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Autore: __lovatosheart    06/09/2013    8 recensioni
[Fifth Harmony ]
[Fifth Harmony ]"Aveva trovato l'amore della sua vita a quindici anni, e le era stato portato via."
1825 giorni, cinque anni di lettere, di lacrime, di dolore, solitudine.
Una Camren triste, una Camren che si trova ma si perde nel complicato viaggio che è la vita.
Perchè certi amori sono eterni, e per esistere devono aspettare l'eternità.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Bene, eccomi qui con l'os più triste che abbia mai scritto.
E' venuta così, non avevo programmato di scriverla e nulla, fatemi sapere che ne pensate se vi va.
Scriverla è stato difficile e davvero, non avevo mai provato a raccontare cose di questo genere, quindi sono accette critiche e suggerimenti per il futuro, anche se non penso mi cimenterò di nuovo in questo genere.
Vi consiglio di armarvi di cioccolata o dolci o qualsiasi cosa vi possa tirare su per sopravvivere alla tristezza di questa one shot, non odiatemi troppo!
Un bacio, Laura.



- 1825 giorni (cinque anni) prima- 

"Dobbiamo finirla qui, Lauren.
Non ce la faccio, non ce la faccio a mentire a tutti e mi fa stare solo male.
Mi dispiace."


Camila cercò di abbracciare l'altra, mentre sensi di colpa iniziavano a riempirla vedendo lacrime scorrere sulle guance dell'altra, che però scansò bruscamente la sua mano.
Lauren voltò le spalle alla persona che aveva amato con tutta se stessa e corse via, mentre le lacrime lavavano via dal suo volto l'ultima traccia di un sorriso.

-1460 giorni (quattro anni) prima-

Lauren continuava a rivivere quel momento ancora e ancora, come se il dolore non fosse già abbastanza.

Quelle parole continuavano a risuonare da qualche parte nella sua mente, un eco beffardo che si prendeva gioco di lei.
Ormai era passato un anno.

Era passato un anno, ma per lei non era ancora cambiato nulla.

Riempiva quaderni di lettere che non avrebbe mai fatto leggere alla person cui erano indrizzati.

Camila usciva con un ragazzo adesso, sorrideva abbracciata a lui dalle copertine delle riviste e rispondeva con "Siamo innamorati e felici" alle domande dei giornalisti.

'Innamorati e felici'.

Fingere sorrisi diventava sempre più difficile per Lauren.

Così come lo diventava respirare in presenza dell'altra.

E così come nascondere i sempre più frequenti attacchi di panico che la colpivano all'improvviso, quando realizzava di essere totalmente sola, costringendola a chiudersi nel bagno più vicino per qualche decina di minuti, tentando di calmarsi.

Ed era così dannatamente crudele con lei, il destino, visto che si ritrovava a dover cantare praticamente ogni giorno di essere "Miss movin on", la ragazza che va avanti.

Si, certo.

Come poteva andare avanti quando era così innamorata di Camila?

Come si va avanti quando a quindici anni conosci l'amore della tua vita e ti viene portato via?

E, dio, come poteva non soffrire quando vedeva l'oggetto dei suoi desideri tutti i giorni, ventiquattr'ore su ventiquattro?

Lauren sorrideva, si comportava d'amica, e poi si addormentava col cuscino bagnato di lacrime, lettere piene dei suoi pensieri e il cuore vuoto.

Vuoto, perchè da quando non le era più concesso di amare Camila non sapeva più cosa farsene, cosa provare, chi amare.

E mentre all'interno moriva giorno dopo giorno, diventando sempre più vuota e apatica, riempiva fogli del suo dolore.

Li riempiva di "Come hai potuto lasciarmi?" e di "Sono così facile da dimenticare?", si alternavano toni rabbiosi e toni disperati, "Dovresti essere qui con me" e "Dove sei?".

"Ho bisogno di te e non ci sei Cami, non ci sei mai."

"Sto crollando, davvero non riesci a vederlo?"

"Sto urlando, non riesci a sentirmi?"


Il silenzio forzato, le lacrime nascoste, le risposte mai ottenute e le bugie iniziavano a diventare sempre più pesanti e difficili da sopportare.

Ma la cosa peggiore di tutte, la cosa che davvero non le dava mai pace, era l'assenza.

"Come puoi essere così distante e così presente allo stesso tempo?
Non ci sei e sei ovunque.
Non mi parli e il tuo silenzio mi urla contro.
Non ci sei ma la tua assenza è così presente da non lasciarmi respirare."


-  1095  giorni ( tre anni)prima - 

Gli altri avevano iniziato a capire che qualcosa non andava.

Erano passati tre anni da quando il gruppo si era formato, il successo era arrivato poco dopo e non sembrava intenzionato a lasciarle, ma le persone iniziavano a chiedersi cosa fosse successo di così tanto brutto alla ragazza dai lunghi capelli, la forte voce e gli occhi vuoti.

Aveva la morte negli occhi.

Si chiedevano perchè avesse smesso di sorridere, perchè bisognava porle almeno tre volte le domande durante le interviste per far sì che quanto meno le capisse, e altre due per far sì che desse una risposta.

Ally, Normani e Dinah non sapevano più cosa fare.

Avevano tentato di far parlare la ragazza in ogni modo, le avevano promesso che qualsiasi cosa avrebbe rivelato loro non l'avrebbero mai nè giudicata nè lasciata, che sarebbe andato tutto bene, che qualsiasi cosa poteva essere risolta, ma Lauren non rispondeva nemmeno.

Fissava il vuoto davanti a se, finchè un sorriso che faceva venire brividi alle ragazze, tanto era falso e privo di qualsiasi tipo di emozione, compariva sul suo volto, seguito da una scrollata di spalle.

A volte era successo che, nel sorridere in quel modo ambiguo, lo sguardo di Lauren si fissava per qualche secondo su Camila.

La guardava, ma mai troppo.

Mai più di qualche secondo, eppure bastava.

Bastava per far rimanere Camila sveglia tutta la notte, a piangere nei suoi sensi di colpa.

Bastava per farle sapere che era colpa sua se Lauren era diventata questo.

Bastava, ma non abbastanza per farle rendere conto che auto-convincersi con un "andrà avanti" non sarebbe servito a nulla.

Perchè Camila amava quella ragazza, la amava tanto da aver deciso di lasciarla libera, convinta che tornare a vivere di bugie e baci rubati l'avrebbe fatta stare peggio.

E sbagliandosi del tutto.

- 913 giorni (due anni e mezzo) prima- 

"Lauren, hai bisogno di aiuto."

Glielo dissero così, senza mezzi termini o giri di parole, arrivando tutte e quattro insieme e circondandola, come per rafforzare il fatto che non era una domanda, ma un ordine.

Lauren si scoprì a ridere, una risata gutturale, cupa, che delle caratteristiche delle risate vere non aveva davvero nulla.

Rise perchè le bastò un breve sguardo per confermare ciò che si aspettava: Camila non la guardava. Guardava per terra, mentre con la mano si torturava i capelli, nervosa.

'Sensi di colpa, eh?' si ritrovò a pensare Lauren, guardandola.

Se le avessero chiesto quale fosse il motivo di quella sua totale apatia, indifferenza nei confronti della vita, probabilmente non avrebbe saputo rispondere con certezza.

Non era il semplice 'essere stata lasciata'.

Era stato trovarsi completamente sola.

Sola perchè nonostante vivesse insieme alle sue migliori amiche, nessuna di loro aveva la minima idea di cosa stesse succedendo.

Non poteva parlarne a nessuno, perchè lo aveva promesso, e il silenzio era diventato il suo unico compagno. 

Il silenzio era la sua prigione.

Una prigione da cui non riusciva più a uscire.

Si era persa nel labirinto delle bugie, della solitudine, e ormai si era arresa al fatto che non ne sarebbe più uscita.

Si era arresa, semplicemente.

Non piangeva nemmeno più ormai, e aveva imparato a controllare gli attacchi di panico.

Era più facile.

Era più facile arrendersi, faceva meno male, perchè non ci si abitua mai ad essere soli.

Lo accetti, lo capisci, ma non ti ci puoi abituare.

Ed era per questo che, quando le ragazze le imposero di chiedere aiuto, lei rise.

Rise, e le altre scoppiarono a piangere.

"Lauren, che ti succede? Abbiamo bisogno di te, ma non così. Non sei più tu."

Le dissero, tra le lacrime.

E Lauren chiese scusa, le osservà piangere per lei e chiese scusa, perchè era l'unica cosa che poteva fare.

- 730 giorni (due anni) prima -

Le ragazze avevano deciso di dare un termine, una scadenza, e se Lauren non fosse riuscita a recuperare se stessa entro sei mesi, quello sarebbe stato il loro ultimo tour.

Le Fifth Harmony si sarebbero sciolte, probabilmente per sempre.

"Ci uccide che debba essere così, ma Lauren, teniamo troppo a te per lasciare che tu ti distrugga e restare ferme a guardarti. Hai sei mesi, se non decidi di farti aiutare, il gruppo si scioglie."

Anche quel discorso fu pieno di lacrime, di "mi dispiace" e di "scusate", ma non cambiò nulla.

Lauren continuava a sopravvivere, non vivere, scivolava tra le giornate come se non la sfiorasse nulla e nessuno, intoccabile, isolata, ormai troppo lontana.

Non piangeva da due anni.

A volte sperava che qualche lacrima le bagnasse le guance, giusto per farle capire che era viva, che esisteva, che era lì ed era reale.

Avrebbe reso reale quel dolore, quel senso di sofferenza, solitudine e abbandono che non la lasciava mai, ma non succedeva.

Non piangeva, non gridava, non si sfogava, non scriveva nemmeno più.

Cantava, perchè non poteva lasciare le ragazze, e perchè era l'unica cosa che era ancora in grado di fare.

Vocalmente, perchè aveva smesso di cantare come un tempo anni prima.

Nonostante la sua voce fosse rimasta bella come lo era sempre stata, non emozionava.

Non arrivava nessuna emozione, semplicemente perchè non ne possedeva.

- 547 giorni (un anno e mezzo) prima -

I sei mesi erano passati, e, come era stato deciso, il gruppo si sciolse.Continuarono tutte carriere da soliste: Normani venne subito scritturata in un film, Dinah conquistò notorietà con un duetto con Beyonce, Ally iniziò a lavorare a Broadway e Camila incise un cd che la portò subito in tour in giro per il mondo.


Lauren tornò a vivere momentaneamente nell'appartamento che aveva diviso con le ragazze per così tanto tempo, avevano deciso di comunque accordo che ognuna era libera di usarlo, ma delle ragazze lei era l'unica a non essere sempre in giro tra tour e set, e di conseguenza era l'unica effettiva abitante.

Girava nelle stanze, vuote, senza una meta precisa.

Si ritrovava seduta sul divano, dopo ore, ferma nella stessa posizione, di fronte alla televisione nera, trovandosi a volte a guardare il suo riflesso nella superficie polverosa.

Stava peggiorando, se ne rendeva conto.

Se prima era obbligata a mantenersi in forma, dovendo essere sempre presentebile per salire sul palco o per lasciare interviste televisive, adesso quella vita era lontana, persa, e non aveva più alcun motivo per lavarsi, mangiare ad orari stabiliti e prendersi cura di se stessa.

Che senso aveva curare l'esterno quando dentro non c'era nulla?

Era come combattere per una causa già persa, inutile.

A volte venivano a trovarla, da sole, o a coppia. 

Facevano finta di non vedere quanto fosse peggiorata, quanto fosse sempre più magra e sempre più lontana.

Sorridevano, l'abbracciavano forte, e una volta uscite si ritrovavano a piangere insieme per la loro amica, a chiedersi dove avessero sbagliato e chiedersi se non avrebbero dovuto intervenire con più forza.

Poi però decidevano che era meglio lasciarle tempo e spazio, che doveva abituarsi ad una nuova vita, priva del gruppo, delle interviste, dei tour, dei concerti, e che col tempo ce l'avrebbe fatta.

Che era più lento per lei, ma che sarebbe passato.

Si autoconvincevano che sarebbe andato tutto bene, e per mettere a tacere i dubbi e le preoccupazioni si lanciavano a capofitto nei propri impegni lavorativi.

- 365 giorni (un anno) prima -

Ci vollero sei mesi prima che Camila trovasse il coraggio di andarla a trovare.

Arrivò da sola, all'improvviso, senza un messaggio o una chiamata che avvisavano del suo passaggio, ma evidentemente aveva dato per scontato che non ce ne sarebbe stato il bisogno, dove altro poteva essere Lauren?

E aveva ragione, perchè la ragazza non usciva mai di casa, se non nel giorno del ringraziamento e a natale, quando cercava di rendersi il più presentabile possibile per andare dalla famiglia.

In quei giorni mangiava molto per non far notare quanto fosse dimagrita, si curava, sorrideva e cercava di sembrare il più normale possibile.

Inutile dire che tutti i suoi sforzi non servivano a molto, era impossibile non notare la totale assenza emotiva della ragazza, ma impegnarsi, cercare di non renderlo evidente la faceva sentire un pò meglio con se stessa.

O semplicemente evitava di aggiungere altri sensi di colpa alla lunga lista.

Era una giornata di Marzo, un pomeriggio assolato, uno di quelli che ti dà speranza, che ti fa sentire già odore di primavera nell'aria, che ti fa aprire la finestra per riempire la casa del calore del sole di cui si è sentita tanto la mancanza durante l'inverno.

Era una di quelle giornate dove i bambini corrono per i parchi, resi ancora più energici dalla natura che si risveglia e sembra gridare che manca poco all'estate, al divertimento, all'allegria totale.

Lauren aveva smesso di notare queste cose, il tempo che passava per lei non era altro che un altro compagno di quel viaggio che, da tempo, aveva smesso di soprenderla.

Eppure, quella giornata fu più calda anche per lei.

Sarebbe potuto essere un avviso, una possibilità, una speranza di periodi migliori, di luce, di tornare a vivere, di un sole più caldo, di un sorriso, di una risata.

Camila suonò il citofono senza sapere bene cosa aspettarsi.

Quando la maggiore aprì la porta e si ritrovò davanti la ragazza, non ebbe nessun particolare cambiamento, ma il suo cuore fece un buffo battito.

Tum, tum-tum, tu-tu-tutum!

Fu sicura di aver percepito quella variazione, quel ritmo diverso, e il pensiero la fece quasi sorridere.

Quasi, perchè aveva smesso di far finta da quando non ne era più obbligata, e non era nemmeno certa di ricordare come si sorrideva.

Camila cercò di non far trasparire il dispiacere che provò nel vedere Lauren in quel modo.

Era magrissima, i capelli che erano sempre stati così belli e affascinanti adesso ricadevano disordinati sulle sue spalle, fermati alla bell'e meglio con un elastico.

I vestiti che portava erano troppo larghi per lei, era struccata e gli occhi erano come l'ultima volta che li aveva lasciati: vuoti, morti.

Non c'era traccia della luce che un tempo li rimpiva.

Non c'era traccia della ragazza di cui si era innamorata.

Quello che aveva di fronte era il suo fantasma, una copia sbiadita lontana anni luce dall'assomigliare all'originale.

E ci volle tutta la sua forza di volontà per entrare dentro quell'appartamento, così vuoto e triste, invece di scappare via, correndo, come il suo istinto le suggeriva.

Entrarono, Lauren non sapeva bene cosa dire e si limitò a sedersi su una delle sedie intorno al tavolo, imitata dall'altra.

Lauren non era più capace di intavolare conversazioni, non aveva nulla di cui parlare, e la sua voce era diventata più bassa poichè potevano seguirsi settimane intere senza che lei emettesse alcun suono: non ne aveva il bisogno.

Camila si sentiva più a disagio con il passare dei minuti che trascorreva in compagnia dell'altra, ma iniziò comunque a raccontarle come andava, i suoi progetti e quelli delle sue amiche.
Passarono delle ore così, finchè qualcosa non cambiò.

Camila decise che era ora o mai più, che doveva provarci, almeno una volta.

Si schiarì la voce, nonostante stesse parlando da tempo, e allungò una mano sul tavolo, andando a prendere quella morta di Lauren poggiata lì.
Lauren, a quel contatto, sussultò leggermente.

Non era più abituata al contatto fisico.

Camila non si lasciò intimorire dalla reazione priva di entusiasmo dell'amica e strinse ancora più forte la mano, per poi intrecciare le dita a quelle dell'altra.
Avrebbe sorriso del modo perfetto in cui si intrecciavano, come se fossero state fatte solo per potersi unire, se non fosse che le veniva da piangere di fronte alla totale assenza di vita dell'altra.

"Lauren... So che non risponderai, ma ho bisogno di provarci. Ho bisogno di provare a capire che diamine è successo per ridurti così, perchè non può essere stata la fine della nostra storia. Non ci credo che è bastato questo a ridurti così Lauren, non ci credo." 

Iniziò, la voce che tremava leggermente, cercando di ricacciare indietro le lacrime.

Lauren la osservò dritto negli occhi, e dentro di se qualcoas lottò per provare emozioni, per provare rabbia, tristezza, nostalgia, ma non usciva nulla.

Avrebbe dovuto piangere, urlarle contro quanto male le aveva fatto essere abbandonata in quel modo, ma non ci riusciva. Nessun suono uscì dalle sue labbra.

"Lauren. Ti prego, ti prego dì qualcosa. Dimmi perchè non parli, perchè non piangi, dimmi perchè hai smesso di essere ciò che eri. Dimmi perchè sei diventata così."

Le lacrime iniziarono a scorrere sulle sue gance, strinse ancora più forte la mano dell'altra, come se aggrappandosi di più sarebbe riuscita ad arrivare a ciò che rimaneva di lei, perchè qualcosa doveva esserci. 

Dietro quegli occhi vitrei che aveva amato così tanto e quelle labbra sigillate che aveva desiderato per così tanto tempo di poter baciare ancora, qualcosa doveva esserci.

Doveva esserci.

E così fece l'unica cosa che le rimaneva, l'ultimo tentativo per riportarla indietro, agì d'impluso e si sporse sul tavolo, senza mai mollare la mano dell'altra e portando quella libera sul suo volto, annullò la distanza tra loro e la baciò.

Lauren non era più capace di farlo, rimase immobile, mentra l'altra la baciava.

Il contatto tra le loro labbra durò poco, perchè quelle di Lauren erano fredde e immobili come fossero di pietra.

"Io ci ho provato Lauren, ci ho provato."

Così dicendo la ragazza corse via, sbattendo dietro di sè la porta.

Il rumore riecheggiò nelle stanze silenzione e dentro di Lauren, che resto lì, immobile, lo spettro di un 'mi dispiace' negli occhi e il sapore delle labbra dell'altra sulle sue.
Quella fu l'ultima volta che Lauren vide Camila.

- quel giorno -

Non fu un avvenimento particolare che portò a quella decisione, semplicemente, un giorno, ebbe il coraggio.

Ci pensava da settimane, forse mesi, e quella mattina, svegliandosi sul divano e non essendo capace di ricordare quando si era alzata da lì l'ultima volta, seppe che era arrivato.
Seppe che era quel giorno, che non c'era altra scelta.

Si disse che era giusto così.

Ormai nessuno passava a trovarla, nessuno la chiamava o le scriveva, e l'ultimo natale lo aveva passato in compagnia del solo silenzio.

A volte le era capitato di chiedersi se lì fuori ci fosse ancora qualcuno che si ricordasse di lei.

Un tempo persone che non conosceva la fermavano per strada per dirle che la amavano, che era la loro ispirazione.

Sembrava lontano anni luce, un'altra vita.

Decise che doveva lasciare qualcosa, doveva far sapere che era meglio così, e magari dare un addio decoroso a chi lo meritava.

Girò per casa osservando attentamente tutto ciò che la circondava con occhi nuovi, come se vedesse tutto per la prima volta.

Trovò carta e penna e iniziò a scrivere, stranamente sicura delle parole che doveva usare e con chi.

Scrisse una lunga lettera ai suoi genitori, a suo fratello e a sua sorella, dicendo loro che li amava, che non avrebbe potuto chiedere una famiglia migliore e rassicurandoli che era meglio così, che non era colpa loro e chiedendo di continuare a vivere le loro vite felicemente, perchè voleva solo il meglio per loro e perchè lo meritavano.

Scrisse una lettere per le ragazze, dicendo che erano state delle migliori amiche fantastiche e che non dovevano sentirsi in colpa, che era felice per le loro carriere e che avrebbe dovuto continuare così, senza farsi fermare da nulla.

Poi scrisse semplicemente per se, senza indrizzare quella lettera a qualcuno in particolare.

Fu colta da un'improvvisa idea, e le venne quasi da ridere di come solo in quel momento sembrava avere un minimo di vita, ma, di nuovo, non ricordava più come farlo.
Si alzò e, dopo una breve ricerca, trovò ciò che le seriviva: il quaderno pieno di lettere che aveva scritto per anni.

Le rilesse una per una e si stupì, chiedendosi dove fosse finita quella persona.

Ma non importava, non aveva più importanza ed era meglio così.

Era la cosa giusta da fare.

Posò il quaderno sulla scrivania, vicino le lettere, e sopra di esso posò l'ultima scritta, quella non indrizzata a nessuno, e la finì, scrivendo che in quel quaderno erano racchiuse tutte le lettere che aveva scritto in quegli anni, scrivendo che lì dentro c'era tutto.

I motivi che l'avevano portata a chiudersi in se stessa, ad allontarsi da tutti e tutto, a perdere la via nel labirinto e a non esserne più in grado di uscirne: era tutto lì.

Infine chiese scusa.

Si scusò per aver fatto soffrire e preoccupare le persone a cui teneva di più e disse che li aveva amati ed era grata per ciò che avevano fatto, ognuno di loro.

Quando dovette mettere la data, alla fine della lettera, provò per la seconda volta lo strano impulso di sorridere.

Era esattamente passato un anno dall'ultima visita di Camila.

Quella giornata anche sembrava così lontana, sembrava una minuscola scintilla che aveva illuminato quel periodo così buio che durava da anni.

Ma una scintilla non bastava ad accedere il fuoco, e si era spenta con la stessa velocità con cui era arrivata, era durata il tempo di un bacio tra labbra rimaste lontane per troppo tempo per potersi riconoscere.

E se fosse bastato?

Se quella scintilla fosse bastata  ad illuminare ogni cosa?

Ma ormai era troppo tardi, la scintilla si era spenta e non c'era nulla da fare per farla tornare.

Così si alzò, e senza lasciare tempo a ripensamenti o dubbi, lasciò questo mondo, salutando la morte come fosse una vecchia amica.

- due mesi dopo -

"In memoria di  Lauren Michelle Jauregui (1996 - 2018)
Amata amica, figlia e sorella."


La tomba era piena di fiori, ne erano così tanti che quasi coprivano la foto messa in suo ricordo.

Ogni giorno qualcuno andava a trovarla, che fosse stato un membro della sua famiglia, una delle ragazze, un vecchio amico o semplicemente qualcuno che ricordava di essere stato un ammiratore di quella ragazza anni prima.

Il giorno del funerale, nella chiesa, non c'era una singola persona che non avesse gli occhi lucidi.

Nessuno riusciva a spiegarsi cosa aveva potuto portare la ragazza a compiere una decisione del genere, nonostante tutti avessero visto le condizioni in cui stava.

Ora piangevano, i sensi di colpa divoravano vivi le persone che avrebbero potuto aiutarla, ma non l'avevano fatto.

Le lettere furono trovate insieme al suo corpo, due settimane dopo l'accaduto.

A trovarla era stata la polizia, inviata dai parenti quando, dopo molte chiamate senza risposta, avevano deciso di chiedere un aiuto esterno, sperando che magari sarebbe servito a dare una svegliata a quella ragazza da quella totate apatia.

Era troppo tardi.

La polizia sfondò la porta e piombò nel nulla totale: silenzio e polvere ovunque.

Non ci volle molto prima che trovassero nella camera da letto il corpo penzolante, appeso da una corda al soffito.

Lauren era immobile, bianca, fredda, con il cappio intorno al collo e i piedi sospesi nel vuoto.

Quando ricevettero la notizia, la famiglia si chiuse in un lutto privato, per piangere il loro dolore per la disgrazia chiedendo solo di non essere importunati.

Le ragazze furono tra le prime ad essere avvisate, subito dopo la famiglia.

Tutte misero in pausa le proprio carriere e si incontrarono, decidendo di superare insieme quel momento tragico, ma non serviva poi a molto.

Erano nella stessa stanza ma ognuna era persa nei propri ricordi.

Rivivevano l'ultimo incontro con Lauren, si chiedevano se non avessero potuto fare di più, scoppiavano a piangere improvvisamente quando si rendevano conto che non non avrebbero mai potuto dire altro all'amica, che il fantasma delle cose mai dette le avrebbe perseguitate per sempre.

Le lettere erano state lette, ma il quaderno era rimasto inviolato per settimane, fino a quando la famiglia si era fatta coraggio e aveva deciso di aprirlo.

Ne parlano anche con le ragazze, e decisero di comunque accordo che avrebbero reso pubbliche quelle lettere, sotto forma di libro, e avrebbero fatto in modo che la memoria di Lauren non fosse perduta.

Che il suo gesto disperato servisse da esempio, che non fosse inutile.

Erano passati due mesi, e Camila per la prima volta si ritrovò davanti alla lapide.

Le amiche l'avevano accompagnata, per darle supporto, ma aveva chiesto di essere lasciata sola lì davanti, e per questo la aspettavano all'ingresso del cimitero, guardandola da lontano.
Camila si inginocchiò, stringendosi ancora di pù il cappotto addosso nonostante non facesse così tanto freddo, e posò un mano sulla pietra fredda, accarezzando le lettere in rilievo che componevano il suo nome per poi poggiare le dita sulla foto.

Avevano scelto una in cui sorrideva, di anni prima, senza guardare l'obiettivo della telecamera.

Non sapeva le stessero scattando quella foto, e questo la rendeva speciale.

Volevano ricordarla così, con il sorriso sulle labbra e la vita negli occhi.

Si schiarì la voce e iniziò a sussurare, sperando che, ovunque fosse, l'altra riuscisse a sentirla.

"Lauren.. Non so se ci sei, ma ho bisogno di crederlo.

Ho bisogno di credere che sei da qualche parte, che stai bene, che riesci a sentirmi.

Ne ho bisogno per non impazzire.
Ci manchi. Ci manchi da morire e non c'è giorno che passa senza chiedermi perchè.

Senza chiedermi come sarebbero le cose ora se non fosse successo, se io avessi fatto in modo che non succedese.
Forse avrei potuto salvarti?

Avrei dovuto, avrei dovuto e non me lo perdonerò mai.

 Io ti amavo.

 Io ti ho amata così tanto, non ne hai idea.

Quanto ti ho lasciato.. ti amavo.

 Ti amavo ancora tantissimo, come dal primo giorno, come sempre. Ti amavo e per questo non potevo farti una cosa del genere, non potevo permettere che mentissi a così tante persone a causa mia, non potevo.

Pensavo di salvarti lasciandoti libera, pensavo fosse la cosa migliore per te, e mi sbagliavo.

L'ultima volta che ci siamo viste, quel bacio, non sarei dovuta andare via.

Sarei dovuta rimanere e darte anche mille di baci, se fosse bastato.

Adesso lo sanno tutti, sai?

Ci preoccupavamo così tanto di far rimanere tutto nascosto, eppure non ci avrebbero detto nulla Lo.

Le ragazze, non ci avrebbero giudicato.

Avevamo così tanta paura, ma eravamo così giovani. E così innamorate.

Avrei voluto salvarti Lau, vorrei esserci riuscita e parlare con te, non con questa pietra che di te non ha nulla.

Tu non sei pietra fredda, tu sei vita, tu sei fuoco, sei aria fresca, sei acqua che scorre, sei luce, sei il sole, la luna e le stelle, sei il firmamento intero che avevi negli occhi, sei il calore degli abbracci che mi davi, sei la morbidezza delle tue labbra sulle mie, sei l'intreccio perfetto delle nostre mani, sei e sarai per sempre questo Lauren.

Sei e sarai ciò che non sei stata, e la distanza che hai messo tra noi non basterà.

Non basterà a portarti via dai miei ricordi, dal mio cuore, perchè sei incisa in modo indelebile.

Sei la parte di me che ho provato a lasciare, ma di cui ho avuto sempre bisogno.

E mi manchi così tanto Lau, mi manchi.

A volte mi sembra sia difficile anche solo respirare, ma devo andare avanti.

Devo vivere e lo devo fare per te, perchè è quello che vorresti vero?

Ti amo Lauren.

Mi dispiace che ci sia voluto così tanto per ammetterlo, ma ti amo."


Si portò la mano sulle labbra, lasciandoci un bacio, e poi la riportò sulla lapide, sulla foto di Lauren, sperando che quel bacio arrivasse, ovunque l'altra fosse. 

Poi si asciugò le lacrime che, inevitabilmente, erano scese durante la 'conversazione' e si voltò, camminando verso le amiche che la abbracciarono.

Poi si presero per mano, si voltarono un'ultima volta verso la lapide, come a salutarla, e andarono via.

- settant'anni dopo- 

Lauren non venne mai dimenticata, e Camila non smise mai d'amarla.

Si sposò, ebbe due figli. 

Un ragazzo, Evan, e una ragazza, Lauren.

Aveva capelli castani, che le ricordavano così tanto quelli della ragazza di cui portava il nome.

Amava Lauren, sempre.

Non aveva mai smesso, nonostante il matrimonio.

Il suo era un amore particolare, un amore che non muore.

Perchè lei aveva trovato l'amore della sua vita a quindici anni,  lo aveva vissuto intensamente, e poi l'aveva visto distruggersi da solo, troppo intenso per sopravvivere, ma mai spegnersi.
Perchè l'amore non si spegne, non sparisce, l'amore brucia, e se non si è in grado di controllarlo si resta scottati.

Ogni sera Camila salutava le stelle, raccontava a quella più luminosa la sua giornata come se stesse parlando con Lauren e dentro di lei sapeva che era così, sapeva che la stava ascoltando e che vegliava su di lei, come un angelo custode.

Camila si spense circondata dall'affetto della sua famiglia, e finalmente la vide.

Si rincontrarono in quello che sarebbe potuto anche essere l'inferno, non sarebbe importato, perchè erano insieme.

Insieme per l'eternità che le aspettava.

Erano di nuovo giovani, di nuovo quindicenni, piene dell'amore che non le aveva mai lasciate.

Erano eterne.
   
 
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