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Autore: biberon    02/09/2013    2 recensioni
“Abbiamo dovuto farlo.” Disse la madre di Gwen con gli occhi lucidi.
“Ma è una ragazza dolcissima! Gentile, bella, educata, spiritosa! È una mia grande amica!”
“Capiscici, Duncan, ti prego. Lo facciamo per proteggerti!”
“Da cosa?!”
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Duncan era un ragazzo punk, forte, intraprendente, ribelle, ma buono.
Courtney era una ragazza bella, ordinata, intelligente, intraprende e dolce.
Gwen era una ragazza sola.
Lei era diversa, lei era un pericolo …
Ma lei voleva solo qualcuno, qualcuno che l’apprezzasse e l’amasse, qualcuno … lo voleva disperatamente, con tutta se stessa.
Ed era pronta a fare qualsiasi cosa per averlo.
Genere: Horror, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Courtney, Duncan, Gwen | Coppie: Duncan/Courtney, Duncan/Gwen
Note: Lime | Avvertimenti: Triangolo, Violenza | Contesto: Contesto generale
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“Courtney, amore! Lascia che ti spieghi .. è la nostra vicina … stavamo solo … ehm … giocando.”

“Quanti anni avete, sei?”

“Dai, amore, calmati. È una ragazza innocente, molto sola … mi ha aiutato a dipingere …”

Come giustificazione non reggeva affatto.

Duncan lo sapeva.

Ma Courtney lo amava tanto, così tanto da credergli.

“Uhm … ok.”

Duncan le si avvicinò e le sussurrò con aria confidenziale “i suoi la trattano molto male, dicono a tutti che è andicappata perché odiano i dark, non ha  mai avuto un’amica …”

Courtney si addolcì.

“è scappata di casa … può … potrebbe … dormire da noi? E pranzare, e passare il pomeriggio … Nella tua stanza, magari … così fareste amicizia finché non si calmeranno le acque con i suoi.”

Courtney annuì e si rivolse a Gwen.

“Ciao! Come ti chiami?”

“Sono Gwen. E tu?”

“Io mi chiamo Courtney. Ehi, ti va di venire dentro? Sto per mettermi a cucinare dei biscotti.”

“Mh … adoro i biscotti! Non li avevo mai cucinati con un’amica! Sì! Biscotti!” esclamò allegramente Gwen, e seguì Courtney in casa.

Duncan andò a mettere a posto la vernice in garage.

Dopo un po’ rientrò in casa  e le vide insieme che ridevano e scherzavano tirandosi la farina addosso come due bambine.

Duncan salì al piano di sopra sorridendo e si chiuse in camera ad ascoltare un disco punk a tutto volume.


Courtney e Gwen nel frattempo stavano finendo di preparare l’impasto.
Gwen non aveva mai cucinato: Courtney le insegnò a rompere le uova, a mescolare zucchero e farina, a separare albume da tuorlo.
Gwen la guardava lavorare ipnotizzata, perché l’unica cosa alla quale riusciva a pensare era a quanto voleva che quella ragazza fosse sua amica per sempre.
Sì … non avrebbe mai potuto essere di nessun altra.
Nessuno poteva toccare Courtney, nessuno a parte lei e Duncan avrebbe potuto parlarle mai più.
Lei era la sua amica.
Solo sua.


Dopo aver preparato l’impasto fecero gli stampini per i biscotti e li misero in forno.

Nel frattempo salirono in stanza e Courtney mostrò a Gwen tutte le sue cose.

La ragazza dark rimase affascinata dallo schermo del computer e da tutte le foto di Courtney e Duncan che conteneva.

Mentre la ragazza scendeva a togliere dal forno i biscotti, Gwen fece scorrere una ad una le foto con il mouse.

Quando Courtney tornò su trovò Gwen seduta a terra.
Singhiozzava.

“Cosa succede, Gwen?”

“Tu … tu hai una vita così bella! Tu e Duncan state benissimo insieme! Io … io non ho nessuno!” scoppiò in lacrime.

Duncan entrò nelle stanza in quell’istante, una vera coincidenza.

Doveva aver sentito i singhiozzi.

“Hai noi.” Disse prendendole un mano, mentre Courtney le sorrideva dolcemente.

Gwen dentro di sé avrebbe voluto urlare: “SONO MIEI!”
Rimase zitta, si asciugò le lacrime e tenendo stretta la mano di Duncan scese insieme a loro per il pranzo.
 
 
 
 
 
Lei e Duncan si sedettero al tavolo mentre Courtney preparava da mangiare.

Non parlarono, si guardarono solo negli occhi mentre la mano bianca della ragazza giaceva come un passerotto nelle dita strette di lui.

Courtney servì loro due enormi piattoni di pasta carbonara fumante, mentre lei si accontentò di un’insalata e si sedette accanto a Duncan con fare protettivo.

Gwen nascose subito la mano sotto il tavolo.

Bevvero gazosa e vino rosso.
Mangiarono facendo battute stupide e ridendo, e mentre Courtney raccontava un episodio che le era successo in università, Gwen sfiorò con la sua caviglia quella di Duncan.

Lui le lanciò un’occhiata carica di dolcezza, ma si riscosse subito e come per dimostrarlo interruppe la parlantina di Courtney con un bacio sul collo.

L’ispanica arrossì violentemente e assunse un’espressione docile, mentre la gotica fissava il bordo del piatto delusa.

Appena finito di pranzare le due ragazze salirono in camera di Courtney per vedere un film romantico, e Duncan decise di fare una passeggiata.

Appena uscì di casa capì che non era stata una grande idea: il cielo era grigio piombo e i contorni delle nuvole piene di lampi si facevano netti ogni secondo che passava.
Maledicendo il tempo decise di non tornare indietro, al diavolo, al massimo si sarebbe bagnato un po’.
Il sole era sparito e tutto era scuro come se fossero le sei di sera, mentre saranno state la una o le due del pomeriggio.
Camminò senza una metà precisa, verso la casa di Gwen e poi oltre, superò un filo elettrificato sfruttando le abilità apprese nel corso di parcure e si tuffò nel verde della campagna, tra il cicaleccio dei grilli e le falene nere che volavano.

Andò avanti per così tanto che perse la cognizione del tempo, solo quando si girò si accorse che la sua casa era sparita nel nulla e anche quella di Gwen.
Voleva tornare indietro, ma si rese conto di non sapere assolutamente da che parte andare.

All’improvviso, mentre stava per indietreggiare, vide qualcuno spuntare tra i massi e l’erba alta e secca.
Si avvicinò per chiedere indicazioni.

Era un ragazzo, più o meno della sua età: capelli neri, occhi verdi, sguardo dolce da bravo ragazzo, fisico simile a quello di Duncan.

Portava una maglietta verde con il disegno di una mano e dei jeans a vita bassa.

“Ehi, amico, hai visto una villetta bianca da queste parti? Mi sono perso.”

Il ragazzo si porto due dita alla tempia e fissò Duncan intensamente.

Un secondo dopo accadde una cosa che lascio il punk decisamente spiazzato.

Le pupille dell’altro si rovesciarono all’indietro lasciando vedere solo il bianco degli occhi e lui cominciò a tremare impercettibilmente.
“Forse è meglio che io me ne vada …” esclamò Duncan preoccupato, e fece per andarsene.
Il ragazzo lo fermò tenendolo con una mano per la spalla.

“No, aspetta. So esattamente dov’è casa tua. Ti ci posso portare. Se in cambio tu mi dai un’informazione …”

“Quale?”

“Hai visto per caso una ragazza da queste parti? Giovane, bella, capelli neri e blu, labbra nere, pelle pallida, bel corpo …”

“Ehm …”

A Duncan quel tipo non piaceva.

“No, non l’ho vista.”

“Peccato.” Disse il ragazzo, e mise entrambe le sue mani sulle spalle del punk.

Poi tutto si fece nero.



Poco dopo Duncan si alzò di scatto.
Era sveglio.
Ma dove si trovava?

Si guardò intorno barcollando: era davanti a casa sua.

“Allora, è il posto giusto?” chiese una voce.

Duncan si girò e si trovò di fronte quello strano personaggio.

“Ehm … si, ma come ci siamo arrivati?”

“Con la mia auto.” Disse il tipo, e solo allora Duncan notò che accanto a lui c’era parcheggiata un’enorme limousine.

“Aspetta un minuto, amico … da dove l’hai tirata fuori quella? Voglio dire, eri in mezzo alla campagna …”

“Era sulla stradina sterrata accanto al prato nel quale eravamo …”

“Ma io non ricordo di esserci salito.”

“è normale: sei svenuto. Ti ho portato in macchina e sei rinvenuto giust’adesso.”

“Perché sono svenuto?”

“Pressione.”

Il punk non era convinto, comunque ringraziò e fece per rientrare a casa.
“Se vedi quella ragazza ... avvertimi. Questo è il mio numero.” Disse il tizio ficcando nella tasca di Duncan un bigliettino.

Poi salì sull’auto e partì per una stradina laterale.

Duncan stava per rientrare, quando si ricordò di una cosa: la strada dov’era entrato l’uomo era un vicolo cieco!
Si voltò, ma la macchina era già sparita.

Strano, non l’aveva vista girare …

Strano.
Appena entrato stracciò in due il bigliettino e lo buttò nella spazzatura.

Sentì dei passi e vide Courtney scendere di corsa e gettargli le braccia al collo.

“Che succede, piccola?”

“Sei stato via otto ore! Mi hai fatta preoccupare!”

“Ma a me è sembrata una mezz’ora nemmeno!”

“Duncan … non prendermi in giro!” esclamò lei mettendosi le mani sui fianchi.

Poi lo guardò meglio, corrugando la fronte.

“Amore … sei pallidissimo? Sei stato male, per caso?”

“Veramente sì, sono svenuto.”

“Oddio! Ecco perché non ti sei accorto del tempo che passava!”

“Già …”

“Come sei tornato a casa?”

“Un tizio mi ha dato un passaggio.”

“Mh … che fortuna.”

Gwen scese in quel momento e guardò Duncan con una faccia scioccata.
Lanciò un urlo e cadde in ginocchio.
 
   
 
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