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Autore: Sibilla9    04/09/2013    3 recensioni
Klaroline.
E se Klaus si trovasse a Roma, ai tempi dell' Antica Roma ?
E se dovesse combattere nel Colosseo ?
Klaus gladiatore ? Ebbene sì !
Caroline ? Ci sarà anche lei, ma in che panni ? Pro o contro Klaus ?
Buona lettura
TUTTI UMANI- POSSIBILE OOC
Genere: Azione, Sentimentale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caroline Forbes, Klaus
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Roma, 235 a. C.




Da ascoltare: Crimson Tide



Io ero il migliore e nessun altro sapeva combattere bene quanto me.
Lo avevo dimostrato più e più volte, ma oggi mi sentivo più ispirato del solito e perciò avevo espressamente fatto richiesta che nell’arena entrasse anche un uomo di più del solito. Mi sentivo ed ero palesemente invincibile, anche gli aruspici mi avevano dato come vincitore indiscusso e lo sarei stato.
Avrei fatto un massacro solo per affermare la mia supremazia indiscussa su tutti gli altri e, perché no, per far divertire anche il popolo.
Mi sentivo stranamente magnanimo.


Come sempre succedeva, le oppressioni giornaliere venivano ripagate con messe in scena effimere e crudeli, ma che, in modo assolutamente insano, calmavano gli animi delle folle più turbolente presenti all' interno
e fuori del senato.
Lo spettacolo era solo un' acuta ottica per incutere magnificenza, rispetto e, soprattutto, paura.


Mi rivolsi al cielo per scrutare le nuvole, erano chiare, anch’esse mi davano il buon auspicio.

In quel momento, vestito solo della mia scarna armatura, della daga e dello scudo, chiusi gli occhi e sorrisi di lato, sentendo le voci provenienti dalla struttura circolare dell’arena posta davanti a me. A dividermi c'era solo una cancellata traforata alta e massiccia.
Era come se la Fama stessa proclamasse il mio suggestivo nome fino a fargli raggiungere le colonne d' Ercole, dandogli l’ immortalità che giustamente meritava.

Il popolo era già andato in visibilio alla proclamazione di chi avrebbe combattuto nelle ore pomeridiane, me stesso, e questo mi rendeva euforico contro ogni immaginazione.

L’attesa che la grata si alzasse era così eccitante e agghiacciante allo stesso tempo che sentivo chiaramente i brividi lungo la schiena rizzarmi i peli dietro la nuca.
Un leggero e fastidioso brivido.


Vicino a me si espandeva chiaro l’ odore di cavalli sudati, fieno e uomini sudici.
La giornata torrida non aiutava a nascondere alle mie narici quel fetore nauseabondo.

C'erano combattenti, ben lontano da me, che si preparavano alla lotta di già con la convinzione di vedere presto il loro Plutone.

Quegli uomini, non osavano osservarmi neppure di sfuggita.
Sorrisi esaminandoli minuziosamente uno ad uno.
Meraviglioso: la paura della morte diffondeva un odore diverso e assolutamente definito.
Mi dilettava.

Davvero patetici.

In quel momento mi parai gli occhi chiari con una mano, perchè si era alzato un timido vento e perciò la terra battuta dell’ arena, fattasi polverosa per il sole cocente, mi costringeva, impertinentemente, a tenere le palpebre socchiuse.


Tutti i miei sensi erano in tensione per l' imminente scontro a cui dovevo prendere parte.
Il quale ero stato io stesso a volere, beninteso.

Il caldo mi faceva sudare come una bestia, ogni scalpitio dei cavalli e ogni sussurro dei combattenti
, come anche le grida festose e macabre del pubblico erano come amplificate dalla tensione crescente. La mia vista era oscurata dalla sottile polvere del terreno argilloso e dalla cancellata ancora abbassata di fronte a me.
Odoravo la puzza del piscio e del sangue rappreso, il cui luogo ne era pregno: l'anticamera degli inferi, lo chiamavano.

Ciononostante, la mia mano destra rimaneva sicura e rilassata sulla mia spada mentre con l’altra mano reggevo con calma lo scudo.


Un sorriso sghembo mi attraversò il viso mentre procedevo verso la cancellata di ferro arrugginita, passandomi una mano tra i capelli chiari e poi svogliatamente alla corta barba, rivolgendo, impaziente, uno sguardo irritato alla guardia pretoriana vicino a me.

Per i romani io ero ancora considerato un barbaro usurpatore e tutto ciò era assolutamente vero.
Io, lei, la immaginai precisamente nella mia mente, e il mio esercito personale provenivamo dalla Britannia, unica terra capace di tenere testa ai romani ma non a batterli del tutto, purtroppo.

"Se non li puoi sconfiggere, alleati con loro." questo era stato il mio motto e beh ...
Aveva funzionato a dovere.

Io, tempo fa, ero solo un semplice soldato mercenario che aveva trovato il modo di rompere le regole della tanto temuta supremazia romana.
Non c'erano regole che tenessero contro di me, nessuno poteva ardire a darmi dei limiti, nessuno.
In definitiva: avevo ucciso l’ imperatore ed ero riuscito ad appropriarmi di Roma stessa.
Allora perchè mi trovavo ad entrare nell' arena ?
Era ovvio: per puro divertimento !


Le trombe squillarono e i leoni, tenuti con corde spesse, fecero il loro ingresso dai cancelli opposti al mio.
Mi avvicinai ai fori della cancellata metallica e mi sentii eccitato per la gran voglia di combattere contro quelle fiere.

Di nuove le trombe e questa volta entrarono, mentre alcuni soldati tenevano a bada gli animali, due gladiatori, uno con una rete e uno scudo e l’altro con due daghe.
Dissero rivolti al seggio imperiale mentre i leoni ruggivano : << Ave, Caesar, morituri te salutant ! >>

Non c’era nulla di paragonabile alla piacevole sensazione della paura folle che in quel momento mi stava attanagliando le budella.
Sentivo chiaramente il sudore freddo sulla pelle e ne traevo beneficio.
La paura era un bene.
Guardai in alto e vidi i miei fedeli arcieri.
Qualora qualcosa fosse andato storto, mi potevo affidare a loro: avrebbero ucciso senza pietà chiunque mi avesse solo provato a ferire.

Strinsi i denti con decisione e feci segno di darmi l'elmo e aprire così il mio cancello.

Le trombe squillarono nuovamente.


Chiusi gli occhi e …

Sentii la folla zittirsi in modo innaturale, per poi udire il cigolio della trama metallica venire alzata.
Delirio puro e assoluto mi scorreva nelle vene.

Mi inumidii le labbra, strinsi l’impugnatura della spada, per poi premere il labbro inferiore con i denti, percependone ogni singola superficie.

Durante l' entrata nell' arena indossai il mio elmo e abbassai la visiera, sentendomi più potente di Marte..

Camminando con maestosa calma, iniziai a misurare mentalmente le distanze tra me e tutte e quattro le bestie - uomini e fiere - che mi stavo trovando dinanzi entrando.
Fantastico.
Avevo sempre sognato di vivere un momento come questo !


Alzai lo sguardo sugli spalti e, sentendo il mio respiro farsi vagamente pesante, la vidi: era vestita di rosso e nervosa, si toccava i boccoli dorati che le scendevano sulle candide spalle di alabastro.
Lei era la mia Caroline.

Potevo immaginarla ancora arrabbiata e superba come le divinità a cui aveva rubato la bellezza e l’ intelligenza: non le piaceva non essere ascoltata, ma d'altronde non gliele volevo dare tutte vinte. Quello che volevo prendevo, senza dover dar conto a nessuno, neppure a lei, mia amata sposa.


Sorrisi alla folla immane che mi applaudiva in modo sconvolgente ad ogni mio singolo gesto e la sensazione, al mio interno, si era fatta indescrivibile: potenza allo stato puro.
Deliziosa angoscia ristoratrice delle sciocche paure umane.

Dalla visiera non vedevo solo che il necessario ed era anche quello a divertirmi.

Impugnai ancora più saldamente la spada tracciando un segno sulla sabbia bollente dell’arena, sentendo il popolo zittirsi mentre la sabbia veniva aperta dalla lama affilata della mia daga che segnava il mio terreno preferito. Sorrisi divertito e guardai tutta quella gente assiepata sugli spalti per osservare un mio spettacolo e poi mi rivolsi, nuovamente, verso di lei che deviò lo sguardo in modo impertinente, intrecciando con eleganza le sue regali braccia vellutate al petto soffice lambito di pietre preziose.
Temeva per la mia sorte ?
Inclinai il capo da un lato e ammisi a me stesso che era quello che mi affascinava di più di quella donna: la testardaggine e l’impulsività.


A riscuotermi dal mio nuovo stato di appagamento furono i ruggiti dei leoni.
Li feci sciogliere e lo spettacolo ebbe inizio.

Gli animali erano feroci e affamati e con ciò ne conseguì che non dovetti attendere molto prima che la paura convincesse i gladiatori a fare la prima mossa.
Si scagliarono contro il primo leone e, con decisione, lo uccidemmo senza alcuna pietà, non capendo che ero io il loro bersaglio.
Quello mi fece sentire offeso: io non ero un uomo qualunque.
La folla esultò e io ne fui invidioso: loro dovevano lodare me !


La battaglia contro il secondo animale fu più lunga e mi dilettò davvero molto squartare quella bestia.
Quelle pelli sarebbero state molto utili come scendiletto.


Il popolo esultava per le mie prodezze e io mi osservai le mani sporche del sangue dell' animale.
Solo allora mi accorsi che gli schizzi mi avevano macchiato la corazza con l’elmo, fino a raggiungermi le labbra. Senza pensare leccai quel nettare vitale dal labbro inferiore e mi tolsi l’elmo, scrutando decisamente compiaciuto quegli esseri umani, scelti appositamente per farmi dilettare, che indietreggiavano da me.
Patetici semplici umani.


Camminai verso di loro con passo sicuro e deciso, mentre mi guardavano come a voler chiedere pietà…
Sciocca ingenue, semplice plebaia: i loro sguardi e suppliche non mi potevano fermare dall’ inevitabile.


Li colpii indistintamente, intanto che loro cercarono di fare del loro meglio per difendersi...
Se non fossero morti per mano mia in quell’arena, sapevano che il loro destino sarebbe stato ben peggiore, ma nonostante ciò tenevano ancora alla loro inutile vita ….

Il più biondo mi ferì lievemente al braccio destro, così da farmi incazzare davvero.
Nello stesso tempo che io gli strappai lo scudo, la mia Caroline fece partire una freccia dall'arciere più vicino a lei, facendo colpire il colpevole del mio graffio sull' avambraccio sinistro. Le bastava alzare una mano perchè i soldati le obbedissero...
Sogghignai soddisfatto guardando la mia venerata consorte.

La stoccata trafisse il costato dell' uomo, per permettermi poi di infliggergli io stesso il colpo mortale all’addome.
Mi voltai verso il moro in piena furia vendicativa e sospirai quasi annoiato.
Si era arrabbiato nel vedere il proprio compagno venire ucciso di fronte a lui...
No,
non mi muoveva a compassione.
Quella era solo carne da macello.
Per come la vedevo io: doveva solo ringraziare le sue divinità per avergli fatto fare una morte tanto veloce e quasi indolore !

Annebbiato dalla rabbia, l’uomo, si buttò verso di me come un folle.
Voleva morire e io sorrisi soddisfatto,
senza per questo emettere un singolo suono che manifestasse la mia esultanza.
La sua espressione era un misto di terrore e odio.

Lo ferii un paio di volte, godendo della mia forza e del suo stato d' incoscienza derivato dal recente lutto.

Lui era a terra mentre gli spalti erano muti.
Si udiva solo un pargolo piangere
disperato: suo figlio forse ?
Proprio in quel momento bloccai l’ uomo a terra, tenendolo con precisione calcolata, intanto che lui tremava dalla rabbia di non poter raggiungere la sua spada troppo lontana.

Inutile: non provavo rispetto per lui.

<< Vita o - presi una pausa per far accrescere l' attesa - morte ? >> alzai il capo sugli spalti e urlai a squarciagola cercando di dare al popolo libera scelta.

Le persone assiepate solertemente gridarono per la vita.
Tutto come calcolato.
Li avrei esauditi ? Forse ... Tutto spettava a lei ...
Lei aveva il potere di domarmi, ma la verità era che non lo desiderava. A lei, come a me, piaceva vedere scorrere fiumi di sangue.
Ci aveva messo un po' ad accettarlo ma ora era maestosamente spietata.
Le donne potenti mettevano paura a molti uomini ...
Io non ero tra questi.
Non dovevo provare la mia forza, io ero il maschio dominante e tutto il mondo lo sapeva.

Successivamente guardai in direzione del seggio imperiale e vidi che l’ imperatrice si era alzata e, guardandomi come in vera eccitazione, come se nulla fosse, alzò la mano aperta all’aria, chiuse il pugno e girò il pollice verso il basso.
Mi eccitava la personalità intricata di quella donna ...
Meraviglia pura ...

Ciò significava che non poteva essere salvato.

Presi la spada e la affondai, senza esitazione, nel costato dell' uomo oramai polvere tra le mie dita.
Ero stato magnanimo, potevo fare molto peggio.


Quelli erano i giochi.
Panem et circenses.


Mi alzai in piedi e sorrisi raggiante per la vittoria appena avuta.
Ero entusiasta: avevo aperto le palme e muovevo le braccia verso l’alto, alla concitata ricerca di consensi.

Non si sentì neppure un suono e io iniziai a sentirmi avvampare di rabbia....
Come osavano ? Vili pezzenti !
Vivevano solo perchè io glielo permettevo !
<< Non mi tentate... >> dissi sotto voce a me stesso, mentre un' espressione fin troppo irata raggiungeva i miei occhi e le mie labbra ...
Avrei potuto mettere a ferro e a fuoco le loro catapecchie senza alcun tipo di rimorso.
Ero già pronto a dare prova della mia ben nota crudeltà, quando ...


Ad un passo dal perdere il controllo udii:
<< Klaus ! Klaus ! Klaus ! >> la folla mi acclamava nuovamente e giustamente come suo eroe.

Osservai la popolazione festante ispirando la gloria eterna, la fama.

Guardai l’ imperatrice e le sorrisi, vedendola scendere dal palco imperiale decorato dai soliti stendardi rossi e oro.
Il seguito della mia adorata moglie le andava dietro, scortandola fino al mio cospetto.


Dai miei pretoriani, ad un passo da me, presi il mio mantello porpora e indossai anche la mia corona di lauro dorato.

Ero l’ imperatore di Roma, ma mi piaceva giocare con chiunque mi capitasse a tiro.
La grande e potente Roma era sotto il nostro volere.
Meraviglioso.


Estrassi il gladio dal corpo dell' uomo e poi lo innalzai in aria, intanto che il mantello porpora finemente decorato fluttuava.
Fui praticamente sommerso dalle grida festanti degli spettatori alzati in piedi, forzatamente, dalla mia recente vittoria.


Io ero il loro dio e loro dovevano prostrarsi, volenti o nolenti, di fronte a me.

Sapevo che la dimostrazione del loro rispetto era dovuto solo ed unicamente alla paura ed era proprio quello che desideravo.
Avevo l' amore della mia donna, cosa poteva interessarmi il loro patetico affetto ?
Quello era solo un gioco per me.

Arrivò
al mio fianco la mia indomita regina che mi fece un gesto di assenso per complimentarsi, muovendo dolcemente i suoi boccoli dorati e i suoi caldi occhi verdi.
La sua pelle di alabastro risplendeva alla potente luce del sole, quasi a beffarsi del suo tenero candore.
Un giorno anche il Sole stesso avrebbe portato rispetto a Caroline.
Mia, unica debolezza, divenuta la mia più grande forza.

Sopraggiunse la mia quadriga, le ammiccai afferrando le redini e porgendole la mano, la aiutai a salire sul carro dei vincitori.
Facemmo il giro della pista a testa alta dall’ orgoglio crescente, mentre venivamo osannati alla stregua di divinità.
Mi piaceva vederla superba e altezzosa, lei non era una qualunque.
Quello era il posto che le confaceva: di fianco a me e regina dei popoli.
Oh, sì.


<< Te l' avevo detto che ti avrei fatto vedere Roma. >> le sorrisi, osservando la terra battuta davanti a me.

Si stringeva al mio fianco, quasi avesse timore che la potessi far cadere dal carro, e ...
Incrociai il suo battagliero sguardo, sussurrandomi in prossimità dell’ orecchio:


<< Domani spetta a me divertirmi.>> Mi sorrise, baciandomi, distraendomi, la mascella con la barba ancora ispida.
Sorrisi gonfio di orgoglio:

<< Caroline, Caroline vuoi dirmi che non ti sei divertita questa sera ? >>
La osservai di sfuggita ammiccandole, guardando i cavalli, conoscendo bene la risposta che sarebbe stata affermativa.


Tenni le redini con solo una mano e le spostai i capelli d' oro dal volto, osservandola, nel frattempo che questi svolazzavano leggeri al vento.
Mi fece un sorriso radioso e senza remori:

<< Certo, vederti soccombere sotto i colpi degli avversari mi affascina. Dovresti saperlo, ormai, Klaus.>>

Mi accarezzò la spalla coperta dalla lorica e dal mantello,: le piaceva prendersi gioco di me.
<< Ma davvero ? >> Alzai le sopracciglia in modo sorpreso sgranando gli occhi divertito. I cavalli erano addestrati a seguire il percorso.

Lei di tutta risposta portò la mano sulla pelle graffiata del mio braccio, sospirando.
<< Abbastanza ... Ma voglio lo stesso avere la mia rivincita.>> sbatteva le sue lunghe ciglia e mi incantava.
<< Tutto quello che desideri. >> le lambii le labbra e lei le schiuse.
<< Anche Hayley ? >> ad un soffio da me.
<< Tutto significa tutto. >> mi avvicinai alla sua morbide bocca e la assaggiai.

Il suo odore mi deliziava il palato, era meglio del miele.
Vaniglia e Caroline.

Mi sorrise, spostandosi, accarezzandomi la guancia: le piaceva scrutarmi da ogni angolazione e io la lasciavo fare di buon grado.
Ripresi a dirigere la biga.
Era attratta dalla mia natura oscura, ce ne aveva messo di tempo per capirlo ma alla fine, dopo tanti rifiuti, litigi ed allontanamenti, aveva accettato il suo vero essere e i suoi sentimenti.

Caroline era proprio uguale a me.

La strinsi a me con forza e con rabbia dovuta al passato decretai:
<< Possiamo fare tutto quello che desideriamo, oramai niente e nessuno ci ostacolerà. >>


Incitai i quattro cavalli neri della quadriga e, tenendo ancora le redini con una sola mano, le cinsi la vita con il braccio, per poi fare ancora un giro di pista con la compagna della mia vita.

Gli dei sarebbero stati gelosi della nostra felicità.

















Per il magnifico Banner ringrazio la mitica MISS BLACK !

Qualora non funzionasse il link: https://www.facebook.com/pages/Miss-Black/142713825871734




Spazio personale:


Salve a tutte care ragazze !

Io sono una fan del mitico Klaus ( vorrei sapere chi non lo è ) e non so il perchè l' ho immaginato come imperatore di Roma !
Ma anche come gladiatore !
L' anno che ho scelto per ambientare la storia è quello in cui effettivamente Roma ha subito parecchie rivolte a causa dei suoi soldati per il desiderio di divenire imperatori.
Alcuni ci sono proprio riusciti, eh !

Qui Caroline l' ho pensata più dark e meno pia, già.
Mi piace immaginarmeli come una coppia di serial killer.

Spero che vi sia piaciuta !

Ciao e a presto :-*
Sibilla9


   
 
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