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Autore: Jane Ale    02/09/2013    3 recensioni
[Prima storia della serie "Il ciclo di Caterina", ma può essere letta indipendentemente dalle altre storie.]
Caterina e Alessandro sono migliori amici, eppure non riescono ad andare d'accordo per più di qualche minuto. Ma poi Caterina capisce di essere innamorata di Alessandro e tutto si complica. Perché lui è stronzo, ma non ne è consapevole; lei, invece, è isterica, ma non sa come smettere.
Il solito vecchio cliché? Probabilmente (no).
Dalla storia:
-L'avevo capito. Di piacerti, intendo.-
Annuii. -Era piuttosto evidente.-
Si passò le mani sul viso, poi mi fissò di nuovo. -Cate, io mi sento molto attratto da te, non posso negarlo..-
A quelle parole avvampai, ma cercai di restare distaccata. -Ma?- gli chiesi.
-Ma al tempo stesso non riesco a provare quei sentimenti che vorrei. Ti voglio un mondo di bene, ma..-
Ma non sei innamorato di me, conlusi per lui nella mia mente.
Raccolsi tutto il coraggio che avevo e sorrisi. -Non preoccuparti, Ale, non importa. Non è successo niente.-
-Cate, ascoltami.-
-No, va bene così, nessuno si è fatto male.- Sorrisi ancora.
-Tu sì.- disse con semplicità. Ed era vero, io mi ero fatta molto male, più di quello che credevo.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il ciclo di Caterina'
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Capitolo 15
Pelle contro pelle






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Stavo camminando verso la scuola con passo svelto. Ero così distratta quella mattina che ero già andata a sbattare contro tre o quattro sventurati passanti. Non riuscivo a concentrarmi su niente, persino camminare in linea retta richiedeva troppa attenzione da parte del mio cervello che, da qualche ora, era impegnato a pensare ad altro. Quando arrivai nel cortile dovetti farmi forza per continuare a respirare in modo apparentemente normale, non volevo certo rischiare una crisi respiratoria alla sola vista di Alessandro. Tanto più che niente doveva sembrare diverso. O meglio, dovevamo sembrare solo amici.
Ebbene sì, se c'era una cosa che Ale mi aveva chiesto era quella di mantenere segreto il nostro "tentativo" di relazione, almeno per il momento. Certo, non che la cosa non mi pesasse, però da una parte mi sentivo d'accordo con questa sua scelta, se poi le cose si fossero stabilizzate avremmo avuto tutto il tempo di dirlo ai nostri amici.
Camminai verso il grande portone che conduceva all'interno dell'istituto, ma prima di entrare mi sentii afferrare da dietro e condurre verso il retro dell'edificio. Non avevo bisogno di vedere chi fosse, le sue mani le avrei riconosciute ovunque.
-Bungiorno.- mi sussurrò all'orecchio dopo che mi ebbe appoggiata a sedere su un muretto.
-Buongiorno a te.- risposi sorridendo per poi mordermi le labbra.
-Dormito bene?- mi chiese appoggiando le mani sulle mie cosce mentre il suo viso si avvicinava al mio.
-Benissimo, grazie. E tu?-
-Alla perfezione.- rispose appoggiando le sue labbra sulle mie. -Oggi usciamo.- sussurrò subito dopo.
-Cosa?- domandai troppo distratta dalle sue labbra per ascoltare davvero.
Ridacchiò. -Oggi usciamo. Io e te.-
-Stai cercando di dirmi che abbiamo un appuntamento?- gli chiesi.
-Più o meno.- mi rispose sorridendo.
Risi mentre allacciavo le mie braccia intorno al suo collo. Sentii la sua mano stringere forte la mia gamba un secondo prima che le nostre bocche si incontrassero. Baciare Alessandro era qualcosa di sensazionale, al di là di ogni immaginazione. Non era bello, non era romantico, né dolce; era passionale, ma anche violento e rabbioso. A tratti doloroso, perché portava via un pezzo d'anima. E avvolta com'ero in quel turbine di emozioni, non mi resi conto di aver allacciato le gambe intorno al suo bacino e di stringere fermamente i suoi capelli. Appoggiò le mani sul mio fondoschiena e cominciò ad accarezzarlo prima delicatamente, poi con possessione.
-Mi piace il tuo sedere.- mi sussurrò con il respiro spezzato.
-L'avevo capito.- risposi senza fiato. Accennò un sorriso malizioso prima di riprendere a baciarmi. Questa volta mi ritrovai appoggiata con la schiena al muretto, mentre Alessandro teneva una mano dietro la mia nuca e l'altra nella tasca posteriore dei miei jeans.
Sarei rimasta lì per sempre, se avessi potuto, aggrappata a lui come se fosse stata la mia unica ragion d'essere. Ma la campanella suonò, riportandoci alla realtà. Ci staccammo ansanti e ci guardammo negli occhi.
-Ci vediamo più tardi.- mi disse prima di andare.
-Va bene.- risposi mentre lui si dirigeva verso l'ingresso della scuola.
Lo seguii a debita distanza, vedendo che si era fermato alle macchinette mi diressi a passo svelto verso la nostra classe, fingendo di essere appena arrivata.
-Cate, cosa hai combinato?- quasi strillò Vittoria vedendomi.
-Perché?- le domandai senza capire.
-Sei sconvolta! I tuoi capelli..-
"Merda!", pensai. Non avevo proprio pensato a come dovevo sembrare disperata: i capelli arruffati, le labbra gonfie e arrossate, il respiro corto.
-Ho corso. Credevo di essere in ritardo.- mi giustificai pregando di non arrossire.
-Dovresti portarti un pettine dietro, però.- mi rimproverò la mia amica sorridendo.
-Hai ragione, dovrò metterlo nello zaino.- le dissi mentre mi sedevo al mio banco.
Notai che Roberta era già seduta e mi fissava in silenzio con espressione seria. In quel momento Alessandro fece il suo ingresso insieme a Giovanni. I nostri sguardi si incontrarono: le sue labbra si incurvarono in un sorriso malizioso, mentre il mio viso (e non solo quello!) prendeva letteralmente fuoco. Distolsi lo sguardo velocemente prima di morire per autocombustione. Quel ragazzo mi avrebbe uccisa, ne ero sempre più sicura.
Quando il professore entrò in classe mi voltai verso Roberta: sul suo volto era stampata un'espressione che somigliava a quella dei cattivi Disney. Era un sogghigno che poteva voler dire una cosa soltanto.
Roberta aveva capito tutto.

-Ragazze vi raggiungo alle macchinette, vado in bagno.- dissi a Vittoria ed Isa quando suonò la campanella della ricreazione.
-Va bene.- mi risposero.  
Camminai verso il bagno delle femmine che si trovava al nostro piano ed entrai. Prima di me c'erano due ragazze ad attendere, forse riuscivo a non passare tutto l'intervallo in quel luogo sporco e puzzolente come spesso accadeva. Sentii la porta del bagno aprirsi alle mie spalle, ma prima che mi potessi girare una voce a me familiare parlò.
-Ti ho trovata!- mi disse.
-Roby! Tutto bene?- le chiesi forzando un sorriso per non far trasparire la mia ansia.
-Benissimo.- Mi stava squadrando con un felino squadra la sua preda prima di attaccare. -Allora? Hai corso parecchio stamani, eh? Te l'ho sempre detto che devi svegliarti prima.- mi disse sorridendo allusiva.
Questo era la tecnica di Roberta: ti metteva sotto pressione fino a quando non confessavi ciò che lei già sapeva, ma che tu non avevi voluto dirle. E funzionò anche quella volta.
Sbuffai. -Smettila Roby, tanto lo so che hai capito.-
Scoppiò a ridere. -Dovevi vedere la tua faccia quando sei entrata in classe questa mattina. Sembrava tu avessi acceso un'insegna sulla tua fronte: pomiciata esaustiva della mattina. Per non parlare dello sguardo ti-spoglierei-qui-ed-ora di Alessandro! Molto discreti.-
-Vaff..-
-Eh no, Cate! Sai che ho ragione.- mi interruppe ridendo prima che potessi mandarla in quel posto ove il sole non sorge mai.
-Va bene.- mi arresi. -Hai vinto, Jessica Fletcher.- le dissi rivolgendole un'occhiata di fuoco.
-Non guardarmi così! Se fossi stata informata non avrei dovuto indagare.-
-Non potevo dirti niente.-
-Che significa che non potevi dirmi niente? Sono la tua migliore amica.- disse indignata.
-Lo so. Alessandro ha voluto che promettessi di non dire niente, vuole che la cosa rimanga segreta. Almeno per ora.- le confessai. Solo dopo aver pronunciato quelle parole mi resi conto di quanto fossero stupide in realtà. E anche Roberta pareva pensarla allo stesso modo dall'occhiata che mi rivolse.
-Davvero?- fu tutto quello che mi chiese.
-Sì, davvero.-
-Intendevo, davvero ti fai trattare come un cagnolino?- mi chiese glaciale.
-Non mi faccio trattare come un cagnolino. Forse ha ragione, prima è meglio vedere come va, no?- tentai di giustificarmi.
-Certo, come no. E nel caso in cui non dovesse funzionare, nessuno saprebbe niente. Grande idea, un modo perfetto per cominciare una relazione con quella che è la tua migliore amica!- disse quasi urlando. Era arrabbiata e aveva ragione, ma in quel momento non l'avrei ammesso. Probabilmente non l'avrei mai ammesso, almeno finché fossi stata sotto l'incantesimo di Alessandro. Ero innamorata di lui, mi fidavo di lui, lo volevo, non avrei permesso che degli stupidi sospetti rovinassero tutto. Per questo feci la cosa più stupida.
-Perché tu ed Emanuele non state facendo la stessa cosa, eh?- le domandai acida.
-Cosa vorresti dire?- mi chiese sorpresa.
-Non avete detto a nessuno che state uscendo insieme, non è così? Quindi non venirmi a fare la predica perché anche tu sei il suo cagnolino.-
-N-non è vero.- mi disse, ma non era convinta nemmeno lei.
Ero una stronza, sì. Sapevo quanto fosse stato difficile per Roberta affrontare l'attrazione per Emanuele e quanto tempo ci avesse messo per decidere di dargli una possibilità, eppure in quel momento volevo solo attaccarla come aveva fatto con me.
-Ma smettila! Non riesci nememno a negare con convinzione.-
-Vaffanculo Caterina!- mi gridò prima di uscire come un razzo dal bagno.

-Tutto bene?- mi chiese Alessandro quando salii sulla sua auto quel pomeriggio.
Annuii. -Tu?-
-Tutto bene. Cate, cos'hai?- mi domandò per niente soddisfatto.
-Ho avuto una discussione con Roberta.- gli dissi.
-Ah! E perché?-
-Dice che mi comporto in maniera strana e non le piace.- Mezza verità.
-Magari è un periodo in cui è più nervosa. Vedrai che risolverete tutto.- mi disse per rassicurarmi.
Dopo qualche minuto Alessandro si fermò vicino a un campo di girasoli. Eravamo usciti dal centro e ci trovavamo in mezzo al niente. Mi chiesi perché ogni volta che uscivamo Ale dovesse scegliere dei posti in cui non c'era nessuno e dove nessuno potesse vederci. Ripensai al discorso avuto con Roberta quella mattina e per un attimo un'idea spaventosa si accese nella mia testa: Alessandro non voleva farsi vedere con me, si stava nascondendo da chiunque potesse vederci!
-Tu ti vergogni di me!- dissi ad alta voce.
Lui si voltò verso di me sgranando gli occhi. -Ma cosa stai dicendo?-
-Tu non vuoi che gli altri ci vedano o sappiano di noi perché ti vergogni. Sono una deficiente!-
-Caterina, sei impazzita?- mi chiese incredulo.
-No, sei tu quello pazzo se pensi che accetterò una cosa del genere. Come ho fatto a non capirlo prima?- urlai mentre scendevo dalla macchina per dirigermi verso il campo poco distante.
Qualche secondo dopo mi aveva già afferrata per un polso, ma io tentavo comunque di camminare.
-Mi spieghi cosa cavolo stai dicendo?- mi domandò aumentando la presa per non farmi scappare.
-Sto dicendo che mi stai prendendo per il culo! Perché mi porti sempre in posti isolati dal mondo? Perché ti nascondi? Perché non vuoi che nessuno sappia che stiamo uscendo insieme? Te lo dico io, perché ti vergogni di me. Stai solo aspettando di poter combinare qualcosa con me per poi mollarmi e tornare ad essere amici come se non fosse successo niente. In fondo se nessuno ne è conoscenza è come se non fosse davvero successo niente, no?- Stavo urlando e gesticolando come una pazza psicopatica, ma non me ne importava molto, in quel luogo dimenticato da Dio non avrei dato fastidio a nessuno.
-No. Non è così.- fu tutto quello che mi disse.
-Ah no? E com'è allora, Alessandro?- chiesi acida.
-Giovanni mi ha detto di non fare il coglione con te.-
-Giovanni? Cosa c'entra adesso?- domandai un po' confusa.
Sbuffò. -Giovanni mi ha messo in guardia, non vuole che ti faccia soffrire e ha paura che mi comporti come un coglione.-
-E allora perché non ascolti il suo consiglio?- chiesi tagliente.
-Lo ascolto, invece! Ma non voglio che tutti sappiano che ci stiamo provando, non voglio sentirmi dare del coglione ogni giorno. Ti voglio bene, ci stiamo provando, ma vorrei che fosse un tentativo nostro, non mio, non tuo, non dei nostri amici. Nostro.-
Quel "nostro" suonava fin troppo bene sulle sue labbra e rischiava di farmi perdere tutta la convinzione che ero riuscita a trovare. Sentivo il mio stomaco contorcersi dall'emozione, ma lo ignorai.
-Dovresti fregartene di quello che dicono gli altri. Lo hai sempre fatto, questo caso non è diverso.- dissi cercando di sembrare fredda.
-Lo è invece, perché tu sei tu ed è più complicato.- Lo guardai storto e lui continuò per spiegarsi. -È più complicato perché tengo a te in modo particolare. Poi se Giovanni sapesse che con Ema..- si interruppe di colpo.
-Che con Ema cosa?- chiesi.
Sembrò un po' indeciso su cosa dire. -Che con Ema abbiamo sempre cercato di evitare le relazioni. Penserebbe che ti stia prendendo in giro.- mi disse. Avrei giurato che non fosse quello che voleva realmente dire, ma lasciai perdere.
-Beh anch'io l'ho pensato.- ammisi.
-Non è così. Te lo gi-..prometto.- mi disse.
-Cosa c'è, Ale? Hai paura dei giuramenti?- chiesi sorridendo.
-Ho paura di cosa potrebbe succedere se giuro.- disse parlando con voce bassissima.
Lasciai cadere l'armatura che mi ero costruita e mi avvicinai prendendogli il viso tra le mani.
-Non succederebbe niente.-
-Potresti andartene.- sussurrò guardandomi negli occhi con un'espressione sofferente.
-Non ti lascerei mai!- gli dissi e avvicinai le mie labbra alle sue lasciando che si sfiorassero.
-Caterina, dimmi che rimarremo per sempre noi, nonostante quello che potrebbe succedere.- mi pregò.
-Rimarremo per sempre noi. Nonostante tutto, Ale.- e lo baciai.
Mi prese per i fianchi e mi sollevò mentre le mie gambe andavano ad allacciarsi intorno ai suoi fianchi. Le nostre lingue si rincorrevano, si incontravano, si intrecciavano, ma quella volta sembravano non avere fretta. Se fino a quel momento tra noi era sempre stato tutto passionale e frenetico, quel pomeriggio il tempo si era fermato e noi non sentivamo il bisogno di rincorrerci. Ci baciavamo con lentezza e dolcezza, ci baciavamo come mai era successo prima.
Rimasi incatenata nel mondo parallelo fatto di baci e carezze finché le mani di Alessandro afferrarono la mia maglietta per toglierla. Non mi opposi quando la stese a terra e mi ci fece distendere sopra, non mi opposi quando cominciò a lasciare una scia di baci sul mio collo, sul mio seno, sulla mia pancia per poi fermarsi subito sopra i miei jeans. Trattenni il fiato e lo guardai.
-Non aver paura.- mi sussurrò. -Non voglio farti niente. Voglio solo sentire la tua pelle contro la mia.-
Sentii il suo respiro infrangersi sulla mia pancia e rabbrividii. Raccolsi tutto il coraggio che avevo e cominciai a togliere la sua maglia. Guardai le sue spalle, le sue braccia e il suo petto, li accarezzai lentamente e poi lo tirai verso di me per riprendere a baciarlo.
Non so quanto tempo rimanemmo a baciarci ed accarezzarci distesi vicino a quel campo. Fu solo quando ci alzammo, mentre il sole stava tramontando, che mi accorsi che quel giorno non avevo sentito solo la sua pelle contro la mia, erano le nostre anime che si erano incontrate.
Non era più questione di pelle contro pelle, carne contro carne.
Quel giorno ebbi la conferma che Alessandro mi era entrato dentro, sotto la pelle.
Ed io non sapevo più come salvarmi.







Note dell'autrice:

Salve a tutti!
Eccomi con un nuovo capitolo che spero sia di vostro gradimento. Dunque, tanto per cominciare devo ammettere che questo capitolo possiede un alto tasso di dolcezza, fin troppo direi. Ma non c'è da preoccuparsi, dove c'è un massimo c'è sempre anche un minimo, quindi a questa bomba di dolcezza seguiranno sicuramente momenti duri. Per ora, però, godiamoci questo momento di calma tra i due protagonisti prima che i segreti vengano a galla...ma adesso basta, ho detto fin troppo! :D

Voglio ringraziare tutti coloro che hanno inserito "Frammenti" tra le seguite/ricordate/preferite, siete sempre di più e mi rendete veramente felice. *_* Un grazie enorme va anche a tutte le persone che hanno recensito i capitoli precedenti, siete delle creature favolose. :)

Come sempre, se volete, potete lasciare una recensione per farmi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima!
Un bacione,
Jane
  
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