Disclaimer: i personaggi citati appartengono ai legittimi proprietari. Tranne un paio che sono di mia invenzione e uno che ormai è stato adottato dal fandom.
Note: ci siamo, mancava solo il mio tributo, temo. Quindi adesso vi
sorbirete questa “splendida” fic che è nata come drabble, si è trasformata in
oneshot e si è evoluta in longfic. E tutto da sola!
Il titolo si rifà a un film di qualche anno fa (beh, ormai di tanti anni fa, è del 2000), e
la mia storia riprende sulla falsa riga quel tema. 4 capitoli più epilogo.
Spero di non aver fatto un macello tra le parti comiche e quelle più serie. A
voi il giudizio finale.
Vorrei dedicare questa fic a chi ha indicato me tra i propri autori
preferiti… Vi giuro che non pensavo fosse una cosa possibile, sono veramente
contenta, vi ringrazio per la fiducia.
Non so se fare i nomi, non vorrei imbarazzare qualcuno, ma la dedico alle
ragazze che conosco e che mi hanno mostrato la loro fiducia (e che mi seguono
sempre!) e anche a chi non conosco, ma che a quanto pare mi legge lo stesso ^^
beh, ad essere sincera, di una ho il dubbio che si sia sbagliata e voleva
inserire qualcun’altra tra i preferiti, ma non so come dirglielo XD
E un particolare
grazie a Eril, che ha letto e commentato alcune mie fic! Grazie mille.
Buona lettura!
PS. Andate fino in fondo alla pagina, anche nel
caso non leggeste la fic fino alla fine, e troverete una sorpresa per voi!
THE FAMILY MAN
Capitolo 1.
Come ogni mattina, Roy Mustang si svegliò nel suo letto matrimoniale, circondato
da lenzuola costose e profumate, nella sua ordinata camera. Ma quello che amava
sopra ogni altra cosa era la quiete presente nel suo immenso, asettico
appartamento, al mattino. Una calma che gli permetteva un risveglio dolce e
gradevole, una tranquillità che generava un sorriso sincero, tra uno
stiracchiamento e uno sbadiglio. Un silenzio che…
"ROY! Vuoi alzarti?!"
No, un attimo, quell'urlo non faceva parte della sua "quiete" mattutina... e
neanche le lenzuola erano le sue! Quello era... volgarissimo cotone!
"Ma che cavolo..." Roy aprì un occhio, incastrato com'era nelle coperte l'unica
cosa che riusciva a vedere era un muro, davanti a sé, di cui ignorava
l’esistenza, mentre un odore di caffè e calde brioches gli accarezzava le
narici.
Decisamente quella non era la sua casa.
Che fosse rimasto a dormire da qualche sua amica? Ma sì, era già capitato altre
volte, e la mattina puntualmente non ricordava niente... Doveva solo andare da
lei, dopo aver recuperato i suoi vestiti, evitare accuratamente di chiamarla per
nome, così da non sbagliare, e poi inventare qualche scusa e fuggire al lavoro.
Tutto come al solito. Piano già collaudato altre volte.
Eppure quel letto era così comodo... forse poteva restare ancora un po'.
"Roy!" lo richiamò la voce di prima, da un'altra stanza.
"Ancora cinque minuti..." mugugnò lui, sistemandosi meglio sotto le coperte.
Attese quello che gli sembrò mezzo nanosecondo, prima che le sue orecchie
subissero una violenza mai provata prima, e fosse quasi scaraventato giù dal
letto.
"Su, svegliati!"
"Vieni a fare colazione con noi!"
Ma che succedeva? Sembrava che qualcosa di non ben identificato, pesante almeno
un quintale, fosse piombato sul suo letto, e avrebbe giurato che si trattasse di
un qualche cataclisma, visto l'eccessivo rumore anche per una semplice bomba.
"Avanti!" quel qualcosa gli tirò via le coperte, che lui prontamente ricatturò.
"Dai!" ma allora il qualcosa erano due! e poteva giurare che il secondo si fosse
appena buttato sulla sua gamba destra, provocandogli le lacrime agli occhi dal
dolore.
Il massacro di Ishbar era stato meno violento!
Bene, se questa era una guerra, lui, Roy Mustang, Colonnello e Alchimista di
Fuoco, non si sarebbe tirato indietro!
Si alzò a sedere di scatto, mentre abbassava la montagna di coperte, che gli
oscuravano la visuale, e quello che notò furono due esserini vicini a lui. Ma
non erano mostri, non erano nemici, né alieni, e nemmeno cataclismi naturali.
Erano bambini...
Bambini?!
"Ce l'hai fatta a svegliarti! Sbrigati o mangiamo tutto noi!"
"Mamma, papà si è svegliato!"
Mamma?! Papà?! Se era uno scherzo non era divertente!
"Avanti bambini, in cucina, la colazione è pronta" disse la voce che Roy aveva
sentito per prima, mentre il proprietario faceva capolino dalla porta.
E...
"Hawkeye?!" chiese un incredulo Roy, con gli occhi che quasi schizzarono via
dalle orbite.
Cavolo, ma che era successo? Va bene aver passato la notte con una sconosciuta,
e va bene che forse era un po' brillo, ma il suo Tenente che ci faceva lì?
Possibile che era stato così tanto scemo da aver passato la notte con lei?
E non ricordare niente?
E quindi quei due esserini che mentre scendevano dal letto gli avevano
casualmente dato una gomitata nella pancia e pestato un piede, erano i suoi
figli?
No, un momento, due bambini grandicelli come quelli che aveva di fronte non si
fanno mica in una notte!
Roy li scrutò di sottecchi, misurandoli con lo sguardo, per poter definire una
età, ad occhio e croce…
"Sì, tesoro, sono io, che succede, non ti ricordi? Da quando mi chiami per
cognome?" gli si avvicinò Riza, poggiando leggermente le labbra sulle sue, "non
sono più la tua crostatina di miele?" scherzò, dandogli un altro bacio.
Roy a momenti rischiò l'infarto. Ma dove si trovava? e che cavolo era successo?
Forse era tutto un sogno, sì, sicuramente. Eppure la manata di uno dei bimbi in
piena faccia, per quella che doveva essere una carezza, faceva male davvero…
"Tesoro, dai, alzati, la colazione si fredda, altrimenti" spiegò Riza, mentre
gli sussurrava maliziosamente all'orecchio un "se domani vuoi la colazione a
letto, stasera dovrai darmi qualcosa in cambio..."
Roy si alzò di scatto, solo per non dover stare così vicino alla sua sottoposta.
Che fosse tutto uno scherzo? Sì, ma Riza non si sarebbe mai prestata a cose del
genere...
Si accorse di avere solo un paio di boxer, per di più con delle farfalline rosa
disegnate sopra, regalo della mamma del precedente compleanno. Prese un cuscino
e cercò di coprirsi come meglio poté, sentendosi leggermente in imbarazzo ad
essere osservato da tre paia di occhi.
"Ehm, i miei vestiti?" azzardò a chiedere.
"Sono sulla sedia, caro, te li ho sistemati" gli sorrise Riza, "ti aspettiamo in
cucina" concluse, uscendo con i due bambini dalla stanza, che nel frattempo
avevano terremotato il povero letto.
Roy si vestì di corsa, almeno per sentirsi meno imbarazzato, prima di guardarsi
nuovamente attorno... niente, la stanza sembrava non voler sparire.
Si avviò lentamente per la casa, seguendo il rumore di piatti e l'allegro
vociare, fino a fare capolino dalla porta della cucina.
C'era un grande tavolo, al centro, intorno al quale si trovavano i due bambini
di prima, che mangiavano la loro porzione, uno più educatamente e l'altro un po'
sporco sul viso e sui capelli neri. Riza era là con loro, sorridente mentre
sistemava la brocca con il succo di frutta al centro.
Quando si accorse di Roy gli sorrise, incoraggiandolo a sedersi su una sedia
vicino a lei.
"Tesoro, tieni il caffé" lo salutò porgendogli una tazza fumante di liquido
nerissimo. "E qui ci sono i biscotti" proseguì, posandogli davanti un piattino
colmo di cibo.
"Papà, mi fai assaggiare il tuo caffé?" chiese uno dei bambini.
"No, Maes, lo sai, è inutile che chiedi a tuo padre, potrai bere il caffé solo
quando arriverai in altezza alla credenza" lo sgridò Riza, indicando il mobile,
alto almeno quanto lei, dietro di sé.
Il piccolo sbuffò, incrociando le braccia.
Ma perchè quell'espressione era così familiare?
"Ehm, R-Riza..." provò a prendere confidenza con il suo nome, "ma i b-bambini...
di chi... cioè, c-come mai sono qui...?" chiese titubante.
Riza lo guardò perplessa.
"Tesoro, hai forse la febbre?" disse, appoggiando la fronte contro quella di
lui, se non altro contribuendo ad aumentarne la temperatura, "stamattina sei
strano, non ti ricordi di Maes e Edward, i nostri bambini?"
"I NOSTRI BAMBIN-?" urlò Roy sconvolto, per poi far morire la frase in gola,
appena dopo aver visto l'espressione turbata sul volto dei due piccoli. "I
nostri bambini, ma certo, Maes e Edward... Edward?! Ma che razza di nome è?"
"Papà, non ti piace il mio nome?" piagnucolò il più piccolo dei due, quello con
i capelli castani e grandi occhioni neri, gli stessi del padre.
"Ma certo che gli piace, Ed, è stato lui ad insistere a chiamarti così" gli
sorrise Riza, "tuo padre stamattina non sta bene, non te la prendere,
d'accordo?" ricevette in risposta solo una tirata su con il nasino. "Diglielo
anche tu, tesoro" lo incitò Riza.
"C-certo”, Roy cercò di salvare la situazione, che gli stava decisamente sfuggendo di
mano, “il tuo nome mi p-piace tantissimo, ehm, solo che, ecco, mi ricorda... no,
niente, lasciamo stare... Biscotti squisiti, ne vuoi uno, piccolo?" cambiò
discorso velocemente, salvandosi in extremis con un sorriso tirato.
Ed prese il biscotto che gli porgeva il padre e se lo portò subito alla bocca,
ritrovando il buonumore.
"Tesoro, accompagni tu i bambini a scuola, oggi?"
"Co- cosa?" a Roy a momenti andò di traverso il caffè.
"Dopo passeresti a fare la spesa? La lista è sul tavolino del salotto, servono
anche altri pannolini e la crema idratante per bambini, ci pensi tu?"
"No, aspetta! Non so, io... ecco..."
"Tesoro, se stai male puoi rimanere a casa, ci vado io a fare le commissioni"
propose Riza. "Almeno controlli anche Emily."
"Chi?"
"Oh, deve essersi svegliata..." annunciò Riza, sentendo un pianto provenire da
una delle stanze.
Sparì velocemente dietro una porta, lasciando Roy, solo, in compagnia dei suoi
due figli, che lo scrutavano non tanto convinti.
Roy sentì stranamente caldo, sotto quei due sguardi indagatori, e desiderò
ardentemente scomparire in una voragine nel suolo, ma Riza tornò subito dopo,
portando con sé un fagottino vestito di bianco.
"Ecco qua, deve avere fame. Amore, puoi tenerla un attimo mentre preparo il
latte?"
Roy afferrò lentamente l'oggetto, per scoprire che si trattava di un altro
bambino... una femmina, per l'esattezza, che non aveva che pochi mesi, a
giudicare dagli occhietti vispi di un blu intenso che lo fissavano e le manine
che cercavano di toccarlo. Si scoprì stranamente impacciato con quel fagottino
in braccio, non sapendo bene come tenerla per non farle male. Sembrava così
fragile...
"Devi tenerle la testa" spiegò Maes, il figlio più grande.
Roy, seguendo le indicazioni del figlio, le mise una mano sotto la testa,
coperta da ciuffi di un biondo intenso, mentre la piccola emetteva suoni di
felicità.
"Ora puoi darmela", si avvicinò Riza, togliendo dalle braccia di Roy la bambina
e iniziando a darle il latte nel biberon. "Bambini, forza, è ora di vestirsi e
andare a scuola!" ordinò, e subito dopo i due maschietti uscirono dalla stanza.
Roy gliene fu grato, finalmente un po' di pace, avrebbe potuto parlare con lei
della strana situazione in cui si era trovato catapultato.
"Controlla che i bambini non si facciano male." Lo bloccò Riza.
"Eh?"
"Vai a vedere che si vestano, su, o vuoi occuparti della piccola?" chiese,
mentre mostrava la figlia che beveva beata la sua colazione.
"No, no, vado" scappò via lui, non sapendo se sarebbe mai stato capace di tenere
la bambina con un braccio e allattarla con l'altro... e poi come lo spiegava a
Riza se gli fosse caduta dalle braccia? No, meglio occuparsi di due maschi,
almeno sapeva come gestirli...
Entrò nella stanza dei figli, attirato dal rumore, e li trovò che si stavano
tirando dei vestiti, litigando per qualcosa.
"EHI" gridò Roy, quando una scarpa per poco non gli colpì la tempia. "Che
succede qui? Dovete solo vestirvi!"
"Papà, Maes è cattivo" piagnucolò Ed, andando a nascondersi dietro le gambe del
padre.
"Cosa? E p-perchè?" provò a chiedere Roy, incerto su cosa fare.
"Io non ci vado a scuola, oggi, non ci vado mai più" chiarì Maes, sedendosi sul
letto, con un’espressione corrucciata.
"Ehm, perchè dovete fare così, proprio oggi?!" chiese Roy, "la m- mamma si
arrabbierà con voi e con me, vestitevi, per favore" li supplicò, pregando
internamente di sparire da quel caos all’istante.
"NO" urlarono i due, in coro.
Se quello era un sogno voleva svegliarsi subito.
"Che succede qui?" arrivò Riza, tenendo ancora in braccio la figlia. "Perchè voi
due non siete pronti?" chiese indicando i figli. "Vi voglio vestiti in cinque
minuti, vi aspetto all'ingresso. Non ci saranno problemi, vero?" li minacciò con
una singola occhiata, che bastò a far correre i due piccoli per tutta la stanza
alla ricerca delle loro cose.
Riza sorrise soddisfatta e lasciò di nuovo la stanza. Roy stavolta non perse
l'occasione di seguirla.
"Sei troppo buono con loro, se ne approfittano, lo sai" lo sgridò dolcemente
Riza, posando la bambina nella sua culla, nella sua stanzetta rosa.
"Ehm, senti, io non credo di sentirmi bene, non ricordo alcune cose..."spiegò
Roy.
"Deve essere l’incidente di ieri sera, non ti ricordi? Hai sbattuto la testa."
"Ah, no, non proprio... Ecco, ho... ho ancora un lavoro?" chiese timidamente.
"Ma certo che hai un lavoro, tesoro, sei un Generale!" gli sorrise,
abbracciandolo al collo. "Sono sempre stata fiera di te, lo sai..." abbassò la
voce, sfiorandogli le labbra, "ma non lo sono mai stata tanto quanto vederti con
i tuoi bambini, sei un padre adorabile. E un marito perfetto…" lo baciò
dolcemente.
Roy si ritrasse di scatto, arrossendo.
"Scusa, ma io..."
Riza lo guardò stupita. "Cosa esattamente non ti ricordi?"
"Ehm, Hawk- ecco, Riza... non ricordo niente. L'ultima cosa che so è che ieri
sera ho lasciato il mio ufficio, a Central City, ed ero un Colonnello, e tu eri
il mio Tenente, e assolutamente non c'era niente tra noi" spiegò, calcando le
ultime parole.
Riza si portò le mani alla bocca, sgranando gli occhi e allontanandosi da lui.
"Riza... mi dispiace, non voglio darti fastidio o-"
"Non ricordi niente di me? o dei tuoi figli?" domandò, indicando la piccola
Emily che dormiva nel suo lettino.
Roy scosse la testa, imbarazzato.
"Ascolta, io-"
"No, torna a letto, chiamo il dottore, almeno ti visiterà."
"Sì, ma penso di stare bene, è solo che-"
"Mamma, noi siamo pronti!"
"I bambini mi aspettano, li porto a scuola, faccio le commissioni e torno" e
sparì di nuovo.
Roy rimase da solo, mentre sentiva la porta di casa chiudersi. Ritrovò la camera
da letto e si infilò sotto le lenzuola.
Finalmente poteva riflettere con calma su ciò che aveva appena vissuto, eppure
il silenzio che aveva da poco avvolto quella casa a lui estranea non faceva che
renderlo ancora più spaesato.
Ripercorse mentalmente le sue poche certezze della vita: lui era un Colonnello,
Central City era la capitale di Amestris, il suo obiettivo era diventare
Comandante Supremo, amava le minigonne, e i bambini non si fanno in una notte.
Quello non era un sogno. Era un incubo.
To be continued…
Note: la situazione verrà spiegata man mano, ma la scelta dei nomi dei figli
credo sia chiara ^^” Magari Riza sembra un pochino OOC, e in effetti è
possibile, ma pensate a lei come a una madre di tre figli, che si muove
all'interno della sua famiglia, un po' più spigliata deve esserlo, no? E sì, Roy
sta facendo la figura dell'ebete, ma si trova un po' spaesato, e come dargli
torto, del resto.
Come vi sembra? Io sono sempre agitatissima quando
devo postare qualcosa di nuovo... Fatemi sapere!
Ok, vi aspetto nel prossimo capitolo, per chi volesse seguirmi ^^
Ah, ho aggiunto le risposte ai commenti a
"Addestramento speciale". Grazie a tutte!!
Pubblicità Progresso:
signore e signori, sono lieta di annunciarvi che
l'attesa è conclusa, finalmente abbiamo on-line un forum dedicato esclusivamente
al RoyAi! No, non sto scherzando, e il merito va alla nostra cara Nimphadora,
artefice del nostro "angolino internettiano" dove lasciar libera di scorrazzare
la nostra anima da fangirl. Mostriamole il nostro supporto!
Ecco l'indirizzo: