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Autore: Dodowoosh    06/09/2013    2 recensioni
Questa mia prima one shot vede Ezio e Leonardo che si ritrovano a Firenze dopo anni di lontananza. Cosa sarà successo ai due in tutto quel tempo? La storia presenta le riflessioni non dal solo punto di vista di uno dei due personaggi, ma di entrambi.
"Ezio, pensava, com’era possibile abbandonare così una persona simile? Forse lui non era esattamente esperto in questi termini, visto com’era andata a finire con Cristina, e visto come poi, per causa di forza maggiore, ha dovuto dire addio a Caterina Sforza e a Forlì. Ma la trovava una cosa così ingiusta quella che era successa a Leonardo. Ezio ne conosceva di uomini, conosceva le loro abitudini, e sentiva nel profondo del suo inconscio che nessun’uomo avrebbe saputo amare come sapeva farlo Leonardo."
Spero di avervi incuriosito, buona lettura e grazie infinite in anticipo!
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ezio Auditore, Leonardo da Vinci
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Correva l’anno 1498, e nel pomeriggio di una fresca giornata primaverile Ezio Auditore se ne stava appollaiato sul davanzale di una finestra, a osservare il corso del fiume Arno, che scorreva impetuoso dopo una recente pioggia torrenziale. Ezio era giovane e nel fiore della sua prestanza fisica e abilità di Assassino, ma era il momento di godersi il meritato riposo. Firenze era stata liberata dalla tirannia e il fanatismo di Girolamo Savonarola da meno di un anno, e quel ritrovamento di pace e libertà fu una benedizione per tutti i fiorentini. Non a caso, anche Leonardo Da Vinci era partito da Milano per tornare alla sua bottega a Firenze. Ezio sapeva già da un po’ di giorni che il suo vecchio amico era di nuovo in città, ma non aveva avuto tempo di andare a fargli visita, perché anche se Ezio era apparentemente in pausa, la sua mente tempestava di pensieri, impegnato in alcune mansioni che doveva svolgere. Difatti lui e il suo compagno Assassino Niccolò Machiavelli stavano ancora organizzando le spedizioni in tutta Italia per recuperare le pagine del Codice sparse per la penisola, armati delle copie della mappa di Girolamo Riario, il defunto marito di Caterina Sforza. I compagni Assassini stavano perlustrando ogni area abbattendo ogni templare e ogni organizzazione nemica che intralciasse il loro programma di recupero.
Ma improvvisamente i suoi pensieri posero l’attenzione sul suo amico artista. Chissà come stava? Ezio sperava che qualsiasi cosa fosse accaduto a Leonardo, non avesse perso l’entusiasmo di sempre, quell’entusiasmo che faceva brulicare il suo cervello di idee folli, ma al contempo assolutamente geniali. Quell’uomo, pensava Ezio, valeva più di due eserciti. Quante volte gli era stato utile. Aveva fabbricato per lui le preziosissime armi del Codice dopo averne decifrato la descrizione e il funzionamento da quelle pagine antiche; gli era sempre stato vicino ogni qualvolta ne avesse avuto bisogno.
Così si decise e balzò giù dal davanzale atterrando accovacciato con l’agilità e la grazia di un gatto. Si alzò rapidamente come se non avesse sentito l’impatto della caduta, e s’incamminò verso Palazzo della Signoria evitando di imbattersi nel suo vecchio palazzo di famiglia ormai inagibile, che gli avrebbe scatenato nel cuore solamente brutti ricordi. Così svoltò in una stradina stretta, ma trafficata, brulicante di mercanti, donne e uomini che stavano riprendendo le loro attività dopo il regime di Savonarola.
Arrivò così in un quartiere tempestato di botteghe: scultori, pittori, inventori s’incamminavano freneticamente verso le loro destinazioni carichi di scatoloni contenenti svariate opere d’arte e strumenti da lavoro. Ezio ricordava bene la collocazione della bottega di Leonardo ed era lì, all’estrema destra, decisamente più imponente di quanto non lo fosse anni addietro. L’artista aveva fatto tanta strada da allora e non doveva più preoccuparsi della competizione con gli altri artisti come una volta, ormai era conosciuto ed estremamente apprezzato. La bottega di Leonardo era una delle poche tinteggiate a dovere con due piccole finestre accanto alla porta d’ingresso. Spesso quelle due finestre, per come ricordava Ezio erano, più che ornate, protette da un sottile ma efficace tendaggio di lino che nascondeva ad occhi indiscreti il laboratorio di Leonardo. Quel giorno, le finestrelle erano senza tende, e avvicinandosi Ezio intravide l’inconfondibile e familiare disordine del Laboratorio: fogli con schizzi e progetti sparsi ovunque, quadri riposti sui cavalletti alle pareti della stanza, libri accatastati sui tanti tavoli da lavoro, scaffali pieni di modellini di macchine volanti e di barattoli contenenti sostanze organiche che stentava a riconoscere, pennelli e matite in bilico ai bordi dei tavoli. Ezio si mise davanti alla porta principale e bussò con forza per far arrivare il suo richiamo oltre le voci e i rumori che provenivano dal laboratorio.
La porta si aprì con cautela.
Era Leonardo! Vestito con abiti nuovi di zecca di un verde smeraldo che li impreziosiva e il suo solito inseparabile consunto cappello rosso da artista che stonava col resto dei suoi abiti.
 Esitò qualche secondo nel rivedere il suo vecchio amico, quasi come se avesse avuto una visione, poi dolcemente sul suo volto si dipinse un’espressione di entusiasmo.
«Ezio! Che piacere rivederti!» L’artista lo strinse in un abbraccio.
«Leonardo. Vedo che sei in gran forma. Posso entrare?»
«Certamente! Prego, sei sempre il benvenuto nel mio laboratorio. Casa mia è casa tua»
Ezio sorrise. Leonardo era proprio come sperava: entusiasta e appassionato come sempre.
«Grazie, amico.» Ezio entrò, e appena mise piede nella bottega si sentì pervadere da un’ondata di ricordi. Belli, soprattutto. Fortunatamente, Leonardo non gli aveva mai regalato dispiaceri, non a caso era il suo caro migliore amico.
«Prego, siediti pure» lo esortò Leonardo.
In quel momento Ezio rimase perplesso nel sentire alcune voci discutere animatamente. L’artista se ne accorse.
«Oh, non preoccuparti. Sono Agnolo e Vincenzo che stanno discutendo nella mia stanza personale mentre riordinano. Ezio perdonami, so che non è così che si accoglie un vecchio caro amico! Aspetta solo un attimo, vado a farli smettere»
Leonardo si avviò nella sua camera ed Ezio si mise a sedere accanto a uno dei tavoli meno disordinati. Dopo poco cadde il silenzio, l’artista aveva evidentemente zittito i due aiutanti e tutti e tre uscirono dalla stanza di Leonardo. «Ecco, adesso è tutto sistemato» sorrise.
«Agnolo, Vincenzo, sareste così gentili da portare vino e pasticcini per il nostro ospite?» I due giovani annuirono e si precipitarono ad eseguire gli ordini.
«Perdonali, a volte si trovano in disaccordo su certe questioni»
«Chi può biasimarli?» Rispose Ezio sorridendo.
Per un attimo Leonardo fissò i begli occhi grigi ed espressivi di Ezio, poi aggiunse: «Allora amico, cosa ti porta qui da me?»
«Una semplice visita di cortesia. Anche se, in realtà credo di aver finito le scorte di veleno per la mia Lama Avvelenata»
«Sapevo che in qualche modo avresti avuto bisogno di me» l’artista sorrise reprimendo la voglia di abbracciare l’amico. Continuò «Ho trovato un nuovo tipo di veleno molto potente. La cantarella»
«Uccide all’istante?»
«Dipende dalle dosi»
«Ne hai un po’?»
«Credo. Sai, non si sa mai, di questi tempi!»
«Fai bene a stare all’erta, non bisogna mai fidarsi troppo»
Si scambiarono un sorriso di approvazione.
«Vado a vedere se ne ho un po’»
Leonardo si allontanò per pochi minuti e tornò da Ezio con una piccola ampolla contenente un liquido scuro.
«Ecco qua! Sono riuscito a trovarlo. Prendi.»
Mentre Leonardo porse la boccetta ad Ezio, gli sfiorò accidentalmente la mano, in modo da sembrare quasi un gesto di tenerezza. L’artista sentì un brivido corrergli lungo la schiena e si tirò indietro con uno scatto.
«Grazie Leo. Quanto ti devo?» disse mettendo al sicuro l’ampolla nella sua scarsella.
«Oh, niente Ezio. La tua visita inaspettata di oggi mi basta, sono molto contento di rivederti.»
«Anche io» Ezio si rallegrò mostrando un bellissimo sorriso. «Allora raccontami. Com’è andata a Milano?»
«Meravigliosamente, oserei dire. Da un certo punto di vista…» Leonardo venne interrotto da Vincenzo e Agnolo che tornarono con del buon vino rosso e dei dolcetti. «Scusateci il ritardo, abbiamo avuto un piccolo disguido di là in cucina» aggiunse Agnolo, ritirandosi nel retro della bottega con Vincenzo che lo seguì.
Ezio sorrise di nuovo aggiungendo: «Sono proprio dei bravi ragazzi»
«Lo so, anche se a volte mi danno certi grattacapi che se non fossi così affezionato a loro, preferirei fare tutto da solo!»
Ezio osservò Leonardo e il suo solito gesticolare. Era contento. Era contento di ritrovare il suo amico, il suo porto sicuro. Notava che l’artista era sempre immerso nei suoi ragionamenti. Anche mentre parlava, mentre faceva altro, sembrava che il suo cervello fosse in perenne e frenetico movimento, mai un momento di pace. Ma era così che Ezio voleva il suo amico e sperava che non sarebbe mai cambiato.
«Comunque stavo dicendo…» riprese Leonardo «Da un certo punto di vista è stata un’esperienza che mi ha arricchito. Il mio mecenate, Ludovico Sforza, apprezzava sempre i miei lavori, ha sempre avuto grande stima di me.»
«Ottimo», disse Ezio «Sono contento per te. E… dall’altro punto di vista?»
Leonardo sorrise amaramente e scosse il capo. «Dall’altro punto di vista… beh, come dire… mi sono ritrovato solo.»
«Cosa vuoi dire?»
Leonardo fece una pausa per pensare da che parte cominciare.
«A Milano… avevo beh… un amico su cui potevo sempre contare. Un ragazzo più giovane di me, di bell’aspetto, ma spesso sfuggente. Eppure gli avrei affidato la vita.»
«Uhm, come si chiama?»
«Jacopo.»
Ezio ebbe un sussulto. «Già dal nome non mi piace.»
«Ezio non essere precipitoso, non ha niente a che vedere con Jacopo de’ Pazzi.»
«Lo so bene, dato che è morto da tempo», Ezio increspò l’ombra di un sorriso compiaciuto mentre accarezzava delicatamente il meccanismo della sua Lama Nascosta. Poi continuò «E che mi dici di Saltarelli?»
«Intendi Jacopo Saltarelli? Oh, quella volta fui accusato ingiustamente, non ho mai avuto realmente a che fare con lui.»
«Capisco. Allora dimmi, cos’è successo poi con questo tuo “amico”?»
«Eravamo molto intimi. Poi un giorno è sparito da Milano senza dirmi niente. Un giorno lo rividi per strada entusiasta di averlo incontrato. Mentre mi stavo avvicinando per salutarlo e chiedergli perché fosse sparito, vidi che stava correndo in contro ad un uomo poco più grande di lui, di nascosto si presero per mano e se ne andarono per i fatti loro senza dare nell’occhio. Così appena ho saputo che era tornata la pace a Firenze sono tornato un po’ qua. Sai, avevo bisogno di cambiare aria.»
«…Mi dispiace Leo.», poi pensò a voce alta «Quasi quasi vado a fargli una visitina…»
«Non pensarci neanche, Ezio.»
«Va bene… senti, e adesso come stai?» Ezio scorse un velo di amarezza negli occhi del suo amico.
«Adesso… cerco di non pensarci. Che altro dovrei fare? Però ne sento la mancanza»
«Mi dispiace se stai male, amico. Quindi hai perso ogni contatto con lui? »
Leonardo annuì silenziosamente con lo sguardo puntato in basso.
Ezio, pensava, com’era possibile abbandonare così una persona simile? Forse lui non era esattamente esperto in questi termini, visto com’era andata a finire con Cristina, e visto come poi, per causa di forza maggiore, ha dovuto dire addio a Caterina Sforza. Ma la trovava una cosa così ingiusta quella che era successa a Leonardo. Ezio ne conosceva di uomini, conosceva le loro abitudini, e sentiva nel profondo del suo inconscio che nessun’uomo avrebbe saputo amare come sapeva farlo Leonardo. Riusciva a dedurlo semplicemente analizzando il suo carattere, le sue reazioni, il suo modo di rapportarsi con lui. Era tenero, forse troppo. Indifeso.
«Leonardo…» l’artista alzò il capo, ancora abbassato in profondi pensieri.
Ezio chiuse gli occhi come se stesse per dire qualcosa di importante: «Ascolta» disse facendo una pausa che sembrava infinita.
«Io credo che uno Jacopo qualsiasi non sia giusto per te. Voglio dire… so che non sono affari miei e probabilmente non dovrei impicciarmi, ma… forse tu non te ne rendi conto, ma a volte ti ritrovi ad aver a che fare con persone che si approfittano della tua sensibilità e della tua ingenuità…»
«Sarò tenero, ma non sono uno sciocco», Lo interruppe bruscamente Leonardo.
«Perdonami amico mio, non intendevo dire quello», continuò Ezio «Solo che… tendi a fidarti ciecamente delle persone a cui tieni e questo ti rende più vulnerabile. Io ho capito che non bisogna mai abbassare la guardia, o la lama del nemico riuscirà a cadere fatale su di te prima che tu possa renderti conto del pericolo e reagire.»
«Jacopo non è il nemico.» Rispose in tono severo l’artista, colpito dalle parole di Ezio.
«Ma ti fa soffrire.»
«E’ giovane e tutti possono sbagliare.» Leonardo aveva la risposta pronta, in difesa del giovane amante.
«Leo, anche io sono più giovane di te. Ti ho mai fatto soffrire per caso?»
Leonardo sentì quelle parole entrargli dentro e arrivare dritte fino al cuore a strappare le cuciture di una vecchia, ma profonda cicatrice.
Altroché se Ezio l’aveva fatto soffrire.
Ma ovviamente lui non lo sapeva.
Molti anni prima, anni che sembravano secoli, durante il loro primo incontro, Maria Auditore, la madre di Ezio, chiese cortesemente al figlio di aiutare il giovane artista a portare alcuni quadri a Palazzo Auditore; quadri di Da Vinci che aveva acquistato personalmente Maria.
Sin da quel momento, Leonardo sapeva che non avrebbe mai dimenticato i lineamenti del volto di quel ragazzo più giovane di lui. Pensava che se quel viso fosse finito in uno dei suoi disegni, i tratti sarebbero stati eseguiti con cura maniacale, per poter riportare sulla carta tale bellezza.
Ricordava ancora come Ezio fosse affascinato dalle fantasticherie che lui stesso esternava ragionando a voce alta, mentre l’altro portava i quadri.
Ci mise veramente pochissimo ad affezionarsi ad Ezio e a smettere di vederlo solo come un amico.
Ogni volta che l’Assassino piombava nel suo studio veniva accolto con un sorriso dolce e un abbraccio caloroso, gesto che Ezio interpretava come una dimostrazione d’affetto assolutamente amichevole che veniva sempre ricambiata.
Ezio non sapeva che ogni volta che lo vedeva il cuore partiva a battere all’impazzata, e che quando passavano eternità fra un incontro e l’altro, era sempre preoccupato per la sua salute nonostante gli venisse sempre ripetuto “Tranquillo, so badare a me stesso.”
E ricorda anche come, specialmente per le ultime creazioni delle Armi del Codice, ogni volta Ezio attendeva che il lavoro fosse terminato addormentandosi per la stanchezza, e mentre lavorava di tanto in tantom, sempre attratto dall’analizzare i dettagli, osservava le labbra dell’Assassino: immobili, quasi mai increspate in un sorriso, ma perfette.
Così maledettamente perfette. Sembravano così morbide e calde… quanto avrebbe voluto avvicinarsi a lui e toccare quelle labbra con le sue, e rimanere appagato nel constatare che fossero le labbra più dolci del mondo.
Nel provare questi sentimenti Leonardo sentiva il cuore pieno di lui, ma contemporaneamente schiacciato da un vuoto che sapeva sarebbe rimasto per sempre incolmabile.
Eccome se Ezio l’aveva fatto soffrire. Ma ormai era tutto un ricordo del passato.
Adesso c’era Jacopo, anzi no, non c’era nemmeno lui a tentare di sostituire quel sentimento così grande.
Quel sentimento, pensò Leonardo, una volta era amore. E accidenti, se quello non era amore, allora cos’era? Non importava, perché a quel tempo era pazzo del suo Assassino.
Attese qualche attimo per pensare, poi sospirando rispose: «…No, ma…», e prima che potesse continuare Ezio lo interruppe.
«Infatti. Leo… non ci pensare più, non serve a niente. Non permettere mai più a nessuno di trattarti così.» Ezio aveva improvvisamente assunto un tono  duro e severo.
Leonardo arrossì, è sempre bello vedere che una persona ti fa capire che sei importante. «Grazie Ezio…»
«Figurati amico mio.» mentre lo diceva, l’Assassino si era alzato come per avanzare verso di lui, infatti arrivò vicino a Leonardo e gli posò la mano destra sulla spalla fissando i begli occhi azzurri dell’artista.
Smettila, pensava Leonardo. Non toccarmi, perché le tue mani su di me bruciano come l’acido. Arrossendo si allontanò dalla mano di Ezio. Muovendosi impacciatamente versò un po’ di vino nella coppa di Ezio e disse «Uh, ehm… Ezio, perché non bevi un sorso di vino? Non hai ancora toccato bicchiere.»
«Hai ragione, che ospite sarei se non beneficiassi della tua ospitalità?» disse, afferrando il calice.
«E tu che mi dici? Scommetto che dietro la caduta del Savonarola c’è lo zampino degli Assassini.»
«Diciamo che abbiamo solamente dato… una piccola spintarella alla gente oppressa dalla sua pazzia.» Disse sorseggiando il vino.
«Sono orgoglioso di voi. Soprattutto di te. Dai la vita per la Confraternita.»
«E’ il mio dovere lottare per la libertà. Ma fortunatamente ho anche delle soddisfazioni notevoli.»
Il pensiero di Leonardo si fissò sulle donne. Sicuramente Ezio aveva successo, sentimentalmente parlando.
«Per esempio?», chiese l’artista, che non riusciva a reprimere la sua curiosità.
«Ho un amico e alleato fedele come te. Sei un elemento fondamentale per la riuscita delle mie missioni, ma anche per la mia stessa vita.»
Sentite quelle parole, a Leonardo tremava il bicchiere in mano, che stringeva con forza. Davvero lui addolciva la vita dell’Assassino? Smettila Leonardo, cosa vai a pensare, si diceva.
«Uhm, Ezio così mi sento lusingato», disse timidamente l’artista, mentre guardava in basso o in qualunque altra direzione per non incrociare lo sguardo sempre vigile di Ezio. Era convinto che se l’avesse guardato negli occhi, l’Assassino avrebbe capito che c’era qualcosa che lo turbava.
Poi continuò: «Ma dimmi, quali sono i tuoi progetti adesso?»
«Io e Machiavelli abbiamo il compito di aiutare i nostri colleghi Assassini con la spedizione per ritrovare le pagine mancanti del Codice. In realtà seguiamo passo per passo tutti gli spostamenti e i successi dei nostri colleghi, accorrendo in loro aiuto qualora ne avessero bisogno. Ci vorrà molto tempo prima di ritrovare tutte le pagine.»
Non appena sentì nominare le pagine del Codice degli Assassini, gli occhi di Leonardo scintillarono. «Oh, capisco. Beh suppongo sia una grande responsabilità. Ma sono sicuro che svolgerai il tuo lavoro con precisione. Quando mai il grande Ezio Auditore fallisce?»
Ezio sorrise a quel complimento, ma subito dopo il sorriso svanì e corrugò la fronte. «Sarebbe bello se potessi non fallire mai…»
«Che intendi dire?» Chiese ingenuamente Leonardo.
«…La mia famiglia sarebbe ancora intatta, Palazzo Auditore sarebbe ancora la mia casa, e Cristina starebbe ancora con me malgrado gli ostacoli e le difficoltà.»
Cadde il silenzio. L’espressione di Leonardo si immalinconì.
«Perdonami Ezio, non volevo addentrarmi in simili dolorosi argomenti»
«Non preoccuparti amico, va tutto bene.»
Ezio si era incupito. L’artista sapeva che non andava tutto bene.
Leonardo ripose il suo calice sul tavolo e noncurante delle conseguenze, si avvicinò ad Ezio e allungò timidamente una mano verso il suo viso e insicuro, gli carezzò dolcemente la guancia destra.
«So che è inutile dirti che si aggiusterà tutto, perché simili perdite non tornano indietro. Ma posso dirti che puoi ancora essere felice. E per qualunque cosa tu abbia bisogno, sappi che io sono sempre pronto ad aiutarti.»
Per un momento a Leonardo era parso di vedere gli occhi di Ezio più lucidi del solito. Forse si sbagliava.
Continuando a guardare Leonardo negli occhi, Ezio si alzò dalla sedia.
Oh quanto era dolce vedere l’Assassino esternare le sue debolezze, pensava Leonardo. Quanto era dolce quello sguardo che aveva perso tutta la sua sicurezza e la sua spavalderia. Adesso sembrava esposto anche agli attacchi degli spadaccini più inesperti, e lui voleva proteggerlo. Il suo unico desiderio era proteggerlo.
Ezio allargò le braccia e le mise attorno al collo di Leonardo, avvolgendolo in un caldo abbraccio.  «Grazie Leonardo. Chissà come farei senza di te.»
Leonardo se ne stava lì, immobile. Le sue braccia erano inermi, immobili lungo i fianchi. Senza ricambiare quell’abbraccio che stava diventando prolungato, chiuse gli occhi e si perse nel profumo dei capelli legati di Ezio, color castano scuro. Era lo stesso odore della sua pelle, perché ogni persona emana un odore diverso. Quello di Ezio era così delicato e inebriante.
Mentre Leonardo aveva chiuso gli occhi, l’Assassino sciolse l’abbraccio, poi sorrise e aggiunse: «E’ stato un piacere parlare con te oggi, ma adesso devo andare.»
Leonardo si scosse dai suoi pensieri e disse: «Ezio, posso sapere dove alloggi? Spero almeno sia un posto abbastanza decente»
Ezio sorrise. Il suo amico si stava preoccupando per lui l’ennesima volta.
«Tranquillo Leo, sto alla locanda gestita dalla Volpe e dai suoi ladri.»
«Ho capito. Allora permettimi di accompagnarti alla porta», Leonardo avrebbe voluto chiedergli quand’è che si sarebbero rivisti, ma non voleva sembrare indiscreto.
Quando furono alla porta Ezio disse: «A presto, amico mio», fece per voltarsi quando Leonardo aggiunse sarcastico con un sorriso «E’ il nostro solito “a presto” che significa che ci rivedremo fra moltissimo tempo?»
«No Leo. Adesso ho un po’ di pace e ne approfitterò per farti visita più spesso. Te lo prometto», quelle parole furono accompagnate da un sorriso che voleva rassicurare Leonardo, così rispose: «Va bene. Allora a presto.»
Ezio s’incamminò velocemente come era suo solito fare, e la porta della bottega si chiuse dietro di lui.
Leonardo rimase qualche istante davanti alla porta, a fissare il fantasma di Ezio che se n’era andato. Tornò al tavolo sul quale vi erano il vassoio con i pasticcini, la bottiglia di vino e i due calici. Si sedette dov’era seduto Ezio fino a poco tempo prima; una volta ritirando la mano incerto, poi afferrandolo come se fosse un oggetto d’importanza inestimabile, prese il calice dal quale aveva bevuto Ezio. Era seduto in posizione di rilassamento: il braccio sinistro appoggiato allo schienale della sedia con la mano morbida, la parte inferiore della schiena ricurva e le gambe leggermente divaricate. Il suo sguardo era fisso sul calice che muoveva con un movimento circolare della mano che faceva ondeggiare il poco vino avanzato nel bicchiere.
L’artista andava a cercare con gli occhi e le dita della mano destra l’impronta che Ezio aveva lasciato sul calice appoggiando le labbra per bere.
Eppure, anche se l’Assassino si mostrava inattaccabile nella sua possente fisicità, Leonardo riusciva sempre a vedere la leggiadria nei suoi gesti: il modo in cui parlava, il modo in cui beveva, il modo in cui sorrideva discretamente, il modo in cui si incamminava per andarsene…
Poco dopo, quando Agnolo e Vincenzo si resero conto che ormai l’ospite si era congedato, tornarono nel laboratorio e trovarono il loro maestro immerso nei suoi pensieri con un’espressione in volto quasi evanescente, come fosse partito per un luogo irraggiungibile ai poveri comuni mortali che non sapevano viaggiare con la mente per il semplice fatto che lo ritenessero stupido o quantomeno di importanza irrilevante.
«Tutto bene, maestro?» disse Vincenzo con un’espressione leggermente preoccupata, dal momento che Da Vinci poche volte se ne stava in silenzio per molto tempo o restava senza far niente.
«Va tutto bene, mio caro.»
«Me ne rallegro maestro. Se volete scusarmi…» Vincenzo prese il vassoio con i pasticcini avanzati e il calice di Leonardo.
«Vi lascio il vino, nel caso voleste…» l’artista lo interruppe «Prendi pure la bottiglia, Vincenzo, grazie.»
«D’accordo maestro.»
Mentre Vincenzo si accingeva a riordinare il tavolo, Agnolo si intromise: «Com’è andata la visita del signor Ezio?»
«Abbiamo parlato di un po’… di cose», poi sospirando aggiunse: «Spero solo che mantenga la promessa.»
«Non vorrei sembrare troppo indiscreto ma… di che promessa state parlando?» Disse Agnolo incuriosito, come se Leonardo stesse facendo un ragionamento tutto suo. Per l’appunto, l’artista ignorò completamente la domanda rituffandosi nei suoi pensieri, mentre Agnolo e Vincenzo si guardarono perplessi e tornarono in cucina: era quasi ora di cena.

                                                                          * * *

Dopo aver fatto un pasto leggero, Leonardo si diresse nella sua stanza più silenzioso del solito, e chiuse la porta dietro di se lasciandosi alle spalle le espressioni preoccupate di Agnolo e Vincenzo per l’umore del loro caro mentore. L’artista si sbottonò i vestiti e si lasciò cadere all’indietro sul suo ampio letto, i capelli biondi liberati dal suo prezioso cappello.
Era ora del meritato riposo.
Quella sera stranamente non si alzò dal letto cinque minuti dopo con un’idea che gli balenava per la testa, ma rimase immobile a fissare il soffitto, le braccia aperte.
Di cosa me ne faccio io, di un letto così grande? Pensò Leonardo. Quel letto, non aveva mai accolto nessuno a parte se stesso.
Sentiva un vuoto dentro di se, una sensazione di solitudine che non sapeva come placare. A volte aveva desiderato che la sua vita fosse accompagnata da qualcuno che gli volesse bene. E non stava parlando di Agnolo e Vincenzo.
Leonardo non ci pensava spesso, la sua mente geniale era sempre a caccia di conoscenza, di nuovi obbiettivi, di nuove scoperte.
Eppure quella sera non si sentiva come al solito.
Che fosse stato Ezio ad avere la meglio sui suoi sentimenti? Possibile che Ezio, dopo così tanto tempo, fosse potuto rientrare così velocemente nelle sue grazie?
No, sicuramente non era così. Non poteva essere così.
E Jacopo? Jacopo avrebbe sicuramente potuto rifarsi vivo, con una lettera magari. Magari bisognoso di conforto dopo essere stato lasciato dalla sua nuova conquista. E Leonardo sarebbe stato usato. Di nuovo.
Forse… forse Ezio aveva ragione. Forse essere troppo disponibili non va bene.
Ma se non ti fidi delle persone che ami, allora di chi puoi fidarti?
Sapeva che sicuramente poteva fidarsi di Ezio, e gli bastava.
Cullato da questi pensieri si addormentò come un bambino, con i vestiti sbottonati, ma ancora indosso.

ANGOLO AUTORE
Carissimi lettori, grazie infinite per essere arrivati fin qui! Questa è la mia prima fan fiction e sinceramente ero un po’ nervosa al pensiero di pubblicarla: dopo aver letto FF stupende su Ezio x Leo la mia sembra uno sputo ;w;   *sigh*   sono inesperta e so di avere ancora molto da imparare in questo campo! Però se avete gradito la mia storia, o anche se non vi è piaciuta potete farmelo sapere con una piccolissima recensione… così che io possa sapere che siete arrivati fin qui! Leggerò volentieri ogni tipo di critica o di consiglio, e risponderò a tutti. Avevo anche una mezza idea di fare un seguito e quindi fare una serie che continui, ma devo vedere se riesco a trovare il tempo e l’ispirazione… per il momento questa è la prima parte! Infine mi scuso nel caso leggeste qualcosa che non vi torna, perché io non ho giocato ad AC bensì ho letto i libri, quindi potrebbe esserci qualcosa che differisce LEGGERMENTE dal videogioco. Grazie ancora e alla prossima <3 Dodowoosh

  
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