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Autore: Aesir    02/09/2013    0 recensioni
Amore o morte?
Una decisione da compiere.
Una strada da scegliere.
Il peso del passato.
Il coraggio di vivere.
Non puoi portare indietro l'orologio, Dubhe. Non puoi far sì che le parole rientrino nella bocca. Ciò che è stato detto è stato detto... e nulla sarà più come prima. [...] Sarei pronta a sacrificare la poca vita che mi rimane, in cambio di una mera rassegnazione? Per salvarmi la vita ho calpestato tutto quello in cui credevo...
Genere: Fantasy, Introspettivo, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dubhe
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Leggende del Mondo Emerso'
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Scena Seconda (II): LAODAMEA

 

Wash me away
Clean your body of me
Erase all the memories
They will only bring us pain
And I've seen, all I'll ever need

Muse, Citizen Erased

Dubhe si agitò nel sonno, inquieta. Stordita dalla molteplicità delle scelte, si era arroccata infine nella sua posizione, convinta di dover fare un passo ma senza sapere esattamente da dove cominciare. Non che ci sia qualcosa di chiaro, questo no. Il bivio non è mai tra il colle illuminato e la selva oscura.
Una vita con Learco era ormai utopica, perchè giorno dopo giorno lo vedeva diretto su una strada che sempre più lo allontanava da lei. Che alternativa le restava? Un omicidio da compiere, a costo di dover massacrare tutta la corte di Makrat, un coltello nel buio che avrebbe posto fine al più pressante dei suoi problemi. Già... e poi?
Era dimagrita ancora, ma nessuno, fra i suoi conoscenti, se ne stupiva. Trascorreva le notti assieme a Learco, per non destre sospetti sui suoi reali pensieri; non voleva essere influenzata da nessuno, erano decisioni che doveva prendere da sola. Sola, come sono sempre stata. Anche l'amore era ormai una forzatura, appena più attraente per il vago piacere che le dava... che si faceva di giorno in giorno più flebile, come una candela che stava per spegnersi. Learco le si addormentava sopra, e lei restava sveglia, a guardare il soffitto, la mente piena di pensieri che le impedivano di prendere sonno.
Scelte, sempre scelte. Perchè non c'è un modo per sapere in anticipo le conseguenze delle mie azioni? Mi farebbe comodo...
Come sempre quando fantasticava, la voce la zittì, riportandola alla realtà. È impossibile. Non credere altrimenti, sei solo una ragazzina sperduta davanti ad un bivio, senza né cartelli né indicazioni per capire che strada prendere.
La ladra questa volta non ebbe problemi ad ammettere che la voce aveva ragione.

Il palazzo di Laodamea si era stagliato dinnanzi ai loro occhi, impressionante e grandioso. La cascata sopra la quale era costruito lo rendeva un edificio assolutamente unico, per il Mondo Emerso.
Vedendo Learco restare a bocca aperta, Dubhe e Theana avevano sorriso: “Fa lo stesso effetto a tutti, la prima volta.”
Il drago aveva planato verso i bastioni, atterrando nei pressi delle stalle, dove era stato ricevuto da uno stupito attendente. Prima ancora di riuscire ad aprire bocca era visto affidato Xaron, con la raccomandazione di trattarlo bene. Quando finalmente aveva ripreso l'uso delle corde vocali, il misterioso gruppo era ormai nel castello.
Si erano presentati davanti al Consiglio, avevano chiesto asilo politico. I Consiglieri avevano tentennato a lungo, ma alla fine l'intervento di Ido, che ricordava fin troppo bene di esservi passato anche lui, e che forse aveva capito la scelta di quel ragazzo biondo, il principe che mai sarebbe stato re, era stato decisivo. Avevano spiattellato tutto ciò di cui erano a conoscenza, movimenti delle truppe alleanze, piani per il futuro, tutto. Poi avevano parlato della loro missione... ad onore del vero, Learco aveva parlato, mentre Dubhe se n'era rimasta in disparte, con l'aria di preferire trovarsi a mille miglia da lì. Si era subito scatenato un brusio, messo a tacere con qualche difficoltà. Folwar il vecchio maestro di Lonerin e Theana, aveva ripetuto le stesse parole che aveva detto in precedenza a lei sola, ossia chiedendo se davvero importava che Dohor morisse in guerra. Aveva anche aggiunto che se da quella morte si poteva giungere alla liberazione di Dubhe, allora era una missione da compiere. Aveva infine suggerito a tutti quelli che ancora erano contrari se per caso non avessero provato ciò che doveva sopportare la ladra. No, nessuno l'aveva provato. Molti gliel'avevano chiesto. Di controvoglia, lei si era alzata aveva spiegato cosa fosse il sigillo, e dopo aveva parlato dell'orrore di essere rinchiusa in un corpo che non era più suo, del sangue delle stragi, della gioia che non riusciva a non provare. La sua voce si era spenta in un soffio, e la ragazza avrebbe voluto che il pavimento si aprisse sotto i suoi piedi e la inghiottisse: i suoi fatti messi a dominio pubblico dinnanzi a tutti la imbarazzavano; non aveva nulla a che vedere con il Mondo Emerso... era una faccenda fra lei e Dohor, che sapeva poteva concludersi in un solo modo. E Learco avrebbe fatto meglio a starne fuori. Ma fu inutile: tutti tranne pochi puristi fissi nella loro posizione – che Dubhe mentalmente aveva ringraziato – avevano votato per il sì.
Lì per lì, ingiustificatamente, era stata male. Avrebbe preferito un no, un ingiunzione a morire con quel sigillo addosso, sola e maledetta. Sarebbe scappata, avrebbe portato a termine il suo compito e nessuno l'avrebbe più rivisto. E invece il pensiero di avere Learco al seguito era di colpo tangibile.
Continui a preoccuparti della cosa sbagliata; di lui non ti deve importare nulla. Eh, facile a dirsi! Ma perchè devo avere solo queste due alternative, a mia morte o il suo odio, e perchè mi importa tanto da essere in dubbio fra le due? Perchè ti ho conosciuto, Learco? Perchè non sei potuto restare un estraneo per me? Perchè hai voluto amarmi?

Il giorno dopo, quegli interrogativi ancora le frullavano in testa. Doveva vedersi anche dal suo aspetto, perchè Leaco la guardò preoccupato. “Dubhe? Stai bene?” Lei sussultò: non si era accorta che le sue pene fossero così evidenti. “Sì, sto bene”, disse per levarselo dai piedi.
“No, non è vero. Dubhe non sei più la stessa ragazza che ho amato in quella soffitta a Markrat, credi che non me ne sia accorto?”
Sarebbe stata ora!, pensò cinicamente lei, pentendosene subito dopo.
Vuoi dirmi il perchè?”
Perchè ho paura.
“No, stai tranquillo, sono io. È che... sono successe tante cose, faccio un po' di fatica ad abituarmi”, si schermì.
Learco la baciò. “Non preoccuparti, Dubhe.”
Ah! Magari potessi.

Dubhe sospirò, rigirandosi nel letto. Avrò mai il coraggio di affrontare tutto ciò? Mesi prima, avrebbe riferito senza dubbi questa frase alla Bestia, la maledizione che giorno dopo giorno la consumava. Mai avrebbe pensato di trovarsi davanti ad un dilemma del genere. Anzi, se gliel'avessero detto, probabilmente avrebbe risposto di andarsi a fare un lavaggio del cervello.
Ora invece, si trattava di quella scelta. O io o lui. In passato avrebbe risposto senza esitazione io, perchè nessuno in quella terra era degno di essere salvato, quindi tanto valeva che fosse lei a farlo. Adesso, il dubbio era come levarsi da quella situazione. Non mi ama, questo è sicuro. Non sa niente di me, si è innamorato della persona sbagliata... che neppure esiste. Che ragione avrei di stargli vicino? Per un godimento fisico che si fa sempre più lieve? E poi, non potremmo mai essere felici insieme. O perchè io sarò maledetta, e non riuscirò mai a perdonarmi per aver ceduto a causa sua, o lui perchè ammazzeremo suo padre, e non riuscirà mai a perdonarsi per aver ceduto a causa mia. In ogni caso, in questo mondo non esiste la felicità per noi. E anche se ci provassi? Non lo amo, però potrebbe essere la mia ultima possibilità di trovare qualcuno che mi vuole bene. Ma non può durare. E, soprattutto, ne vale la pena? Sarei pronta a sacrificare la poca vita che mi rimane, in cambio di una mera rassegnazione?
No, non ne era capace. Che senso ha avuto chiedermelo? Per salvarmi la vita ho calpestato tutto quello in cui credevo; cosa sarà mai anche un amore che non corrispondo?
Faticava ad accettarlo, anche perchè fino ad una settimana prima era stata così innamorata di Learco che sarebbe stata pronta a fare qualsiasi cosa per lui, anche lasciarsi consumare dalla Bestia. E il vuoto che le era rimasto dentro, quando l'amore era evaporato, non era ancora riuscita a colmarlo.
E un'altra vocina pressante comincio ad insinuarsi: Diglielo, Dubhe.
Devo proprio?
Devi, e lo sai. Tu vuoi che continui, ma non puoi. Fallo. E poi, seppellisci tutto e torna a vivere. E vedrai, è ciò che vuoi.

Scostò le coperte, mettendosi a sedere sul bordo del letto. Le sue gambe pallide rilucevano alla luce della luna. Si puntellò sul braccio e si alzò.
Forza, Dubhe. Hai del lavoro da fare.

Quando il principe si svegliò, sentì che il posto al suo fianco era vuoto. Spalancò subito gli occhi, drizzandosi contro la testiera. Dubhe era seduta sul margine del letto, le ginocchia strette al petto e il mento poggiatovi sopra. Vestita.
“Learco...”
“Sì?”
“Ascolta, c'è una cosa che devo dirti. Noi... non possiamo... non possiamo stare insieme”, sputò la ragazza tutto d'un fiato. Il peso allo stomaco si affievolì subito, e, rincuorata, si preparò a continuare. Credevo sarebbe stato come con Lonerin, invece... forse davvero non l'ho amato, forse ho costruito un castello di carte sopra i sentimenti di una notte in cui ero confusa e spaventata.
“Perchè?” Il tono non era arrabbiato, piuttosto stupito.
“Lo sai perchè, non devi chiedermelo. Io me ne andrò. Ucciderò Dohor e poi lascerò il Mondo Emerso per non farvi più ritorno. Tu non mi rivedrai mai più. Dimenticami. Cancella tutti i ricordi, ripulisci il tuo corpo da me. Lava via tutto.”
“Ma... perchè?”
“Finiscila di chiedermi perchè. Lo sai benissimo. Perchè può solo farci male. Da noi due non può nascere niente, non lo capisci? Non può, e non potrà mai. Vattene, lasciami sola. Lascia che trovi la soluzione ai miei problemi, e la metta in atto. Torna al palazzo, trovati una cortigiana, o la regnante di un'altra Terra, per un matrimonio politico, o quel che vuoi. Fai come se non fossi mai esistita.”
Non ebbe il coraggio di dire “non ti amo”, anche se le parole erano sulle sue labbra. Sarebbe stata la cosa più semplice, eppure qualcosa in lei la frenava dal pronunciarle.
Le lacrime cominciavano a bagnarle le guance. Piangi, anche? Stupida. Si ordinò di non abbandonarsi, e il discorso riprese a fluire. “Ti ho portato qui perchè volevo salvarti dal tradimento. Ti amo – bugiarda – non voglio che tu muoia. E se anche tu mi ami, fai come ti ho detto. “
“Ma... “
Lei addolcì il tono. “Io non sono fatta per te. Noi non possiamo vivere insieme. Il rimorso ci ucciderà, e non potremmo mai amarci. Guardami negli occhi e dimmi che sto sbagliando. Vorrei stare con te, davvero – see – ma non posso. Credimi, è meglio per entrambi.”
Di colpo non ne potè più di quella farsa.
“Addio...”, sussurrò.
Si voltò. Questa volta, forse perchè aveva il cuore colmo di disperazione, forse perchè la strada era finalmente spianata, ci riuscì. Si allontanò di corsa, il mantello che le frusciava dietro, perchè sapeva che se si fosse voltata, se l'avesse visto di nuovo, si sarebbe arresa a quella parte di lei che si crogiolava nell'incertezza; era pericolosa quanto la Bestia. Sentì che lui la seguiva, la chiamava.
Devo andarmene.
Uscì di corsa dal palazzo e attraversato il cortile si infilò nel bosco. Pioveva, e grosse gocce d'acqua la colpivano ad ogni passo. Non si protesse. Andava bene così. Il freddo era un amico, il freddo consolava, il freddo proteggeva. Nel freddo, trovò la verità. Si dice che l'amore ci mostra cosa siamo veramente. Io sono solo un mucchio di tristi ricordi, tenuti insieme dal sordo dolore. Un sacchetto di cenere. Si lasciò avvolgere da quella cappa di foglie bagnate, e finalmente si concesse di piangere davvero.
Non per Learco. Pianse per se stessa.
E dal pianto scivolò nel sonno, il sonno le portò l'oblio e infine giunse la calma a cui Dubhe agognava.
Era pronta.

Il sole bucò la cappa dei rami, illuminando una figura vestita di nero, rannicchiata al suolo. Una creatura scivolò fuori da un albero: una fanciulla composta interamente d'acqua, con I capelli che ondeggiavano intorno al volto. Si avvicinò alla sagoma in nero, le mise una mano sulla spalla, scuotendola leggermente.
“Ehi. Tutto bene?”
No.
Dubhe alzò gli occhi verso chi l'aveva svegliata: era una ninfa. Chissà perchè, quel fatto le trasmise una grande tranquillità. “Adesso sì...”, mentì spudoratamente. “Grazie.”
La ninfa sorrise: “Vieni, vedo di accompagnarti al palazzo...” Mai!
“Quale palazzo?”, disse, cercando una via d'uscita.
Lei parve sorpresa. “Quello di Laodamea, no?”
“Laodamea? Dove sono finita?”
“Perchè?”
“Ero diretta nella Terra della Notte. Con la tempesta di ieri, ho perso l'orientamento. Hai visto per caso un cavallo?”
“No...”
Data l'inesistenza dell'equino in questione, mi sarei stupita del contrario...
“Infatti, dev'essere scappato molto lontano da qui”, inventò. “Forse lungo il confine con la Grande Terra.”
“Se è li che devi andare, ti ci possiamo portare. Noi ninfe non possiamo avventurarci dove il suolo piange e non ci sono alberi, ma fino al confine non è un problema... Un momento!”
La sua voce era mutata di colpo, adesso era spaventata. “Non sarai mica un'Assassina della Gilda?”
“Non sono un'Assassina”, sospirò, con il tono di chi ha ripetuto una cosa diecimila volte, e si scoprì il braccio. “Sai cos'è questo?”
“Un sigillo”, rispose la creatura d'acqua senza esitare. Dubhe si chiese come lo sapesse, poi ricordò che le ninfe erano in grado di percepire naturalmente i vari tipi di magia, data la loro peculiare vicinanza con la natura. Spiegò dunque la propria storia.
“Accidenti”, commentò l'altra. “Sembra la trama di un libro.”
“Già. Adesso devo andare nella Terra della Notte, e ammazzare Dohor, poi sarò libera”, confessò.
“D'accordo. Ho capito che sei sincera e il tuo animo nobile e la tua sofferenza giustificano ampiamente le bugie che mi hai raccontato poco prima...”
“Ehi!” La ladra era sempre stara orgogliosa delle sue capacità di mentire, che le avevano salvato la pelle più di una volta. “Come fai a sapere che erano bugie?”
“Beh, la tua reazione è più che eloquente...” Dubhe si accorse di essere avvampata. “Comunque, noi ninfe siamo parte della natura. Non puoi mentire a noi.” La ragazza si appuntò mentalmente di prestare attenzione, in futuro, qualora si fosse trovata di nuovo a dialogare con una di loro. ”In ogni caso”, continuò l'essere d'acqua, “la tua missione significherebbe la pace per queste Terre, ed è troppo che il Mondo Emerso piange, perciò ti aiuteremo.”
“'Aiuteremo'?”
Dagli alberi uscirono frotte di creature eteree. “Nel caso tu fossi stata davvero un'Assassina, sai...” Pareva imbarazzata. “Non offenderti...”
“Nessun problema.”
Diede qualche colpetto al tascapane per assicurarsi che il suo contenuto non avesse riportato danni: le boccette per tenere a bada la pozione, in essenza. Poteva essersi assuefatta quanto voleva, ma sapeva che ce n'erano talmente tante che anche a berne una al giorno sarebbero ampiamente bastate. E poi l'ultimo contenimento di Theana reggeva ancora.
La voce della creatura la riscosse: “Hai bisogno di qualcosa, intanto?”
“C'è un ruscello, una sorgente, qualcosa del genere, qui?”, chiese. Arrossì leggermente: “Avrei bisogno di darmi una lavata.”
La stessa ninfa che l'aveva accompagnata finora le sorrise. “Certo”, disse. “Vieni con me.”

Mentre si spostavano nel sottobosco, la ninfa le tese una mano: “A proposito, non ci siamo ancora presentate. Io sono Callipso.”
Lei gliela strinse: “Dubhe.”
“Beh, Dubhe, eccoci qui.”
Il bosco si apriva in una radura, circondata da pianticelle e rocce, al cui centro stava un laghetto d'acqua splendente. Era posto lungo una parete di roccia, da cui scendeva una cascatella. Un luogo che immediatamente trasmetteva una grande pace. Solo a guardarlo, l'ex-Assassina sentì rinascere la speranza.
Callipso tentennò un attimo: “Aspetta, forse è troppo fredda per te.”
Dubhe le sorrise, un sorriso vero, di gratitudine. Quant'è che non sorrido così?, si chiese.
“Non preoccuparti, è meglio se è fredda. Il freddo ti protegge, ti accoglie.” SI fermò stupita. Non aveva mai parlato così liberamente delle proprie idee, anche se si trattava solo di sciocchi gusti personali, da... beh, un bel po'.
La ninfa la guardò con simpatia. “Buon bagno allora!” E poi aggiunse, ridendo: “Non ti guardiamo, promesso!”
Ma Dubhe ormai non ascoltava più. Si era sfilata il mantello, il corpetto, gli stivali e i pantaloni che indossava. Anche la sottoveste venne depositata sulla riva. Quando sfiorò in acqua, sentì un brivido. “È fredda”, mormorò, poi scivolò sotto la superficie. Era talmente limpida che riusciva a vedere chiaramente alcuni pesciolini che le guizzarono accanto, spaventati per quell'essere estraneo al loro ambiente. Avrebbe potuto contare loro le squame. I capelli, che erano tornati castani, le fluttuarono accanto al volto. Si lasciò galleggiare sulla superficie, tenendo il volto appena fuori dal pelo dell'acqua. Era in pace, finalmente. Il freddo la accoglieva come un amico a lungo dimenticato, e per un attimo si illuse di essere di nuovo alla Fonte Scura, prima che tutta la storia avesse inizio. Poi, il sigillo la costrinse a riemergere per respirare, e l'incanto svanì. Ma, pur tra le catene del sigillo, la ragazza doveva ammettere che erano molti mesi che non si sentiva così bene. Troppo tempo trascorso in compagnia della gente, così da farmi apprezzare la solitudine. Diventerà la norma, per me, constatò, ma senza tristezza. Era una decisione presa da tempo, e poi in quel luogo di pace non c'era posto per la Bestia.
Quando infine si decise a riemergere, era tornata come nuova. Si vestì, assaporando lentamente la sensazione del calore degli abiti, che erano stati lasciati su un sasso esposto in pieno sole.
“Sono pronta”, annunciò a nessuno in particolare.
“Certo”, rispose la ninfa uscendo da un albero. Conduceva un cavallo, tenendolo per la cavezza. La sorpresa di Dubhe fu tale che per poco non cadde di nuovo in acqua.
“Non avevi perso il cavallo?”, domandò innocentemente la creatura.
“...sì”, fu l'unica cosa che la ragazza riuscì a spiccare.
E io che avevo sempre creduto che le ninfe fossero prive di senso dell'umorismo!

   
 
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