Okay. Okay. Rachel, focalizza.
Smetto
di camminare avanti e indietro lungo il bordo del letto e fisso i vestiti che vi
ho adagiato sopra. Praticamente c’è tutto l’armadio. Lascio sfuggire uno sbuffo
ed incrocio le braccia sotto il seno guardando i vestiti come se dovessi
affrontare una sfida.
E
se di sfida si tratta, so benissimo chi potrebbe aiutarmi.
Afferro
il telefono e apro whatsapp.
“Aiuto!”
Solo
dopo che sono apparsi i due tick realizzo che ho mandato un messaggio di aiuto
ad una poveretta su un letto di ospedale.
“Che
è successo?”
Oh.
Beh. Se risponde…
“Vestiti.”
Digito ed invio. La risposta non si fa attendere.
“Foto”
Perfetto.
La amo. Stasera quando passeremo a salutarla, la bacerò.
Magari
sarebbe meglio se baciassi qualcun altro.
Dirò
a Christian di baciarla per me.
Sghignazzo
da sola mentre mi avvicino al letto e fotografo una maglietta nera con una
manica sola. Mi è sempre piaciuta, ma forse ha un collo troppo alto… d’accordo,
diciamo che lo scollo è inesistente.
"Quando
sarà morta sua nonna potrai indossarla."
“Ma
povera nonna!!!!”
“Taci.
Passa oltre.”
“Agli
ordini!” Fotografo una maglia bordeaux con un ampio scollo e attendo il
verdetto.
"Sì,
con questa puoi andare a pescare."
Rido
da sola al suo messaggio e mi avvicino entusiasta al completo che ho preparato.
Pantaloni aderenti di jeans beige e una canotta nera aperta ad i lati. Amo
questa mise, la metterei per ogni occasione. Ho sempre pensato di essere una
gran bella visione con questa tenuta addosso. Sorrido trionfante in attesa dell’approvazione.
Il
telefono squilla e lo sblocco velocemente.
“Daiii, il primo appuntamento con l'uomo della tua vita e tu
ti vesti come per andare al safari?!”
Cosa?!
Safari?!?!
Mi
tuffo sul letto mugolando. Non è possibile. Non ho niente da mettermi!
Niente!
Bene.
Ci andrò nuda come un verme a quel dannato appuntamento.
“Ma
sono una gran figa con quella mise!”
Protesto
ripetendo ad alta voce le parole che digito poi mi volto sconsolata verso gli
altri vestiti che ho sul letto.
“Ma
che figa e figa. ABITO!”
Io odio gli abiti. Odio le gonne, sono
convinta che le mie gambe facciano schifo quando indosso le gonne.
Osservo
il mio riflesso allo specchio a muro e l’idea di presentarmi sul serio vestita
del solo completo di pizzo che indosso è decisamente più allettante dei vestiti
che ho nell’armadio. Cioè, sul letto. Mi correggo da sola, sono decisamente isterica.
“Preferirei
andare come mamma mi ha fatta, piuttosto che con un abito.”
"Sono
sicura che attireresti la sua più profonda attenzione, ma non è il caso al
primo appuntamento. Potreste pensarci al terzo, sempre con un impermeabile
sopra... oddio, mi sto trasformando in Eva. TIRA FUORI GLI ABITI!"
Mi
sento avvampare. Sto andando a fuoco.
Lo
sento, e lo vedo allo specchio con la coda dell’occhio. Improvvisamente il
pensiero di quello che accadrà fra poche ore mi colpisce nella sua disarmante
semplicità. Sto per uscire con Thomas.
Quel Thomas. E una sua collega, nonché mia amica, implica
pure che potremmo uscire più volte dopo stasera e che potrebbe gradire vedermi
nu…
AH!
Rotolo
sul letto e vado a passo svelto verso l’armadio. Una parte di me vorrebbe
chiudercisi dentro, ma opto per prendere il primo abito che mi capita fra le
mani e lo fotografo per Elettra.
“FINALMENTE.”
La
risposta arriva dopo pochi secondi e l’unica cosa che riesco a fare è guardare
davvero il vestito che ho fra le mani.
E
finalmente mi accorgo che non è un vestito, ma una camicia lunga bluette di
seta.
L’improvviso
ricordo di averla indossata qualche anno fa con un paio di collant scuri ed una
cintura…
Cintura
alta di mia sorella!
Mi
catapulto di nuovo dentro l’armadio pregando qualunque dio dell’universo di non
avergliela resa e facendo volare una serie di canottiere sul pavimento.
Stasera
avrò un sacco di lavoro da fare per rimettere a posto la stanza. Se tornerò a
casa…
A
quel pensiero aumento la velocità di espulsione degli indumenti dall’armadio
fino a che non tocco una superficie metallica.
«Sì!
Sìììì! DIO ESISTE!» Mi lascio andare a un grido di gioia mentre osservo la
cintura che sembra quasi splendermi fra le mani. Sorrido soddisfatta di me
stessa e per un attimo di godo la sensazione di vittoria e poso la testa contro
l’anta dell’armadio alle mie spalle.
Ho
il fiatone ed il battito accelerato come se avessi corso la maratona di New
York, tragitto Miami-Grande Mela
compreso.
Devo
decisamente darmi una calmata altrimenti non arriverò viva a stasera. Raccolgo
tutte le mie forze e struscio i piedi verso il bagno dove l’aria calda e umida
della doccia che ho fatto prima dell’ardua scelta dell’abito per stasera
riempie ancora la stanza.
Provo
a fare una smorfia alla me stessa allo specchio ma noto che non posso fare a
meno di sorridere come un’ebete. Di questo passo mi verrà una paresi facciale.
Il
sorriso sul mio volto si allarga ancora di più a quel pensiero.
Sono
un caso perso.
In
qualche modo riesco a prepararmi senza morire di infarto, ce la faccio anche a
truccarmi decentemente. Complessivamente soddisfatta del risultato, la qual
cosa è un risultato più che positivo, mi metto seduta, anzi no in piedi, no
meglio seduta sul divano, in attesa.
Osservo
l’orologio al polso che segna le otto e due. Avevamo fissato alle otto.
È
in ritar…
Non
finisco nemmeno il pensiero dandomi dell’idiota. Non posso fare la paranoica
ancora prima di incontrarlo. Insomma, già mi trovo sull’orlo di una crisi di
nervi – per non dire cardiaca.
Rilassati.
Prendo
un grosso respiro e gonfio le guance contando lentamente e facendo scorrere via
l’aria fra i denti mentre tengo gli occhi chiusi.
In
effetti è rilassan-
Il
campanello suona e sobbalzo contro lo schienale del divano meglio di un felino.
Morirò.
È certo.
Per
un attimo mi chiedo se debba andare ad aprire, il che è assurdo perché se non
apro io, chi diamine dovrebbe aprire quella porta?!
Cammino
inspirando ed espirando a pieni polmoni, il cuore sta per trapassare la cassa
toracica e andare a farsi due passi per conto suo.
Nonostante
tutto riesco a raggiugere il videocitofono e a premere il pulsante di
accensione della telecamera.
Ed
eccolo lì.
Al
solito il cuore perde un battito e la solita domanda mi passa per la mente.
Ma
come diavolo fa ad essere così… così… così… Thomas?
Ormai
mi sono rassegnata a cercare di definirlo, è qualcosa che non posso spiegare
limitatamente con aggettivi come ‘sexy’ o ‘bello’. È anche quello, ma c’è
qualcosa in più che non riesco a spiegare in nessun altro modo se non che è
unicamente e semplicemente Thomas.
Mi
decido a spostare lo sguardo dallo schermo del citofono e a parlare.
«Scendo.»
Lo
vedo sorridere e fare due passi indietro per mostrarmi il pollice alzato.
Afferro
la borsa ed esco di casa su di giri. Oserei dire eccitata all’idea di questa
uscita.
Scendo
gli scalini trotterellando come facevo quando ero più piccola e rischiando di
rotolare all’ultima rampa di scale.
Dio
benedica colui che ha inventato i corrimano e maledica chi ha inventato i
tacchi.
Mi
ricompongo e raggiungo la porta d’ingresso facendo un grosso respiro prima di
aprire la porta e trovarmi davanti a Thomas.
Solleva
il volto dai suoi piedi e sorride non appena i suoi occhi incrociano i miei. Ormai
credo di essere morta, perché altrimenti non si spiega il fatto che quel
sorriso e quello sguardo siano rivolti proprio a me.
Certo,
non siamo più due adolescenti alle prime armi. Siamo due adulti ed è chiaro che
se ci troviamo qui, uno di fronte all’altra, pronti per passare insieme una
serata non è certo perché non proviamo un minimo di attrazione, ma resta
comunque una cosa impensabile per me.
Un
sogno ad occhi aperti fatto troppe volte per essere finalmente vero.
E
devo ammettere che ogni fantasticheria non potrà mai superare questo momento.
Il suo “ciao” sussurrato senza staccare gli occhi dai miei mentre mi avvicino.
La sua mano sinistra che porta la mia destra all’altezza delle sue labbra, fino
a sentire il respiro contro la pelle del palmo.
Stranamente
a quel gesto il mio cuore rallenta la sua corsa fino a tornare ad un battito,
che oserei definire… regolare. La prendo come un’ulteriore prova di essere
morta. Defunta. Caput.
«Sei
bellissima.»
Questo
è un colpo basso. Proprio quando mi sono appena calmata.
«Anche
tu.» Muovo una mano ad indicarlo dalla testa ai piedi.
Dio.
Capelli ordinati, quegli occhi di ghiaccio, ma così profondi che sembrano
scavarmi dentro e che risaltano grazie alla giacca blu navy che indossa. E la
camicia… bianca… con gli ultimi bottoni aperti. «Cioè. Non bellissima…. semmai
bellissimo. Non volevo darti della donna. Io…»
Io è
meglio se distolgo lo sguardo da quello che si intravede dalla tua camicia
attillata e la smetto di parlare.
Una
risata.
Alzo
gli occhi e lo vedo portarsi una mano davanti alla bocca mentre mi guarda quasi
colpevole. Si ricompone, cosa che non trovavo affatto necessaria; vederlo
rilassato è così raro che sono quasi fiera della cavolata che ho detto e lo
rifarei altre mille volte solo per vederlo per un attimo sé stesso.
«Scusami.»
Parliamo all’unisono. Per un attimo resto imbambolata a fissarlo, so che ho un
sorriso ebete stampato in volto, ma poi mi riscuoto e gli punto un dito sotto
il mento.
«Per
cosa ti scusi esattamente? Non ti scusare. Non ci pensare nemmeno.»
Lui
sbatte gli occhi un paio di volte, lo osservo mordersi il labbro inferiore nel
tentativo di non ridere, poi fallisce e sorride. Mi rivolge un saluto militare
mettendosi sugli attenti.
«Sissignora.»
Scuto
la testa divertita e mormoro uno “scemo” fra me e me, mentre mi lascio guidare
verso la sua macchina, dove apre lo sportello per farmi salire.
«Guarda
che ti ho sentita.» Sgrano gli occhi mentre lui fa il giro della macchina, si
siede nel posto accanto al mio e mette in moto. Sposta lo sguardo verso di me
solo per un attimo prima di immettersi nella strada e mi regala un sorriso che
mi uccide.
Ma
tanto a chi importa? Sono già morta cinque minuti fa.
«Passiamo
da Elettra, prima di andare a cena?» Propone dopo qualche minuto di silenzio. Mi
ero così rilassata nel frattempo che per poco non sobbalzo al suono della sua
voce.
Mi
osserva con la coda dell’occhio divertito. Credo di essere diventata una comica
eccezionale dato che lo faccio ridere in continuazione. Non riesco a capire se
è una cosa buona o meno.
«SÌ!»
Troppo entusiasmo? Non avrà mica pensato che non voglio stare da sola con lui,
vero?
«Siete
molto amiche voi due.» Lo dice con un tono che non riesco ad interpretare, ma
non ci faccio troppo caso. Sorrido guardando la strada davanti a noi.
«Siamo
diverse, ma affini. È arrivata come un uragano, ma credo che, nonostante lo
scompiglio, sia una delle cose migliori che mi siano capitate ultimamente.»
Ripenso al giorno in cui ci siamo incontrate. È piombata in negozio stravolta e
ha capito subito tutto di me. Un libro aperto. E lo stesso è stata lei per me.
«Sai quando senti subito a pelle, che ti troverai bene con quella persona? Che
quando sei con lei i tuoi problemi diventano più sopportabili e hai solo voglia
di sorridere?»
Rimane
in silenzio, cosa che mi costringe a voltarmi verso di lui. Guida, ma lo vedo
che la sua testa è altrove, poi all’improvviso ferma la macchina da un lato e
mi guarda sorridendo.
«Credo
di sì.» Afferma con la voce bassa ed uno sguardo altrettanto profondo. Deglutisco
a fatica, incapace di staccare gli occhi dai suoi.
«Non
scendi?» Chiede dopo altri momenti di silenzio, aggrottando la fronte
perplesso.
Solo
allora capisco che siamo arrivati all’ospedale. È per questo che ci siamo
fermati, non perché lui volesse… che ne so… sdraiarmi sul sedile dell’auto… o
baciarmi… No.
Ecco,
quello avrei voluto farlo io…
Scuoto
la testa e sorrido prima di voltarmi verso lo sportello e aprirlo inveendo
contro i filmini mentali anche troppo vividi che mi faccio in sua presenza.
«In
che stanza si trova?» Domanda Thomas quando entriamo, rispondo con prontezza e
lui mi porge il braccio mentre ci incamminiamo.
Ah.
Gentiluomo. Altro scompenso cardiaco.
Afferro
il suo braccio e lo guido verso la stanza di Elettra.
«Ciaaaao!»
Entro saltellando e guardo subito Ele sdraiata sul suo letto. Adesso la bacio
sul serio.
«Ciao!
Oh mio Dio.» Anne mi abbraccia, bloccandomi dai miei propositi romantici nei
confronti di sua cugina. La sua esclamazione mi fa arrossire ed inorgoglire al
tempo stesso. Sì, Anne, hai visto con chi
sono arrivata?!
Ho
voglia di sghignazzare come una bambina che ha ricevuto il suo orsacchiotto
preferito. E che orsacchiotto!
A
proposito…
Mentre
Anne stringe la mano Thomas vado a salutare Christian, che stranamente anche stasera è qui.
Secondo
me si è fatto ricoverare anche lui solo per stare con Ele. Gli rivolgo un
sorriso a cinquemila denti mentre passo lo sguardo da lui ad Ele.
Poi
Thomas ci raggiunge e si mette a parlare con lei.
«Come
ti senti? Senza di te è una noia mortale.» Le dice, sedendosi sulla sedia che
Christian gli cede, mettendosi in piedi accanto a me.
Se
avessi più confidenza mi appoggerei a lui…Mi stanno già facendo male i piedi…
«Ma
se non mi vedi mai…» Ele ride e la cosa mi rende felice. Dopo tutto quello
che le è capitato, è bello che ritrovi subito il sorriso.
«Beh,
gli aneddoti che ti riguardano fanno il giro dell’ufficio molto in fretta, cara
Miss Wayne.»
Guardo
Anne ed entrambe sghignazziamo. Io non credo molto al destino, ma se esistono i
segnali dell’universo… adesso ditemi se questo non ne è uno gigantesco.
Hanno
lo stesso cognome. È la prima cosa che ho notato quando mi è arrivata la prima
ordinazione. A me non importerebbe molto… Rachel Blackwood suona bene. Ma sono
convinta che una tipa tosta come Elettra non rinuncerebbe così facilmente al
suo cognome…
«Non
vi manca Christian? Perché non ve lo riprendete?» Scuoto la testa ridendo di
nascosto e non posso fare a meno di notare che Thomas fa la stessa identica
cosa.
«Lasciami
un po’ di respiro. Non è bello avere sempre il cocco di Martin tra i piedi,
sai.»
Sembra
tranquillo mentre lo dice, ma vedo che nasconde subito le mani dietro la
schiena. Una è stretta in un pugno.
La
cosa gli brucia, anche se non vuole farlo vedere. Mi mette voglia di prenderlo
per mano e dirgli che va tutto bene.
«Come
siete eleganti. State uscendo?» Anne, mi tocca una spalla sorridendo mentre
indica la giacca di Thomas.
Mi
sento avvampare mentre annuisco.
Odio
la mia pelle in questo momento, non posso arrossire ogni santa volta! «Andiamo
in quel pub… dove dovevate venire anche voi, o sbaglio?» Lancio
un’occhiataccia ad Ele cercando di distogliere l’attenzione da me e Thomas. Ele
mi ignora, sembra quasi soddisfatta di essere finita all’ospedale ed aver
evitato tutta la serata…Se non sapessi che in realtà ha solo paura di quello
che prova per Christian mi riterrei quasi offesa.
«Oh,
che bello! Perché non andate voi due con loro, invece, ragazzi?» Elettra è
decisamente più abile di me a deviare l’attenzione dai suoi ipotetici
appuntamenti con l’orsacchiotto abbraccia tutti.
«Ah… non
lo so…» Anne, guarda Cooper che scuote immediatamente la testa, lei è contrariata,
ma asseconda suo marito. «Mmm… beh, forse volete uscire
da soli… perché accompagnarsi a due vecchi sposati?» Ridacchia, ed io
la guardo stordita.
Anne,
se vuoi uscire con noi, esci!
«Cosa?
No, ci fa piacere se venite. Dai, ci divertiamo!»
Lancio
una rapida occhiata a Thomas mordendomi il labbro inferiore.
Ti
prego, ti scongiuro, non pensare che non voglia stare da sola con te.
Lui
non sembra toccato dal mio invito, anzi annuisce mentre guarda Cooper, ma lui
guarda sua moglie.
«No, potresti stancarti, amore… non
credi che sia meglio-»
«Oh,
per l’amor del cielo, Coop! Sono incinta di tre settimane e tu sei già così
apprensivo!»
Silenzio.
Nessuno muove un muscolo fino a che la futura mamma non parla di nuovo.
«Ecco,
non dovevate venire a saperlo così, ma… sorpresa!» Anne sorride estasiata
allargando le braccia e guardandosi la pancia. «Ta-dàn!»
«Ma auguriiii! Congratulazioniii!
Cosa si dice in questi casi? Felicitàààà!» Grido
andando ad abbracciarla.
La
verità è questa: Se c’è una cosa che mi piace in assoluto sono i bambini.
Piccoli
bambini da strapazzare di coccole.
«Ecco
cos’avevate di strano tutti e due! Potevate dirlo subito, accidenti. Beh, Coop.
Congratulazioni ai tuoi spermatozoi per aver ingravidato mia cugina. Cugina… sei
contenta?» Anne sorride raggiante alle parole di Ele mentre si lascia
stritolare dalle mie braccia. «Allora tanti auguri, vieni qui.» Mollo la presa
per lasciarla andare ad abbracciare sua cugina. «Anche se non ti farò mai da
babysitter, lo sai vero?»
«Certo
che lo so. Ma cambierai idea, un giorno.» L’occhiata che scocca a Christian non
passa inosservata a nessuno. Nemmeno ad Elettra, che per tutta risposta ci
caccia dalla sua stanza.
«Bene,
ora che siamo tutti d’accordo perché non ve ne andate così la smettete di
parlare di amore, di cene e di figli?»
«Oh,
d’accordo. La paziente ci sta cacciando. Mai mettersi contro le pazienti
isteriche, sono pericolose.» Dichiaro, afferrando Thomas per un braccio.
Praticamente lo trascino nel corridoio. Anne e Cooper ci seguono a ruota e
dallo sguardo che Anne mi rivolge subito dopo che ha pseudo-salutato sua cugina
capisco che dobbiamo filare. Via più in fretta della luce altrimenti quei due
non rimarranno mai da soli.
Reprimo
la voglia che ho di mettermi a ridere e camminiamo a passo svelto per i
corridoi ed è solo quando siamo abbastanza lontani che mi rendo conto di un
infimo, minuscolo, impercettibile dettaglio.
Le
mie dita della mano destra sono perfettamente legate e strette intorno a quelle
della mano sinistra di Thomas.
Cerco
di mantenere la calma, ma non posso fare a meno di abbassare lo sguardo ed
avere la prova tangibile che sì, ci stiamo tenendo per mano.
Le
sue dita si muovono impercettibilmente sopra le mie e deglutisco a fatica
quando noto che anche lui ha lo sguardo basso sulle nostre mani.
«Quindi…
dove andate di bello a cena?» La voce di Anne mi fa quasi sobbalzare.
Mi
sorride incoraggiante quando la guardo.
Io
amo questa famiglia, devo chiedere a qualcuno di adottarmi.
«C’è
un pub poco distante da qui, è il Dragonfly al 7337
di Harding Ave. Avevamo deciso di andare a mangiare
qualcosa, lì.»
«Carino!!»
Anne ha gli occhi a forma di cuore, lo giuro. «Me ne hanno parlato, dicono che
è molto bello…e anche molto romantico.» Il suo sguardo è tutto un programma ed
io sto andando a fuoco. Di nuovo.
«Potrete
valutarlo voi stessi, visto che venite a festeggiare la notizia con noi.»
Annuisco ripetutamente all’affermazione di Thomas guardando Cooper, che alla
fine cede.
«Ma
non faremo tardi.»
«Perfetto.»
Sorrido raggiante ad Anne e guardo Thomas. Siamo arrivati alla sua macchina ed ha
iniziato a parlare con Coop. «Se vuoi puoi seguirmi con l’auto, oppure sai come
arrivare?»
«Ti
seguo. Andiamo?» Coop si abbassa a parlare all’orecchio di Anne e lei annuisce
sfregando il naso contro il suo mento. «A dopo.»
Li
osservo allontanarsi abbracciati e sospiro.
«Sono
proprio carini, vero?» Chiedo mentre mi volto sorridente verso Thomas.
«Sembra
impossibile che lei ed Elettra siano imparentate.» Afferma lui dopo un attimo,
poi si massaggia la fronte con una mano. L’unica libera, dato che l’altra è
ancora intrecciata con la mia.
Non ci devo pensare.
«Ma
no, anche Ele potrà essere dolce un giorno.» Annuisco convinta. «Christian l’aiuterà.»
«Già,
Christian può tutto.» Lo dice con un tono che non mi piace per niente, mentre
lascia la mia mano. Cosa che mi piace ancora meno.
«Non
credo proprio.» Affermo mentre montiamo in macchina e lo osservo. Evita il mio
sguardo tenendo gli occhi puntati sullo specchietto retrovisore per avvistare
la macchina di Coop ed Anne. «Nessuno può fare bene tutto, nemmeno Christian
Wayne.»
Per
quanto, da come si comporta con Ele, sembri l’uomo perfetto.
«Se
lo dici tu…» Sospira poco convinto.
«Già.
Lo dico io.» Asserisco decisa e rimango in silenzio, ma Thomas non sembra
nemmeno aver sentito le mie parole. «Per quanto la mia opinione, ovviamente,
non valga poi molto.»
«Non
ho detto questo.» Si volta di scatto a guardarmi. «È solo…niente. Non voglio
parlare di lavoro. Vorrei che fosse una serata piacevole.»
«Non
può esserlo se appena parliamo di Christian ti metti sulla difensiva.» Incrocio
le braccia al petto e guardo fuori dal finestrino.
Spero
che funzioni e riesca a farlo sfogare, altrimenti dovrò chiedere un passaggio
ad Anne e Cooper e fare il terzo incomodo.
«Perché
avevi intenzione di parlare ancora di Christian?» Mi domanda quasi allarmato,
costringendomi ad aggrottare la fronte e a voltarmi verso di lui.
«No,
non credo…» Rispondo titubante.
Come siamo arrivati a parlare di questo?
Sbuffo
e gli rivolgo un sorriso. Ok, abbassiamo le difese e passiamo come la ragazza
patetica che sono.
«Vorrei
solo che tu stessi bene. Sei sempre nervoso, sostenuto. Anche prima da Ele, tu
fai finta che non ti importi, ma in realtà ti pesa la situazione. Io sarò solo
una tizia che ti porta il caffè ogni tanto, ma vedo che la situazione non è a
posto per te. Vorrei solo aiutarti.»
Rimane
in silenzio a guardarmi e basta.
Mi
sono resa ridicola.
Stupida
me, stupida ragazza persa per quegli occhi chiari e per quella personalità che
a volte scompare.
Stupida.
Stupida. Stupida.
«Non
credevo di essere così disperato.» Afferma dopo, interrompendo la mia sequenza
di imprecazioni.
«Non
intendevo questo.» Protesto, ma lui allunga una mano fino a toccarmi le labbra.
«Mi
dispiace. Mi dispiace che tu ti sia preoccupata per me e di essere come sono.»
Dichiara mentre sposta la mano verso una ciocca di miei capelli.
«A
me piace come sei.»
Oddio, l’ho detto davvero?
«Cioè…»
Cerco di recuperare, ma lui si avvicina.
È
un movimento talmente rapido che non riesco a focalizzarlo subito. Si avvicina
e posa le labbra sulla pelle della mia guancia sinistra. Poi sussurra un
“Grazie” al mio orecchio.
Non
mi ricordo come si fa a respirare.
Sento
solo la sua pelle contro la mia, il suo respiro vicino al lobo dell’orecchio, i
brividi che mi salgono lungo la schiena fino alla nuca.
Poi
i suoi occhi incontrano i miei, vicino. Troppo vicino, ma non abbastanza.
Il
suono di un clacson fa spostare il suo sguardo dalle mie labbra.
Ed
è di nuovo lontano. Mi ci vuole qualche secondo per capire chi sono e dove mi
trovo e che diavolo sta succedendo.
Sono
Rachel. Sono seduta sul sedile passeggero della macchina di Thomas. Lui mi ha
appena ringraziata e baciata su una guancia. Stavamo per baciarci, ma qualcuno
ha suonato.
Non qualcuno. Cooper. Cooper ed Anne.
Dobbiamo andare a cena.
Va tutto bene. Più o meno.
Abbozzo un sorriso mentre sospiro. Ah… giusto,
è così che si respira.
Mi sforzo di trovare un argomento, un
qualcosa da dire per togliermi dall’imbarazzo, ma l’unica cosa che riesco a
pensare è che Cooper ha un tempismo del piffero.
«Tu conosci questo posto dove stiamo
andando?» È lui a parlare e a tirarmi fuori dall’imbarazzo.
«In realtà no, tu?»
Distoglie lo sguardo per un attimo della
strada solo per farsi vedere mentre si morde la lingua divertito.
«Non sapevo neanche dove fosse fino a che
non ho studiato la mappa oggi pomeriggio.» Si lascia sfuggire una risata alla
quale mi unisco.
«Ottima notizia.» Affermo ancora
divertita, lui sposta la mano destra dal volante ed incrocia il medio e
l’indice.
«Fai come me e spera di non finire in un
posto strano.»
«Strano come?» Per un attimo il pensiero
che Christian ed Elettra abbiano proposto quel pub mi spaventa.
«Non saprei… un posto non adatto alla
situazione?»
Domanda con un sopracciglio sollevato.
«Già, abbiamo una coppia sposata con
pargolo in arrivo con noi...» Affermo pensierosa.
«Mi riferivo più a me e te, ma hai
ragione…» Dice con un tono imbarazzato e mi lascia senza parole.
Dannazione! Perché non me ne sto mai
zitta?! Ho voglia di sbattere la testa contro il cruscotto.
«La prossima volta ti porto in un posto
che conosco. Ti piace il pesce?»
Cosa? Sposto lo sguardo dalla plastica dura che
volevo usare per far muovere i miei neuroni e lo guardo sconvolta.
«Prossima volta?»
Perché faccio domande idiote? Forse
sarebbe meglio aprire lo sportello e buttarsi fuori dall’auto in corsa.
«Se vuoi…»
Sì,
lo voglio.
Annuisco lentamente e lui sorride a
trentadue denti.
Qualcuno mandi una camionetta dei pompieri
a spegnere l’incendio che sta prendendo campo sul mio volto. Scommetto che ho
anche il fumo che esce dalle orecchie.
«Arrivati.» La voce di Thomas mi riporta
nell’abitacolo dell’auto. Lui parcheggia mentre osservo il locale dal
finestrino.
«Sembra carino.» Riesco a dire nello
stesso momento in cui il motore si ferma. Il mio cavaliere annuisce soddisfatto
poi apre lo sportello.
Il
mio cavaliere.
Sghignazzo da sola mentre scendo a mia volta dall’auto.
«Speriamo lo sia anche all’interno.»
«Non sembri fiducioso.» Faccio notare
divertita.
«Io e Christian non abbiamo gusti simili,
se piace a lui, è probabile che non piaccia a me.» Afferma mentre guarda il
locale.
«E allora perché hai accettato di uscire?»
Chiedo mentre sollevo un braccio per farmi individuare da Anne e Cooper che
hanno parcheggiato poco distante da noi.
«Per te.»
Pietrificata.
Sono quasi certa che sia passata Medusa e
che abbiamo scambiato uno sguardo carico di emozioni; altrimenti non si spiega
il motivo per cui mi sia bloccata sul posto con un braccio alzato e che non
riesca a buttarlo giù.
«Tutto bene?» Sobbalzo ed abbasso la mano.
Thomas mi osserva curioso, con l’inizio di un sorriso divertito sulle labbra.
«Stavo solo facendo segno ad Anne che
eravamo qui.»
«Meglio se andiamo noi da loro.» Fa un
passo in avanti e poi allunga il braccio destro verso di me. Lo osservo
stranita e lui muove le dita, in attesa.
In attesa della mia mano.
Il pensiero mi fa sorridere. Lascio che le
mie dita trovino il loro posto fra quelle di lui e ci avviamo verso la coppia
di sposini.
Il locale è carino anche all’interno,
anche Thomas sembra soddisfatto a giudicare dal sorriso rilassato che non
abbandona il suo volto neanche un secondo.
Anne continua a lanciarmi sguardi
maliziosi da quando li abbiamo raggiunti, ma è solo quando ci sediamo al tavolo
riservatoci e lei prende posto accanto a me, che mi sussurra ad orecchio.
«Ho manganellato la testa di Coop con un
dépliant del supermercato per il tempismo con cui ha suonato il clacson…»
Arrossisco di nuovo e ringrazio il cielo che il cameriere sia già arrivato con
i menù per nascondermici dietro. «Sinceramente parlando siete tanto tanto carini
insieme.»
«Sul serio?» Sussurro lasciando che i miei
occhi facciano capolino da dietro i fogli, Anne sorride divertita e viene a
farmi compagnia dietro di essi.
«Assolutamente. Vi siete già baciati?»
«Rischio l’infarto solo all’idea…» Ammetto
cercando di concentrarmi sulle varie portate che possiamo ordinare.
«Fidati di me, andrà alla grande.» Mi
batte ripetutamente la mano sulla schiena e abbassa il nostro fortino. «Amore,
che prendi?»
La capacità di cambiare argomento e
lasciarmi come uno stoccafisso a fissare il vuoto deve essere un dono di
famiglia. Oppure sono io che stasera sono completamente fuori fase.
Probabilmente è proprio questa seconda
opzione. Sospiro mentre il mio sguardo si sposta da Anne e Coop a Thomas.
Assorto mentre legge le offerte del locale mi sembra ancora più affascinante
del solito. E non sta facendo niente! Semplicemente, legge.
Avrei voglia di sbattere la testa contro
il tavolo di legno massello del locale per il caso senza speranza che sono.
Invece resto a fissarlo, incantata.
Incapace di scegliere quale sia il dettaglio di lui che mi cattura di più, se
le labbra o gli occhi o i capelli… tutto mi manda completamente ed
irrimediabilmente in pappa il cervello.
Sono persa ad osservarlo quando Cooper
dice qualcosa che non afferro e lui alza lo sguardo incrociando per un attimo
gli occhi con i miei.
«Oddio, no.» Anne sussurra accanto a me
posando una mano sulla mia spalla. «Mi spiace tanto…» Non afferro il motivo
della disperazione di Anne, quindi mi limito ad aggrottare la fronte. «Rugby.
Il mio acerrimo nemico.»
«Oh, certo. Ora è tutto chiaro.» Affermo
ironica mentre scorro lo sguardo sulle pietanze da ordinare.
«Non sapevo che anche Thomas fosse un
tifoso…» Sollevo il volto dal menù e guardo Anne confusa, lei si limita ad
indicare col dito i due occupanti dell’altro lato del tavolo.
Entrambi sono con lo sguardo diretto sopra
le nostre teste; inclino la testa allindietro per vedere che più in alto, sul
muro alle nostre spalle, è affissa una televisione. Trasmettono un servizio su
una partita di rugby o football. Non ho mai capito bene la differenza. Torno a
guardare Thomas e Cooper e i loro sguardi catturati dallo schermo, sorridono
beffardi ed esultano o scuotono la testa a seconda delle azioni mostrate.
«Nemmeno io lo sapevo.» Affermo sorridendo
sollevata. Ammetto che avevo paura che non avesse argomenti per legare con
Cooper, invece…
«Una cosa che non sapevi di lui?! Wow… sono
colpita.» Mi prende in giro la mia amica. Sono lieta di poterla definire tale.
Due amiche in un colpo solo.
«Non so cosa ti abbia detto tua cugina, ma
non sono un caso perso come mi ha dipinta… spero.» Rispondo pronta e sorrido al
cameriere che è tornato a prendere le ordinazioni per le bevande.
I due uomini non staccano nemmeno gli
occhi dallo schermo mentre richiedono due birre vorrei unirmi a loro, ma mi
spiace lasciare che Anne sia la sola a bere l’acqua, quindi decidiamo di
dividere una bottiglia.
«Questa storia della gravidanza ha alcuni
lati negativi…» Sbuffa quando il cameriere si allontana.
«Non sei credibile se mentre lo dici
sorridi con più denti di quanti in realtà possiedi, sai?» Le faccio notare
divertita guadagnandomi una linguaccia.
«La cosa che mi preoccupa è la versione
iperprotettiva di Cooper. È stata una sorpresa.» Faccio per dire qualcosa, ma
lei mi precede. «Non mi fraintendere: una sorpresa gradita, ma pur sempre una
sorpresa.»
Sorrido dolcemente e avrei voglia di
abbracciarla, ma mi limito a stringerle la mano.
«Credo che sia bello che dopo anni che
state insieme lui continui a sorprenderti.»
Lei mi guarda colpita per qualche secondo
poi sorride di nuovo maliziosa.
«Sei decisamente cotta.»
«Cosa c’entra adesso?» Domando subito
sulla difensiva guardando di soppiatto Thomas. Ha smesso di guardare la tv,
come Cooper, ma stanno parlando concitati di qualcosa che non capisco.
«Sei terribilmente romantica.»
«Lo sono sempre stata, non è certo per
causa sua.» Bisbiglio arrossendo.
«D’accordo. Non ti stuzzicherò più
sull’argomento.» Sorride di nuovo mostrandomi tutti i denti.
«Chissà perché ci credo poco.» Affermo un
attimo prima che il cameriere torni con le bevute.
«Avete scelto cosa volete mangiare?» Ci
chiede tirando fuori un palmare e sorridendo cordiale.
«Alloooora…»
Anne scorre il dito lungo la superficie lucida della pagina del menù. «So
benissimo che non dovrei mangiare la pasta qui, che rimarrò delusa, ma solo
leggere il nome mi mette l’acquolina in bocca, quindi… per me le linguine ai
frutti di mare.»
«Io prenderò gli scampi Jumbo.» Cooper
sorride al cameriere un attimo prima di sorseggiare la sua birra. Birra e
scampi… mah…
«Crema d’aglio, eh? Hai deciso di andare
in bianco.» Lo vedo strozzarsi con il liquido all’affermazione di Anne e
nascondo il mio sorriso dietro il menù.
«Shepperd pie per me, grazie. Tu che
prendi, Rachel?» La voce di Thomas mi fa sobbalzare e noto che il cameriere mi
sta fissando in attesa.
«Fish and Chips,
grazie.»
«Perfetto.» Il ragazzo riprende i menù e
si allontana. Thomas continua a guardarmi e accenna un sorriso un secondo prima
che Cooper attiri di nuovo la sua attenzione parlando di un certo Alonso
Eugenio… o Eugenio Alonso.
Anne al mio fianco sbuffa e temo che stia
per esplodere; quello che la ferma è lo squillare del suo cellulare. La sento
salutare sua madre con entusiasmo mentre si allontana dal tavolo, così mi
ritrovo da sola ad ascoltare i due uomini parlare della, credo, squadra di
rugby della città. Ancora.
Inizio a capire perché Anne si sia così
irritata prima. Simulo un colpo di tosse, cercando di attirare l’attenzione, ma
alla non ricezione dei due nuovi
amici per la pelle, cerco di annegare le mie mancate fantasie in un paio di
bicchieri d’acqua.
Se continuo a bere così, almeno avrò una
scusa per alzarmi da questo tavolo e non reagire come una folle isterica.
Giuro che se sento ancora le parole
“azione mirabolante” da parte di Cooper potrei gridare.
Anne torna a sedersi accanto a me,
impedendomi di iniziare a tartassare sua cugina su whatsapp per sfogarmi.
«Era mia madre, voleva sapere di Ele.»
Sospira sorseggiando un po’ d’acqua. «Ci ha fatto prendere un bello spavento… quando
mi ha chiamata Christian sono rimasta pietrificata!» Sposta lo sguardo sulle
sue mani, poi si volta verso di me sorridendo. «Cosa che sarebbe successa anche
senza l’operazione di mezzo, perché lui è veramente, veramente… veramente…»
Cerca di trovare le parole per descriverlo, ma probabilmente è intenta a
cercare di mantenere un contegno da donna sposata e a non mostrare quanto abbia
in realtà subìto il fascino del Wayne.
Mi viene da ridere al suo sguardo perso e
mi limito ad annuire.
«Lo so. Lo conosco da cinque anni e non mi
ci sono ancora abituata. A nessuno, in realtà.» Ammetto a bassa voce guardando
Thomas ridere con Cooper.
Scommetto di avere gli occhi a forma di
cuore in questo momento.
Il fatto che lui non mi guardi nemmeno è
solo un vantaggio. Non una delusione. Un vantaggio.
Lo ripeto come un Mantra fino a che Anne
non riprende a parlare.
«Già. Io non ce la farei a lavorare con
loro. E nemmeno nelle vicinanze.» Mi scocca un occhiata che la dice lunga
quando pronuncia le ultime parole.
«Non è così male. Non mi calcolano molto,
solo Elettra è stata un po’ più espansiva da subito.»
Magari l’ho un po’ forzata, ma son
dettagli trascurabili.
«Sì, lei a volte lo è ancora.» Afferma
Anne con tono grave, poi sorride e si avvicina a me sussurrando. «Ma fra lei e
Christian non è successo niente, niente?»
Oh. Il gossip.
Sorrido sorniona e parlo anche io
sottovoce.
«Non platealmente, ma lui è cotto. Cotto quanto
il piatto di pasta che stai per mangiare.» Anne si ricompone appena in tempo
per l’arrivo del cameriere e ringrazia gentilmente osservando scettica le
linguine che hanno un colore decisamente troppo chiaro, per quel poco che so di
pasta.
«Lo sapevo che non dovevo ordinarle.»
Mormora leggermente delusa non appena il cameriere, che nel frattempo ha
servito tutti, ci ha augurato buon appetito e si è allontanato. «Ad ogni modo…
platealmente no, ma di nascosto? Oltre al bacio, si intende…»
Ci rifletto un secondo prima di
rispondere. «Ele che dice?» Chiedo, intanto, portando alla bocca una patatina.
«Cosa vuoi che dica… niente. Solite
risposte che sviano l’argomento e la fanno sembrare “cuore di ghiaccio”.»
Annuisco avendo ben presente la
situazione.
«Non è successo altro, comunque… a volte
sono veramente assurdi. Passano dal volersi saltare addosso alla coccolosità
più assoluta. Ah, l’amore…» Sospiro ripensando alla scenata che hanno fatto
pochi giorni fa davanti alla caffetteria. «Prima che fosse ricoverata, stavano
litigando non so bene per cosa inizialmente, il fatto è che poi
l’orsacchiottone ha deciso di allungare lo sguardo – provando finalmente che
anche lui è un uomo con il cervello nelle parti basse ogni tanto – sul culo di
tua cugina.»
«Oddio.» Anne scoppia a ridere. «Lo avrà
ucciso.»
«In effetti suppongo che se non fossi
intervenuta lo avrebbe strozzato.» Annuisco convinta spilluzzicando del pesce.
«Comunque, una volta calmati i bollenti spiriti, più o meno, gli ho detto che
sarebbero dovuti uscire insieme senza il lavoro…»
«E a quel punto lei ha ucciso te.» Anne mi
interrompe prima di portarsi una forchetta alla bocca.
«In realtà mi ha rilanciato contro la
cosa…» Affermo imbarazzata torturandomi le mani. «Ma Christian era totalmente
dell’idea di uscire con lei. Figurati che il locale qui stasera lo aveva deciso
lui…»
«Sul serio?» Anne gongola sul posto.
«Già, peccato.» Affermo pensierosa. «Non
mancherà occasione, mi sembra un ragazzo dalla tenacia di ferro.»
«Per fortuna. Dio solo sa quanta ce ne
vuole con Elettra a volte.»
«Penso che possa essere giustificata
però…» Rifletto sugli stracci di conversazione che ho captato quella volta che
siamo uscite tutte insieme. «Per certe cose ci vuole tempo e tutto il sostegno
delle persone che ti vogliono bene.»
«Sembri saperla lunga…» La butta lì Anne,
facendomi sorridere.
«No. Affatto.» Cerco di tranquillizzarla.
«Il mio cuore è intatto, ma so che ognuno ha i suoi tempi e i suoi modi di
affrontare le cose.» Sorrido cordiale. «Christian ce la farà a far rinsavire
tua cugina, magari gli servirà un aiutino…»
«Puoi star certa che da me lo avrà…» Anne
dichiara solenne sollevando la sua forchetta. «Può avere tutto quello che
vuole.»
Scoppio a ridere alla sua affermazione
impedendomi di ricordarle che è una donna sposata.
D’altronde gli occhi sono fatti per
guardare, e affermare che Christian non sia un bel ragazzo sarebbe da pazze,
poi basta guardarla negli occhi per vedere che sono solo parole e che senza
Cooper sarebbe persa.
Sospiro sorridendo concentrandomi sul mio
piatto, fino a che la voce di Cooper non mi fa sobbalzare. Quasi avevo
dimenticato che lui e Thomas sono al nostro stesso tavolo.
«Come mai anche tu hai preso l’acqua?» Sembra
essersi reso conto solo ora che sua moglie sta facendo coppia con me.
«Supporto morale.» Rispondo piatta prima
di portare il bicchiere alla bocca.
Altro che dépliant del supermercato
sbattuto in testa, ti meriteresti le Pagine Gialle lasciate cadere da una
discreta altezza sul mignolo del piede.
Scuoto la testa al pensiero poco carino
che ho appena fatto, in fondo non è colpa di Cooper. Sposto lo sguardo verso
Thomas, lui è tranquillo. In pace con il mondo.
Credo di essere io quella che si è fatta
troppe idee strane. Uscita a quattro doveva essere e uscita a quattro è stata. Magari
anche con Christian ed Ele sarei finita a parlare tutta la sera con la mia
amica, perché i due uomini si sarebbero messi a parlare di lavoro.
Alla fine non è andata male, Anne è stata
di ottima compagnia.
«Vuoi un po’ della mia birra?» Chiede
Thomas porgendomi il bicchiere. Quanto avrei voglia di buttargli in faccia quel
poco di liquido che è rimasto all’interno.
«No, grazie.» Sibilo a denti stretti.
Anne mi stringe una mano intorno alla
gamba come ammonimento.
Al diavolo. Mi sono fatta problemi per
tutta la sera e per cosa? Sono stati a parlare di rugby tutto il tempo,
completamente ignorate per tutta la sera.
Questo doveva essere il mio primo
appuntamento!
Avrei voglia di urlargli contro, ma al
contrario, imposto il volto sul sorriso cordiale che rivolgo ai clienti a
lavoro e decido di mettermi ad ascoltare.
«Beh, ma tu mica sei incinta come Anne,
potevi anche bere qualcosa di alcolico. Tanto paghiamo noi uomini, no?»
Rivolgo una smorfia a Cooper che
sghignazza da solo e incrocio le braccia al petto.
Per
quanto mi riguarda potremmo anche pagare due conti separati, all'insegna della
serata super coinvolgente.
Mi mordo la lingua per evitare di
esternare il mio pensiero.
«Amore, perché non torni a parlare di
rugby, invece di sparare cavolate?» Anne, ti amo.
«Perché hanno tolto la partita, ecco
perché.» Cooper fa spallucce prima di portarsi una forchetta alla bocca. «E poi
io non spafo cafolate.»
«Sì. Certo.» Anne si volta verso di me e
sorride. «Che ne dici di venire a pranzo da noi domenica, volevo fare una
festicciola di bentornata a casa ad Ele. Potrei invitare anche Thomas visto che è diventato il nuovo migliore
amico di mio marito.»
«Sì, combina un appuntamento al buio a
loro due. Io di sicuro non uscirò più con lui, visto il suo immenso interesse.» Forse esagero un po’
con il gesto plateale che uso per indicarlo dato lo sguardo perplesso che mi
rivolge. Ringrazio solo il cielo che non mi abbia sentita grazie al tecnico
audio del palco in fondo alla sala che ha scelto il momento perfetto per
attaccare il microfono, assordandoci tutti con il consueto rumore stridulo.
«Oh. C’è un gruppo che si esibisce!»
Cooper batte le mani eccitato mentre lui e Thomas si voltano a guardare il
palco.
«Già. Dovrebbero essere gli amici di
Christian, ricordi?» Thomas si volta sorridente verso di me.
Si può sapere da quando in qua gli
interessa degli amici di Christian?!
Scommetto che potrei tranquillamente
salire sul palco e provarci col batterista e la cosa non gli importerebbe.
«Sì. Hai ragione.»
Lapidaria.
Una parte di me si sta odiando per questo,
ma proprio non ce la faccio. Non ce la faccio ad essere sorridente e
disponibile. Speranzosa.
Chi visse sperando, morì… tutti sappiamo
come e sinceramente dopo anni passati a guardarlo e a lambiccarmi il cervello,
sono stanca.
Lui merita di meglio. Io lo so da un
pezzo, lui l’avrà capito stasera.
Amici come prima.
Anzi. Commessa e cliente e fine della
storia.
Lo vedo aggrottare la fronte, come se
potesse leggermi nella mente e ne fosse davvero… scocciato? Deluso?
Devo smetterla di farmi i soliti film
mentali. Vivi nella realtà Rachel, almeno ogni tanto.
I minuti scorrono nel silenzio, siamo
tutti concentrati ad ascoltare il gruppo che canta una canzone dei Maroon 5 –
furbo Christian. A Elettra sarebbero piaciuti – e sono contenta così, almeno
non devo scervellarmi per trovare un argomento di conversazione. Adesso spero
solo che la serata finisca presto. Così potrò andare a buttarmi sul letto e
scordarmi di tutto facendo finta che sia stato tutto un sogno.
O un incubo.
Dopo l'applauso, provvidenzialmente vedo
Cooper guardare l'orologio e congiungere le mani prima di iniziare a parlare.
«Ragazzi, noi dovremmo andare, vero amore?
Che dite, chiediamo il conto?»
Sento Anne sbuffare al mio fianco e
mormorare qualcosa sull’essere iperprotettivi, ma prima che si lamenti e la mia
tortura continui, mi alzo afferrando la borsa.
«Sì. In fondo Anne deve riposarsi e anche
io domani dovrò lavorare…»
Ed eccolo là. Lo sguardo di Anne che
sembra volermi incenerire. Thomas sospira e si alza a sua volta, lui e Cooper
si allontanano per pagare e non appena rimaniamo da sole, chiudo gli occhi.
Pronta a ricevere il colpo.
«Beh. Dici tanto di Elettra, ma tu non sei
molto diversa.»
Apro un occhio interdetta, poi osservo
Anne afferrare la sua borsa e incamminarsi verso la cassa a sua volta.
«E questo che vorrebbe dire?» Mi azzardo a
chiedere, forse un po’ troppo irritata.
«Scappi.» Afferma prima di prendere posto
accanto a Cooper.
Io scapperei?! Io?!
Gli ormoni della gravidanza le hanno forse
offuscato la vista? Quando non c’è speranza alcuna, non si tratta di scappare.
Si tratta di ritirarsi con dignità.
«Beh. Buon rientro a casa…» Thomas sorride
cordiale alla coppia appena usciamo dal locale e bacia Anne sulle guance,
mentre Cooper fa lo stesso con me.
Altro che baci, ti darei un bel calcio
dove non ti batte il sole.
Argh! Devo calmare il mio lato acido.
«Ti va di fare due passi sulla spiaggia?»
La sua voce giunge inaspettata e sembra rianimarmi.
«Eh?» Mi volto di scatto verso Thomas. Lui
si gratta la nuca, impacciato. Adorabile.
Eh, no. Sono arrabbiata.
«Se non ti va, non importa…» Dice poco
convinto mentre dondola sui piedi. Anne mi colpisce con la sua borsa come per
sbloccarmi.
Sì, mi sono imbambolata ad osservare il
suo atteggiamento da piccolo cucciolo ferito.
«Mi va.» Dico come un robot.
«Bene, noi vi lasciamo alla vostra
passeggiata romantica al chiar di luna.»
Ditemi che Cooper non l’ha appena detto,
vi prego.
Anne mi fa un cenno di chiamarla e mi
butta un bacio svolazzante; così rimaniamo da soli fuori dal locale.
Thomas si schiarisce la voce e muove il
braccio verso le scalette che danno sulla spiaggia adiacente al locale, mordo
le labbra e faccio qualche passo verso gli scalini, ma quando mi ritrovo
sull’ultimo mi blocco.
Non posso credere che sto per farlo, ma a
mali estremi…
Mi siedo sul gradino e slaccio la fibbia
del sandalo destro. Non vorrei sollevare lo sguardo, ma non riesco a
trattenermi e quando incontro quegli occhi chiari il cuore ricomincia a battere
nella cassa toracica.
«Va tutto bene?» Chiede lui senza spostare
gli occhi dai miei.
«Non sono stabile sull’asfalto,
figuriamoci sulla sabbia.» Affermo togliendomi anche la scarpa sinistra e
facendo qualche passo sulla spiaggia.
«Non intendevo quello…» Dice mentre mi
raggiunge. «C’è qualcosa che non va?»
Ditemi che non lo sta chiedendo veramente.
«Mi sei sembrata seria durante la cena… è
successo qualcosa?»
Sto per scoppiare. Oddio, oddio. Rachel, inspira… Rachel…
«Cosa dovrebbe esserci che non va? Tutte
le ragazze che escono finalmente con il tipo per cui stravedono da anni non
desiderano altro che vedere una stupida partita di rugby e sentirlo parlare di
quella tutto il tempo! Anche se hai una voce sexy non vuol dire che debba stare
a sentirti ammorbarmi di rugby per tutta la sera, dannazione!»
Non posso credere di averlo detto sul
serio! Ma sono impazzita per caso?!
Ritratta
in fretta prima che ti mandi a quel paese.
Lui abbassa il volto e scuote la testa.
Bene, adesso sappiamo entrambi che sono un caso perso. I suoi occhi tornano a
guardare nei miei dopo pochi secondi, la mia mente offuscata vede un sorriso
divertito sul suo volto. Sì, certo come no.
Improvvisamente sento la sua mano sulla
spalla sinistra e un attimo dopo mi ritrovo decisamente più vicino al suo
petto, al suo viso, alle sue labbra. A lui.
La sua mano si sposta dalla spalla alla
nuca e sospinge il mio volto ad avvicinarsi al suo. Sta sul serio per succedere
quello che penso io?
Il contatto con le sue labbra è lento,
dolce e breve. Si allontana il minimo necessario per guardarmi negli occhi come
a chiedere l’ autorizzazione ad avvicinarsi di nuovo.
Non posso evitare di sorridere mentre
lascio che le mie labbra catturino il suo labbro inferiore.
Sento la sua bocca rilassarsi in un
sorriso quando approfondisce il bacio e sono sicura che potrei morire ora, in
questo istante. Di nuovo.
Invece non muoio, vengo solo stretta
contro di lui fino a che non siamo costretti a staccarci per riprendere fiato.
Ha sempre fatto così caldo o sto per
andare in autocombustione?
«E così…» Inizia con la voce roca e il
fiato corto. «…non ti piace il rugby.»
Lo
strozzo.
Spalanco la bocca pronta a rispondere a
tono, ma poi decido che è meglio girare sui tacchi e calmarmi camminando. Non
voglio rovinare questo momento.
«Dai, scherzavo.» Mi ferma per un braccio
ritirandomi verso di lui.
«Simpatico.» Rispondo cercando di
mascherare il mio divertimento.
«Prometto di essere più bravo la prossima
volta…» Afferma mentre appoggia la fronte contro la mia.
«Chi ti dice che io voglia uscire con te
di nuovo?» Sollevo un sopracciglio con fare scettico.
«Beh…» Posa le labbra per un secondo sulle
mie. «Non sembravi…» Imita il movimento di pochi secondi prima. «…del tutto
disinteressata…»
Mi tiro indietro al suo terzo bacio a fior
di labbra e lui aggrotta la fronte.
«Un giorno o l’altro, Thomas.» Dichiaro
girando su me stessa e facendo un paio di passi.
«Un giorno o l’altro.» Ripete passando la
mano dietro al mia spalla e stringendomi in un abbraccio.
¤¤¤
Salve a tutti.
Mi ero preparata mentalmente tutto un bel
discorso, serio, filato, oserei dire perfetto; ma come sempre quando arrivo a
scrivere quaggiù le parole vengono meno.
Partiamo dalle cose meno importanti (si fa
per dire) il Dragonfly in realtà non esiste a Miami,
ma l’indirizzo ed il menù sono di due locali veramente esistenti a Miami Beach,
che sono rispettivamente: Lou's Beer
Garden
Le mise di cui parla Rachel
all’inizio sono tutte vere tenute di quella meraviglia della presta volto che è
Chyler Leigh e quella che indossa è precisamente
questa; mentre non dirò niente sul presta volto di Thomas, ovvero Tom Hiddleston, perché sennò sto qui fino a domani mattina. xD Però se volete rifarvi gli occhi…Eccolo.
Ok, adesso che vi ho distratti con queste
belle personcine passo alla parte seria e sdolcinata della questione.
Sara! Sì, proprio tu…Tu non hai idea di
quello che provo ogni volta che ti leggo e so che quello spettacolo di Rachel è ispirato a me. Tu non hai proprio idea dell’onore
e della gioia che mi regali ogni volta. Quando mesi fa mi hai messo la pulce
nell’orecchio per questa storia come ben sai ho pensato che fossi pazza, ma
alla fine mi hai convinta e non so se è una shot all’altezza
di quella meraviglia che è About Wayne,
ma so per certo che mi sono divertita a scriverla e che nonostante possa essere
sembrata una pazza isterica la maggior parte del tempo, sono stata – e lo sono
tuttora – orgogliosa della tua richiesta.
Ci sono milioni di motivi per cui dovrei
ringraziarti, ma non voglio annoiare tutti gli altri lettori, quindi mi limito
solo a questa shot: grazie per il blend,
grazie per avermi dato la possibilità di scrivere di quei due disperati di Rachel e Thomas,
grazie per avermi permesso di scrivere pubblicamente quello che penso del
rapporto fra me e te (anche se in realtà è Rachel che
parla di Ele), grazie per avermi fatto scrivere anche
di quella meraviglia che è Anne, perché sai quanto adoro la ragazza a cui è
ispirata.
Quindi grazie, grazie, grazie a te.
Alle Daydreamer
tutte, ma soprattutto ad Anne e Kos che mi hanno
spronata ad andare avanti e portare a termine questa missione.
Ed ultimo, ma non ultimo, grazie a
chiunque leggerà questa storia.
A presto.
Cos