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Autore: Patta97    03/09/2013    5 recensioni
- John, devo andare ad un appuntamento.
Sherlock ha un misterioso appuntamento e chiede aiuto a John per essere assolutamente perfetto...
Note: semplicemente Johnlock, fluff, comico (?)
Genere: Comico, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao di nuovo!
Dopo la mia ultima angst deprimente, ho optato per qualcosa di fluff e romantico, su un filo spiritoso, liberamente ispirato allo show di MTV "Friendzone", dove... Beh, cosa succede lo scoprirete leggendo, no?
Non vi annoio con le chiacchiere, buona lettura!
Chiara





 
FRIENDZONE...?




- John, devo andare ad un appuntamento.
 
Il dottore scoppiò in una risata divertita ed a stento contenuta. Poi incontrò lo sguardo serio dell’altro e quasi si strozzò col caffè nero che stava bevendo.
- Parli… sul serio?
 
- Sì, John, sono serio. Serio come il 95,7% delle volte in cui parlo con tono non sarcastico.
 
L’ex-militare posò con cura la tazzina sul tavolo della cucina e si appoggiò allo schienale della sedia, prendendo un respiro profondo per calmare i propri nervi.
- Un appuntamento, bene. Con chi?
 
Gli occhi felini di Sherlock si strinsero appena.
- Una persona.
 
- Pensavo un alieno.
 
- Non dire sciocchezze, John! Non ci sono ancora testimonianze di vita in altri piane… Era sarcasmo.
 
- Sì, sono sarcastico il 31,5% delle volte in cui parlo – il dottore gli fece il verso. – Comunque… perché me lo hai detto? Esci adesso?
Guardò scettico il pigiama grigio e la vestaglia rossa che Sherlock indossava, sperando davvero che non andasse ad un appuntamento conciato in quel modo.
 
- No, uscirò stasera alle sette. E te l’ho detto perché vorrei mi aiutassi con le cose da appuntamento. Visto che tu ne sei il maestro – si fermò e poi aggiunse, tagliente. - Dovrò confidare in me stesso per farlo andare a buon fine e non come i tuoi, però.
 
John sorrise affettato. – Ti ringrazio per la… fiducia, credo. Suppongo. Immagino.
 
- Bene, allora. Usciremo dopo pranzo. Sii puntuale e vedi di non mangiare troppo: ti rallenta.
E sparì nella sua stanza, in uno svolazzo di seta.
 
 
 
- Dubito che tu abbia bisogno di me per un consiglio sui vestiti, Sherlock – disse John, a disagio su una delle poltrone davanti ai camerini di Hugo Boss.
 
- L’importante è che siamo in posti dove non vendano maglioni. E in questo reparto sono al sicuro – risposte il detective, stizzito, da dietro la spessa tenda grigia.
 
Il dottore tamburellò le dita della mani sulle ginocchia, aspettando che l’amico uscisse.
E Sherlock tirò la tenda, che tintinnò appena, e si presentò alla bocca spalancata e agli occhi sgranati di John.
Il vestito lo fasciava semplicemente alla perfezione, nero e con i risvolti della giacca leggermente traslucidi, con il primo bottone poco sopra l’altezza dell’ombelico, in modo da lasciare scoperta l’impeccabile camicia bianca. Forse sia questa che i pantaloni erano eccessivamente stretti, ma John non glielo fece notare.
- Allora? – chiese il consulente, in attesa.
 
- Credevo ci fosse anche un cravattino – commentò l’altro dopo un colpetto di tosse.
 
Sherlock sbuffò. – Non indosso mai né cravatte né, tantomeno, cravattini.
 
- Oh, andiamo – ridacchiò John, alzandosi ed avvicinandosi a lui. – Primo: questa non è una situazione come le altre, ma un appuntamento, per l’amor di Dio! Secondo: i cravattini sono forti! Avanti, dammelo – tese la mano, in attesa.
 
Il detective, restio e scettico, gli porse la striscia di stoffa nera.
John sollevò il colletto candido ed iniziò ad annodarla attorno al collo dell’amico, con particolare cura e lentezza, cercando di ignorare il respiro caldo e regolare di Sherlock che gli sfiorava la fronte.
- Ecco qua – annunciò, allontanandosi un poco.
 
L’altro si voltò e osservò con una smorfia il proprio riflesso sullo specchio all’interno del camerino.
- Io non metterò un cravattino al mio appuntamento – disse, categorico.
 
- Mi hai detto di volere i miei consigli e secondo me il vestito senza sembra incompleto – poi aggiunse: - Inoltre ti dona parecchio.
 
Sherlock sbuffò nuovamente, ma con l’ombra di un sorriso vanesio sul volto, e rientrò nel camerino per cambiarsi senza dire più nulla sull’argomento.
Quando pagarono – una cifra esorbitante che il dottore non volle nemmeno ascoltare – alla cassa, però, John intravide anche il cravattino, nella busta e si lasciò scappare un sorriso.
 
 
 
- Sei proprio sicuro che mi debba tagliare i capelli? – si lamentò Sherlock con una nota di panico nella voce, artigliando i braccioli della sedia di pelle.
 
- Un taglio nuovo ed eseguito da un esperto ti farà solo bene – disse John, che sospettava che l’amico i capelli se li tagliasse da solo. – E poi, sono io “il maestro degli appuntamenti”, ricordi?
 
- Odio di averti dato tanta corda.
 
Il dottore, che ormai aveva preso particolarmente a cuore la faccenda, lo ignorò e si rivolse al suo parrucchiere di fiducia. – Stupiscici, Ben.
 
Dopo venti minuti, Ben tolse il panno dalle spalle di Sherlock e lo scosse, in modo da far cadere i riccioli scuri per terra.
Un imbronciato Sherlock esibiva un taglio solo più corto e sicuramente più curato di prima, ma i capelli, in fondo, erano i soliti: impossibilmente ribelli e ricci.
 
- Ottimo lavoro! – John si trattenne dal ridere di fronte al cipiglio del consulente. – Direi che va bene, no?
Ricevette un grugnito in risposta.
 
 
 
- Non voglio andare – annunciò Sherlock alle sei e mezzo, laconico.
Da quando erano entrati a casa, si era lasciato cadere sul divano ed aveva mantenuto un umore intrattabile e lamentoso.
 
- Non dire così… - tentò John. – È tutto il pomeriggio che compriamo cose e ti prepari. Indossa quel completo, entra in un taxi e vai a… conquistare. Se è quello che vuoi.
 
- Certo che è quello che voglio! Ma è così difficile…
 
Il dottore non aveva mai visto il proprio amico in quello stato, neanche durante i peggiori momenti di noia. E quella era un’occasione importante. Insomma, non credeva che Sherlock avesse mai avuto un appuntamento galante, prima di allora!
Decise: - Verrò con te.
 
Il detective alzò di scatto la testa verso di lui. – Lo faresti davvero? – gli occhi erano adorabilmente lucidi e John si intenerì.
 
- Ma certo. Ti accompagnerò fino a che non sarai con lei o lui, se è quello che vuoi.
 
Sherlock si alzò in piedi con un non so che di gioioso negli occhi, ma che durò solo un attimo.
- Vestiti meglio, però – disse, lanciando un’occhiata critica alla camicia a quadri di John. – Voglio che tu sia impeccabile.
 
- Ci tieni davvero a questa cosa, eh?
 
L’altro fece una pausa. – Più di quanto tu possa immaginare.
 
 
 
- Quindi… – John, infilato nel suo completo nero preferito, tentò di fare conversazione non appena si sedettero sul taxi. – Il Tower Bridge. È là che lo porti?
 
- La – lo corresse l’altro.
 
- Allora è una femmina.
 
- Il sostantivo “persona” è femminile, nonostante non lasci trasparire il genere della persona in sé.
 
John alzò gli occhi al cielo.
 
- Comunque sì, porterò questa persona al Tower Bridge.
Il suo tono e il suo volto erano nuovamente adombrati e… agitati?
 
- Coraggio – John gli sfiorò un braccio. – Capisco che per te possa essere strano, ma devi solo… essere te stesso ed andrà bene.
 
- Mi dici sempre di non essere me stesso, quando sto con gli altri – commentò Sherlock con una punta di acidità.
 
- In questo caso devi esserlo. Con chi ci piace è diverso.
 
 
 
Il tassista mise la freccia e si fermò poco all’imbocco del ponte.
- Qui va bene? – domandò, osservandoli dallo specchietto retrovisore.
 
- Benissimo – affermò Sherlock, pagandolo.
 
Scesero dal taxi, incontrando l’aria fresca e il cielo nuvoloso della città.
Proseguirono a piedi fino alla Torre di destra.
Sherlock era più pallido del solito.
 
- Ti sta già aspettando sopra? – chiese John, non ricevendo nessun tipo di cenno in risposta. – Ti accompagno, che ne dici?
 
Stavolta il detective annuì, un po’ più rilassato.
 
 
 
- Hai prenotato nella Bridge Master’s Dining Room?!
John rimase sbigottito quando arrivarono in quella parte così privata, intima e costosa del ponte.
Quella serie di salette, ognuna separata dalle altre, era situata nella zona sud, da dove si godeva una vista mozzafiato del Tower Bridge stesso, degli altri ponti lontani ed illuminati, del fiume quasi nero sotto di loro.
Lanciò un’occhiata a Sherlock, il quale sembrava l’uomo più rilassato del mondo, l’opposto del fantasma pallido che era stato ai piedi della Torre. John si insospettì leggermente.
- Sherlock. Quando arriva questa persona?
 
- John, forse è arrivato il momento che io ti spieghi una cosa – iniziò allora Sherlock, quando un giovane cameriere li fece accomodare in una delle salette, dove un tavolo apparecchiato per due attendeva di fronte a un’enorme finestra sul Tamigi. – Una cosa che avresti potuto tranquillamente capire già da stamattina, se solamente imparassi ad osservare.
Il cuore del dottore iniziò a palpitare e rimase a fissare il viso noncurante dell’altro.
- C’è solo una persona per cui potrei indossare un cravattino, solo una persona per la quale mi farei tagliare i capelli da qualcuno che non sia io, solo una persona per la quale organizzerei un appuntamento. Insomma, credo sia ovvio, no…?
John rimaneva ancora ammutolito e la certezza nello sguardo del detective iniziò a vacillare.
- Prima, sul taxi… Mi hai detto che avrei dovuto essere me stesso, perché si fa così. Perché con qualcuno che ci piace è diverso. E tu mi… Oh, insomma, John! Vuoi farmi andare avanti per…
 
Ma Sherlock venne interrotto, perché John lo tirò per la camicia, poggiando le labbra sulle sue.
Quando si separarono, il consulente era rosso come la moquette sotto i loro piedi.
- Questo vuol dire che vuoi uscire con me? – chiese trepidante, ancora così vicino al volto dell’altro.
 
- Sì – rispose immediatamente John, con un sorriso dolcissimo e malizioso allo stesso tempo.
 
- Ma sei sicuro? – insistette. - Devi esserlo almeno al 90,3%, per poi iniziare una sessione di appuntamenti galanti e…
 
Un altro bacio frettoloso andò a cucire le sue labbra.
- Sì che ne sono sicuro – dichiarò John, guardandolo negli occhi. – Almeno al 110,7%.
 
- Ma John! Il massimo è 100… Oh, di nuovo sarcasmo?
 
John aggrottò le sopracciglia e gli sorrise come si farebbe con un bambino, annuendo ripetutamente.
Poi si baciarono ancora e ancora e ancora, abbracciati, stretti di fronte a tutta Londra che li guardava dal basso, rumorosa e sicura.
  
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