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Autore: Tomi Dark angel    02/09/2013    2 recensioni
Un tempo, c’era qualcuno che non la credeva pazza. Qualcuno, da qualche parte, la incoraggiava ad apprezzare i colori, a sorridere e ad essere felice: chi era questo qualcuno? Aveva un volto, una voce? Annie crede di non ricordarlo più.
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annie Cresta, Finnick Odair
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Annie Cresta ha sempre troppi pensieri per la testa. Osserva il mondo con occhi appannati, stanchi di guardare, ma costretti a farlo ancora. Ha colori strani, il mondo. Colori in continuo cambiamento, colori che sfarfallano e mutano in arcobaleni di sfumature sempre diverse, dettate dalla luce che li colpisce.
Il mare no: il mare ha sfumature meno fastidiose e questo le piace. Ai suoi occhi, l’acqua è piacevolmente mutevole nel suo cambio di forma e di movimenti sempre nuovi nella loro ripetitività, ma essendo trasparente, non ha colori. Annie adora l’acqua proprio per questo. È pulita, fresca e, anche se sporca, si può sempre trovare un modo per ripulirla. Siede sempre in riva al mare, Annie. Incrocia le gambe e osserva stanca lo scorrere quasi pigro dei giorni che ai suoi occhi appaiono eterni, come un unico lasso di tempo intervallato da fastidiosi tramonti e inutili albe.
Osserva e riposa, riposa e osserva, come le onde di quello stesso mare che si ritirano e si schiantano in terra ripetutamente. Pensa anche, a volte, ma questo non è il suo forte, dicono quelli che la vedono. Lei è pazza, e come tale deve impedirsi qualsiasi folle ragionamento.
Un tempo, c’era qualcuno che non la vedeva così. Qualcuno, da qualche parte, la incoraggiava ad apprezzare i colori, a sorridere e ad essere felice: chi era questo qualcuno? Aveva un volto, una voce? Annie crede di non ricordarlo più. Si sente sola, povera di qualcosa che la tenga aggrappata a una sensata via di ragionamento. Avverte il suo Io scivolare via giorno dopo giorno, sfuggirgli dalle mani come sabbia tra le dita e a volte fa male. È stata qualcuno un tempo, questo glielo dicono quei pochi che ancora le rivolgono la parola.
Qualcuno… sarà bello essere un qualcuno? Avere un nome, un volto? Annie, la sua faccia non la ricorda più, ma questo non le pesa. Ciò che grava davvero sulle sue spalle è l’aver dimenticato quel pezzo importante di sé che deve assolutamente ricordare. C’è una voce nel suo passato, un viso che l’ha sempre tenuta aggrappata a un mondo sensato con sensate vie di ragionamento. Una volta, qualcuno le ha teso una mano.
Annie abbassa gli occhi sul mare, si accorge della carezza delle onde sui piedi. È piacevole. Qualcuno la accarezzava così, una volta. Delle mani leggere come ali di libellula, che nella loro fragilità non si stancano mai di sfiorare l’aria che le porta in grembo.
Annie chiude gli occhi, si concentra sul sussurrare arcano del mare. Una voce parlava così, ma lei a stento la ricorda.
Si alza in piedi, Annie, e con passo leggero, come leggera è la sua testa di donna rimasta bambina, si dirige verso casa sua. Affonda nella sabbia, un paio di volte cade in ginocchio, ma sorride sempre.
“Sei bella quando sorridi. Hai un mondo negli occhi e non lo sai.”
Lei è bella quando sorride. Chi gliel’ha detto, non se lo ricorda. Non ricorda niente, Annie, ma è felice così. L’ignoranza porta il silenzio della mente, quello che Annie per anni non ha potuto ascoltare. Adesso però, il silenzio lo ascolta ed è bello… leggero, sottile come un velo che si poggia sulle spalle, protettivo contro il mondo e contro la consapevolezza che intorno a lei sia accaduto qualcosa di brutto.
Quando raggiunge casa sua, Annie capisce che è ora di pranzo. Ha fame, dopotutto, e il cibo che qualcuno le portava un tempo non arriva più. Questo qualcuno deve essersi perso, ed è strano. Lì nessuno si perde mai. Quasi mai.
Non li ricorda quei momenti. Sono bui, offuscati da qualcosa, come un dolore sordo che non vuole andar via. Lei si rifugia nella sua testa, ignora di sua inconscia volontà un vuoto che non vuole colmarsi, che graverà sempre nel suo petto, dove qualcosa ancora rimane. I ricordi, chiusi in uno scrigno di diamante e acciaio, soffocano, martiri di una disperazione sorda, che non vuole vedere né capire.
Lei è sola, ma non lo sa.
Lei è morta dentro, ma lo ignora.
Lei sorride, ma non vede quanto in realtà il suo viso piange.
Annie si blocca, sbatte le palpebre. Davanti a lei, c’è una tavola apparecchiata per due. Lei vive da sola, lo sa bene. Eppure c’è un altro posto lì, in quella casa dal pavimento sporco di ceramiche infrante e mobili rovesciati. Li ha rotti lei? Forse, ma non ricorda neanche questo. Non ricorda niente, come ha potuto dimenticare di essere essa stessa rotta come una ballerina di cristallo infrantasi al suolo.
Difettosa. Da buttare.
Annie siede al suo posto, osserva il piatto. Non mangia perché è vuoto. È tutto vuoto, e non capisce perché. Non ricorda… non ricorda mai. Non ricorda nemmeno di non aver mangiato per giorni. Si sente debole, ma non ne capisce il motivo. Si vede ridotta a un cumulo di macerie e ricordi infranti di una vita andata a male, per il verso sbagliato. Nessuno si prende cura di lei, perché nessuno concepisce il tempo per farlo, ma ad Annie va bene.
Appoggia la testa sul tavolo, magra e stanca come una marionetta dai fili recisi. Si muoveva, un tempo. Un tempo, lei danzava sul ghiaccio, sulla terra, sull’acqua. Poi, il burattinaio si è stancato e l’ha gettata via, triste ma col corpo che ancora disperato volteggiava per danzare. Non ha danzato mai più, quella marionetta. Le si sono spezzate le gambe, ha battuto la testa. Adesso, non le rimane che un cranio crepato e un corpo da buttare.
Annie sospira, socchiude gli occhi. Ha sonno, fame, sete. L’hanno abbandonata lì, e lì rimane come un cucciolo in attesa del padrone. Sì, perché lei qualcuno lo aspetta. Sa che verrà, il suo ricordo dimenticato. Sa che forse è già lì e lei deve solo sforzarsi per vederlo…
La porta si apre, un fascio di luce dorata penetra di forza nella casa. Il calore del sole sfiora in una morbida carezza il suo viso e Annie sospira, felice come solo una pazza da manicomio può esserlo. È leggera adesso: il corpo non lo sente quasi più.
Qualcuno entra in casa, i passi leggeri di un angelo d’aria e il profumo di pulito e mare che Annie riconosce quasi istintivamente. L’ha annusato una volta, o forse più volte… ma non sa dove. Dove?
Assottiglia lo sguardo annebbiato, debole di energie spese per il troppo guardare e vedere un mondo consumarsi sulle sue stesse macerie. Infine, una mano si accosta al suo viso, lo accarezza come quel mare che le sfiorava i piedi in un tocco dolce come piume di ghiandaia imitatrice. E Annie ricorda.
“Tu sei Annie, vero?”
Sbatte le palpebre, disperata nella cecità che avanza, soffocando ogni sensazione di visibilità. Vuole vederlo. Vuole vederlo!
“La gente crede che il semplice guardare il mondo con occhi diversi sia sinonimo di pazzia. Credo invece che… sì, credo che siamo noi i pazzi. I tuoi occhi sono puliti come quelli di una bambina, e se solo avessi il tuo sguardo, potrei guardarmi allo specchio molto più facilmente. Tu non sei la macchia, Annie: tu sei il punto luce di tutti noi. Tu sei la speranza.”
E una lacrima scivola cristallina sulla guancia scavata di Annie Cresta quando occhi chiari di giovane uomo la guardano ridenti, gentili. Un viso d’angelo incorniciato da scompigliati capelli ramati è quanto di più bello possa comparire lì, dove tutto finisce, e per questo Annie è felice. Lo vede, lo ricorda. Finnick Odair non è mai andato via.
Sorride, Annie, mentre la sua ultima barriera di ricordi la abbraccia in una morbida stretta caritatevole.
Sorride mentre un piccolo angelo la sostiene, ricostruendo passo dopo passo una strada da percorrere, una via alternativa dove nessuno può morire e chi ama non la dimentica.
Sorride l’angelo, mentre riaggiusta le gambe spezzate della marionetta e con pazienza innamorata pulisce la ferita al cranio e la ricuce con mani leggere d’aria e gentilezza. L’ha sempre aggiustata, in passato come nel presente e quando infine sottrae i palmi di pelle abbronzata e le tende una mano raddrizzandosi, lei può farlo. La marionetta boccheggia, si rialza. Afferra la mano tesa, si sente completa e felice di esserlo. Il vuoto al petto non c’è più… i colori sono tornati, e sono belli. Brillano come diamanti, Annie può vederli, e non le danno più fastidio agli occhi. Li apprezza di nuovo, ma stavolta, la risposta al suo dubbio la conosce: li apprezza perché il mondo visto attraverso gli occhi di Finnick è sempre completo e bellissimo.
Annie si raddrizza, come marionetta libera e non più prigioniera dei fili del marionettista. Cade in mano al giovane angelo e lì giace fiduciosa, danzante come la più splendida delle comete. Viva nel suo piccolo mondo di serenità. Completa nel suo riavere un corpo sano, che nessuno guarderà più con disprezzo. Un corpo che lui ha sempre amato, un corpo che fino alla fine dei Tempi saprà affidargli con cura e silenzioso abbandono innamorato.
Il corpo senza vita di Annie Cresta sarà trovato il giorno dopo da un uomo giunto sul posto per accertarsi delle sue condizioni. Entrerà in casa, troverà la porta aperta. Lei sarà lì, appoggiata con grazia angelica al tavolo della cucina irrimediabilmente apparecchiato per due persone. Avrà gli occhi chiusi, un sorriso benevolo sul viso. L’uomo non vide un sorriso così sulle labbra di Annie Cresta, nemmeno nei periodi di sanità mentale. In quei momenti tuttavia, non sarà il viso di lei ad attirare l’attenzione dell’anziano signore: accanto ai polsi della donna giaceranno dei fili tagliati di netto e l’impronta di una mano gentile sulla polvere assopita sul ripiano del tavolo.
C’è chi ancora domanda, chi ancora ragiona. In molti penseranno che Annie Cresta si sia suicidata. Eppure, qualcuno ancora dice di vederla in riva al mare, seduta col mento appoggiato alle ginocchia e gli occhi riflessi di colori nuovi, vivi. Al suo fianco, gentile e ridente nel suo essere tornato a respirare un’esistenza speranzosa, ci sarà sempre un uomo giovane, bellissimo, che tra le mani tutt’oggi stringe una preziosa marionetta danzante.
 
Angolo dell’autrice:
La mia crudeltà non ha limiti. Non so finora quanti personaggi ho accoppato nel peggiore dei modi… insomma, ogni volta che scrivo questi benedetti poverini dovranno affrontare gli hunger games in versione remake XD dunque, comincio con lo scusarmi per questa piccola storia pulciosa e finisco col ringraziare in anticipo e di cuore chi leggerà e soprattutto chi recensirà. A prestissimo!
Tomi Dark Angel
 
 
  
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