione, stringendo il terreno con le mani. Infine riuscì a tirarsi in piedi, ancora una volta, e guardò la terra che aveva raccolto. Ma non era terra, era più simile a cenere. Quando, poco tempo prima, l'Uomo aveva abbandonato per la prima volta la Terra per lo Spazio aveva fantasticato di come dovesse essere metter piede su nuovi Mondi. Si era immaginato Marte, un mondo decadente con le rovine di antiche civiltà dimenticate, ed aveva immaginato Venere, rigogliosa di vegetazione ed acqua... Ma questo nuovo mondo dove era infine atterrato sembrava, caso mai, la Luna: polvere e desolazione. E niente vita.   Tuttavia... quella figura dritta in torretta... Si trascinò verso il carro, che le bianche stelle sui lati identificavano inequivocabilmente.   -Camerata ! Siamo ancora in guerra ? Devo spararti o tu devi sparare a me ?- Urlò alla volta dell'americano. -Camerata ! Mi capisci, capisci il tedesco...- Buttò via la maschera antigas, inutile, ed urlò nuovamente: -Camerata, chi ha vinto ? Eh ? Cazzo, vuoi dirmelo bastardo ?

  Pochi metri ancora e, con forze che non sapeva più di avere, si arrampicò sul tank americano, fino ad avere di fronte il suo nemico. Lo guardò da vicino. Eppure lo sapeva che la morte fa brutti scherzi, aveva visto di tutto durante la guerra mondiale. Cosa si era voluto immaginare ? Il carrista americano era soltanto una statua calcificata, un tizzone incenerito, fermo per sempre in una posa oscena.   Rise sguaiatamente finché ne ebbe forza.

 

   
 
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