Era arrivato il momento di entrare, di iniziare una nuova vita su una nuova strada, fatta di responsabilità e indipendenza.
Con la paura che le gelava le ossa spinse la pesante porta dell'università artistica e si diresse in presidenza, segnando l'inizio del suo cammino.
Arrivata davanti all'ufficio la segretaria la annunciò e la fece accomodare.
<< Salve, lei deve essere Eve, la nuova arrivata. >> le disse il preside.
<< Salve, si sono io. >> rispose mentre si accomodava timidamente sulla sedia.
<< Benvenuta. Io sono il preside Dewis e sono lieto che abbia scelto la nostra università per i suoi studi. Purtroppo non posso essere io a presentarle l'istituto a causa di una conferenza, ma la lascio nelle mani del suo tutor Dylan. >> annunciò indicando poi il ragazzo al suo fianco. << Spero che si troverà bene qui e che non vi siano problemi, buona giornata ragazzi. >> e li congedò.
Mentre percorreva gli innumerevoli corridoi insieme al ragazzo Eve notò che non vi era nulla che facesse pensare all'arte; ne un quadro, una scultura, una foto, nulla.
Le pareti erano spoglie e di un bianco che col passare del tempo era ormai ingiallito.
<< Questo è il foglio con gli orari, ti ho messo anche una piantina con evidenziate le aule che utilizzerai così non rischi di perderti. Per qualsiasi altra cosa chiedi a me. >> sentenziò Dylan.
<< Va bene, grazie. >> rispose lei mentre pensava che fosse troppo scorbutico.
<< Un'ultima cosa. Come avrai notato questo è un istituto particolare, dove hanno idee assurde su praticamente qualsiasi cosa, te la devi cavare con le tue forze. Gli insegnanti non ti daranno una mano. E se non ti dovesse piacere qualcosa o fai le valige e te ne vai o ti adegui. Questo per dirti che la porta che hai di fronte a te è quella della nostra camera. >>
<< La nostra camera?! >> esclamò sorpresa.
<< Eh già. Stranezza. Ti aiuto a sistemarti. >>
La camera era grande e luminosa, mobili colorati e moderni con due letti singoli e un bagno, ma quello che l'aveva colpita di più era il maniacale ordine che abitava lo spazio di Dylan facendole capire che non sarebbero mai andati d'accordo.
L'aiutò a sistemare le valige e il portatile in modo che potesse utilizzare la linea della scuola.
Poi entrambi si ritirarono nel loro spazio senza rivolgersi parola.
Eve si mise a disegnare, la tranquillizzava e l'aiutava a riflettere, cose di cui aveva decisamente bisogno.
Si voltò ad osservare Dylan, che nel frattempo si era addormentato.
Era un ragazzo alto, abbastanza muscoloso, con i capelli mori e lisci; i suoi occhi erano del colore della notte, aveva un'aria intelligente, ma era freddo e distaccato.
Distolse lo sguardo e riprese a disegnare, raffigurava una storia, probabilmente anche troppo reale per lei.
Disegnava la sua vita.