DESTINI
INCROCIATI
Cap. 1
<
CHRISTIAN, RIPORTAMI IMMEDIATAMENTE IN UFFICIO! >
<
Non urlare con me, Ana! >
<
E allora tu smettila di fare il prepotente! >
<
Ho visto come ti guarda! Quel ragazzo vuole entrarti nelle mutandine! >
<
Ma non è vero! Per lui sono solo la donna che può decidere del suo futuro e poi,
se anche fosse, la cosa non mi interessa! Come devo dirtelo? >
<
So benissimo che tu non ci andresti a letto, ma non mi piace che tu debba avere
a che fare con gente come lui >
<
Quindi cosa proponi? Che la Grey Publishing abbia nel suo carnet solo libri di
donne etero e uomini gay, così la mogliettina del capo non verrà molestata da
imprudenti aspiranti scrittori? Sei assurdo! >
La
giornata per Christian ed Anastasia non era cominciata proprio nel migliore dei
modi.
Lui
si era inalberato nel vedere come uno degli autori, promosso dalla Grey
Publishing, si fosse avvicinato troppo a sua moglie, mentre lei era seccata
della gelosia che suo marito dimostrava a sproposito.
In
cuor suo le faceva piacere sapere che lui tenesse così tanto al loro rapporto,
era lo stesso anche per lei, ma non poteva portarla via da una riunione con
tutto lo staff solo perché un esuberante autore l’aveva abbracciata con
trasporto e gratitudine per aver sostenuto il suo romanzo!
<
Ti ho detto di riportarmi indietro. >
<
Non ne ho la minima intenzione. >
Anastasia
trattenne un moto di rabbia, passandosi le mani tra i capelli, gesto che aveva
imparato da su marito e che, effettivamente, l’aiutava a mantenere un certo
contegno.
<
Christian, o mi riporti in ufficio oppure scendo qui e prendo un taxi! >
<
Siamo fermi ad un semaforo e non ci sono taxi nei paraggi. Non hai alternative!
>
Christian
sorrise sarcastico, felice del suo inattaccabile piano di “salvataggio”, ma non
aveva fatto i conti con l’inventiva di sua moglie.
Anastasia
attese che il semaforo diventasse verde. La coda di auto sarebbe ripartita nel
giro di pochi secondi e per lei furono sufficienti per sganciare la cintura di
sicurezza, aprire la portiera e saltare fuori dall’auto. Gli attimi successivi
glieli avrebbe garantiti suo marito stesso, colto di sorpresa da quell’azione
fulminea.
Lui,
infatti, non riuscì a trattenere la sua disobbediente moglie e la vide saltare
sul retro di un vecchio pick-up che, ingranata la prima marcia, proseguì per la
sua direzione, ignorando la presenza di un clandestino nel suo vano posteriore.
Christian
sentì il sangue ribollirgli nelle vene e se fosse stato il personaggio di un
cartone animato, probabilmente, i disegnatori avrebbero dovuto fargli uscire il
fumo dalle orecchie, per sottolineare quanto fosse furioso.
Ignorando
i clacson delle auto dietro la sua, si allungò sul sedile per chiudere la
portiera lasciata aperta da sua moglie, quindi si mise all’inseguimento del
decrepito furgoncino, colpevole solo d’essere stato testimone di una delle
tante liti tra lui e sua moglie.
Anastasia,
intanto, si tirò su, per vedere la reazione di Christian. Di certo non sarebbe
rimasto fermo a far nulla e lei aveva già deciso che, non appena il pick-up si
fosse fermato, sarebbe saltata giù per far disperdere le sue tracce. Aveva
bisogno di mettere della distanza tra lei e suo marito, per non continuare a
litigare per una ragione tanto sciocca.
Ma,
come si suol dire, mai fare i conti senza l’oste!
Anastasia
sapeva che lui l’avrebbe seguita, ma di certo non aveva previsto che avrebbe
rischiato un incidente pur di fermarla.
Nel
giro di pochi minuti, Christian raggiunse e sorpassò il veicolo su cui era
salita lei e subito dopo tagliò la strada all’incredulo autista che, per
evitare l’impatto con la lucida auto sportiva, fu costretto a sterzare di lato
e fermarsi con uno stridio di gomme, mancando per un soffio il muro dello
stabile che dava sulla strada.
L’uomo,
ancora stordito per quell’inspiegabile manovra, rimase seduto al suo posto e
solo dopo alcuni istanti si fece coraggio per affrontare il pirata della strada
che, nel frattempo , era sceso come una furia dalla sua fiammante R8.
Pensava
ce l’avesse con lui, anche se non ne capiva il motivo, per cui rimase ancora
più sorpreso quando lo vide aggirare il suo furgone, cominciare ad armeggiare
con il gancio posteriore e ribaltare il portello.
Lo
sconcerto fu maggiore quando, dal retro, lo vide tirare giù una donna, visibilmente
seccata per quella sosta non prevista.
<
COSA DIAVOLO CREDEVI DI FARE? >
<
Non azzardarti ad inveire contro di me! Tu sei completamente pazzo! Potevi
ammazzarti con quella stupida manovra! >
<
Io ho fatto una stupidaggine? E tu come ti giustifichi? Sei salita sul furgone
di un perfetto estraneo! Poteva portarti ovunque e violentarti! >
<
Ma se non sapeva nemmeno che fossi qui! Sarei salta giù al prossimo semaforo!
>
<
Mettendo di nuovo in pericolo al tua vita! >
<
Sempre meglio che sentire continuamente il tuo fiato sul collo! >
Quell’ultima
frase, detta per rabbia, fu come uno schiaffo per Christian, che fece un passo
indietro, colpito in pieno. Anastasia vide il dolore sul volto del marito e si
pentì subito di quel colpo basso.
<
Christian… >
La
donna si avvicinò all’uomo, in piedi davanti a lei, e gli mise le braccia al
collo.
<
Scusami. Non volevo dire una cosa così. >
<
Però lo pensi. >
Christian
chiuse gli occhi, nel tentativo di assorbire il colpo.
<
Vuoi sapere cosa penso davvero? Penso che tu sia esagerato, penso che tu ti
faccia prendere troppo dalla tua possessività, penso che dovresti fidarti più
di me, ma se c’è una cosa che adoro è sentire il tuo fiato sul mio collo,
specie se siamo da soli, in camera nostra… >
Christian
apprezzò il tentativo di sua moglie per stemperare la tensione che si era
creata tra di loro, ma la rabbia scorreva ancora nelle sue vene.
<
Adesso andiamo a casa. >
<
No, Christian. Io adesso torno in ufficio e non importa se dovrò andarci a
piedi, in taxi o farmi dare un passaggio da questo signore! >
<
Tu credi davvero che ti lascerò andare via così? >
<
Non lo credo, lo pretendo! >
<
Non ho mai promesso di obbedirti > disse lui sibillino, con uno lampo negli
occhi grigi come un temporale estivo.
Con
una mossa rapida, allungò il braccio alle spalle di Anastasia, recuperò un
lungo pezzo di rafia, abbandonato sul cassone del pick-up, e con gesti veloci e
familiari lo annodò sul polso sinistro di sua moglie.
Prima
che lei si rendesse conto di quello che lui stava facendo, Christian annodò
l’altro capo di quell’improvvisato paio di “manette” al proprio polso destro.
<
Cosa credi di fare? >
<
Io vado a casa e qualcosa mi dice che dove andrò io verrai anche tu! >
rispose lui, sollevando il braccio destro che, inevitabilmente, si tirò dietro
quello sinistro di lei, come una marionetta, a sottolineare l’ovvietà della sua
logica.
Anastasia
stava per ribattere quando intervenne l’autista del furgoncino, che nel
frattempo era sceso dal veicolo nel vano tentativo di capire cosa stesse
succedendo.
<
Signora va tutto bene? Vuole che chiami la polizia? > l’uomo si era rivolto
alla giovane donna, ma lo sguardo continuava ad andare da lei, all’uomo che
aveva di fronte ed alla corda che li teneva legati.
Christian
sorrise, tirò fuori il suo BlackBerry, compose il 911, senza premere il tasto
della chiamata, e lo consegnò a sua moglie.
<
Decidi tu. Puoi venire a casa con me oppure denunciarmi alla polizia. Sono
pronto ad andare in galera, pur di impedirti di tornare in ufficio oggi! >
Anastasia
alzò gli occhi al cielo.
Perché
Christian era sempre così categorico? Dov’erano finite le cinquanta sfumature
che avrebbero dovuto aiutarlo a vedere la vita sotto altri punti di vista?
Cancellò
il numero dal display e riconsegnò il telefono a suo marito.
<
Ora puoi slegarmi. Prometto di non scappare. >
<
Non ci penso minimamente! Lo farò a casa… forse. >
Rispose
lui, piccato, quindi cominciò ad avviarsi verso la sua auto, trascinandosi
dietro una moglie sempre più scontrosa.
Passando
accanto al proprietario del furgone Christian si fermò giusto il tempo per
lasciargli il suo biglietto da visita.
<
Mi scusi per la brusca manovra che ho fatto. La prego di contattarmi al più
presto per quantificarmi gli eventuali danni al veicolo ed il disturbo di oggi.
>
L’uomo,
ancora basito, rimase a fissare la coppia che si allontanava a passo deciso.
Una
volta giunti accanto alla R8, Anastasia si impuntò.
<
Se vuoi che salga devi slegarmi il polso! >
In
realtà avrebbe potuto benissimo sciogliere il nodo da sola, in fondo l’altra
mano era libera da vincoli, ma ormai era diventata una questione di principio.
<
Ana, sto davvero per perdere la pazienza come mi hai visto fare poche volte,
per cui smettila di fare la mocciosa e sali su questa dannata macchina! >
Ma
la donna non aveva intenzione di fare un passo.
Esasperato,
Christian non sprecò nemmeno più il fiato. Girò attorno al veicolo, andando dal
lato del guidatore, quindi la spinse con fermezza, prima all’interno dell’auto
quindi sul sedile del passeggero, sempre stando attento a non farle prendere
colpi contro il telaio dell’auto, infine entrò lui, sedendosi a sua volta al
posto di guida.
La
fissò torvo, invitandola a trovare il coraggio di dirgli qualcosa. Lei,
saggiamente, non disse nulla, ma si limitò a voltare lo sguardo verso il
finestrino. Provò anche ad incrociare le braccia sul grembo, ma la necessità di
Christian di scalare le marce col cambio manuale la costrinse ad assecondare i
movimenti fluidi del braccio di suo marito che, in un rigurgito di gentilezza,
ne approfittò per prenderla per mano.
Arrivarono
a casa nel più totale silenzio, interrotto solo dalle chiamate a cui Christian
aveva dovuto rispondere.
Parcheggiata
l’auto nel box restarono fermi alcuni secondi, poi lui prese la parola.
<
Pensi di scendere da sola o ti devo tirare fuori io? >
<
Fallo tu, visto che, a quanto pare, io non sono in grado di fare nulla, secondo
te! >
<
Questo non l’ho mai detto! Ho la più grande stima delle tue capacità! >
<
E allora perché non ti fidi di me e del mio giudizio? >
Lui
si passò la mano libera fra i capelli, quindi scosse la testa e sospirò.
<
Andiamo dentro. >
Anastasia
non si mosse per cui lui, dopo l’ennesimo sbuffo trattenuto, scivolò sul sedile
accanto, sollevandola sulle sue ginocchia, per poi poter uscire dall’abitacolo
portandosela dietro.
Quel
movimento, unito alla rabbia ed alla tensione dell’ultima ora, lo portarono a
desiderare un contatto maggiore e ben più intimo.
Ogni
volta che litigavano dopo aveva bisogno di sapere che le cose si sarebbero
sistemate, che era comunque lui l’uomo che lei desiderava.
Una
volta in piedi, la spinse contro l’auto, aprendole le gambe con un ginocchio, e
premendo la sua erezione contro il fianco di lei.
Sentirla
trattenere il fiato era la risposta che voleva da lei e questa arrivò subito,
insieme ad un piccolo gemito di piacere.
<
Christian, dobbiamo parlare… > riuscì a dire Anastasia, col poco fiato che
le era rimasto dopo quell’attacco seducente.
<
Dopo >
<
Adesso >
<
Ho detto dopo! > e per sottolineare la perentorietà di quell’ordine, dettato
dalla sua esigenza di sentirsi rassicurato, chiuse ogni vertenza bloccandole il
volto con entrambe le mani e premendo le sue labbra contro quelle di lei, dando
vita ad un bacio lungo ed appassionato.
Solo
dopo diverso tempo si staccarono, consapevoli di dipendere fortemente l’uno
dall’altro.
Senza
proferir verbo salirono fino all’ingresso della Big House, tenendosi per mano,
poi, una volta dentro, Christian prese in braccio Anastasia, facendole
incrociare il suo braccio sinistro sul busto, in modo da permettere a lui di
poterla afferrare con una presa salda, e la condusse al piano superiore, nella
loro camera da letto.
<
Hai intenzione di slegarmi? > chiese lei sottovoce.
<
Vuoi che lo faccia? >
<
No >
<
Allora non lo farò. >
Si
sorrisero con complicità, abbandonandosi ad un lungo amplesso che lasciò
entrambi senza forze.
Scaricata
la tensione, rimasero sdraiati a letto, mezzi svestiti e mezzi intrappolati,
col fiato corto ed il cuore più leggero per la ritrovata armonia.
<
Ho bisogno del bagno. > disse lei, alzando simbolicamente il braccio per
fargli capire quale fosse il problema.
Christian
sorrise, poi sciolse il nodo che circondava il polso di sua moglie.
<
Perché non ti sei liberata di me prima, quando eravamo in strada? Avresti
potuto farlo in qualsiasi momento. >
<
Primo perché non ero sicura che tu me l’avresti permesso e poi perché volevo
che fossi tu a farlo. Devi fidarti di me. >
<
Io mi fido ciecamente di te. È degli altri che non mi fido! >
<
Ma non puoi tenermi sotto una campana di vetro per paura che qualcuno mi tocchi,
Christian! >
<
Ma… >
Anastasia
appoggiò la mano sinistra sulle labbra di lui, per farlo desistere.
<
Non puoi tenermi fuori dal mondo per paura che qualcuno mi tocchi. So
difendermi e so che posso sempre contare su di te, ma tu devi darmi spazio per
prendere le mie decisioni, senza interferire. >
<
L’ho fatto di nuovo, vero? > disse
lui, sinceramente mortificato per aver reagito in modo così eccessivo per una
sua paura.
<
Sì, l’hai rifatto, ma sei migliorato. >
<
Davvero? >
<
Certo! Anni fa mi avresti portata nella stanza rossa e mi avresti punita con
una sonora sculacciata. Oggi sono stata travolta dalla tua passione. Stiamo
facendo progressi! > rispose lei, ridendo.
<
Non provocarmi. Vorrei ancora sculacciarti per essere salta dentro a quel
pick-up! M’è venuto un colpo quando sei scomparsa! >
<
Se smetterai di darmi il tormento, ti permetterò di sculacciarmi, una di queste
sere! > disse lei maliziosamente.
<
E da quando mi serve il tuo permesso per farlo? Se non ricordo male alcuni
giorni fa ho avuto il piacere di un incontro ravvicinato col tuo bel
fondoschiena! > rispose lui scherzosamente, passando delicatamente una mano
sulla parte anatomica incriminata, ma fu ricambiato dallo sguardo sconvolto di
sua moglie.
<
Ana? Che succede? Ho detto qualcosa che ti ha offesa? >
<
Christian! Il mio braccialetto! >
<
Cosa? Di che parli? >
Ma
Anastasia si era già alzata e stava guardandosi intorno alla ricerca del suo
prezioso monile.
<
Il braccialetto che mi hai regalato in viaggio di nozze! Lo porto sempre ed ora
non c’è più! >
<
Non preoccuparti, sarà qui in giro. Salterà fuori quando meno te l’aspetti.
>
<
No! Aveva l’allacciatura difettosa, perché Teddy, senza volere, l’aveva tirato,
qualche giorno fa. Volevo portarlo in oreficeria, ma me ne sono dimenticata. Oh,
no, l’ho perso! >
Anastasia
era avvilita e Christian si alzò subito per prenderla fra le braccia e darle
conforto.
<
Te ne prendo un altro. Non è un problema! >
<
Ma io non ne voglio uno nuovo. Voglio il mio! Quello che mi hai preso a Nizza, quello
che s’è impigliato nella tua maglietta quando sei partito per New York il mese
scorso, come se non volesse separarsi da te, quello che mi fa pensare a te
quando tu non sei con me! >
Una
lacrima triste scivolò lungo il volto di Anastasia e Christian la baciò via con
dolcezza.
<
Ti porterò di nuovo a Nizza e te ne prenderò un altro. Costruiremo nuovi
ricordi e diventerà un nuovo simbolo per noi. Te lo prometto! >
Anastasia
si lasciò cullare dalle braccia calde e forti di suo marito, quindi sospirò.
Se
davvero l’aveva perso in casa sarebbe saltato fuori, ma il dubbio d’averlo smarrito
in strada, durante la lite di quel mattino, impedì alla speranza di farsi
strada nel suo cuore.
Cap. 2
* Quella stessa sera,
dall’altra parte della città *
<
Zac? Sei in casa? >
<
mmm… >
<
Avanti Zac, alzati da quel divano e vieni ad aiutarmi. C’è da scaricare il
furgone e sai che da solo faccio fatica! >
<
Ok, ok, arrivo! Basta che la smetti di lamentarti! Che palle! >
Zachary,
sedicenne senza scopo nella vita, si alzò a fatica dal divano, dove aveva poltrito
per quasi tutto il giorno, per andare ad aiutare suo nonno.
Mentre
lavoravano, l’uomo più adulto cercò di intavolare una conversazione, per
distogliere il nipote dall’apatia che l’aveva colpito dopo la morte improvvisa
dei genitori.
<
Non crederai a cosa mi è successo oggi! >
<
… >
<
Ero fermo ad un semaforo ed una tizia è salita dietro al furgone per scappare
da un uomo. Lui però mi ha inseguito e mi ha quasi speronato pur di fermarmi.
Poi l’ha tirata giù dal pick-up e se l’è portata via, legandosela al polso!
>
<
Ma che cazzate vai dicendo? >
<
Giuro che è tutto vero! Lui mi ha anche dato il suo biglietto da visita, perché
pensava d’avermi segnato il furgone, ma in realtà non è successo niente. Spero
solo che la donna stia bene. Non mi è sembrato che lui volesse farle del male e
lei non ha nemmeno voluto sporgere denuncia. >
Il
tentativo di instaurare un dialogo, seppure inconsistente, cadde nel vuoto,
finché il giovane non fece un fischio acuto da dietro il furgone.
<
Cazzarola! E questo da dove viene? >
<
Di che cosa stai parlando? >
<
Guarda nonno! Guarda cos’ho trovato! >
Il
ragazzo saltò agilmente dal retro del pick-up sul selciato, poi mostrò il suo
bottino.
Fra
le mani stringeva un braccialetto di
indubbio valore, tempestato di diamanti e di una bellezza incredibile.
<
Questo sì che cambia la giornata! Deve valere una fortuna! >
<
Fammi vedere > disse l’uomo, facendosi consegnare il gioiello.
Gli
bastarono pochi istanti per capire che era davvero un oggetto prezioso.
<
Deve averlo perso la donna che s’è intrufolata sul furgone. Dobbiamo restituirglielo.
>
<
Cosa? Sei pazzo? Con quello ci sistemiamo per almeno un anno! Varrà ventimila
dollari, se non di più! >
<
Non è nostro. Non possiamo tenerlo! >
<
Ma se non sai nemmeno il suo nome! Di sicuro è una di quelle annoiate mogli
trofeo di ricconi sfondati. Scommetto che lui era un vecchio bavoso, pelato e
con la pancia, mentre lei una figa bionda da paura con le tette rifatte ed un
canotto al posto della bocca! >
<
Prima di tutto non è onesto tenerlo, indipendentemente da quello che pensi tu, perché
non è nostro. Secondo, lui era un bel giovanotto e lei era una donna graziosa e
minuta, non una di quelle bambole tutte silicone. Terzo, non conosco lei, ma
posso trovare lui, perché ho il suo biglietto da visita. >
<
Uffa! Che rompicoglioni che sei! >
<
E quarto, smettila d’essere sempre così sboccato! Non lo sopporto e lo sai
bene! Sai quanto tua madre ci teneva alla tua educazione! >
<
Non parlarmi di lei. Lasciala dov’è! >
Il
ragazzo prese il suo skate, infilò gli auricolari del suo mp3 nelle orecchie,
quindi andò via, lasciando suo nonno a sbrigare le ultime cose.
Billy
Colby scosse la testa, poi rientrò in casa.
Mr
Colby, di poco più di sessant’anni, aveva molti acciacchi, dovuti al lavoro che
svolgeva da più di quarant’anni, ma la testa era lucida.
Una
volta raggiunta la cucina, appoggiò il biglietto da visita di tale “Christian
Grey amministratore delegato Grey Enterprises Holdings Inc.” sul piano di
lavoro, quindi cominciò a preparare la cena.
La
tentazione di tenere quel monile di diamanti era forte, vista anche la sua
precaria situazione economica, ma la sua coscienza non gliel’avrebbe permesso.
L’indomani
avrebbe chiamato per sapere il nome della donna e poterle restituire il braccialetto.
Chissà, forse sarebbe stata così gentile da riconoscergli un piccolo
controvalore in denaro.
Dopo
un’ora Zac fece ritorno a casa e, come sempre, si limitò a sedersi a tavola ed
a consumare il suo pasto, senza una preghiera di ringraziamento verso suo nonno
e senza proferir parola.
Solo
verso la fine del pasto gli cascò l’occhio sul biglietto da visita, sobrio ed
elegante, appoggiato sul ripiano. Trasudava potere e ricchezza solo a guardarlo
ed a tenerlo in mano, stampato con una grafia elegante, su carta fine ma non
pretenziosa.
<
Christian Grey? L’uomo che hai incrociato oggi era Christian Grey in persona?
>
<
Lo conosci? >
<
Cazzo, nonno! È uno degli uomini più ricchi di Seattle! Ma che dico? Di tutta America!
>
<
Davvero? >
<
Che macchina guidava? >
<
Un’Audi sportiva, bassa, nera. Non ho visto il modello >
<
Di sicuro una R8! Sai cosa vuol dire questo? >
<
Cosa? >
<
Che il braccialetto ce lo possiamo tenere senza farci troppe paranoie! Lui può
comprarsi una miniera di diamanti! >
<
No, non lo terremo. Domani lo chiamo e glielo restituisco. >
<
Che palle! Sei un vecchio rompicoglioni! Credo sia sposato…Magari la donna era
la sua amante e lui negherà che sia suo pur di non farsi compromettere.
>
Zac
si alzò da tavola, senza aggiungere altro, poi si sdraiò sul modesto divano per
consultare qualche sito internet col suo portatile, mentre suo nonno si mise a
sparecchiare ed a lavare i piatti sporchi.
<
Era questa la donna? >
Il
giovane era andato a curiosare su un sito di gossip le immagini relative a Mr e
Mrs Grey. Si alzò per far vedere a suo nonno alcune fotografie che ritraevano
Christian ed Anastasia, belli ed eleganti come sempre.
<
Sì! Era proprio lei! >
<
Si chiama Anastasia, è sua moglie e, guarda un po’, lavora alla Grey
Publishing, di cui è il direttore. Sarà un’oca senza cervello che il marito
tiene lì solo perché gli scalda il letto! >
<
Non importa. Domani mattina andrò direttamente alla Grey Publishing e le
renderò il braccialetto. Se vuoi venire con me forse è la volta buona che ti
alzi prima di mezzogiorno e vedi come gira il mondo >
<
Col cazzo! Domattina me ne resterò a letto! > rispose maleducatamente il
giovane.
Cap. 3
<
Ana? >
<
Dimmi, Hannah. >
<
C’è un certo Mr Colby che chiede di poter parlare con te. >
<
Non conosco nessun Mr Colby... è un nuovo autore? >
<
No. Gli ho chiesto il motivo della visita ma lui dice che è una questione
personale ed insiste nel voler parlare solo ed esclusivamente con Mrs Grey.
Sawyer ha già verificato i documenti ed ha confermato la sua identità. >
<
Ok, fallo entrare. Fra poco arriverà Christian, dobbiamo andare fuori a pranzo,
mi fai uno squillo quando arriva? >
<
Certamente, Ana. >
Dopo
pochi secondi un uomo, non vecchi,o ma col volto segnato dalla fatica e dal
dolore, bussò alla porta dell’ufficio di Anastasia.
<
Avanti. >
<
Permesso? >
<
Buongiorno Mr Colby, come posso aiutarla? >
Anastasia
gli si avvicinò, allungando una mano che lui strinse con cortesia.
<
Ecco, signora, io ho trovato una cosa che credo le appartenga. > e da
una tasca della modesta giacca da lavoro tirò fuori il braccialetto, avvolto in
un fazzoletto di stoffa profumato di lavanda.
<
Oddio! Non ci credo! Il mio braccialetto! >
Anastasia
si commosse all’istante, prendendo fra le mani il suo tesoro e guardandolo con
affetto.
<
Ero disperata per averlo perso! Me l’ha regalato mio marito, in viaggio di
nozze, ma ha il gancio difettoso… Oddio! Non posso crederci! L’ha trovato! Ma
come ha capito che era mio? E come ha fatto a trovarmi? >
<
Io non ho fatto niente di che. Sono contento che sia tornato al suo legittimo
proprietario e sono felice di vedere che l’uomo che era con lei ieri non l’ha maltrattata…
>
Solo
in quel momento Anastasia si rese conto di chi fosse il suo interlocutore.
<
Ma lei è il signore del pick-up! >
<
Sì, sono io. >
<
Mi scusi ancora per la sceneggiata a cui ha dovuto assistere. Mio marito tende
a farsi prendere un po’ dal momento, ma è una bravissima persona, mi creda!
>
<
Non lo metto in dubbio, specialmente ora che la vedo in buona salute, qui
davanti a me, ma devo ammettere che ieri ho avuto qualche remora a lasciarla
andare via con lui… >
<
Credeva che l’avrei picchiata? > chiese una profonda voce maschile, molto
sensuale e divertita.
La
porta dell’ufficio di Anastasia era rimasta aperta e Christian aveva avuto modo
di sentire le ultime battute scambiate da sua moglie con il proprietario del
pick-up, parcheggiato davanti alla Grey Publishing, che lui aveva riconosciuto.
<
Oh, buongiorno Mr Grey! >
<
Buongiorno a lei, Mr…? >
<
Colby. Billy Colby. >
<
Mi scuso ancora per il mio comportamento inqualificabile di ieri, Mr Colby, ma
mia moglie tende a tirare fuori il mio lato peggiore… >
Il
rimprovero di Christian fu stemperato dal sorriso che fece ad Anastasia, che si
avvicinò a lui, allungando il braccio sinistro.
<
Guarda! Mi ha riportato il braccialetto! L’avevo perso nel furgone. >
<
Amore! Sono lieto che tu l’abbia ritrovato. Però a Nizza ci torniamo lo stesso!
> rispose Christian con dolcezza, sinceramente felice del ritrovamento, nel
vedere il sollievo sul volto di sua moglie.
Poi
si rivolse di nuovo all’uomo che si stava guardando intorno, pur di non
invadere la loro privacy.
<
Mr Colby, come posso sdebitarmi? >
<
Oh, bhè… non fa niente. È stato un piacere. >
<
La prego, mi sembra doveroso! E poi non mi ha ancora quantificato i danni di
ieri. La mia assicurazione pagherà ogni intervento necessario al suo furgone, senza
protestare. Li chiamerò io stesso per assicurarmene. >
<
No, davvero. Non ho subito danni. Non mi deve nulla. >
<
Ma… >
<
Davvero Mr Grey. Sono felice che stiate bene e che la pace sia tornata fra di
voi. Non ho bisogno di altro. >
Christian
sorrise, sinceramente colpito dalla modestia e dalla dignità che
contraddistingueva quell’uomo. Seguendo lo sguardo di Billy, lo vide fissare la
fotografia che incorniciava i suoi due bambini, ritratti in uno dei tanti
momenti di gioco nel prato di casa Grey.
<
Sono i vostri figli? >
<
Sì. Hanno cinque e tre anni. Io e mia moglie litighiamo quasi tutti i giorni,
ma a quanto pare ogni tanto andiamo anche d’accordo! > disse scherzosamente
Christian, abbracciando sua moglie.
<
Siete una bella famiglia. >
<
Facciamo del nostro meglio. Non è facile, perché hanno quell’età che, se non
hai occhi ovunque, ti scappano dappertutto, ma sono meravigliosi! > aggiunse
Anastasia, sorridendo.
<
Non me ne parli! Ho un nipote di sedici anni che mi fa dannare l’anima! >
<
I nonni hanno la fortuna che i nipoti, a fine giornata, se ne tornano a casa
loro… o almeno questo è quello che sostiene mia suocera! >
<
Era così fino a qualche tempo fa, poi però i genitori di Zac sono morti ed ora
lui vive con me. >
<
Mi dispiace. Scusi se sono stata insensibile. > disse Anastasia,
mortificata.
<
Lei non poteva saperlo e non deve scusarsi. Non è stata colpa di nessuno. Una
fuga di gas... Per fortuna Zac era fuori con i suoi amici, sennò sarebbe morto
anche lui… >
L’uomo
sospirò piano, poi alzò di nuovo lo sguardo sui suoi interlocutori.
<
Ora è bene che vada, devo fare alcune commissioni ed ho parcheggiato in sosta
vietata. >
Christian
ed Anastasia uscirono insieme all’uomo, diretti verso un locale dove erano
soliti consumare il loro pasto, durante la pausa pranzo, ed assistettero allo
sconforto che prese l’uomo quando vide la multa sul parabrezza del pick-up e le
ganasce alle ruote.
<
Oh no! Questa non mi ci voleva proprio! >
<
È colpa mia, l’ho trattenuta con le mie chiacchiere. > disse Anastasia, con
tono colpevole e pentito.
<
No, signora, sono io che ho parcheggiato dove non dovevo. >
Christian,
rimasto in silenzio fino a quel momento, si allontanò di qualche passo, poi
prese in mano il suo immancabile Blackberry e fece una chiamata. Subito dopo si
avvicinò a sua moglie e disse a Mr Colby:
<
Sta venendo qui un mio collaboratore insieme ad un agente che toglierà le
ganasce al più presto. Nel frattempo perché non si unisce a noi? Stavamo
andando a pranzo. >
<
Com’è possibile? Non possono avermi tolto la multa, me la meritavo! >
<
Ho parlato con una persona che conosco. Ha ragione, la multa non la possiamo
togliere, ma ho già dato disposizioni per il pagamento. Era il minimo che
potessi fare dopo la sua gentile visita di oggi. >
<
Ma Mr Grey io… >
<
La prego, Mr Colby. Per me è stato un piacere poter ricambiare almeno in parte
la sua generosità di cuore. Ora non accetto un no al mio invito a pranzo. Ha
visto cosa sono capace di fare, se una persona non fa quello che dico. Non
dovrò legare anche lei al mio braccio e trascinarla al ristorante, vero? >
disse Christian sorridendo, facendo chiaramente riferimento all’episodio del
giorno prima.
L’uomo,
visibilmente sollevato, acconsentì ed i tre adulti si allontanarono per recarsi
al locale prescelto. Durante tutto il pranzo parlarono delle rispettive
famiglie, del lavoro, dei casi della vita.
Fu
così che Christian ed Anastasia scoprirono che Mr Colby era un idraulico, che
era rimasto vedovo da alcuni anni e che suo figlio e sua nuora erano morti nel
sonno, a causa di una fuga di gas nella loro casa.
Il
nipote, Zachary, di sedici anni, era rimasto molto ferito da quel lutto e la
rabbia la stava riversando su suo nonno, colpevole d’essere il suo unico
parente in vita e di essere sopravvissuto a suo figlio.
<
Non vuole più andare a scuola. Esce con dei ragazzi poco raccomandabili, torna
a casa ubriaco o pieno di lividi per le botte. Sono così preoccupato per lui!
Io non vivrò in eterno. Cosa farà quel ragazzo se nessuno riesce a dargli una
dritta? E d’altro canto, chi mai vorrebbe assumere uno scapestrato alle sue
dipendenze? Io ho provato ad insegnargli il mio mestiere ma, a quanto pare, non
fa per lui. >
<
Che passioni ha? C’è qualcosa che gli possa interessare? > chiese Anastasia.
<
Fosse per lui passerebbe il tempo a dormire ed al computer. I pochi soldi che
racimola li spende in diavolerie elettroniche. Temo anche che alcune delle cose
che ha le abbia rubate o estorte con la violenza a qualche malcapitato… >
L’uomo
si passò la mani sugli occhi, stropicciandoli, sperando, inutilmente, con quel
gesto, di togliere qualche pensiero di troppo.
<
Credo di sapere che cosa passa per la testa del suo ragazzo. Io ero esattamente
come lui, da giovane. Perché non lo manda da me? Forse so cosa ci vuole, per
raddrizzarlo. > disse di punto in bianco Christian.
Anastasia
sputò l’acqua che stava bevendo, tossendo a più riprese.
<
Christian! Che cosa credi di fare? Non vorrai mica chiedere a Mrs Robinson…
>
Gli
occhi allarmati di Anastasia si fissarono su quelli strabuzzati per la sorpresa
di Christian, che sbuffò sonoramente.
<
Ma per chi mi hai preso? Certo che no, Ana! Ho in mente un’altra cosa, adatta
ad uno della sua età. > disse Christian, esasperato dall’insinuazione di sua
moglie.
<
Scusa. > rispose lei, mortificata, per aver preso anche solo in
considerazione una cosa del genere.
Christian
si rivolse nuovamente a Mr Colby, cercando di spiegare quali progetti avesse in
mente per suo nipote.
<
Domani mattina, alle nove, gli dica di presentarsi alla Grey Enterprises e di
chiedere di me. Lo accompagnerò personalmente nell’ufficio del mio responsabile
informatico. C’è sempre bisogno di giovani svelti con quelle che lei chiama
diavolerie elettroniche. Gli farò fare uno stage e, se dimostrerà la giusta
inclinazione, posso pagargli un corso avanzato. Sono sicuro che troveremo il
modo di impiegarlo e tenerlo fuori dai guai. >
<
Io non so davvero cosa dire… >
<
Dica solo che è d’accordo. >
Terminato
il pasto i tre tornarono davanti alla sede della Grey Publishing, dove Mr Colby
poté riprendere possesso del suo vecchio pick-up, dove Anastasia poté
continuare il suo lavoro e dove Christian poté recuperare la sua auto per tornare
in ufficio, ma non prima d’essersi fermato dall’orefice per lasciare il
braccialetto di sua moglie in riparazione.
Quella
sera Anastasia dovette sorbirsi una qualche sculacciata da parte di suo marito,
per aver anche solo pensato che lui volesse proporre a Zachary una sessione di
sesso sadomaso con Elena. La cosa però fu più piacevole del previsto e presto
le sculacciate diventarono calde carezze, piene d’amore e di venerazione.
Cap. 4
Il
giorno dopo Christian attese fino alle undici, prima che Zachary Colby si
degnasse di farsi vedere presso il suo ufficio.
<
Buongiorno e ben arrivato, Zachary. Lieto di conoscerti. > disse Christian,
con un finto sorriso sulle labbra ben scolpite ed allungando una mano per
stringere quella del giovane.
<
Posso chiederti a che ora ti era stato detto di presentarti qui? > proseguì
mellifluo.
<
Non me lo ricordo > rispose il giovane, con sguardo strafottente.
<
Davvero? E non hai pensato di chiamare per informarti? >
Zachary
non rispose e continuò ad osservare con malcelata supponenza l’arredamento
dell’ufficio di Christian.
<
Me l’immaginavo più pomposo. Tu sei uno degli uomini più ricchi d’America,
potresti avere un una scrivania d’oro! Il panorama però è bello. > disse,
guardando la skyline al di là del vetro.
Christian
contò fino a dieci, cercando di non raccogliere la provocazione sfrontata del
giovane, e per un momento si chiese se sua moglie non ci avesse visto giusto.
Una strigliata di Mrs Robinson non gli avrebbe di certo fatto male!
Scacciò
subito quel pensiero, prima che prendesse troppa forma nella sua mente, che,
però, gli fece venire in mente un’altra idea.
<
La classe non si compra, Mr Colby, così come la buona educazione e la dignità.
Tuo nonno ha riposto molte speranze in te. Non credi sia giunto il momento di darsi
da fare? >
<
Non sono cazzi tuoi. >
<
Questo è tutto da vedere. Vieni con me. >
Christian
si avviò verso l’ascensore in fondo al corridoio e Zachary lo seguì, curioso di
capire perché Mr Grey non lo avesse già scacciato in malo modo, per il suo
ritardo assurdo, e scoprire che cosa quell’uomo ricco sfondato avesse in serbo
per lui.
Scesero
fino al piano terra. Christian non si preoccupò di verificare se Zac fosse
dietro di lui o meno, ma dentro di se sapeva che il giovane lo avrebbe seguito.
Arrivati
in un corridoio ben illuminato, il ricco imprenditore aprì una porta, attese
che anche Zachary entrasse, quindi cominciò a spogliarsi.
Zac
rimase di stucco ed innalzò immediatamente una barriera difensiva.
<
Lo sapevo! Sei un succhiacazzi! Vaffanculo! Io non mi faccio inculare da te,
chiaro? Nemmeno per tutti i tuoi fottutissimi soldi! >
Christian
non rispose, continuando a togliersi con metodo il suo bel completo firmato ed
appoggiandolo, ben ripiegato, sopra una panca bianca, addossata ad una delle pareti.
Rimasto
solo in boxer, prese una sacca da uno degli armadietti che si trovavano alle
sue spalle ed indossò un paio di pantaloni da tuta.
<
Ad occhio, tu devi avere una taglia in meno della mia, per cui ti saranno un
po’ larghi, ma sono puliti. Tieni. >
E
così dicendo allungò a Zac un secondo paio di pantaloni ed una maglietta.
<
Che cazzo dovrei farci? Io non sono un frocio come te! >
<
Fa un po’ quel cazzo che ti pare. >
Rispose
Christian e, senza scomporsi, uscì dallo spogliatoio.
Zachary
buttò gli indumenti sopra una panca accanto a lui; rimase lì, in attesa di
capire cosa fosse meglio fare. Doveva restare? Poteva andarsene? Alla fine
decise di guardarsi intorno. Uscì dallo spogliatoio e raggiunse un’ambiente da
dove si sentivano provenire delle grida e dei versi strani.
Aprì
una porta e si ritrovò in una delle palestre più moderne ed attrezzate che
avesse mai visto.
C’erano
alcune persone intente a fare pesi e ginnastica con degli attrezzi, tappetini
per fare yoga, aree per il corpo libero e poi, in fondo, vide un ring, su cui
Christian Grey stava facendo riscaldamento con un atletico uomo che, immaginò,
fosse il suo istruttore.
Si
avvicinò al quadrato e rimase a guardare per un po’ i due che lottavano con
foga, nel rispetto delle regole.
A
metà di un incontro, l’istruttore si fermò e guardò Zachary.
<
Sali quassù e fammi vedere di che pasta sei fatto. >
<
Tuo nonno dice che sei bravo a menar le mani. Vediamo se riesci a colpirmi
almeno una volta! > rincarò Christian, lanciandogli una sfida che non poteva
rifiutare.
Zac
salì sul ring, con l’arroganza di chi crede che i pugni dati in strada siano
più efficaci di quelli insegnati da un damerino in tuta firmata.
Convinto
che la miglior difesa fosse l’attacco, partì a testa bassa, colpendo…il nulla!
Mr
Grey era veloce, aggraziato e molto ben allenato. Sembrava un felino nell’arena
e Zac si rese conto subito d’essere il povero cristiano mandato a morire.
Assestò
un paio di pugni, solo per gentile concessione di Mr Grey, ma per il resto le
prese di santa ragione.
Nei
momenti di pausa, in cui poteva riprendere fiato, il personal trainer, che
aveva scoperto chiamarsi Claude, gli diede diverse indicazioni, su come
mantenere la postura, la difesa alta piuttosto che bassa, gli affondi fatti in
un certo modo, lo sguardo dritto e fiero ma, soprattutto, il rispetto delle
regole e la disciplina.
Alla
fine dell’allenamento Christian andò a fare una doccia ed a rivestirsi, mentre
lui rimase qualche tempo ancora sul ring insieme a Bastienne.
Quando
i due si recarono nello spogliatoio, Claude non poté che apostrofare il giovane
talento.
<
La prossima volta vedi di indossare una tenuta più adatta. I jeans non sono
certo l’ideale per fare un allenamento come si deve. >
Zachary
incassò il colpo e, per la prima volta da diverso tempo, accettò di buon grado
il rimprovero, essendo più che meritato.
Una
volta tornati al ventesimo piano, Christian, fresco di doccia ed impeccabile
nel suo completo di alta sartoria, riprese il suo lavoro, mentre Zac, costretto
ad indossare la tuta pulita che Mr Grey gli aveva offerto in precedenza, dopo
aver fatto a sua volta una doccia, rimase nella reception antistante,
aspettando istruzioni.
<
Vai a pranzo, poi torna qui fra un’ora…e vedi d’essere puntuale, questa volta.
Dovrai sederti su quel divano ed aspettare mie indicazioni. Chiaro? >
Lo
sguardo di Christian non accettava repliche, per cui Zac si limitò ad annuire.
Un’ora
dopo di Zachary non c’era nemmeno l’ombra. Christian alzò gli occhi al cielo,
ma non ne fu davvero sorpreso.
Il
ragazzo si presentò con quaranta minuti di ritardo, adducendo come scusa d’aver
incontrato dei suoi amici ed aver perso il senso del tempo.
Christian
non si scompose. Si limitò ad indicargli il divano.
<
Resta lì ed aspetta mie istruzioni. >
Zachary
si sedette.
Dopo
una mezz’ora si alzò per andare a prendere un bicchiere d’acqua.
Quaranti
minuti più tardi fece il giro del corridoio.
Dopo
altri cinquanta minuti gli sembrava di friggere. Si annoiava a morte.
Cominciò
a sbuffare quindi si rialzò ed andò ad appoggiarsi coi gomiti sulla scrivania
di Andrea, l’assistente personale di Mr Grey, cercando di flirtare un po’ con
lei, anche se era decisamente troppo grande per lui.
La
bionda non si lasciò lusingare e lo invitò a riaccomodarsi sul divano.
Verso
le cinque di sera Christian uscì dal suo ufficio e lo chiamò a rapporto.
<
Sei rimasto lì tutto il tempo, come ti avevo detto? >
<
Sì, certo! >
<
Non ti sei mai alzato? Non sei andato in bagno? Non hai fatto nemmeno due passi
lungo il corridoio? >
Incalzò
Mr Grey, conoscendo già le risposte a queste sue domande.
<
Certo che mi sono sgranchito le gambe e, se ci tieni a saperlo, sono andato
anche a bere un bicchiere d’acqua. Ma ero qui fuori, come mi hai detto tu. >
<
No, Zac. Io ti avevo detto di restare seduto sul divano e tu saresti dovuto
restare lì, come da istruzioni. Se non sai seguire un’indicazione così facile,
come posso affidarti un lavoro più impegnativo? >
<
Ma Mr Grey… >
<
Ora puoi andare a casa. Ci vediamo domani mattina. Alle nove. Se pensi di
presentarti più tardi non prenderti il disturbo di venire. Non tollererò
ulteriori ritardi da parte tua. >
Christian
tornò nel suo ufficio e Zac rimase qualche minuto lì fuori, in attesa di capire
cosa fosse successo.
Quella
mattina aveva sperato di farsi sbattere fuori subito, in modo da poter tornare
al suo dolce far niente. Dopo l’allenamento aveva intravisto la possibilità di
una novità gradita, ma il pomeriggio era stato allucinante.
Che
cosa ci si aspettava da lui?
L’indomani
decise di dare una seconda possibilità a quell’eccentrico miliardario. In fondo, e questo bisognava dargliene atto,
Mr Grey era riuscito a costruire un impero stratosferico…forse quell’uomo poteva
insegnargli qualcosa di interessante.
Una
volta giunto a casa, Christian si lasciò abbracciare forte dai suoi due figli,
ma fu ancora più felice qualche ora dopo, quando a stringerlo furono le braccia
e le gambe di sua moglie.
<
Oddio, Ana… sei meravigliosa! >
<
Christian, non parlare e baciami! >
<
Sei esigente, questa sera… >
<
Sì, e se tu non la smetti di stuzzicarmi, mi rivesto! >
<
E come faresti? Le fascette stringi-cavo sono troppo strette, non puoi
liberarti, senza il mio aiuto… >
<
Oh, sei diabolico! Adesso smettila e datti da fare! Ho bisogno di sentirti
dentro di me. >
<
Come sei prepotente, moglie mia. >
Disse
l’uomo, sorridendole con amore.
<
Perché ti amo ed ho bisogno di te, Mr Grey! >
<
Anche io ti amo ed ho bisogno di te, Mrs Grey… >
Tacitando
ogni ulteriore polemica, Christian sigillò la bocca di sua moglie con la sua,
quindi cominciò a muovere il bacino, affondando in lei, perdendosi nel suo
paradiso femminile, gustando ogni singolo gemito, ogni più piccola e dolce
espressione del suo viso.
Quando
entrambi furono appagati, restarono sdraiati a lungo, abbracciati, accarezzandosi
con l’indolenza dell’estasi.
<
Non mi hai raccontato com’è andata con
il nipote di Mr Colby. >
<
Zac? È un bel soggettino. S’è presentato con un ritardo mostruoso, poi ha
sclerato un po’. L’unica cosa che sono riuscito a fargli fare e che pare
l’abbia interessato è stato un allenamento con Claude. >
<
Per il resto della giornata cos’ha fatto? >
<
Ho cercato di insegnargli un po’ di
disciplina. >
<
Non l’avrai mica sculacciato?! >
<
Ana! Ma per chi mi hai preso? Certo che no! >
<
Scherzavo! >
Anastasia
si morse la lingua, fingendo rammarico, e Christian alzò gli occhi al cielo.
<
Sei tremenda, Mrs Grey! >
<
Ho imparato da te! >
Andarono
avanti ancora per un pò, raccontandosi le rispettive giornate e stuzzicandosi a
vicenda, finché Christian non decise che il tempo per parlare fosse scaduto. A
quel punto l’unico rumore che si diffuse nella loro camera furono i respiri
accelerati e la testata del letto che colpiva la parete.
Cap. 5
Pochi
minuti prima delle nove Christian ebbe la soddisfazione di vedere Zachary
varcare la soglia dell’ascensore del ventesimo piano.
<
Sono qui. >
<
Lo vedo. Non credi sia il caso di salutare con educazione? >
I
due si guardarono con aria di sfida, ma il primo ad abbassare gli occhi fu Zac.
<
Buongiorno, Mr Grey. >
<
Buongiorno Zachary. Vai a sederti sul divano e resta lì, fino a mio ordine. Se
necessiti di qualcosa chiedi ad Andrea. >
Per
tutta la mattina Zachary fu tentato di disobbedire ed alzarsi, invece, alla
fine, restò fermo al suo posto, ascoltando le chiacchiere di corridoio e
facendosi un’idea dei diversi ruoli.
Verso
mezzogiorno, Christian uscì dall’ufficio. Non gli chiese se fosse stato al suo
posto, perché ne era sicuro. Gli fece cenno di seguirlo e fecero una sessione
di kick-boxing, esattamente come il giorno precedente. Questa volta Zac s’era
portato da casa la sua sacca della palestra ed indossò un abbigliamento consono,
e Christian ne fu soddisfatto. Il ragazzo cominciava a capire l’ordine delle
cose.
Il
pomeriggio proseguì esattamente come la mattina.
I
nervi di Zac furono messi a dura prova, ma il giovane resistette e non si fece
mai trovare in difetto.
Alle
cinque del pomeriggio Mr Grey lo chiamò nel suo ufficio.
<
Com’è andata la giornata? >
<
Mi sono annoiato a morte. Se domani non mi metti a fare qualcosa, credo che me
ne andrò per i fatti miei e nessuno potrebbe farmene una colpa. Mi sento un
coglione, là fuori a far niente! >
<
Mi stai dicendo che non hai imparato niente? >
<
Niente di utile. Solo chiacchiere di comari. >
<
Ed allora perché non ti sei alzato per andare a fare un giro? >
<
Ma ci sei o ci fai? Non mi sono mosso perché tu mi avevi detto di stare qui!
>
<
Appunto. >
Christian
sorrise sornione ed in quel momento Zachary ebbe chiaramente idea del
machiavellico piano di Mr Grey per insegnargli un po’ di disciplina.
Storse
la bocca, suo malgrado, riconoscendogli il merito.
<
Touché. >
Il
ragazzo era sveglio ed imparava in fretta. Aveva molte possibilità di fare
qualcosa di buono, una volta tolto lo strato di risentimento che lo ricopriva
già da troppo tempo.
<
Domani ti metto in affiancamento al mio responsabile informatico. Tuo nonno mi
ha detto che ti piace tutto ciò che riguarda i computer. >
Gli
occhi di Zachary si illuminarono di entusiasmo.
<
Sarebbe stupendo! >
<
Bene. Ora aggiornami un po’ sulle chiacchiere di comari che hai sentito in
corridoio. >
<
Una tipa dell’ufficio amministrativo, credo si chiami Corinne, ha comprato
delle scarpe da ottocento dollari ed ha detto a suo marito d’averli persi, per
non ammettere la spesa folle. Brandy, la stagista che affianca Andrea, ha
deciso di farsi mora. Dice che tu non potrai resisterle, una volta che si sarà
fatta scura di capelli, e che mollerai tua moglie per sposare lei. Ha anche intenzione
di farsi mettere incinta al più presto da te, tanto per essere sicura. Il ragazzo
delle consegne soffre di flatulenze, mentre Andrea ha litigato col fidanzato ed
è preoccupata. Te ne sei accorto anche tu, perché ieri ha fatto un po’ di
casini, con le chiamate, ma, a sua discolpa, ti confermo che ha la testa
altrove. A quanto pare ha un ritardo di otto giorni e sta andando nel panico.
>
<
Caspita! Forse dovrei affidarti il monitoraggio del piano. Sei sveglio e fai
molta attenzione ai dettagli. >
<
A scuola mi bastava stare attento in classe per riuscire a passare le
interrogazioni senza nemmeno aprire i libri. >
<
Ottimo. Credo che ti troverai bene qui…a parte per le flatulenze del fattorino!
>
Christian
e Zachary si misero a ridere.
<
Posso chiederti una cosa? > domandò il giovane.
<
Certo. >
<
Cosa farai con Brandy, Andrea e le altre persone? >
<
Niente. >
<
Perché? >
<
Andrea è una donna adulta ed intelligente e prenderà la decisione giusta per
lei. Brandy finirà il suo stage e poi verrà sostituita e, giusto per cronaca,
non ho mai incoraggiato alcun tipo di rapporto che non fosse professionale con
nessuno dei miei dipendenti. Corinne se la vedrà con suo marito, mentre il
fattorino non posso riprenderlo, visto che non è un mio dipendente. Al massimo
chiederò ad Andrea di chiamare il corriere e di farci fare le consegne da
un’altra persona. >
<
Sembra facile, a sentirlo dire da te, ma non credo che il tuo ruolo lo sia
davvero. >
<
Lo è se sai dare importanza alle cose ed alle persone nella giusta misura. Ed
ora, a proposito di persone importanti, sarà bene che io vada a prendere mia
moglie, sennò stanotte mi fa dormire sul divano! >
<
Davvero? >
Christian
guardò il giovane, alzando un sopracciglio.
<
Le volte che non ho dormito con mia moglie si contano sulle dita di una mano e solo
perché ero via per lavoro. Odio dormire senza di lei. >
<
A quanto pare hai preso una bella sbandata per la tua donna, eh, Mr Grey? >
Lo
canzonò Zac, approfittando di quell’atmosfera tranquilla di fine giornata.
Christian
sorrise suo malgrado. Non era mai stato una persona che si confida con
qualcuno, ma Zachary gli ricordava la sua giovinezza e ci teneva a fargli
capire che le cose non sono mai brutte come sembrano e che, comunque, con
impegno e volontà, possono cambiare.
<
Puoi dirlo forte, ragazzo! >
<
E tua moglie lo sa? >
<
Ne è consapevole. Perché? >
<
Di solito le donne non amano gli uomini troppo accondiscendenti. Si stancano
presto. >
<
Sono innamorato perso di lei, ma sono tutt’altro che accondiscendente. Credimi!
Non sono il suo zerbino. Abbiamo un rapporto alla pari anche perché, a quanto
pare, anche lei ha preso una bella sbandata per me! >
L’uomo
sorrise, al pensiero delle litigate che faceva con sua moglie ed al loro modo
speciale di fare pace. Erano entrambi follemente innamorati l’uno dell’altra ed
entrambi si stavano impegnando per non perdere quel qualcosa che rendeva il
loro rapporto così unico e speciale.
<
Ed ora fuori di qui! Non voglio vederti fino a domani mattina! >
Christian
e Zachary uscirono dall’imponente sede della Grey Enterprises Holding Inc., per
proseguire la serata in compagnia delle persone a loro care.
Cap. 6
Il
giorno successivo a Zachary fu assegnata una scrivania nell’ufficio informatico
e cominciò il suo tirocinio, affiancato ad uno dei colleghi più esperti. Assorbiva ogni dettaglio come una spugna ed
imparava in fretta.
Christian
lo teneva d’occhio solo parzialmente. Si fidava ciecamente della persona che lo
stava istruendo ed il giovane non aveva certo bisogno di una baby-sitter, cosa
che, invece, a dar credito alle voci di corridoio, fra nove mesi sarebbe servita
ad Andrea.
<
Miss Parker, puoi venire nel mio ufficio, per cortesia? >
<
Certo Mr Grey. >
La
bionda e perfetta segretaria personale di Christian si presentò nell’ufficio
del suo capo, con tanto di penna e blocco per gli appunti, pronta a prendere
nota delle sue disposizioni.
<
Prego, accomodati. > le disse
Christian, indicandole una delle poltrone bianche.
La
donna prese posto di fronte alla grande scrivania di Mr Grey, sostenendo il suo
sguardo senza incertezze.
<
Andrea, non sono il tuo padre confessore, per cui non ti chiederò che cosa ti
succede, anche se le voci girano. Ho notato che in questi giorni sei piuttosto
disattenta, cosa che non è da te, mentre io ho bisogno che tu ti rimetta in
riga, sulla mia lunghezza d’onda. >
Andrea
abbassò gli occhi per alcuni istanti, cercando di mantenere i nervi saldi.
<
Mr Grey, mi dispiace molto. In effetti non è un buon periodo, per me, ma
prometto di non lasciare che i miei problemi personali interferiscano col mio
lavoro. La prego, ho bisogno di questo impiego… ora più che mai! >
La
voce, salda fino ad un istante prima, si ruppe impercettibilmente sull’ultima
frase ed a Christian questo dettaglio non sfuggì.
<
Andrea, permettimi di tranquillizzarti in merito. Il tuo lavoro alla Grey
Enterprises non è in discussione. Piuttosto, posso fare qualcosa per aiutarti? Non
te lo chiedo per pietà, ma solo per puro tornaconto personale. Mi servi qui e
mi servi efficiente come sei sempre stata. >
La
donna alzò lo sguardo per la prima volta.
<
No, Mr Grey, grazie. È un problema solo mio e lo risolverò. >
< Devo assumere qualcuno che ti possa
affiancare per sollevare i tuoi incarichi? Hai bisogno di ferie? Puoi prenderti
tutto il tempo che ritieni utile. >
<
Mr Grey, lei è un capo molto generoso e molto attento, ma in questo caso non
posso chiedere aiuto a nessuno. >
<
Ok. Come vuoi tu. >
<
Grazie Mr Grey. Posso andare adesso? >
<
Sì, certo. >
Andrea
si alzò ed arrivò fino alla porta. L’aprì, con l’intento di raggiungere la sua
scrivania, ma qualcosa la trattenne. Forse la lealtà verso il suo capo, forse
la schiettezza con cui lui le aveva parlato.
Si
girò di nuovo verso Christian.
<
Mr Grey? >
<
Sì? >
<
Io… sono incinta. >
Christian
la guardò per un istante, poi le fece cenno di rientrare e chiudere la porta.
<
Mi era giunta voce, ma di solito non do molto credito a questo tipo di
informazioni. >
<
Questa volta è vera. Sono incinta di sei settimane ed il mio compagno non l’ha
presa molto bene. Ecco perché sono poco concentrata. Non sto cercando
giustificazioni, ma mi voglio scusare con lei per il mio comportamento inqualificabile. >
Christian
guardò fuori dalla finestra per un attimo, poi tornò a posare lo sguardo sulla
sua assistente personale, senza lasciar trapelare alcuna emozione.
<
Posso chiederti che intenzioni hai? >
<
Lo terrò, se è a questo che si riferisce la sua domanda > disse lei,
accarezzandosi la pancia ancora troppo piatta per svelare il suo stato
interessante. < Ma non ci sarà alcun matrimonio riparatore. >
<
Capisco. >
<
Dal punto di vista lavorativo, starò a casa solo quando arriverò a termine e
non prenderò l’astensione facoltativa. Se tutto va bene, starò assente solo tre
mesi. >
<
Non sono preoccupato per il lavoro. Anzi, domani mattina contatta il
responsabile delle risorse umane e cominciate a ricercare una persona che possa
aiutarti e sostituirti quando hai bisogno di assentarti. Prima del parto dovrai
fare molte visite e controlli medici. Non devi sentirti in difficoltà. >
<
Grazie Mr Grey. >
<
Un’ultima cosa, Andrea. >
<
Dica. >
<
A costo di sembrare privo di tatto, se hai bisogno di un aiuto economico per le
visite mediche o per la sistemazione del bambino, che sia l’asilo nido piuttosto
che una baby-sitter, non farti scrupoli a venire da me. Ribadisco, non lo
faccio per galanteria, ma per mio interesse personale. Mi servi qui e mi servi
lucida ed efficiente. >
<
Spero di non averne bisogno, ma grazie per l’offerta. >
Andrea,
visibilmente emozionata, tornò verso l’uscita quando Mr Grey aggiunse, quasi
parlando soprappensiero:
<
Certi uomini hanno bisogno di più tempo per accettarlo, ma poi alla fine ne
sono felici. Se non mi credi, chiedilo a mia moglie… >
Andrea
chiuse la porta alle sue spalle, tirando un sospiro di sollievo.
Il
suo posto di lavoro era salvo, il suo capo era stato comprensivo e le aveva
anche offerto un concreto aiuto economico. Forse le cose non erano poi così
brutte.
Paul
non era stato contento della notizia, ma lei ce l’avrebbe fatta lo stesso, con
o senza di lui. Per la prima volta, da settimane, sentì il cuore gonfiarsi di
speranza. Lei ed il suo bambino sarebbero stati bene. Sorrise fra se, prima di
correre in bagno per rimettere la colazione, a causa della tensione e delle
nausee mattutine.
Cap. 7
Dopo
alcune settimane a Zachary fu assegnato un suo ufficio, un suo computer, un suo
telefono aziendale, un suo numero interno, un suo armadietto.
Aveva
finalmente trovato il suo posto nel mondo e si sentiva in pace con tutti.
Il
ragazzo guardò fuori dalla finestra del suo nuovo ufficio e, per la prima da
quando i suoi genitori erano morti, sorrise con riconoscenza per quello che la
vita gli aveva comunque riservato.
Preso
dal momento decise di ringraziare la persona che aveva reso possibile tutto
quello.
Afferrò
la cornetta e chiamò Andrea.
< Miss Parker? Sono
Zac, potrebbe passarmi Mr Grey? >
<
Un attimo solo, ti metto in attesa. >
Dopo
pochi istanti la voce di Andrea risuonò nella cornetta.
<
Mr Grey ha chiesto se puoi andare direttamente da lui. C’è una persona nel suo
ufficio che vorrebbe salutarti. >
<
Oh….ok, vado subito. Grazie. >
Zachary
si apprestò a raggiungere l’ufficio di Christian. Bussò piano quindi entrò,
senza aspettare una vera risposta, visto che tanto era atteso.
Sorprese
Mr Grey in atteggiamento molto affettuoso con una donna. Erano entrambi in
piedi, rivolti verso la finestra, per cui lui poteva vedere solo le braccia del
suo capo che avvolgevano come una spirale il corpo minuto di una figura
femminile.
Rimase
interdetto. Che cosa doveva fare?
<
Perché hai bussato alla porta se poi sei entrato senza aspettare una mia
risposta? > chiese Christian, senza scomporsi ma senza voltarsi.
<
Ecco, io… mi avevi detto di venire qui… pensavo fosse già implicito il tuo
permesso… >
<
Non farlo mai più. Il mio ufficio è off-limits. Nessuno può entrare qui senza
il mio permesso! >
Christian
si voltò appena, solo per guardarlo dritto negli occhi.
Zachary
si scusò, ma rimase sulla porta, indeciso su come comportarsi.
<
Pensi di uscire o vuoi restare a guardare mentre scopo con mia moglie? >
chiese Christian, alzando un sopracciglio in modo esplicativo.
<
Tua moglie? C’è Ana lì con te? >
Christian
si voltò di scatto, improvvisamente infuriato, permettendo così a Zachary di
vedere il volto di Mrs Grey, rosso per l’imbarazzo.
<
Ma per chi mi hai preso? Certo che è Anastasia! >
<
Scusa! È che non sapevo che lei fosse qui… >
Christian
alzò gli occhi al cielo.
<
Chi credi che volesse salutarti? Sarai anche un bel tipo ma non sei ancora così
popolare d’avere la fila davanti all’ufficio per vederti! >
Mr
Grey sciolse l’abbraccio e permise ad Anastasia di riprendere un certo contegno,
dopo le stuzzicanti attenzioni che lui le aveva dedicato.
La
donna sorrise poi si assentò per andare a rinfrescarsi il volto nella toilette
privata di Christian.
Zachary
seguì con lo sguardo l’allontanarsi di Anastasia, lasciandosi sfuggire un
piccolissimo sospiro, cosa che a Christian non sfuggì.
L’uomo,
per l’ennesima volta, alzò gli occhi al cielo, prima di sbottare.
<
Fossi in te ci penserei bene prima di provarci con mia moglie. >
<
Perché? Hai paura che mi preferisca a te? >
<
Ma figurati! Lo dico solo per il tuo bene. L’ultimo che ci ha provato è finito
in ospedale. Vedi tu… >
< Non ci
credo! L’hai picchiato? >
< No. Gli
ho sparato! > disse Anastasia, tornata nell’ufficio in quel momento ed abbracciando
suo marito, che rise di gusto guardando il volto sconvolto di Zac.
< Cosa? No!
Mi stai prendendo in giro! >
< Te lo
giuro! Cerca in internet. È successo sei anni fa. È tutto documentato. >
In
quel momento la stima di Zachary nei confronti della bella signora Grey salì
alle stelle.
< Sei una
donna piena di sorprese. Se non fosse che sei già impegnata, ti chiederei di
sposarmi! >
Christian
sbuffò sonoramente e strinse ancora più forte Anastasia al suo fianco.
< Non hai
niente di meglio da fare che sbavare dietro a mia moglie? >
< Mr Grey, come
hai fatto a farti sposare da una donna così in gamba? Sarai anche ricco e pure
belloccio, ma hai un carattere di merda! >
< L’ho
messa incinta dopo tre mesi che stavamo insieme! >
< Non è
vero! Non è andata così! > disse Anastasia, difendendo il suo amore.
< Di certo
ti ho forzato la mano. > disse l’uomo, ammiccando verso sua moglie.
Poi Christian
si rivolse a Zachary, sorridendo al ricordo.
< In tre
mesi ci siamo: incontrati, messi insieme, lasciati, ripresi, fidanzati, sposati
e l’ho anche messa incinta. Non male, eh? >
< Non si
può dire che voi due facciate le cose con calma! > disse il giovane, con lo
stupore dipinto sul viso.
< Con
Anastasia no di certo! Non potevo permettermi di farla uscire dalla mia vita
senza provarle tutte! > confermò Christian, baciando la tempia di sua
moglie.
I tre rimasero
alcuni istanti in silenzio, lasciando che i ricordi del passato tornassero nel
cassetto della memoria.
Poi Christian
riprese la parola.
< Prima
avevi chiesto di parlarmi. Che cosa c’è?
>
< Oh! Quasi
dimenticavo! Volevo chiederti se oggi posso uscire un po’ prima, per la pausa
pranzo. Recupererò questa sera il tempo perso. >
< Per me
non c’è problema, basta che il tuo lavoro non ne risenta. >
< Non
succederà. Grazie! >
< Se non sono
indiscreta posso chiederti dove devi andare? > chiese Anastasia, con la tipica
curiosità femminile.
< Voglio
portare fuori a pranzo una persona molto importante per me. >
< Una
ragazza? > chiese lei, sorridendo.
< Se tu sei
libera per pranzo, sì! > rispose Zac, impertinente.
<
Scordatelo! > disse subito Christian.
< Allora
passo al piano B… e porto fuori a pranzo mio nonno. Glielo devo, dopo averlo
fatto tribolare così tanto negli ultimi due anni. >
< Il piano
B mi piace molto. Ci vediamo direttamente domani mattina. > aggiunse Mr Grey.
< Perché domani?
Oggi pomeriggio non ci sei? >
< Tu va
avanti col tuo piano B, che io vado avanti col mio piano A, ovvero portare mia
moglie da qualche parte e fare l’amore con lei per tutto il pomeriggio! >
rispose Christian, guardando soddisfatto lo sgomento e l’imbarazzo comparire
sul volto di Zachary.
< Bello
fare il capo, eh? > disse il giovane, dopo essersi ripreso dallo choc.
< Non
immagini quanto! Ed ora vattene, così posso continuare i preliminari che tu hai
interrotto! >
I due uomini
sorrisero, mentre Anastasia alzò gli occhi al cielo.
In realtà,
quel pomeriggio, lei e Christian dovevano andare ad una recita di Teddy, alla
scuola materna, ma perché rovinare quell’atmosfera goliardica piena di
testosterone facendo la puntigliosa?
Zachary uscì
dall’ufficio, con ancora il sorriso sulle labbra, lasciando Mr e Mrs Grey alla
loro privacy.
Cap. 8
Tre settimane
dopo, la tranquillità del ventesimo piano della Grey Enterprises Holding Inc. fu
interrotta dall’arrivo di un “fattorino-canterino”.
Il nuovo
arrivato, vestito come un moderno Cupido, con tanto di arco e frecce, si
posizionò davanti alla scrivania di Andrea, depositò un enorme mazzo di rose
rosse, quindi, sulle note di “I will always love you” di Whitney Huston, cominciò
a cantare.
Christian,
dopo aver sentito la prima strofa, uscì dal suo ufficio visibilmente alterato,
con l’intenzione di riportare l’ordine. Quando vide i fiori, l’uomo in costume
pressoché adamitico, il viso rosso di Andrea, le colleghe che sorridevano
sognanti e Zachary che rideva a crepapelle, capì la situazione. Alzò gli occhi
al cielo e lasciò che Mr Cupido terminasse la sua missione.
Finita la
serenata, mise subito mano al portafoglio per dargli una lauta mancia che lo convincesse
ad andarsene subito, cosa che il fattorino fece volentieri, dopo aver lasciato
un biglietto alla destinataria del messaggio canoro.
< Ok,
tornate tutti al vostro posto. Non voglio più sentire volare una mosca. Andrea?
Nel mio ufficio. Subito! >
Andrea mise il
biglietto appena ricevuto nella sua borsetta, quindi andò al cospetto del suo
capo.
< Mr Grey,
sono così mortificata! Non avevo idea che Paul potesse arrivare a fare una cosa
del genere! >
Christian si
passò entrambe le mani fra i capelli. Non sopportava queste sceneggiate
pubbliche in generale ed ancor meno le tollerava nel suo impeccabile ufficio.
Ritrovate la
calma ed il controllo si girò verso la sua assistente personale.
< Presumo
che questo sia stato il suo modo per fare pace con te. >
< Di solito
è una persona molto riservata, proprio come me, ma questa volta ha deciso di
esagerare, evidentemente. >
< Ha
funzionato? Lo perdonerai? >
< Credo di
sì. >
< Bene.
Sono contento per te e per il bambino che verrà, ma che non si ripeta più! >
< Sì, Mr
Grey. >
Andrea dovette
trattenere un sorriso, per non far trapelare la gioia che l’aveva invasa, da
quando aveva visto il fattorino comparire al ventesimo piano con quel
bellissimo mazzo di fiori.
Christian si
girò verso lo skyline.
< Per oggi
penso di potermela cavare senza di te. Va da Paul, così non dovremo sorbire
altri attentati alla nostra tranquillità. >
Era il suo
modo per scusarsi d’essere stato così brusco con lei. In fondo Andrea non aveva
alcuna colpa se quell’idiota del suo fidanzato aveva affidato il suo messaggio
ad un modello mezzo nudo, e poi le donne incinta sono sempre di umore
vulnerabile. Non avrebbe potuto sopportare anche una crisi di pianto, quel
giorno.
< Davvero? Grazie
Mr Grey! >
Andrea scappò
via come un fulmine e Christian si ritrovò a sorridere, suo malgrado.
Certo che gli
uomini facevano davvero le cose più strane per amore delle loro donne.
Lui aveva
volato per cinquemila chilometri solo per vedere Anastasia per poche ore, si
era spogliato di tutte le sue armature e si era arreso a lei, esposto e vulnerabile
come non era stato mai, pur d’essere degno dell’amore di sua moglie. Sorrise al
ricordo di quanta strada avevano fatto insieme.
Si voltò di
nuovo verso la scrivania e cominciò a scrivere una mail.
Da:
Christian Grey
A:
Anastasia Grey
Oggetto:
riflessioni
Cara
Mrs Grey,
stavo
ripensando a come si è evoluto il nostro rapporto, da quel giorno di maggio che
sei inciampata ai miei piedi, proprio qui, nel mio ufficio.
Ne
abbiamo passate davvero tante, ma se potessi tornare indietro rifarei tutto.
Bhè…
forse eviterei di farti un paio di scenate e farei in modo che nessuno ti
facesse del male, ma non ho alcun ripensamento su di noi.
Sono
un uomo estremamente fortunato e benedico ogni giorno il cielo che ti ha
portata a me.
Ti amo sempre di più.
Volevo
solo che tu lo sapessi.
Christian Grey
Amministratore delegato e marito
innamorato cotto Grey Enterprises Hoding Inc.
Da:
Anastasia Grey
A:
Christian Grey
Oggetto:
conclusioni
Caro
Mr Grey,
ricevere
una tua mail è sempre un piacere, se poi mi scrivi che mi ami e che non
rimpiangi d’avermi sposata, mi commuovi!
Mi sei
entrato nel cuore prepotentemente e ti ho amato dal primo istante.
Da
allora non ho più smesso.
Ti amo
più della mia vita!
Anastasia Grey
direttore e moglie perdutamente innamorata Grey Publishing
Christian
sorrise, leggendo la risposta di sua moglie.
Chi l’avrebbe
mai detto che anche per uno come lui ci sarebbe stato un arcobaleno dopo la
tempesta?
Anastasia era
il suo sole ed i loro figli erano il giusto coronamento del loro amore.
Scosse la
testa, cercando di riprendere il filo logico del suo lavoro ma, chissà perché,
sul suo viso rimase stampato un bel sorriso soddisfatto per tutto il giorno. A
quanto pareva anche l’umore dei megadirettori poteva essere influenzato da un
semplice messaggio d’amore.
Cap. 9
Dopo tre anni
di lavoro ed impegno, Zachary era riuscito a conquistare il suo posto al sole e,
da qualche mese, anche il cuore di una ragazza molto speciale.
Sorridendo fra
se ripensò a quando l’aveva conosciuta.
Si erano visti
la prima volta alla festa di Natale della Grey Enterprises Holding Inc., poi di
nuovo in un altro paio di occasioni fortuite.
All’inizio
l’aveva giudicata una mocciosa “figlia di papà”, ma col tempo aveva scoperto
che in realtà era una ragazza con la testa sulle spalle, molto motivata e molto
tenace, oltre che molto bella, cosa che non guastava di certo!
I suoi
pensieri vennero interrotti dallo squillo del cellulare. Era lei.
< Ciao
piccola! >
< Ciao Zac
>
< Tutto
bene? >
< Sì e tu?
>
< Ora che
ti sto parlando va molto meglio! >
Ok, l’amore
l’aveva rincitrullito! Mai e poi mai avrebbe pensato di diventare così
sdolcinato per una ragazza, ma lei era davvero… speciale.
< Ci
vediamo questa sera? Mamma è dalla nonna, per assisterla, perché si è ammalata,
ed io sono a casa di mio padre >
< Pensi di
riuscire a sgattaiolare via senza farti vedere? >
< Non lo
so. Ultimamente mi sta molto addosso. Credo che cominci a sospettare qualcosa…
>
< Fammici
pensare e ti richiamo. Vedrai che troveremo il modo per incontrarci >
< Ci
speravo… mi manchi! >
< Anche tu,
piccola. Non immagini quanto! >
La telefonata
si chiuse con quel sapore agrodolce che accompagna sempre la fine di un bel
momento.
Zachary
riprese il suo lavoro, lasciando vagare la mente alla ricerca di un possibile escamotage
per incontrare la sua fidanzata, in barba al padre iper-protettivo.
Quella stessa
sera, alla Big House, Anastasia e Christian si stavano godendo il fresco delle
prime serate primaverili, in riva al mare.
Il fruscio
dell’erba del prato era attenuato dall’infrangersi delle onde e dai baci,
soffocati dall’impazienza, dei due innamorati.
In quel
momento solo tre cose avrebbero potuto interromperli: il richiamo di uno dei
loro figli, un incendio della loro casa o l’ingresso di un intruso nella loro
proprietà.
Purtroppo per
loro fu proprio questa terza opzione a concretizzarsi, che li fece sussultare
all’improvviso.
Grida, ombre
che si rincorrevano, un pianto lontano.
Christian si
alzò di scatto, portando contemporaneamente sua moglie sotto il riparo della
loro veranda.
< Resta
qui. >
<
Christian, ti prego, non andare! >
Ma la sua
richiesta cadde invano nel vento, visto che suo marito era già all’inseguimento
delle ombre.
< BASTARDO!
FERMATI! VOGLIO AMMAZZARTI! > urlò una voce alle sue spalle.
< Taylor,
che succede? >
< Grey! Ho
sorpreso quel bastardo in casa mia! Se lo prendo non ci rimane niente! >
<
Aggiriamolo. Tu va da quella parte, io lo sorprendo dall’altra. >
L’adrenalina
aiutò i due alleati a correre abbastanza velocemente per poter aggirare il
giovane, che correva davvero come un razzo, e, con una perfetta manovra di
accerchiamento, Christian riuscì ad atterrare il ragazzo sul prato di casa sua,
mentre quest’ultimo cercava di sfuggire all’ira di Taylor.
< Sei
fottuto, piccolo bastardo! > sputò fuori dai denti Jason, quando fu a
portata di mano.
Christian si
sollevò da terra, permettendo al topo d’appartamento di riprendere la posizione
verticale, ma senza lasciargli andare i polsi, e fu con non poca sorpresa che
si trovò di fronte uno dei suoi dipendenti.
< Zac? Ma
che cazzo… Che cosa credevi di fare? > il tono di voce, da stupito, divenne
improvvisamente ferito.
Come aveva
fatto a sbagliare così tanto con lui? Anni prima lo aveva giudicato un bravo
ragazzo, solo molto arrabbiato, ed invece adesso era lì, sporco di erba e
terra, intento a scappare dopo aver tentato un furto in casa ti Taylor.
< Niente.
Non ho fatto niente di male! >
< Volevi
rubare in casa mia? >
< NO! >
< E allora
che cosa ci fai qui a quest’ora? >
< Passavo
di qua per caso… > rispose il giovane, con fare arrogante.
< Non
farlo, Zac. Non mentirmi! > disse Christian, esasperato.
< Non sono
affari vostri. Non vi devo una spiegazione! >
< Sei nella
mia proprietà, certo che è affare mio e sì, mi devi una spiegazione! Se non lo farai
sarò costretto a denunciarti. >
< Ed allora
denunciatemi. > disse con fermezza.
Christian
guardò Taylor, in cerca di una conferma di quanto, anche se a malincuore,
avrebbero dovuto fare ma, prima che l’uomo prendesse in mano il telefono per
chiamare la polizia, i tre vennero interrotti da Anastasia, che teneva
abbracciata una tremante Sophie.
< Che ne
dite di entrare in casa e parlare un po’? >
< Sophie, cosa
ci fai qui fuori? Stai bene? Questo bastardo ti ha aggredita? > la voce di
Taylor si fece man mano sempre più bassa e minacciosa.
< No papà,
Zac non mi ha fatto niente. >
Per un momento
i tre adulti ed i due giovani rimasero in silenzio, finché Christian e Jason
arrivarono alla conclusione che Anastasia aveva intuito già da un po’.
< Oh mio
Dio! Tu e Zac? >
Taylor era
sempre più scosso. Zachary era un bravo ragazzo, in fondo, ma Sophie era solo
una bambina!
< Una tazza
di tea? > chiese Anastasia
Facendole un
cenno d’intesa, accompagnò Sophie all’interno della Big House, confidando che i
tre uomini alle loro spalle le seguissero, se non altro per buona educazione.
< Da quanto
tempo va avanti questa storia? > chiese Taylor, restando in piedi davanti
alla porta-veranda, troppo nervoso per trovare pace in uno dei comodi divani di
casa Grey.
Sophie guardò
prima Zac e poi suo padre, quindi rispose.
< Alcuni
mesi. >
< Come ha
fatto ad entrare in casa nostra senza far scattare il sistema d’allarme? >
< Gli ho
aperto io. >
< Era già
venuto altre volte? >
< Un paio
di volte. > rispose la ragazza, abbassando lo sguardo, rossa per l’imbarazzo.
Taylor
sospirò. Cosa doveva fare? Zachary era un dipendente di Mr Grey, proprio come
lui, ma la responsabilità per Sophie era solo ed unicamente sua.
< Papà,
prima che tu dica altro, vorrei aggiungere una cosa, se me lo permetti. >
La buona
educazione e la presenza di testimoni, costrinse Taylor ad assecondare la
richiesta di sua figlia.
< Ho
proposto io a Zac di venire qui, perché non sappiamo dove altro andare. Tu non
mi permetti di uscire la sera e di giorno lui lavora. Non abbiamo mai fatto
niente di male. Parliamo, guardiamo la tv, ascoltiamo un po’ di musica. Tutto
qui. >
< Avresti
dovuto dirmelo >
< E tu gli
avresti permesso di venire? >
< Hai solo
sedici anni, non… ovvio che… io… >
< Sii
sincero, papà. >
Taylor era
stato messo alla corda. Distolse lo sguardo da sua figlia, per non tradirsi, ma
incrociò quello di Christian, che sorrideva sotto i baffi.
< Mr Grey,
non rida! Fra qualche anno capiterà anche a sua figlia ed allora voglio proprio
vedere che cosa farà lei al posto mio! > disse l’uomo, visibilmente frustrato.
Christian rise
apertamente, stemperando di parecchio l’atmosfera, prima di rispondere a tono.
< Ah, non
c’è alcun pericolo, Jason! Phoebe non uscirà di casa fino al compimento dei
trent’anni, se non in presenza del sottoscritto! >
< Che ipocrita
che sei, Christian! > disse Anastasia, alzando gli occhi al cielo.
< Ora, voi
due ragazzi fatevi una passeggiata qui davanti, mentre io cerco di spiegare
alcune cose a questi due uomini. > aggiunse la donna, spingendo Zac e Sophie
oltre la soglia di casa.
< Ma
restate nelle vicinanze. Voglio vedervi. Soprattutto voglio vedere le mani di
Zac! > aggiunse Taylor.
I due ragazzi
uscirono, sollevati e felici d’averla scampata, mentre i tre adulti rimasero in
casa, guardandoli con benevolenza.
< Mrs Grey,
se quel teppistello che si atteggia a bravo ragazzo la fa soffrire io lo
ammazzo senza anestesia! Chiaro? >
< Sono
certa che Zac si comporterà in modo esemplare, anche perché sa che d’ora in poi
tu e Christian gli starete addosso come due avvoltoi. Non poteva andargli
peggio, povero ragazzo! Dev’essere davvero innamorato, se ha accettato il
rischio di farsi sorprendere da voi due! > rispose la donna, sicura di sé.
< Di certo
dovrà fare molta attenzione. Sapete come si dice, no? “ Fa del male alla mia azienda ed io ti ammazzerò. Fa del male
alla mia bambina e sarai tu a chiedermi d’ammazzarti! “ > disse Christian,
ancora sorpreso dalla tanta audacia dimostrata da Zac. Poi scosse la testa.
Lui aveva
fatto ben di peggio, quando da ragazzo raccontava ai suoi genitori che andava a
dormire da qualche ipotetico compagno di università ed invece si intrufolava
nel seminterrato di Elena.
Scacciò quel
pensiero molesto prima che i ricordi fastidiosi gli si appiccicassero addosso.
Passato quel
primo momento di impasse, i tre adulti rimasero in silenzio per un po’,
riflettendo su quanto questo giovane amore potesse ripercuotersi sulle loro
vite.
Fu Taylor ad
interrompere i pensieri di tutti.
< E adesso
che cosa dico a sua madre? >
< Ti verrà
in mente qualcosa…sei o non sei un ex militare? Hai affrontato ben di peggio!
> disse Christian, ritrovando il buon umore ed ancora divertito per
l’equivoco.
Taylor alzò
gli occhi la cielo, quindi scosse la testa.
In quel
momento vennero raggiunti da Mrs Taylor.
< Tutto
bene, Jason? Signori Grey, è tutto a posto? >
< Sì, Gail,
tutto sotto controllo. Vieni, andiamo a fare due passi sulla spiaggia, che ti
aggiorno sulle ultime novità. >
Taylor prese
per mano sua moglie, quindi si congedò dai coniugi Grey con un cenno della
testa.
Christian ed
Anastasia sorrisero a loro volta, abbracciandosi ed accoccolandosi sul divano
di casa.
<
Dov’eravamo rimasti? > chiese l’uomo, impossessandosi della labbra di sua
moglie.
<
Christian! Non vorrai farlo qui! Ci sono i ragazzi fuori ed anche Taylor e
Gail… >
< E allora?
Siamo in casa nostra, sul nostro divano. Non ho bisogno del loro permesso per
fare l’amore con mia moglie! >
< Ma potrebbero
vederci! >
< I ragazzi
sono troppo intenti a guardarsi le spalle a vicenda e Taylor ha occhi solo per
loro. Li sta controllando come un falco. Non corriamo nessun pericolo d’essere
scoperti. >
< Ma… >
< Ora sta zitta…
> disse Christian, facendola sdraiare sul divano e bloccandola col suo
corpo.
Con un
movimento fluido l’uomo prese i polsi della donna e li portò in alto, poi
cominciò a strofinare in modo seducente la sua erezione sopra l’inguine di lei
ed ogni rimostranza di Anastasia fu prontamente tacitata da un bacio mozzafiato,
che mise così fine ad ogni dubbio.
Quando
entrambi raggiunsero il culmine del piacere si lasciarono andare, per poter
riprendere fiato.
Dopo un po’ di
tempo decisero di trasferirsi nella loro camera da letto e mentre Anastasia si
preoccupò di sparecchiare il tavolino del salotto dalle tazze di tea, usate
poco tempo prima, Christian si avvicinò alla porta finestra che dava sul prato per
chiuderla ed in quel momento vide un biglietto per terra.
Grazie per non avermi licenziato… o meglio linciato!
Sto andando a casa mia e volevo augurarvi la buonanotte di
persona,
ma in questo momento,
da quel che posso vedere da qui, siete piuttosto impegnati.
Ho ritenuto più opportuno non interrompervi! ;)
Ci vediamo domani in ufficio!
Zac
Christian
sorrise, piegò il biglietto un paio di volte e se lo mie in tasca.
Si era sempre
vantato di non avere segreti con sua moglie ed anche questa volta avrebbe
mantenuto il suo proposito, facendole leggere il biglietto di Zac.
L’indomani a colazione,
però!
* * * * * * *
Non sono brava
nelle long, perché tendo a perdermi lungo la strada. Spero di non aver
ingarbugliato troppo la storia e che sia stato piacevole leggerla.
Se vi va di
farmi sapere la vostra opinione mi farebbe davvero molto piacere.
Un bacio a
tutti! :)
Ps.
Dedico questa fanfic
a gelato
che mi ha scritto un dolcissimo messaggio d’incoraggiamento. Spero che ti
piaccia! Con affetto
frency70