Di
giochi e ragionevoli
idiozie
I componenti
del club di nuoto sapevano che non c'era da star tranquilli, quando quel ghigno tingeva il volto sempre
allegro del loro adorato — beh, sì, come no — capitano.
Mikoshiba Seijuurou era un ragazzo che aveva preso particolarmente a
cuore il proprio
ruolo alla Samezuka e non mancava mai di apportare qualche novità alle
modalità
di allenamento della squadra.
Rin Matsuoka da un po' aveva deciso di lasciar cadere ogni tipo
obiezione alle
sue decisioni: tutto sommato, il giovane aveva sperimentato in prima
persona
che i metodi adottati dal più grande portavano a risultati decisamente
buoni e,
come di conseguenza, il capitano si era dimostrato ben al di sopra
delle sue
aspettative — nonostante quel suo dannato entusiasmo gli procurasse dei
fastidiosi mal di testa.
Tuttavia, quel giorno, quando vide spuntare la famigerata chioma rossa
dagli
spogliatoi, uno strano brivido gli risalì lungo la schiena.
Guardandosi intorno, ebbe quasi la sensazione che tutti gli altri
ragazzi
avessero avuto la medesima reazione e,
con
la coda dell'occhio, notò che persino il compagno di stanza di
Mikoshiba si era
portato una mano al viso, con fare esasperato — e la cosa gli piacque
ancor
meno.
Lo stesso Nitori, che era uno dei pochi che rispondevano
entusiasticamente alle proposte
di Seijuurou, si incupì appena.
"Senpai, secondo te che intenzioni ha?"
Rin non gli rispose, impegnato com'era ad osservare il capitano
avanzare inesorabilmente
nella sua direzione: sorrisone a sessantaquattro
denti, fischietto al collo, sprovvisto di tuta... oh, si
sarebbe allenato
con loro, quel giorno?
Difatti, Mikoshiba si fermò proprio davanti a lui, continuando a
sorridere, e
Rin avvertì una pesante atmosfera di compatimento calare tutta attorno.
Gli altri ragazzi scossero il capo mestamente nel rivolgergli delle
occhiate
pregne di solidarietà, ed alcuni preferirono addirittura evitare il suo
sguardo
alquanto infastidito.
Fu proprio allora che Seijuurou parlò, sventolandogli davanti agli
occhi una
benda nera.
"Ehi, Matsuoka! Oggi si gioca a Marco
Polo e, beh, inizierai tu
con lo
stare sotto! Okay?"
Certo, come se avesse potuto rifiutare.
Un incubo.
Doveva essere un incubo.
O una qualche sorta di vendetta da parte di Mikoshiba: era ancora
indeciso su
questo punto.
Il capitano aveva detto di aver estratto a sorte il nome del fortunato, ecco perché ci aveva messo un
po' ad uscire dallo spogliatoio.
Il sorriso soddisfatto con cui aveva dichiarato quella che, secondo lui, era un'ovvietà, aveva
convinto tutti gli altri membri del club, meno che il diretto
interessato.
"Ho fatto qualcosa? È una punizione di qualche tipo?"
Alla domanda del kouhai, Seijuurou
aveva sbattuto un paio di volte le palpebre con fare confuso; poi,
passandosi
una mano tra i capelli, sollevò un sopracciglio in un'espressione che
quasi
sembrò offesa.
"Credi di meritarne una?"
Rin non si aspettava quel genere di risposta e infatti ne venne
zittito;
quindi, nel distogliere lo sguardo dagli occhi ambrati del capitano,
fece
schioccare la lingua contro il palato.
L'altro non diede particolarmente peso all'atteggiamento del compagno
e,
tornando a sorridere appena, si rivolse ancora al giovane.
"Allora, vogliamo iniziare?"
E a quel punto, digrignando i denti, Rin si ritrovò a farsi
bendare
da un entusiasta Seijuurou che poco dopo, con un soffio nel proprio
fischietto,
diede il via a quel simpaticissimo
gioco.
Le regole erano piuttosto semplici e, per l'occasione, Mikoshiba aveva
fatto
rimuovere dalla piscina le boe che separavo le diverse corsie.
Rin si era calato in acqua, per poi essere costretto
a contare fino a dieci ("A voce
alta, Matsuoka!" aveva sottolineato il caro Seijuurou),
udendo gli
altri ragazzi tuffarsi e disporsi in vari punti.
Prese un lungo respiro.
Non voleva.
Che cosa ridicola.
Capitano da strapazzo.
Davvero, la frustrazione gli avrebbe divorato lo stomaco.
No. No. No.
"MARCO!"
Lo gridò con quanto più fiato avesse in corpo, lottando contro il
calore che
avvertì affluirgli al viso mentre si prestava a quella sciocchezza.
Occhio per occhio, Mikoshiba.
Era il momento della vendetta.
"POLO!"
Un coro dissonante di voci si alzò in risposta al suo richiamo e Rin
rizzò le
orecchie, cercando di capire da dove provenisse un nota in particolare.
Nuotò con furia in quella direzione.
Gli furono necessari dieci tentativi, per riuscire ad
afferrare la preda
che aveva puntato, ma alla fine gli saltò al collo con tanta di quella
foga che
in molti temettero seriamente per
la
vita del capitano.
Mikoshiba rise a lungo a quella reazione, mentre cercava di liberarsi
dalla
presa di Rin, il quale si era anche sfilato la benda ed era stato
tentato
dall'idea di usarla come supporto al soffocamento — anche se farlo a
mani nude
era decisamente più soddisfacente..!
Il giovane Matsuoka non capì il motivo del buon umore di Seijuurou,
mentre si
preparava per il suo turno come "Marco", però improvvisamente tutta
la squadra parve più serena, ed allora non poté fare a meno di
avvertire un
lieve disagio premergli contro il petto.
Quando Seijuurou, qualche ora dopo, recuperò il proprio fischietto da
bordo
piscina e vi soffiò per avvertirli della fine dell'allenamento, un
sottile borbottio
di disapprovazione si levò fra i componenti della squadra, accompagnato
dalle
parole contrariate dell'attuale "Marco" che non aveva ancora finito
il proprio turno.
"Avremo occasione di rifarlo, avanti! Ora tutti a cambiarvi!"
Chi riluttante, chi soddisfatto, ad uno ad uno i ragazzi si diressero
negli
spogliatoi, mentre Seijuurou restava indietro per sistemare nuovamente
le boe
in piscina ed effettuare i vari trattamenti di pulizia dell'acqua.
Rin si fermò ad osservarlo, e rimase colpito dalla cura che Mikoshiba
prestava
ad ogni singolo particolare.
Una parte di sé che avrebbe volentieri rinnegato — o meglio, annegato — si sentì in colpa per aver
inizialmente dubitato della sua competenza.
Matsuoka doveva ammettere di riconoscere non solo il carisma del più
grande, ma
anche la capacità di stimolare gli altri compagni di squadra: aveva
notato,
infatti, che durante quel gioco persino i nuotatori più lenti erano
stati in
grado di esibire scatti di notevole velocità.
"Matsuoka! Che ci fai ancora qui?"
Rin lo guardò, mordendosi l'interno della guancia, e notò che nel punto
dove
aveva afferrato il capitano c'era ancora un lieve rossore.
"Io..."
Fece un breve gesto a mezz'aria, forse per lo più incomprensibile, in
direzione
del proprio collo, però Seijuurou parve afferrare — bel
modo per chiedergli scusa..!
"Ahah, volevi proprio ammazzarmi, vero? Comunque, non ci sono problemi,
tranquillo."
Sorrise lievemente, passandosi una mano tra i capelli bagnati —
probabilmente
era un suo vizio, perché lo faceva spesso —, per poi dirigersi anche
lui verso
gli spogliatoi.
Ma prima che potesse anche solo varcarne la soglia, Rin parlò ancora.
"Perché lo fai?"
Mikoshiba inizialmente non comprese la domanda, e difatti inarcò
entrambe le
sopracciglia in un'espressione perplessa
Da parte sua, Matsuoka riconobbe di non aver formulato il quesito nel
modo
migliore, ma non riuscì ad andare oltre quella frase, che già gli era
costata
un bel po' di fatica.
Seijuurou restò lì per qualche secondo, come a rielaborare dentro sé il
senso
di quelle parole; quindi, poco dopo, sollevò lo sguardo in direzione di
Rin con
un sorriso sincero.
Non era una delle sue espressioni esageratamente entusiaste, né un
ghigno
malizioso o una maschera di cortesia.
Quell'espressione appariva genuina e gentile e Rin se ne sentì quasi
sopraffare.
"Perché dobbiamo anche divertirci, no? Il nuoto è lo sport che abbiamo
scelto per raggiungere i nostri obiettivi, però non dobbiamo
dimenticare che è
prima di tutto una passione. Molti di noi hanno un sogno in comune,
Matsuoka,
ma se per afferrarlo dimentichiamo la gioia che si prova nel nuotare...
che
senso ha? È un po' per ricordare che da bambini l'unica cosa importante
era l'acqua
e nient'altro: né i tornei, né i record personali, né i premi."
Pronunciò quelle parole piano, soppesandole e scegliendole con
cura:
anche per lui era piuttosto difficile spiegare perché volesse che i
suoi
compagni, di tanto in tanto, tornassero a vedere l'acqua non più come
un
ostacolo, ma come un mezzo.
Calò il silenzio e il capitano, non avendo più nulla da aggiungere,
rivolse un
cenno di congedo all'altro giovane, per poi dirigersi finalmente verso
l'agognato spogliatoio.
Allora, rimasto solo, Rin cercò di metabolizzare le parole di
Seijuurou: in
cuor suo, non riusciva a negare la verità
che si celava dietro di esse, ma la parte più razionale ed ottusa del suo cervello non voleva
ammettere che quelle banalità e
quelle sciocchezze potessero anche solo avere un fondamento.
Il suo sogno, il suo Milione era
costellato di tappe e tali tappe dovevano misurarsi necessariamente
su un conta-vasche.
Non era più il tempo di giocare a mosca
cieca.
Non per lui.
Stupido, stupido capitano.
"Che idiozie."
*Owari*
Eccomi qua,
ancora una volta! °ò°
L'unica in questo fandom che quando non scrive het... non scrive
neanche yaoi!
XD
Well, che dire?
Questa storia mi è venuta un po' di getto quando, questo pomeriggio, ho
sentito
i figli dei miei vicini di casa giocare a Marco Polo nella piscina sul
terrazzino.
Penso che Seijuurou sia il tipo che possa fare una cosa del genere! Non
so, lo
vedo come una persona che non vuole sempre attennersi a metodi noiosi e
ripetitivi! Inoltre, nonostante sia tanto un tenero idiota quando si
tratta di
Gou, lo vedo come un personaggio molto maturo e consapevole del proprio
ruolo.
Cosa aggiungere?
Spero che questa fic, incentrata molto anche su Rin, possa esservi
piaciuta! ^^
Grazie mille per aver letto ed essere arrivati fin qui!
Un bacio!
Iria.