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Autore: alicemontalto    03/09/2013    1 recensioni
Un veccho orologio. E con lui ogni frammento, instante, ricordo di un'intera esistenza. Personificazione del nostro io più profondo, permette di far emergere l'interiorità dell'essere umano, mondo misterioso, protagonista di eventi spesso inspiegabili. Il tempo scorre inesorabilmente per ognuno di noi, nonostante i nostri diversi punti di vista circa la sua velocità relativa, ma c'è forse una possibilità per rendere eterno almeno un attimo di questa vita?
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Nonsense | Avvertimenti: nessuno
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-Dieci, tre quarti e quarantatré secondi, non un istante di più. Lei conferma?
-Confermo. Stava per l’appunto per scattare il quarantaquattresimo secondo.
-Ah benissimo, benissimo. E mi dica: cosa accadde in seguito?
-Tutto cominciò ad apparire tremendamente sfuocato. Inizialmente pensai si trattasse di un calo di zuccheri, sa, uno di quelli che spesso causano rallentamenti della lancetta sottile, quella dei secondi, quei ritardi che poi fanno così tanto infuriare l’essere umano. E invece fu diverso, e purtroppo quella volta non si poté fare più nulla. Il tempo si fermò anche per me, per me! Sembra quasi un paradosso.
-Si spieghi meglio, circa quest’ultima affermazione, mi scusi.
-Sa, non è facile accettare che, dopo una vita passata a scandire le esistenze altrui, ora sia la mia a non avere più tempo, ad essere giunta al capolinea. Capisce? Ho deriso i ritardatari, mi sono preoccupato per illusi, sempre alla ricerca di qualcosa che mai si sarebbe avverato, ed ho sorriso a chi, guardandomi, sospirava, desiderando che il tempo scorresse più lentamente. Ho potuto scorgere, dalla mia posizione privilegiata, il desiderio di velocità negli occhi luccicanti del fanciullo, per poi porlo a confronto con il malinconico rimpianto dello sguardo dell’anziano. Eppure ho sempre svolto correttamente il mio lavoro, ed il tempo è sempre trascorso inesorabilmente, nonostante le diverse percezione. Perché vede, in fin dei conti trovo che il mio lavoro fosse solo una questione di punti di vista: le posso assicurare che la mia lancetta non ha mai variato il suo corso, è l’uomo che ne ha sempre determinato la velocità relativa.
-È molto toccante sa il suo racconto, davvero, ma io, sa, sono un giornalista e non mi lascio facilmente intenerire: preferisco presentare i fatti con oggettività.
-Certo è il suo mestiere, anzi le chiedo scusa se mi sono lasciato trasportare dai ricordi, ma vede non è semplice seppellire tutto all’interno, tra gli ingranaggi: ogni attimo scoccato è intriso di pura meraviglia, e non è facile, per nulla, reprimere i sentimenti che avverto ripensando agli istanti vissuti. Nulla accade per caso e nulla, purtroppo o per fortuna, il tempo è in grado di cancellare. Le chiedo umilmente perdono.
-Non si preoccupi. Ora, senza perdere temp…
-Ahi! Utilizzi espressioni differenti la prego!
-Oh, ha perfettamente ragione. Dunque, tornando alla nostra intervista, mi dica, qual ‘ stato il suo ultimo pensiero, prima del fatidico stop? Ammetto che si tratti di una domanda difficile, ma renderebbe il mio resoconto assai più interessante!
La paura di non essere stato abbastanza, poiché tutti noi, nel profondo, desideriamo ardentemente di essere ricordati per avere compiuto qualcosa di grande, ed allo stesso tempo siamo terrorizzati all’idea di sparire nell’ombra, come granelli di sabbia in una duna del deserto. Non è ambizione, io credo, e neppure mancanza di umiltà: è la natura che ci spinge a crescere, a superare i nostri limiti, ad essere fieri di se stessi! È qualcosa che supera qualsiasi sensazione di superbia o presunzione, si tratta di una gara con la propria anima, con il proprio io, con i propri sogni: una corsa per la conquista di un sorriso, un sorriso interiore, che ci faccia crescere la voglia di gridare al mondo che la vita, la vita è meravigliosa. Non importa quanto in alto si arrivi per gli altri, bensì quanto in alto si arriva per se stessi. Chiunque ha provato, almeno una volta, il terrore di non farcela. Non crede sia così? Non serba forse anche lei, nel suo cuore umano, quel desiderio che se si realizzasse, lo renderebbe immortale nello spirito?
-Oh certamente. Credo che lei abbia colto nel segno. Finora non si è mai realizzato, però. A questo punto la domanda sorge spontanea: lei pensa di avercela fatta? Insomma, lei si sente immortale nella sua fine?
-Ce l’ho fatta, sì, credo proprio di potermi ritenere soddisfatto.
-Mi scusi apparirei troppo indiscreto se le chiedessi cosa l’ha portato ad una simile soddisfazione?
-Oh no, al contrario.
-Dunque?
-Dunque, ho fermato il tempo.
-Prego?!
-Sì, l’ho fermato, o meglio, mi sono fermato.
-Lei vuole farmi credere di avere volontariamente interrotto il moto perpetuo della sua lancetta?!
-Esattamente.
-Ma…come mai ha fatto questo?
-Ho reso un istante, eterno.
-Mi scusi: forse la sua vecchiaia ha reso più difficile il corso non solo delle sue lancette, ma anche dei suoi pensieri! Non si è forse reso conto del fatto che l’universo abbia comunque continuato imperterrito il suo corso?
-Si signore, ma quell’attimo, quel frammento di vita, resterà per sempre impresso qui, nonostante la sua infinita piccolezza in questo inesauribile susseguirsi di immagini.
-Se ha compiuto una simile impresa, mettendo a serio pericolo la sua persona, significa che ciò che vide, fu davvero straordinario!
-Lei può dirlo!
-La prego, me ne renda protagonista!
-Ho visto un uomo felice.
  
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