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Autore: Eryca    04/09/2013    6 recensioni
Mentre sfoglia il libro della serata, l’occhio le cade su una parola. Una sola, semplice parola.
Destino.

*
Una parola profetica ed una ragazza confusa.
Un rito intoccabile ed un ragazzo che lo interrompe.
Una libreria ed un incontro fortunato.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Destino

 

 



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Ad Ania.

*

 

 

Annusa una pagina dell’ennesimo libro che prende in mano, Agnese, e lascia che l’odore di carta fresca le invada le narici. Non c’è profumo al mondo che le piaccia di più: le ricorda  giornate estive passate a leggere sotto un albero di mele. Le sue dita scorrono velocemente tra le pagine, giocano con quei fogli, lasciano che i suoi occhi si posino pigri sulle parole, assimilando solo quelle che gli piacciono. Ogni sabato sera è sempre la stessa storia: prima di incontrare gli amici tiene un po’ di tempo per se stessa e si reca in libreria. É lì che ha inizio il rito svuotare la mente e far sì che quel libro, quello fra i tanti, si lasci trovare; è semplicemente questione di emotività: guardare gli scaffali e pensare solamente a tutte le storie che la circondano, immaginarsi i protagonisti e le loro avventure, le splendide ambientazioni... e d’un tratto eccolo lì. Le sta davanti, il libro. Agnese, allora, lo prende tra le mani e lentamente – come se stesse cullando un neonato – inizia ad esplorarlo. Ci possono volere anche ore perché si ritenga soddisfatta e, la maggior parte delle volte, invece di andare alla cassa e comprarlo, Agnese lo guarda per l’ultima volta con fare malinconico e lo sistema nuovamente sullo scaffale. Quando sente il bisogno impellente di comprare un libro, è sicura che quella storia le rimarrà impressa nell’anima come una cicatrice profonda e malinconica. Mentre sfoglia il libro della serata, l’occhio le cade su una parola. Una sola, semplice parola.

Destino.

Gli occhi di Agnese sono fissi su quel rigo. Destino. La legge più volte, ruota il libro a destra, inclina il capo verso sinistra. La traduce in inglese, in francese.

«Destino...» mormora a bassa voce, assaporando il suono di quelle lettere che, unite, hanno creato quella parola. L’ha già sentita e letta, Agnese, eppure c’è qualcosa di solenne, questa volta. La ripete ad alta voce, la fronte corrugata come se stesse tentando di risolvere un problema matematico.

«Destino?» La voce che pronuncia la sua parola non l’appartiene, così Agnese chiude rapidamente il libro e si volta con occhi sgranati, cercando di capire cosa abbia invaso il suo spazio intimo. La risposta le sta dinanzi e sfodera un’espressione piuttosto buffa. Un ragazzo dai capelli color cenere la guarda divertito e Agnese si chiede per quale strano motivo lui abbia dovuto pronunciare la sua parola con quel tono interrogativo, stuprandone la sacralità. Gli rivolge un’occhiata inteneritrice.

«Ehi, non mi guardi così male. È stata lei a parlare ad alta voce, così ho pensato che avesse bisogno di aiuto... Sembrava piuttosto confusa.»

Basta un solo istante – un solo impercettibile attimo – e la rabbia di Agnese si dissolve per fare spazio ad una strana sensazione di benessere, causata dal timbro dalla voce dell’estraneo. Parla in modo gentile, ma dalla gola gli fuoriesce un suono roco, come quando si ha mal di gola e non si riesce a far uscire tutta la voce: sembra che sprigioni vibrazioni tiepide e la conseguenza è una melodia molto bella da ascoltare. È particolare, così come l’aspetto del suo proprietario, che indossa un paio di vecchi jeans, una maglietta bianca sotto ad una giacca di velluto beige che gli dà un’aria da professore universitario.

Si schiarisce la voce, Agnese, conscia del fatto che lui sta attendendo una risposta e, inoltre, sembra piuttosto divertito dai suoi modi selvatici. «S-sì, mi dispiace...»

Il ragazzo sorride e una grossa fossetta compare sulla sua guancia sinistra, dandogli un aspetto davvero fanciullesco. Agnese non può non incurvare le labbra all’insù a sua volta: non ha mai visto un sorriso tanto contagioso e sincero.

«Che libro è?» chiede il ragazzo improvvisamente, indicando il volume che lei tiene stretto al petto. Il volume incriminato. Il volume della parola. Agnese risponde e lui sfodera un sorriso compiaciuto, lasciandole intendere di conoscere il titolo e, infatti, inizia a snocciolare considerazioni acute sulla storia. Parla con sicurezza, questo strambo ragazzo, ma allo stesso tempo nel suo tono c’è timidezza spiega i contenuti del libro in un modo così appassionato che Agnese ascolta rapita le sue parole.

«Mi perdoni, devo averle fatto venire il mal di testa... È che non riesco a trattenermi, quando si tratta di qualcosa che mi piace.» Si passa una mano tra i capelli, evidentemente imbarazzato. Sembra un bel ragazzo. Lo pensa in un attimo, Agnese, ma l’attimo dopo si rende conto di non avere l’esperienza giusta per poter dare un giudizio del genere. Forse le sue amiche che leggono tutte quelle riviste di moda e sfilate potrebbero dirlo, ma lei, lei cosa può saperne a riguardo? Eppure sembra proprio un bel ragazzo, con quel suo sorriso contagioso.

«Lei dovrebbe fare l’insegnante, lo sa?» Lo dice senza pensarci due volte, Agnese, solamente quando lui la guarda con espressione stranita si rende conto di essere andata troppo oltre. «Non volevo sembrare inopportuna, mi dispiace. È solo che era così coinvolgente. Mi ha fatto venire voglia di comprare il libro.» La ragazza abbozza un sorriso di scuse e l’estraneo scoppia in una sonora risata, che la fa arrossire. Vorrebbe dirgli che non è educato ridere di una sconosciuta, ma il suono del suo riso è così bello da non poter essere interrotto.

«Posso dirle una cosa piuttosto indiscreta?» Le chiede lui, gli occhi ancora divertiti. Agnese annuisce, sinceramente. Quello strano tipo la incuriosisce e, di nuovo, una sensazione di fatalità la invade, impossessandosi di lei.

«Lei è una persona piuttosto buffa.» Se fosse stata qualsiasi altra persona al mondo, Agnese si sarebbe offesa ed infuriata a quelle parole, ma lui la guarda con gli occhi luccicanti e la sua fossetta. C’è qualcosa, in quel ragazzo, che le trasmette tenerezza, protezione. «Voglio ricordarle che è lei quello che origlia ciò che dicono le persone.»

«Mi vuole biasimare? Non è cosa da tutti i giorni sentire persone che parlano da sole in libreria.»

È sinceramente divertito e lo è anche Agnese, che lo guarda con un’espressione a metà tra l’esasperazione e l’imbronciato. Com’è possibile che un estraneo non la scocci ma, anzi, le doni piacere con la sua presenza? Questo è strano, per Agnese.

«Le va di andare a prendere un caffè insieme a me, donna buffa che parla da sola?»

È in quel momento che la parola le torna in mente. Così. In quell’attimo.

Destino.

Sorride, Agnese. Sorride guardando la buffa fossetta di quel tizio strambo. Sorride perché, adesso lo sa, il caso non esiste. Sorride, Agnese.

Destino.

«Sì, mi andrebbe molto volentieri.»

 

*

 

«Possiamo dormire, adesso? Sono stravolto, Nene.»

Lui le rivolge uno dei suoi sguardi supplicanti, gli occhi assonnati che sembrano chiudersi da soli. Lui è lì. Sdraiato accanto a lei su un letto matrimoniale improvvisato con due materassi. Il loro letto. Si avvicina di più a lui e intreccia una gamba con la sua, prima di passargli una mano tra i capelli, scompigliandoli. Lui è lì.

«Ancora una pagina.» Sussurra Agnese al suo orecchio, schioccandogli, poi, un bacio sul collo. Si allontana giusto per poterlo osservare in viso e, notando la sua espressione divertita, rimane così. Gambe intrecciate, una mano di lui sul suo fianco. Occhi negli occhi. Non appena lui riprende a leggere, lei chiude gli occhi e si lascia cullare da quella voce melodica che tanto ama, capace di trasportarla come null’altro nei mondi paralleli dei libri. Agnese ricorda bene la prima volta in cui ha sentito il suono della sua voce. Era stato il loro primo incontro, nella Feltrinelli di Via Roma. Lascia che la mente la riporti a quei ricordi malinconici e l’immagine di lui che le chiede di andare a prendere un caffè le riaffiora nel cuore. Le sembrano memorie distanti secoli e, in effetti, quattro anni sono passati, da quel giorno. Quattro anni e centinaia di caffè presi insieme. Quattro anni e molti libri letti insieme. Quattro anni di loro. Lui è lì.

Non può trattenersi dal gettargli le braccia al collo, Agnese, dopo aver pensato tutte quelle cose, così gli toglie il libro di mano e si appropria delle sue labbra. Lo bacia. Ancora. Come se fosse la prima. Ancora. Lui la guarda con fare confuso, poi si apre in uno di quei suoi sorrisi con la fossetta, quelli che lo fanno sembrare un bambino piccolo.

«A cosa devo l’onore?» domanda scherzoso attendendo la sua risposta con un sopraciglio inarcato. Sta trattenendo una risata, Agnese lo sa e non può fare a meno di osservarlo con aria di sfida, divertita almeno quanto lui.

Guarda ancora una volta gli splendidi occhi verdi del suo compagno, poi si ferma sulla guancia, quella che ospita la fossetta; il suo sguardo, dopo, continua sul collo – quello su cui ha depositato migliaia di baci infuocati – e infine sul torace, sul ventre, sulle gambe.

Lui è lì. Agnese non può crederci. Non può credere che quell’uomo bellissimo – più dentro che fuori – sia suo. Rimane lì a guardarlo per chissà quanto tempo, pensando a tutte le risate che ha condiviso insieme a lui, a tutte le passeggiate in piazza Castello e Via Garibaldi, alle volte in cui è uscita dall’Università e lui era lì ad aspettarla con quel suo sorriso birichino; ripensa a quelle nottate proibite in cui si sono amati su quel letto, a tutti i baci sul naso che lui le ha dato. Lui è lì. Agnese non può credere. Non può credere che tutto sia iniziato in quella Feltrinelli, quattro anni prima.

«Non posso baciare il mio uomo?» dice, sfoderando un cipiglio da guerriera. Lui ride e la guarda con quegli occhi allegri, prima di muoversi. In un istante, lui si posiziona tra le sue gambe, sovrastandola completamente con il suo corpo. Casa. Il calore del suo corpo è casa, per Agnese.

«Quando vuoi, Nene.»

Si china a baciarla ed Agnese ride sulle sue labbra a quel soprannome infantile che lui le ha affibbiato e che, lo sa bene, le provoca sempre ilarità. Si abbandona a quelle labbra gentili, posa le mani sulla sua schiena muscolosa. Agnese avverte la passione di lui in quel bacio e, infatti, bastano pochi istanti perché le sfili la maglietta dalla testa. Sorride beata quando lui prende a baciarle la pancia con amore.

«Tommy.» Agnese pronuncia il suo nome dolcemente, come ogni volta; adora sentire il suono di quel nome che le è tanto caro. Il ragazzo alza la testa con malavoglia, riportato controvoglia nel mondo degli umani. Lei passa una mano tra i suoi folti capelli color cenere e si lascia invadere da tutto l’amore che prova per quel bambinone.

D’un tratto, ad Agnese torna in mente quella parola. Quella di quattro anni prima. Quella che, adesso se ne rende conto, ha fatto sì che loro due si conoscessero.

Destino.

Adesso capisce, adesso tutto è più chiaro: non è stato un caso, Agnese lo sa e non può che gioire beata, sorridere mentre lui la guarda sempre più confuso.

È stato destino.

«A che cosa stai pensando di tanto bello?»
Tommy ha un’espressione innamorata in viso, mentre le pone quella domanda, e lei non può che pensare a quanto sia fortunata ad essere amata da un uomo come lui.
Adesso lui la sovrasta di nuovo e i suoi occhi sono proprio nei suoi, così belli, così vivi.

Agnese li guarda. Sì, è quasi convinta: adesso glielo dice, gli dice che cosa voleva dire quella parola, glielo dice una volta per tutte, visto che non ha mai risposto alla sua prima domanda. Sì, glielo dice.

Poi osserva quel giovane uomo che la guarda in attesa, la fossetta sulla guancia e il torace nudo.

«Un giorno te lo dirò.»Mormora, prima di protendersi e baciarlo sulle labbra, per ricominciare da dove si erano interrotti.

E, mentre le mani di lui le slacciano i bottoni dei pantaloni, Agnese assapora quel suo  splendido destino.

 

*

 

 

 

 

 

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Dedicato ad aniasolary e al nostro sogno di trovare l’amore in una libreria. Questa storia è tua, Ania.

Ringrazio infinitamente Fox per l’eccezionale lavoro di correzione che ha eseguito e i suggerimenti utilissimi. Sei stata un aiuto prezioso.

Infine ringrazio tutti voi lettori che siete arrivati fino a qui. Vi chiedo gentilmente di lasciare un commento se leggete,  mi farebbe davvero molto piacere sapere cosa ne pensate (non c’è nemmeno bisogno di dire che le critiche costruttive sono benvolute).

Una tempesta di baci,
la vostra Eryca.

(che trovate su facebook -> qui)

   
 
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