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Autore: _MorgenStern    04/09/2013    3 recensioni
Gli incubi sono qualcosa da cui non si può fuggire; sono la proiezione dei nostri timori, delle nostre paure più profonde.
Questo, Ludwig lo sa bene.
"There's nothing I can say
I keep feeling like I'm to blame
When will this end?"
-Korn; When will this end

|GerIta|
Genere: Angst, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Germania/Ludwig, Nord Italia/Feliciano Vargas
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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La prima cosa che vedo è una scrivania. Nera, liscia, ordinata. Qualche documento, un paio di guanti, una fotografia. Mi concentro su quest’ultima, mettendo a fuoco i soggetti: io e mio fratello, una vaga espressione di soddisfazione sui volti, le divise nuove e perfette.
Nemmeno il tempo di un respiro e mi accorgo che i bordi dell’immagine si stanno accartocciando tra le fiamme, rapidamente.
Provo ad allargare la visuale, ma mi rendo conto di essere circondato dal fuoco.
Tutto brucia.
Vorrei scappare, dimenticarlo, ma non posso.
Un istante e mi trovo a fissare le stesse lingue cremisi e oro divorare una casa, il rumore intorno a me.
No. Non sento alcun suono, in realtà. E’ la mia mente a riempire il silenzio di ricordi diversi, immagini e urla e spari e crepitio di legno bruciante.
È tutto nella mia testa, ma sto soffrendo.
Mi volto, tentando di fuggire, di lasciarmi alle spalle quell’inferno già vissuto, e davanti ai miei occhi si apre la scena più orribile e dolorosa della mia vita.
Sei tu, a terra.
È il tuo sangue a colorare la terra, il fuoco e l’aria.
Sei ferito, ed è tutta colpa mia.
Sangue.
Paura.
Abbasso lo sguardo sapendo cosa vedrò: le mie mani sono lorde di sangue.
Il tuo, quello di milioni di persone, di innocenti, di interi Paesi.
Sono un mostro.
Cosa ho fatto?
Cosa ti ho fatto?
Voglio morire.
E so che tenteranno di accontentarmi.




Apro gli occhi terrorizzato, ansimando. Mi guardo intorno, stringendo le dita su quello che riconosco come il lenzuolo coperto del mio sudore. Inspiro profondamente, tentando di calmare il cuore che mi rimbomba nelle orecchie.
È stato un sogno. Sono a casa, ora, va tutto bene. Sei con me, vivo e sano.
Appoggio la mano sulla tua metà di letto, accarezzandoti piano, trovandoti bagnato.
Sei sudato anche tu, amore.
Tanto, troppo. Forse anche tu hai avuto un incubo.
Accendo la luce sul comodino, per poi tornare a guardarti.
Ed è il terrore a bloccarmi, incapace di reagire.
Non sei sudato, ma coperto di rosso, lo stesso rosso che è ovunque: su di me, sulle mie mani, sulle coperte prima bianche, sul tuo corpo minuto.
Sangue.
Ancora.
Mi stai fissando, gli occhi innaturalmente fermi in quell’espressione triste, dolorosa e al contempo accusatoria.
« È colpa tua. Mi hai ucciso tu » sembri urlare, le pallide labbra chiuse ed immobili, bagnate di quella vita cremisi che ti ho tolto.
Vorrei urlare anche io, lo giuro. Urlare di terrore, di odio per me stesso, chiedendo perdono.
Ma non posso far nulla, se non chiudere gli occhi pieni di lacrime già versate e aspettare che sia tu stesso ad uccidermi, portando via con te le mie colpe.




Luce al di là delle palpebre chiuse.
Mani fresche che mi accarezzano un braccio.
Un voce che chiama il mio nome, preoccupata e gentile insieme.
Sei tu, amore mio?
Ora che sono morto mi hai perdonato di quel che ti ho fatto?
Non voglio aprire gli occhi, non di nuovo. Ho paura di quel che potrei vedere.
Ma le tue dita sul mio volto, delicate nell’asciugare via le lacrime e il sangue risvegliano la voglia di vederti.
Lentamente, il respiro ancora spaventato e rapido – perché respiro ancora, se sono morto? -, dischiudo gli occhi, le ciglia umide ad appannarmi la vista.
Riconosco la tua figura illuminata controluce, il buio dietro di te.
Sei stupendo, amore, e sembri stare bene, almeno qui. Mi fa piacere.
Abbandono il viso contro le tue carezze, il respiro più tranquillo.
« …mi hai perdonato, Liebe? » sussurro, la gola che lentamente si sta riaprendo.
« Di cosa, Ludi? »
Il tuo tono turbato mi solleva. Ti preoccupi per me. Che cosa adorabile e immotivata.
« Di averti ferito. Del dolore. Del sangue. » è solo un mormorio strozzato quello che riesco ad emettere, sentendo le lacrime tornare a scivolarmi giù dal volto e aggiungersi a quelle che già inzuppano il cuscino.
Non posso far altro che rivedere quelle immagini orribili ogni volta che ci penso.
No, non mi hai perdonato, ne sono sicuro.
Scorgo il tuo sorriso tranquillo, appena illuminato dalla tenue luce alle tue spalle. Come sei bello. E vivo.
« Non ho mai avuto bisogno di perdonarti » mi dici nel tuo tono basso e dolce, mentre mi passi una mano sulla fronte per scostare i miei capelli sudati « Non hai sbagliato da solo, abbiamo fatto insieme tutti gli errori. »
No, tu ti sei tirato indietro, alla fine, lo ricordo. Quando la mia follia non aveva ritorno, tu sei tornato alla via dell’umanità, mi hai rinnegato, capendo cosa stavo realmente facendo e ti sei allontanato. A ragione.
Non ti odio per avermi abbandonato. È quel che avrei fatto anche io, se avessi pensato a dovere. Ma ormai ero una macchina mossa a rabbia, non un essere dotato di pensiero indipendente.
« Mi dispiace » chiudo gli occhi per l’ennesima volta, la voce rotta e stanca.
« Lo so, Ludi. Me l’hai già detto. Dispiace anche a me. »
Ti sento avvicinarti mentre mi parli e poi abbracciarmi, leggero.
« Va tutto bene, ora. Sono qui. Torna a dormire, veh… »
Sì. Dormirò. Hai ragione, amore. E sei qui, adesso, con me.
Mi hai perdonato.
Sento un peso nel petto alleggerirsi appena, rilassandomi nel tuo abbraccio.
Prima di scivolare di nuovo nell’abisso, mormoro un “Ti amo” forse in tedesco, non lo so. Ma mi perdo la risposta, se c’è stata.
Andrà meglio. Me l’hai detto tu.




« Anche io » ti rispondo, ma stai già dormendo. Sento i tuoi polmoni riempirsi regolarmente, il battito tornato lento e possente, a pompare sangue nel tuo corpo.
Sollevato, alzo lo sguardo sul tuo viso finalmente tranquillo.
Mi sono svegliato ai tuoi lamenti, poco più di una mezz’ora fa. Non volevo svegliarti, ma poi mi sono accorto delle lacrime e non ce l’ho più fatta.
Non sopporto di vederti piangere. Sei grande e forte, non puoi farlo. Piango io per entrambi, dovresti saperlo.
Questa è stata una di /quelle notti/, lo so. Hai domandato, ti sei scusato. Domattina non ricorderai di averlo fatto, come ogni volta che sogni la Guerra.
Non me ne hai parlato, mai, per l’amnesia in primis, ma so che non lo faresti nemmeno se ricordassi, preoccupato come sei di non spaventarmi, di preservarmi da tutto.
L’ho capito comunque, da solo, cosa tieni chiuso e nascosto sotto la tua sicurezza, cosa ti sveglia la notte e cosa ti ha portato a prendere quelle pastiglie che non mi mostri.
I ricordi del tuo trauma, quel trauma che ti sei inflitto da solo con i tuoi errori.
Mi dispiace immensamente che tu soffra così. Ti hanno punito davvero in modo pesante e permanente. Nessuno dovrebbe soffrire a questo modo per tanto tempo.
Eppure, una parte di me che sempre ho voluto sopprimere mi ricorda che è giusto, che te lo meriti. Hai voluto troppo, hai ferito persino me che volevo salvarti, pur di arrivare dove volevi. Hai sbagliato, hai fatto sanguinare il mondo e il dolore è quel che rimane del tuo insano obbiettivo.
Ti amo davvero, però. Ti ho amato anche mentre sbagliavi e mi sono fatto trascinare, abbandonandoti quando avevi più bisogno. Quindi, mi ripeto, non sono nella posizione di giudicarti, incoerente e codardo come sono.
Mi volto a spegnere la lampada sul mio comodino, poi ti bacio il petto, tornando a stringerti nel tentativo di riaddormentarmi.
Ci sveglieremo, tra poche ore. Sarai di nuovo occupato e felice, andrai al lavoro, sorridendomi e salutandomi con un bacio.
Andrà meglio. Te lo prometto.


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Hallo, ancora. Altre pare mentali per il mio Ludovico, che non so in quanti avranno voglia di leggere.
Al lettore più attento e che già ha letto qualche mia storia, potrebbero non essere sfuggiti due piccoli riferimenti ad altrettante fic da me pubblicate.
...se ve ne siete accorti, vi prego, DITEMELO. Così potrò commuovermi e crogiolarmi nel piacere di un tale attento angelo.
Grazie mille per l'attenzione. <3
  
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