La notte, unica e
silenziosa, cadeva come un lenzuolo di seta leggera e avvolgente sulla
grande
città.
Luci distratte
scomparivano e riapparivano, a seconda dei desideri della gente che
quella
notte, spensieratamente, viveva la propria vita senza alcun peso, sotto
il
calore impercettibile di quel grande panno prezioso e misterioso.
Quei piccoli puntini
luminosi, stelle le chiamano, decoravano delicatamente quel drappo
scuro,
facendone risaltare tutte le qualità e facendo sognare la
gente.
Ma quella sera, quelle
piccole anime libere avranno un'amica, sulla Terra, con cui giocare.
Una piccola luce che
corre come il vento, libera da regole, leggi, oppressioni.
Una piccola luce che
percorre tutte le strade possibili e immaginabili, solo per assaporare
il
sapore della libertà, negatagli da chissà quanto
tempo.
Una piccola luce che
canta la sua unica, speciale canzone, ad ogni curva, per poi ripartire,
col
fiato sospeso, fino a che un'altra curva la farà cantare,
sempre, ovunque.
Quella piccola luce
aveva un nome, certo, ma se ve lo confidassi adesso vi rovinerei il
racconto...
Una piccola luce che
cavalcava, in sella alla sua moto, correndo contro il vento e la paura,
la
paura di sbagliare, la paura di perdere, la paura di morire.
Ma quella piccola luce
non ha paura di morire, ha solo paura di non vivere il secondo...
Quella piccola luce,
uguale solo ad un'altra, che chissà ora in quale parte del
cielo era, pensava
solo a vivere, al massimo delle sue possibilità, di spingere
l'accelleratore
fin quanto fosse necessario per perdersi in mezzo a quel tessuto
luminoso
quieto e rilassante.
Quella piccola luce
ora era viva più che mai nei suoi occhi, che fissavano
l'orizzonte, speranzosi
più che mai di ritrovare quella strada, finalmente quella
giusta, per tornare a
casa, per tornare come un tempo.
Era pronto.
Dopo anni, era
finalmente pronto per fare reset, per ricominciare.
O almeno, sperava di
essere pronto.
Un movimento di polso,
l'accellerazione, la velocità, l'adrenalina.
Il vento gli stava
accanto, cercando in tutti i modi di vincere quella gara, cuore contro
cuore.
Si fissarono per pochi
istanti, in cui si sarebbero giocati tutto.
Gli occhi fissi, il
polso bloccato, il corpo aderente alla moto, un ghigno.
Non l'avrebbe mai
battuto, il vento era la libertà fatta elemento, e per
quanto avrebbe potuto,
non avrebbe mai potuto surclassarlo.
Si arrese con un
sorriso, e la brezza, per reclamare la sua vittoria, fischiò
allegramente, per
poi continuare la sua corsa, in un altro posto, con un'altra anima
libera...
Ecco, la distesa di
acqua era finalmente davanti a lui.
Aveva sempre voluto
vedere il mare di notte, mentre dormiva, osservando le sue piccole
onde,
schiumose quanto basta, infrangersi quasi con imbarazzo sul
bagnasciuga, in
silenzio, senza disturbare nessuno.
Accellerò un ultima
volta, per poi rallentare, fino a fermarsi, pochi metri prima della
spiaggia.
La sabbia cristallina,
quasi trasparente alla luce della luna, marcò il passaggio
estraneo di quel
piccolo essere umano, quella piccola esistenza in mezzo a quell'immenso
mare,
fatto d'acqua e desideri, trasportati dalla corrente, sia che siano
messaggi
dentro una bottiglia, sia lacrime felici, tristi o inquiete...
I suoi passi
risuonavano quasi impercettibili all'orecchio umano, e forse era meglio
così.
Si tolse gli stivali
da motociclista, posandoli accanto a sè, e si
sfilò elegantemente il casco, con
lo sguardo sempre fisso sulla linea dell'orizzonte, dell'infinito.
I suoi occhi
riflettevano magicamente la luce lunare, donandogli un aspetto quasi
divino.
Scostò la sabbia
bagnata e si sedette, portandosi le gambe magre e stanche al petto,
come un
fragile bambino che, arrabbiato, si chiude in un mondo immaginario, nel
suo
mondo, dove gli ordini venivano severamente puniti.
Sì, si sentiva ancora
un bambino nell'anima, nonostante i suoi 23 anni, ma a lui bastava.
Non gli importava se
non aveva più sei anni, se non giocava più con il
suo piccolo orsacchiotto, o
se non poteva avere più un amico immaginario, solo
perchè la sua età non glielo
consentiva.
Non gli importava.
Dopotutto, era sempre
stato così testardo, fin appunto da piccolo.
E testardo, stasera,
era anche quel sottile zèfiro, che, non accontentatosi della
vittoria,
continuava a spettinargli i lunghi capelli neri, sia per gioco, sia per
ripicca.
Di tutta risposta, un
sorriso sincero.
Com'era difficile
odiare, quella sera.
Niente avrebbe potuto
toccare la semplice perfezione di quel momento, di quel paesaggio,
ormai
dimenticato dalla gente troppo indaffarata alle "cose serie".
Si passò una mano tra
i capelli, per cercare di domarli, senza successo.
Quella sera, tutte le
cose avevano diritto alla loro parte di libertà.
Compreso lui,
prigioniero di quella bellezza troppo vera e fragile per potersene
appropriare
veramente.
I suoi capelli
corvini, vagamente violentati da qualche ciocca bionda, sembravano
splendere,
al riflesso bianco e sacro della luna, agitati dalla brezza marina,
portatrice
di sogni e profumi esotici.
Gli occhi, ormai persi
in quell'immensità di cielo, che baciava dolcemente la
superficie marina, erano
più vivi che mai, tinti di un nocciola scuro, che spiccava
particolarmente
sulla pelle resa ancora più sbiadita dalla luce lunare,
splendente e
intoccabile.
Una sottile melodia si
perse nel vento, finendo chissà dove, cercando di tornare
dov'era, ma le note
sono fatte per volare, per librare nell'aria, solleticate dalla luce
del sole,
cullate dal dolce suono dell'aria in movimento. Quella figura stava
cantando
una canzone tanto bella quanto triste, e sembrava che le onde del mare
si
infrangessero sulla riva per conoscere la prossima nota, la prossima
strofa che
fuoriusciva da quelle labbra così sottili e inviolate,
eppure così vissute.
Le mani sfioravano la
sabbia, cercando un sostegno a cui appoggiarsi, per poi tornare ad
abbracciarsi, l'una nell'altra, sulle ginocchia del ragazzo.
Era veramente un
momento magico.
Per lui, per gli
altri, per tutti quegli elementi in fibrillazione, nonostante l'anomala
tranquillità di quella notte. Ma la tranquillità,
prima o poi, cessa, e quella
era l'ora.
Sospirando silenziosamente,
si alzò, si scrollò gli ultimi resti di
libertà che gli restavano, riprese in
mano il casco e gli stivali e si avviò verso la sua moto,
lasciata a godersi
tranquillamente quell'orgia di emozioni, sensazioni, talmente
impalpabili da
sembrare irreali.
Pochi secondi dopo, la
tranquillità lasciò il posto malvolentieri alla
frenesia, all'adrenalina,
all'agilità di quella creatura troppo bella e silenziosa per
essere vera.
La strada era una, una
soltanto, e non avrebbe dovuto far altro che seguirla...ma solo se
fosse stato
veramente pronto.
E quella notte lui
scelse la sua strada, scelse da quale parte del bivio andare, e non
avrebbe
dovuto far altro che seguire il suo cuore, via via fino a destinazione,
o verso
un'altra meta sconfinata, questo dipendeva solo da lui.
E a noi non resta che
far altro che seguirlo da lassù, insieme alla sua stella
gemella, la stessa che
lo accompagnò per 19 anni, coccolandolo e picchiandolo, ma
che lo segue ancora,
senza mai perderlo di vista, accompagnando il suo cuore e guidando la
sua moto
con un debole ma chiaro assolo di chitarra, che solo lui poteva
sentire.
-Vai...corri per la
tua strada...e non voltarti mai...Bill, fratellino mio...