Serie TV > Sherlock (BBC)
Ricorda la storia  |      
Autore: Aries K    04/09/2013    3 recensioni
[SPOILER TRAILER BBC]
"Stava andando tutto bene.
Poi lui era tornato.
Ed ora, superando i primi banchi, avvertì la sua presenza come fosse elettricità.
Non si sarebbe voltato per niente al mondo e una volta raggiunto l'altare volse lo sguardo in alto, quasi stesse facendo ammenda per ciò che la notte precedente aveva lasciato accadere, e di cui non si pentiva."
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Buon pomeriggio a tutti! Devo proprio ammettere che non ho resistito alla voglia di contribuire con un fan fiction dopo aver visto il trailer. Ciò che ho scritto non è stato pensato, è venuto giù nel modo più naturale possibile e, proprio come è accaduto alla mia prima Johnlock, delineare Sherlock è stata un'impresa titanica LOL

Per quanto possa amarlo e possa averlo compreso, descrivere lui o far trapelare i suoi sentimenti è comunque un bagno di sudore; e il mio terrore è scivolare fuori dal "carattere".
Dopo tre anni immagino uno Sherlock diverso, con un lato umano più spiccato di cui ho accennato nella one-shot.

Vorrei dirvi altre mille cose ma non vorrei anticiparvi nulla e spero solo che, nonostante ehm la piega della FF, voi possiate apprezzare il mio sforzo. :')

Buona lettura a tutti! c:





“Come un fiume comparato ad una goccia di pioggia
Ho perso un amico 
La mia testa ubriaca è un diavolo in una tana di leone 
E stasera so che tutto deve ricominciare 
Quindi, qualunque cosa tu faccia, non lasciar perdere.”
'Us aganist the world'- Coldplay




Non saprebbe dire se quell’immobilità che lo aveva colto all’improvviso –irrigidendogli tutti gli arti del corpo e i pensieri- fosse cosa da due minuti o se stesse lì, ai piedi della navata, da pochi istanti.
Tutto quello che John sapeva era che stava per sposarsi, ma che portava un lutto nel cuore.
I barbagli di luce che filtravano dalle vetrate della chiesa rischiaravano, in una sorta di mistica atmosfera, tutto l’immenso interno del luogo conferendo un’aura di candida luce persino alle teste degli invitati che, a causa proprio di quell’intensità inaspettata, John non riusciva a distinguere.
Procedette con passo incerto in avanti, ambendo a sottrarsi da quello stato di rigido rifiuto, e serrò i pugni lungo i fianchi per costringersi a rimanere integro, combattendo contro una parte di lui che voleva frantumarsi al suolo.
Pensò che il cammino che  i suoi passi stavano calpestando fosse il più lungo di tutta la sua esistenza. E la sua esistenza poteva benissimo ripetersi nell’arco di quei rimbombi sordi dei tacchi delle sue scarpe, tirate a lucido per l’occasione.
Stava andando tutto bene.
Poi lui era tornato.
Ed ora, superando i primi banchi, avvertì la sua presenza come fosse elettricità.
Non si sarebbe voltato per niente al mondo e una volta raggiunto l’altare volse lo sguardo in alto, quasi stesse facendo ammenda per ciò che la notte precedente aveva lasciato accadere, e di cui non si pentiva:



Seduto sulla poltrona, affondato nel tepore del tessuto di pelle e con un libro in mano che non stava realmente leggendo, John si accorse dell’ombra allungata di Sherlock che indugiava sulla soglia della porta. Provò istantaneamente un brivido lungo la colonna vertebrale poiché c’era stato un tempo in cui avrebbe giocato carte false e compiuto l’impossibile anche solo per rivedere quella sagoma accanto alla sua.
-“John?”
La voce di Sherlock lo raggiunse come una pugnalata, costringendolo ad abbassare le palpebre e chiudere il libro con un gesto secco, ansioso; non rispose subito, ma non ce ne sarebbe
nemmeno stato il bisogno perché il suo –ritrovato- coinquilino, ora, si stagliava contro di lui.
Il buio della stanza rischiarato solo dalla debole luce di una candela e quello della notte mobile che li avvolgeva rendevano la sua figura evanescente, quasi dovesse scomparire da un momento o l’altro.
L’ex medico si passò un dito sulle labbra, poi finalmente si decise ad alzare lo sguardo verso Sherlock.
E incontrò i suoi occhi. Quegli occhi mercuriali che un tempo indugiavano su indizi, crimini, che giudicavano colpe e avvaloravano prove; quegli occhi fin troppo azzurri –con quella microscopica gocciolina marrone che John si erano ritrovato più e più volte a rimembrare durante l’assenza- che si erano posati con indulgenza su di lui per tutta la sera, lì, in un locale di Londra dove stava festeggiando il suo addio al celibato.
Per tutta la durata della cena John si era ritrovato a cambiare posa sulla sedia, ma ogni volta trovava la posizione appena assunta ancora più scomoda di quella precedente, questo fin quando capì che non c’era proprio niente da fare: dallo sguardo di Sherlock Holmes non ci si poteva salvare.
Ricambiò un paio di volte l’occhiata ma Sherlock non sbatté mai ciglio; dal canto suo, John cercò di fargli intendere di voler essere lasciato in pace, che nessuna sua analisi avrebbe potuto cogliere anche solo una briciola della collera e del risentimento che provava nei suoi confronti.
Tuttavia il detective non smise di osservarlo –non lo risparmiò nemmeno quando, con una scusa, arrivato al limite, aveva deciso di uscire fuori a prendere una boccata d’aria per placare il suo animo straziato- e nessuno dei commensali sembrava aver intuito la tempesta che infestava quel tavolo apparentemente gaio.
John posò il libro e si alzò dalla poltrona.
Per un attimo l’unico rumore nella stanza fu il sibilo del vento che entrava dagli spifferi della finestra, anche i loro respiri- consapevolmente o inconsapevolmente- erano trattenuti.
-“Non hai il volto di chi sta per sposarsi, ne hai uno di chi sta andando ad un funerale.”
Le labbra di John si esibirono un ghigno carico di ironia.
Mi fa credere di essere morto, torna dopo tre fottuti anni e si permette ancora di entrare in merito…
Non riuscì nemmeno a terminare il pensiero che, quasi senza rendersene conto, la mano dell’ex medico si chiuse a pugno e si schiantò contro la bocca impertinente di Sherlock.
Quest’ultimo indietreggiò portandosi l’avambraccio intorno al mento, da sopra di questo John indovinò uno sguardo meravigliato, spaesato e il suo cuore parve stringersi, mentre la sua
mente s’infuocò ancora di rancore perché, no, non era possibile la pretesa di far tornare tutto com’era prima.
Sherlock era un adulto, si disse, per quanto straordinario, cocciuto, petulante, egli non poteva comportarsi come un bambino egocentrico al quale era stato sottratto un giocattolo che ora rivoleva indietro con tutte le sue forze.
Per quanto John volesse concedersi.
La metabolizzazione di ciò che era appena accaduto costrinse Sherlock a non dire nulla, a non abbozzare un movimento. Solo dopo pochi istanti si portò una mano ad esaminare il danno: un piccolo taglietto sul labbro inferiore.
-“Questo –di certo- non me lo sarei mai aspettato, John.” Non c’era sarcasmo nella sua voce, più che altro il candore di un autentico stupore misto a…dolore. O forse, si rimproverò il Dottor Watson, sarebbe stato pretendere troppo.
Il detective si portò le mani congiunte a sfiorarsi il mento, studiò il volto di John come avrebbe fatto con la scena di un delitto; un dubbio doveva essersi insinuato nella sua mente perché la sua fronte corrugata fece comparire una serie di rughe ma poi, queste, si spiegarono, segno che il groviglio dei suoi pensieri gli aveva concesso una risposta:
-“Tu non vuoi sposarti.”
-“Okay, okay”, John alzò le mani in aria, stremato dal fatto che non avrebbe saputo inscenare una bugia capace di ingannare il consulente investigativo,-“e anche se fosse? Cosa mi stai chiedendo, Sherlock?”
Gli occhi del moro si accesero, folgorati da una scintilla di eccitazione.
-“Possiamo essere ancora noi due contro il resto del mondo.”
-“Sherlock…”
-“Siamo noi due contro il resto del mondo”, ripeté l’altro, avvicinando il volto a quello di John.
-“Ho abbandonato la violenza tre anni fa, Sherlock, la mia ultima lotta è stata quella per intraprendere la strada che sto percorrendo e tu non puoi riportarmi indietro. Non dopo tutto quello che è successo, dopo quello che mi hai fatto credere.”
E per tutto il dolore e per tutto ciò di cui ci hai privato.
Sherlock gettò la testa all’indietro, esibendosi in versi colmi di disapprovazione,  girando in tondo nel soggiorno per darsi una calmata.
-“Non me lo perdonerai mai? Oh, John, perché complicare tutto?”
-“Perché sono una persona, Sherlock!”, gridò,-“e ho dei sentimenti. Ma ne abbiamo già parlato e rischio di ripetermi: voglio che tu capisca tutto il dolore che mi hai fatto subire. Tre anni, Sherlock, tre anni!”
-“Dai per scontato che io non abbia sofferto. In questi tre anni ho dovuto fare i conti con me stesso e mentre ero su quel tetto…”
-“Dio, no…smettila.”
-“E mentre ero su quel tetto”, insisté, caparbio,-“mentre ti guardavo stavo prendendo coscienza di ciò che stavo per perdere. Te l’avevo detto: eri il mio unico amico, forse anche più di questo, ci crederesti mai? Nessun essere con cui sono entrato in contatto ha un rapporto così indefinibile nella sua vita. E adesso sono qui, dove sono sempre stato, e non me ne andrò di nuovo. Non è cambiato niente.”
-“E’ cambiato tutto.”
Passò del tempo prima che Sherlock mosse anche solo un muscolo dopo quell’ultima affermazione.
E fu proprio in quel breve –ma intenso- lasso di tempo che John Watson abbandonò ogni barlume di lucidità, lasciandosi vincere da quell’emozione travolgente che aveva iniziato ad avvertire dal primo giorno che l’aveva rivisto; un’emozione senza nome che si era insediata all’interno del suo stomaco come un pasto non ancora digerito.
Mosse un passo in avanti, afferrando il colletto della camicia bianca di Sherlock, e da lì ebbe inizio il momento che John si sarebbe trovato a rivivere nei ricordi per tutta la sua vita, il momento in cui avrebbe potuto cambiare le cose, ma son  state poi le cose a cambiare lui. Sherlock. Il loro mondo.
Si avventò sulle sue labbra morbide e calde per il troppo parlare, nel suo palato assaggiò vagamente il sapore metallico e aspro del sangue di lui, che ricambiò il bacio con maldestra passione.
Sherlock incombeva sulla sua piccola stazza come una minaccia e ben presto John fu trascinato sulla poltrona dove, solo pochi momenti prima, era abbandonato ad imbrogliare se stesso.
Mentre la passione che li avvolse rendeva tutti i loro gesti più urgenti e agognati, John ebbe modo di guardare l’amato negli occhi e vide, in quelle sfere tremendamente lucide, ciò che erano diventati ora: estranei.
Non erano più coinquilini, né tanto meno migliori amici, bensì erano di nuovo estranei.
Persino a loro stessi.
Chi era quell’uomo dai capelli ricci, ribelli, alto e snello e dallo sguardo un po’ bambino e un po’ severo che ora stringeva tra le braccia? Di chi stava baciando le labbra, gli zigomi, le palpebre, il collo?
Di sicuro quello non era lo Sherlock che tre anni fa, al loro primo incontro, gli aveva domandato “Afghanistan o Iraq?” lasciandolo meravigliato, stupito.
Non era nemmeno colui che indossava la maschera dell’essere poco umano perché, diamine, Sherlock era fuoco. Fuoco rovente e incandescente sul suo corpo.
Quei tre anni avevano cambiato molte più cose di quanto egli potesse immaginare; e ora le conseguenze si stavano facendo sentire.
Così quella notte John amò Sherlock con rabbia, piangendo silenziosamente il suo dolore su quella pelle straordinariamente candida; si beò dei sussurri del moro e del modo dolce con cui venne pronunciato il suo nome, anche quando, voltandogli le spalle sul letto su cui erano approdati, continuò ad essere chiamato.
Una chiamata a cui non rispose.
 
***


Il ricordo della notte trascorsa sfumò via via dalla sua mente e il futuro sposo, in piedi come un soldatino di piombo sull’altare, tornò a figurare l’angelo nell’affresco del soffitto che, quasi come ad accusarlo, puntava l’affusolato dito indice verso di lui.
Abbassò il capo, prossimo a segnare il Destino di tre persone.
Percepiva ancora lo sguardo di Sherlock su tutto il suo corpo, come un richiamo, eppure John, con ostinata determinazione, non si girò nemmeno per rispondere ai cenni di Lestrade che voleva immortalarlo in un momento tanto importante.
Un istante dopo venne annunciato l’arrivo della sposa, Mary; di malavoglia fu costretto a voltarsi.
Con la coda dell’occhio lo vide in piedi ai primi banchi, non lo mise a fuoco e non incontrò mai il suo sguardo.
Sarebbe stato proprio quello sguardo negato a tormentarlo negli anni a venire, il non essersi voltato verso quegli occhi e, di conseguenza, il non aver potuto indovinare tutto il dolore, il rimpianto, l’implorazione e l’amore incondizionato che essi vi celavano.
 
***


“Vuoi tu John Hamish Watson prendere come tua legittima sposa la qui presente Mary Morstan per amarla, onorarla e rispettarla, in salute e in malattia, in ricchezza e in povertà finché morte non vi separi?

No.

-“Sì”, soffiò,-“lo voglio.”
Il portone di legno venne sbattuto, segno che qualcuno aveva abbandonato la celebrazione. Inutile passare al vaglio il volto di tutti gli invitati, John sapeva chi era uscito. E allora, con un amaro sorriso, gli fu chiaro chi dei due era, davvero, contro il resto del mondo.













 
   
 
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Sherlock (BBC) / Vai alla pagina dell'autore: Aries K