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Autore: dontblinkcas    03/09/2013    3 recensioni
Una settimana.
Una maledetta settimana.
Una settimana da quando aveva baciato Magnus nella Sala degli Accordi.
Una settimana da quando Shadowhunters e Nascosti si erano alleati contro l'esercito di Valentine.
Una settimana da quando Sebastian era morto.
E tutto ciò che provava era dolore.
Perché era passata una settimana da quando Max era morto.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Silent Lucidity
 
 
If you open your mind for me 
You won't rely on open eyes to see 
The walls you built within 
Come tumbling down, and a new world will begin



 
Una settimana.
Una maledetta settimana.
Una settimana da quando aveva baciato Magnus nella Sala degli Accordi.
Una settimana da quando Shadowhunters e Nascosti si erano alleati contro l'esercito di Valentine.
Una settimana da quando Sebastian era morto.
E tutto ciò che provava era dolore.
Perché era passata una settimana da quando Max era morto.


Da quando erano tornati a New York aveva fatto tutto il possibile per stare lontano dall'Istituto. Quel luogo non era più un posto felice in cui vivere: ogni stanza gli ricordava l'assenza Max, in ogni corridoio echeggiava il silenzio, in ogni parete il fantasma della risata del bambino lo perseguitava inchiodandolo al muro cercando disperatamente di respirare.
Ma era la biblioteca la sala peggiore di tutte.
La prima volta che era entrato era quasi crollato a terra, le sue gambe incapaci di mantenere il suo peso; aveva chiuso gli occhi e cercato di riprendere il controllo ma aveva solo peggiorato la situazione. Dietro le palpebre chiuse la figura di Hodge lo guardava sorridente da dietro la scrivania in legno, Hugo sulla spalla e un grosso libro rilegato in pelle davanti a sé; aveva scacciato quell'immagine ma un'altra peggiore era in agguato. Ora era Max che lo guardava acciambellato su una poltrona come se fosse un gatto, dietro gli enormi occhiali gli occhi grigi erano affondati in un libricino colorato con scritte giapponesi, i capelli, così simili ai suoi, erano arruffati in ogni direzione.
Era scappato dalla sala correndo lungo i corridoi deserti finché le gambe non avevano ceduto ed era crollato contro una parete, tremante mentre cercava di ricacciare indietro le lacrime.

Non poteva piangere, era un Cacciatore.
Sangue e morte erano all'ordine del giorno, facevano parte della sua vita. Tutto il dolore, i sacrifici, le lacrime represse facevano parte del dovere dei Cacciatori. La morte in battaglia era un onore, cadere per difendere la causa, pulire il mondo dai demoni, diventare polvere e proteggere la Città Silente, tutto ciò era motivo di orgoglio per quelli della sua specie.
Ma Max non era morto in battaglia, Max non era un Cacciatore, era solo un bambino. Era ancora troppo piccolo per conoscere il vero orrore di quella vita; l'entusiasmo e la curiosità che solo i bambini hanno non gli faceva davvero capire cosa significasse diventare una macchina da guerra. Aveva cercato di proteggerlo, lo aveva sempre allontanato dall'armeria, gli aveva proibito di assistere agli allenamenti, aveva cercato di preservare il più a lungo possibile la sua innocenza, la sua infanzia; forse era per quello che Max aveva sempre preferito Jace a lui, ma del resto tutti preferivano Jace a lui.
E adesso Max era morto.

Si era allontanato dall'Istituto anche per non affrontare gli altri abitanti.
Sua madre si era chiusa in un silenzio straziante, gli occhi ancora più glaciali e duri del solito, come se fosse una fiera ferita e spaventata che cerca di intimorire gli altri predatori per allontanarli da sé. Ma nonostante il dolore che le avvolgeva il cuore non aveva smesso per un minuto di dirigere l'Istituto nel migliore dei modi. Aveva sempre saputo che sua madre era più forte di lui, che non avrebbe mai permesso che il dolore di una madre si ripercuotesse sull'antico nome della famiglia.
Sapeva anche perfettamente che lei aveva fatto tutto il possibile per stare alla larga da lui: forse pensava che non se ne fosse accorto, ma sapeva che ogni volta che Maryse lo incrociava i suoi occhi, oltre al dolore celato, si riempivano di nuove emozioni: rabbia, delusione, vergogna, disgusto.
Suo padre d'altro canto non sembrava così afflitto dalla tragedia: aveva visto sincera tristezza nel suo volto durante il funerale di Max, ma nei suoi occhi si leggeva qualcosa di ancora più oscuro che non era causato però dalla morte del figlio minore. Inoltre le stesse emozioni che passavano sul viso di sua madre alla sua vista erano amplificate di cento volte nel volto del padre: preferiva di gran lunga il silenzio di Maryse alle domande di puro odio di Robert.
Cosa abbiamo sbagliato con te? Esiste un modo per curarti? Sei sicuro che tu non sia sotto l'effetto di qualche incantesimo? Sai che stai disonorando il nome dei Lightwood?
Era stato un sollievo quando era partito di nuovo alla volta di Alicante tre giorni dopo il rientro, chiamato dal Conclave per sistemare alcune faccende degli Accordi.

E per quanto gli faceva male ammetterlo non riusciva ad affrontare i suoi fratelli.
Aveva notato che una parte della scintilla che faceva brillare Jace si era spenta, ma il ragazzo aveva affrontato lutti famigliari molto peggiori della morte di un fratello adottivo. E la rivelazione che Clary non fosse sua sorella lo aveva aiutato ad affrontare la situazione e a non considerarsi più un mostro.
Isabelle invece faceva di tutto per non far crollare la facciata della ragazza dura e indifferente che si era costruita per anni. Solo a lui Isabelle permetteva di guardare dietro quella maschera, solo lui vedeva in quegli occhi neri una ragazzina spaventata e piena di rimorsi. Nulla o nessuno le avrebbe mai fatto cambiare idea: poteva leggere benissimo il senso di colpa che l'affliggeva.
L'aveva tenuta tra le braccia durante la prima notte tornati all'Istituto, quando si era precipitato nella stanza della sorella dopo aver sentito le urla e i singhiozzi provocati dagli incubi. Aveva accarezzato i suoi capelli per calmarla, le aveva asciugato gli occhi gonfi mentre lei nascondeva il viso contro il suo petto, le sue mani strette a pugno contro la sua maglietta; alla fine si erano addormentati sfiniti in quella posizione. Era stato esattamente come quando erano piccoli, quando correva nella stanza di Isabelle per rassicurarla dai tuoni della tempesta, nonostante il fatto che anche lui ne era terrorizzato. Non glielo aveva mai rivelato perché lui era il fratello maggiore, era lui che doveva proteggerla dai pericoli non viceversa.
Tuttavia in quel momento non poteva far altro che allontanarsi da lei, il suo dolore troppo forte per poter confortare ancora una volta Isabelle.
Sì, lo sapeva, era un pessimo fratello.


 
Buonasera cari lettori!
Pensavate fossi morta, non è vero?
Scuatemi tanto ma se non sono sotto pressione non riesco proprio a scrivere.
Per quanto riguarda la storia.
Dopo un attento consiglio
di Blinktothefuture ho deciso di dividere la storia perchè l'argomento è abbastanza pesante e il testo è troppo lungo perchè voi riusciate ad arrivare fino alla fine.
Spero che fino ad ora vi sia piaciuta e spero continuerete a leggere anche gli altri capitoli.
La storia non avrà comunque cambiamenti. Ho fatto questa modifica solo per un fatto di lunghezza.
Baci,

Dany.
  
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