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Autore: lady lina 77    13/03/2008    2 recensioni
Lina e Gourry... Una volta inseparabili prima che le loro strade, sei anni prima, si dividessero. Ma saranno il destino ed un piccolo ed insignificante lembo di terra a nord della penisola dei demoni a far incrociare di nuovo le loro strade. Su fronti opposti però. E il destino, per loro, ha in mente altri scherzi ben più sconvolgenti.
Genere: Malinconico, Drammatico, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Gourry Gabriev, Lina Inverse, Personaggio originale, Xelloss Metallium
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il canto del gallo.

Tutte le mattine.

Alla stessa ora.

Da un anno Lina aveva preso ad odiare seriamente quel suono sempre uguale e puntuale che tutte le mattine le ricordava che era giunta l’ora di porre fine al suo riposo e di cominciare un’altra faticosa giornata di lavoro.

Aprì gli occhi e si stiracchiò pigramente nel suo letto. Era così dolce quel tepore, che le sembrava una crudeltà assurda doversi alzare. Era ormai autunno, un autunno particolarmente freddo ad Atlas, e la sua massima aspirazione sarebbe stata quella di rimanere a poltrire sotto le coperte. ‘Ma non posso’.  Risoluta fece per alzarsi di scatto, ma qualcosa la trattenne. Indispettita si voltò verso il lato sinistro del letto dove riposava il suo compagno, il braccio ancora intorno alla sua vita. Braccio che le impediva di alzarsi. “Dylan, spostati maledizione!” – disse risoluta, spingendolo senza troppi complimenti lontano.

Tuttavia il malcapitato parve non accorgersi di nulla, si limitò a voltarsi dall’altra parte del cuscino e a riprendere il suo sonno.

Lina sbuffò e saltò giù dal letto, senza badare eccessivamente a lui. Solo una domanda le risuonava nella mente. ‘Perché permetto a Dylan di dormire a casa mia? Era così bello quando ognuno, la sera, se ne tornava a casa propria!’. La maga scosse la testa con forza. Doveva smettere di pensare a queste cose e sbrigarsi, altrimenti sarebbe arrivata in ritardo. Di corsa raggiunse il bagno, si lavò la faccia, si vesti, si pettinò i capelli, mangiò di corsa le brioches che erano posate sul tavolo e sgusciò fuori dalla porta d’ingresso. Una volta sulla strada, osservò il grosso campanile che troneggiava in fondo alla via. Erano le sei e trantaquattro della mattina. “Ho battuto il mio record, oggi ci ho messo solo quattro minuti!” – esclamò soddisfatta.

Le strade di Atlas erano deserte a quell’ora del mattino, ed in un certo senso era piacevole attraversarle senza rischiare di venire investiti da una moltitudine di persone frettolose. Lina considerò l’idea di correre verso la sua destinazione, ma poi cambiò idea. ‘D’altronde ho già ventisei anni, dovrò anche comportarmi da signorina ogni tanto. E le signorine non corrono…’. Quindi, le restava solo l’ipotesi due: “Levitazione!” – esclamò infatti pochi istanti dopo. Un metodo veloce, sicuro e poco stancante.

Guardò la città dall’alto. Era bella Atlas, con le sue strade bianche, i tetti colorati, i vicoli storici… Era ormai un anno che ci viveva più o meno stabilmente e che lavorava alla confraternita dei maghi.  Era successo tutto per caso, un anno prima. Era ad Atlas alla ricerca di erbe magiche ed era stata contattata dal principe Moses, capo della confraternita e fratello minore del sovrano di quei territori. Il vecchio principe, un uomo grassoccio sulla cinquantina, le aveva detto di essere un suo grande ammiratore viste le gesta che lei aveva compiuto anni prima e le aveva proposto di entrare a servizio nella confraternita dei maghi di Atlas. Il suo incarico sarebbe stato quello di sperimentare nuove formule magiche in campo medico. E lei aveva accettato quasi subito, certo non perché improvvisamente interessata al benessere e ai problemi di salute di chicchessia o per un improvviso attacco di altruismo verso l’umanità, ma convinta dall’ingente quantità di monete d’oro che avrebbero composto il suo stipendio. E così si era trasferita ad Atlas ed aveva trovato una casa in affitto. Ed aveva conosciuto Dylan. I suoi ultimi anni di viaggio erano stati solitari, aveva perso ogni contatto con i suoi vecchi compagni d’avventura, e la corte serrata di quel giovane le era apparsa piacevole. Inoltre Dylan era un bell’uomo, alto, moro, con un fisico asciutto e ben proporzionato. Ed era pazzo di lei. Dal canto suo, Lina, non lo considerava certo il grande amore della sua vita, ma la sua compagnia le appariva piacevole e la faceva sentire meno sola. Inoltre c’era attrazione fra loro due, questo non lo poteva negare. Ed andavano piacevolmente d’accordo. Dylan era una buona compagnia, ma a Lina capitava spesso di chiedersi se fra loro sarebbe andato tutto bene allo stesso modo se avessero deciso di vivere insieme stabilmente, a stretto contatto. Sapeva che Dylan desiderava che la loro relazione diventasse più seria, la discussione che avevano avuto la sera prima lo dimostrava, ma lei non se la sentiva di fare il grande passo, non con lui almeno…

Dopo pochi minuti di volo, le apparve la porta d’ingresso della confraternita dei maghi. La superò e, a passo spedito, raggiunse il suo laboratorio. Appena varcata la porta d’ingresso si guardò intorno e sospirò sconsolata. I muri neri e bruciati, il caos che regnava sovrano a terra…Quella notte aveva cancellato dalla sua mente il disastro avvenuto solo ventiquattro ore prima.

“Miss Lina, siete arrivata finalmente!” – sussurrò improvvisamente una minuta ragazzina bionda, sbucata da un tavolo al lato della sala.

Lina sospirò sconsolata vedendola. Eccola la causa di tutti i suoi guai… “Clarisse, che ci fai qui a quest’ora?” – le chiese con tono piatto.

La biondina le corse incontro affannata. “Volevo rimediare un po’ al disastro che ho combinato ieri venendo prima e cominciando a sistemare”.

Lina la guardò negli occhi, incerta se strozzarla o lodarla per la sua buona volontà. Lavorava in quel posto da un anno, circondata da maghe esperte e degne di fiducia, e tutto era sempre filato liscio fino all’arrivo di Clarisse nella primavera appena passata. Lei aveva solo sedici anni ed era la figlia un po’ viziata di un barone di Atlas. Ed il suo grande sogno era di diventare una maga. Peccato che di magia non ne capisse un accidenti e la voglia di studiare era veramente poca. Ma lei era stata costretta ad accettarla nel suo gruppo vista l’ingente quantità di denaro che il suo paparino aveva gentilmente offerto alla confraternita per esaudire il desiderio della figlioletta. E da quel giorno erano cominciati i guai, Lina aveva perso il conto dei disastri combinati da quella ragazzina impacciata. L’ultimo solo il giorno prima quando, invece di aggiungere estratto di foglie di menta ad una pozione, Clarisse aveva candidamente versato del liquido esplosivo. E la conseguenza era stata un’esplosione che a Lina aveva ricordato le sue migliori palle di fuoco. La maga le fece un sorriso forzato, dopo tutto era la figlia di un ricco barone… “Grazie Clarisse, pulisci pure ma NON toccare nessuna provetta per favore” – le intimò.

“Sissignora!” – esclamò Clarisse entusiasta.

Lina rimase ferma a fissarla qualche minuto e non riuscì a non sorridere. Clarisse era tutta affaccendata a pulire e sistemare, a cercare di dimostrarle che anche lei era degna della sua fiducia, che un po’ le ricordava lei da bambina, quando cercava di rendersi utile agli occhi di sua sorella. Certo, Clarisse si impegnava nel modo sbagliato e combinava guai su guai, ma in fondo nessuno è perfetto e Lina non era mai riuscita a prendersela sul serio con lei.

Man mano arrivarono anche le altre ragazze del suo gruppo e Lina si mise a sistemare insieme a loro. Dovevano essere già le undici del mattino quando un giovane garzone irruppe nel laboratorio chiamandola.

“Chi mi desidera?” – chiese Lina curiosa.

Il ragazzo deglutì lievemente trovandosi a tu per tu con la famosa Lina Inverse. “Ecco, veramente, mi ha mandato a chiamarvi il principe Moses. Vuole vedervi subito”.

La maga si grattò la guancia pensierosa. Il capo in persona l’aveva appena chiamata… “Chissà cosa vuole da me?”.

Clarisse le si avvicinò con gli occhi lucidi e le prese le mani nelle sue. “Oh Miss Lina, mi sa che il principe Moses ha saputo dell’esplosione di ieri e l’ha chiamata per licenziarla visto che lei è la nostra capa”.

Lina ci pensò su. Un licenziamento non le sarebbe importato molto, sapeva benissimo cavarsela da sola e dopotutto non aveva mai considerato quel lavoro ‘per sempre’. Dopotutto aveva un po’ di voglia di ripartire dopo un anno di permanenza ad Atlas ma…le giravano le scatole a venire licenziata per una colpa non sua! Con un gesto secco allontanò le mani da quelle di Clarisse e la guardò fissa negli occhi. “Non credo che verrò licenziata per questo! Anche perché, se le cose si mettessero male, non ci metto niente a dire che la colpa è tua!”.

Clarisse sbiancò ma non rispose nulla. Ognuno doveva prendersi le sue responsabilità in effetti, e Lina non era certo una che si sobbarcava le colpe altrui.

La maga non aggiunse nulla, lasciò il laboratorio e si diresse con il garzone alle stanze del principe. Percorsero scale e scalini ed in men che non si dica, Lina si trovò in una grossa biblioteca dove, seduto ad un tavolo, l’aspettava Moses.

“Miss Inverse, è molto che non ci vediamo. Si sieda pure, dobbiamo parlare” – le intimò in tono gentile.

Dubbiosa, la maga si sedette. Era meglio non cominciare subito con le scuse per l’esplosione, magari il principe non l’aveva fatta chiamare per quel motivo e lei non voleva tradirsi da sola. “Dica pure” – disse con circospezione.

Moses sospirò. “In verità si tratta di un argomento molto delicato, un nuovo incarico che vorrei conferirle e che mi sta molto a cuore”.

Lina alzò gli occhi al cielo. Ecco, lo sapeva, a causa di Clarisse volevano cambiarle lavoro. Magari sarebbe stata assegnata alla pulizia dei bagni della confraternita… “Se volete cambiarmi lavoro per il ‘piccolo’ incidente di ieri, ecco, io…”.

Il principe si alzò e le si parò davanti con un sorriso sornione sulle labbra. “Diciamo che posso soprassedere a quanto successo ieri, danni compresi, se accetterete di adempiere all’incarico che voglio assegnarvi”.

“Oh!”. La maga parve sorpresa a quelle parole. Che diavolo poteva volere da lei quell’uomo? Sicuramente doveva trattarsi di qualcosa di poco pulito se era disposto a dimenticare il piccolo e spiacevole incidente del giorno prima. “Che…che cosa dovrei fare?”.

Il sorriso del principe si allargò. “Si tratta di Rufus!” – esclamò entusiasta.

Lina sgranò gli occhi sorpresa. “Rufus? Ma non è per caso il vostro…cane?”. Non lo aveva mai visto ma quell’uomo ne parlava sempre.

“Esatto, si tratta del mio cane, il mio più grande affetto. Vorrei che fosse lei, Lina, ad occuparsene personalmente durante il pomeriggio”.

Ok, c’era qualcosa che non andava. Quell’uomo era disposto a sborsare un sacco di quattrini per rimediare al disastro creato da una ragazzina imbranata in cambio di un servizio di dog-sitter. “I…io non saprei, mi ha presa un po’ alla sprovvista” – replicò titubante.

L’uomo si risedette al tavolo e le lanciò un sacchettino in pelle che aveva tirato fuori dalla tasca.

La maga lo prese al volo e, dopo averla aperta, rimase sorpresa. Era piena di antiche e preziosissime monete d’oro. “Che…che cosa?”.

Moses sorrise. “Ovviamente sarete più che ricompensata per questo”.

D’accordo, chi se ne fregava dei motivi che spingevano quell’uomo a farle quella proposta! Per la semplice cura di un cane le venivano offerti un sacco di quattrini, per quale motivo doveva farsi tutte quelle domande? Era l’incarico più semplice e redditizio che le fosse mai capitato! Certo, aveva la spiacevole sensazione che sotto ci fosse qualche fregatura in agguato, ma…‘D’altronde cosa può succedermi? In fondo si tratta solo di un cane, cosa sarà mai?’.

Gia!

Cosa sarà mai?

Lina continuò a ripetersi fra se e se quella frase un’infinità di volte quando le comparve davanti Rufus. E continuò a ripetersi anche che probabilmente, prima di accettare un incarico remunerativo che prevedeva un lavoro semplice, doveva pensarci un milione di volte. Si sarebbe presa a sberle da sola perché Rufus non era un simpatico e tenero barboncino ma una specie di enorme energumeno dal pelo nero, grosso probabilmente il doppio di lei e con un’aria per nulla amichevole.

“Questo è Rufus” – annunciò entusiasta Moses, all’interno del cortile della confraternita.

Lina deglutì e prese con titubanza il guinzaglio che le veniva porto dall’uomo. “Lo…lo vedo”.

Circa una mezz’ora dopo si trovava per le strade di Atlas, praticamente trascinata a forza da quella specie di dinosauro che Moses si ostinava a chiamare ‘cane’ e senza la minima idea di come riuscire a gestire quell’assurda situazione. Cominciava a sentirsi anche un po’ ridicola a dire il vero. Insomma, lei era la grande maga-genio Lina Inverse, che ci faceva per le strade di Atlas insieme a quel cane disubbidiente? Aveva la sua reputazione da difendere lei… Aveva valutato diverse soluzioni fra cui quella di dargli un sonnifero o di scagliarli addosso qualche doloroso incantesimo però… ‘non si può, è il cane del capo’… E poi doveva farsi perdonare per l’esplosione del giorno prima. Era per questo che si limitava a stargli dietro inerte, sperando in cuor suo che quella bestia non investisse nessuno.

D’un tratto inciampò in una mattonella della strada e cadde a terra. Fu in quel momento che il guinzaglio le sfuggì dalle mani e che Rufus scomparve alla sua vista, sparendo fra le bancarelle del mercato di Atlas con grosso spavento dei malcapitati passanti.

“Signorina, si è fatta male?” – gli chiese un giovane garzone porgendole la mano per aiutarla a rialzarsi.

Lina lo colpì con uno schiaffo e si rialzò da sola, adirata, con la faccia sporca di terra e con un’espressione omicida. “D’accordo, me ne frego se è il cane del capo! Se quel cagnaccio vuole la guerra, guerra avrà!”. E così dicendo, si lanciò con la levitazione all’inseguimento di Rufus. ‘Lo troverò, lo terrorizzerò e gli farò capire chi comanda! Entro stasera lo faccio diventare docile e mansueto come un barboncino da esposizione’.

Volò fra la gente, superò le bancarelle, rischiò seriamente di investire qualcuno durante quell’inseguimento rocambolesco, ma alla fine riuscì a non perdere di vista il cane.

Quando Rufus si fermò, ormai si trovavano fuori dalla città, nel bosco che ne costeggiava le mura. Per nulla intimorito da Lina che lo osservava furente, il cane si mise a scavare una buca nel terreno.

“D’accordo, mi ignori? Bene, ora ti faccio passare per sempre la voglia di scavare buche!!!”. Lina gli si avvicinò, una piccola palla di fuoco che già le brillava fra le mani. E il cane si voltò incuriosito verso di lei quando quell’incantesimo gli sfiorò l’orecchio sinistro. E poi indietreggiò di qualche passo quando un’altra palla di fuoco gli passò appena sopra la testa…

Cinque minuti dopo se ne stava rannicchiato e tremante sotto un grosso albero, tutto attorno a lui era pieno di buche scavate dagli incantesimi di Lina che lo guardava trionfante. “E adesso alzati, si va a casa!”.

Meccanicamente Rufus si alzò e si mise obbedientemente al lato di Lina per farsi mettere il guinzaglio. La maga sospirò. “In fondo, non è stato poi così difficile”. 

A Lina sembrò di sentire il cane sospirare sconsolato a quella sua affermazione.

 

 

                                                   

                                                                ********

 

 

 

“E allora, come è andata?” – le chiese Moses dalla sua poltrona, nella stanza principale della confraternita dei maghi di Atlas.

Lina sorrise e gli indicò il cane che, mansueto e buono come non era mai stato, se ne stava rannicchiato in un angolo della sala. “Come può vedere è andata bene, è bastato poco per intenderci”.

L’uomo la guardò sornione, senza scomodarsi dalla sua poltrona. “Lo vedo Lina. Ma ora…vorrei parlare un po’ di questioni serie”.

“Questioni…serie?” – chiese Lina senza capire. Ma non le fu dato tempo di pensare perché, da una delle pesanti tende della sala, uscì un uomo. A Lina non ci volle molto per rendersi conto di chi si trattava. “Ma…ma voi siete…re Akim!” – esclamò sorpresa, trovandosi davanti l’anziano sovrano di Atlas, nonché fratello maggiore di Moses.

L’uomo le si avvicinò, gli prese una mano e gliela baciò. “E’ un immenso piacere, per me, fare la vostra conoscenza Miss Inverse” – disse gentilmente, invitandola a sedersi al tavolo.

La maga era basita. Cosa voleva ancora da lei Moses? E che cosa ci faceva li il re di Atlas in persona? Aveva comunque la sensazione che presto, le sue domande, avrebbero trovato una risposta… I due fratelli non erano certo li per parlare di cani reali o altre sciocchezze. Inspirò lentamente. “Quali sarebbero le questioni serie di cui dovete parlarmi?” – chiese senza fare troppi giri di parole.

Il vecchio re sorrise, sedendosi al suo fianco. “A quanto pare, le voci su di voi non erano infondate Miss Inverse. Siete una che arriva subito al sodo. E questa è una caratteristica che amo particolarmente in una donna”.

Quello avrebbe dovuto essere un complimento, ma Lina si sentì imbarazzata a continuare a sostenere quella conversazione. “Vi ringrazio ma, per favore, vorrei sapere cosa volete ancora da me”.

L’uomo sospirò e le rivolse uno sguardo profondo. “D’accordo, nemmeno a me piace fare troppi giri di parole. Conosco il vostro valore, le vostre imprese passate sono la testimonianza di quanto valiate come maga. Ed è per questo che ho intenzione di affidarvi un nuovo incarico, di grande responsabilità, si intende”.

Lina deglutì. La conversazione si stava facendo seria. “Di cosa state parlando?”.

Re Akim parve lusingato dall’attenzione che leggeva negli occhi della maga. “Conoscete la regione di Siilon?”.

La maga annuì. Siilon era una piccola zona a nord della penisola dei demoni, nient’altro che un pugno di chilometri quadrati spogli ed impervi in cui non c’era alcun tipo di vita viste le temperature rigidissime. Non apparteneva a nessun regno, in un certo senso era una repubblica autonoma e nessuno ne aveva mai rivendicato il possesso visto il tipo di territorio inospitale che la zona offriva. “Si, la conosco. Non ci sono mai stata ma ne ho sempre sentito parlare come di un territorio inospitale e sterile. Un postaccio insomma”.

Il vecchio re si alzò e le si avvicinò lentamente. “Un postaccio, è vero, ma ad Atlas interessa. Vorrei annettere quella zona al mio regno, farla diventare una mia provincia”.

Lina alzò le spalle. “Fate pure! Non credo che incontrerete rivali in questo!”.

“Ed è qui che ti sbagli! Perché anche il regno di Elmekia è interessato a quelle terre” – si intromise Moses.

Re Akim annuì. “Esatto Lina, quello che dice mio fratello è vero. Ed è qui che entri in gioco tu”.

Lina spalancò gli occhi sorpresa. Non ci stava capendo più niente! Innanzitutto, perché improvvisamente due regni grandi e ricchi come Atlas ed Elmekia si interessavano di un posto come Siilon? E lei cosa c’entrava in tutto questo? “Io…io non capisco cosa dovrei fare. E’ una questione politica se non ho capito male…”.

Il re si abbandonò di nuovo sulla sedia e tornò a fissarla negli occhi. “I miei diplomatici si sono già incontrati con le autorità di Elmekia per trovare un accordo. Ma non ci sono riusciti! A questo punto solo una guerra potrebbe risolvere la questione ma ne io ne il sovrano di Elmekia vorremmo giungere a tanto. E così abbiamo pensato ad una sfida fra i due regni. Due maghi, il nostro ed il loro, si sfideranno in un duello. Il vincitore avrà Siilon”.

Lina sembrava sempre più sorpresa. Una guerra…Quel re aveva menzionato ad una guerra…Tutto per uno stupido pezzo di terra che non valeva niente. “E uno di quei due maghi dovrei essere io, giusto?”.

“Esatto, non vedo chi meglio di te possa riuscire in questa impresa” – rispose Akim.

Lina si alzò in piedi di scatto. “Vorrei sapere il perché! Cosa c’è a Siilon che vi interessa talmente tanto da inscenare tutto questo?”.

Moses le si avvicinò e le porse gentilmente una mano sulla spalla. “Il tuo compito, Lina, è quello di duellare al meglio con il mago che Elmekia sceglierà. Il resto non ti riguarda, sono questioni di stato. Ovviamente sarai più che adeguatamente ricompensata”. E così dicendo, dalla tasca, tolse un grosso sacco di monete d’oro. “Questa è solo una minima parte di quello che riceverai per il tuo lavoro”.

Lina guardò la sua ricompensa. Erano un sacco di soldi, difficilmente le sarebbe capitata un’altra occasione così redditizia. E poi non era da lei porsi troppe domande sugli incarichi che le venivano affidati. Non aveva mai amato particolarmente il lavoro di mercenaria ma doveva ammettere che le era servito molte volte per togliersi dai guai e per sbarcare il lunario. Inoltre era un incarico che avrebbe evitato una guerra, quindi cosa c’era di male? Inoltre, aveva sempre amato le sfide e sicuramente Elmekia avrebbe scelto un mago forte per scontrarsi con lei… E questo poteva darle molte soddisfazioni. “Io accetto!” – disse sicura – “però…però, che ne sarà del mio lavoro alla confraternita?”.

Re Akim sorrise soddisfatto. “Quello sarà il tuo lavoro di copertura. Nessuno deve sapere che sei la prescelta, il sovrano di Elmekia potrebbe elaborare qualche strategia o qualche colpo basso per colpirti. Tutto deve restare segreto fino al giorno del duello. Sei una maga esperta e non hai bisogno di allenamenti particolari, potrai continuare a fare tutto quello che facevi prima. Sicuramente Elmekia manderà delle spie per cercare di capire e studiare il loro avversario e noi non vogliamo che questo succeda, ci siamo capiti?”.

Si, aveva un senso, Lina se ne rese conto subito. Re Akim aveva ragione, per il mago di Elmekia sarebbe stato tutto più difficile non conoscendo il proprio avversario e non potendosi quindi preparare a dovere. Solo una cosa le interessava ancora sapere. “Quando dovrebbe avvenire il duello?”.

“Il sovrano di Elmekia ci farà sapere quando il suo mago sarà pronto, poi insieme a lui deciderò la data. Comunque, immagino, ci vorranno alcuni mesi, non sarà una cosa imminente Lina” – rispose il vecchio sovrano.

“E nel frattempo continuerai a curare anche Rufus, così non attirerai sospetti su di te. E poi mi pare che siate diventati amici!” – aggiunse Moses.

Lina sbuffò e si voltò verso il cane. ‘In che razza di guaio mi sono cacciata?’ – pensò.

E non poteva immaginare che, probabilmente, quella era la stessa domanda che si stava facendo Rufus.

 

 

 

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Erano ormai le sette di sera e le strade di Atlas si stavano svuotando. Lina camminava pigramente nelle strette vie, lungo il percorso che l’avrebbe portata a casa. Era stata una giornata intensa quella. Prima le pulizie in laboratorio, poi Rufus, e poi la strana proposta di re Akim. E sapeva che la giornata non era ancora finita perché, ed era matematicamente certo, quella sera avrebbe litigato con Dylan. Aver accettato la proposta di re Akim era in netta opposizione a quello che aveva promesso al ragazzo la sera prima. Lina sospirò. “Perché la vita deve essere così complicata?”. Eppure non era pentita per aver accettato l’incarico, era un lavoro che la stuzzicava, che le ricordava quanto potente fosse. Ed era lusingata dal fatto che re Akim avesse scelto lei per quell’incarico che, a quanto sembrava, era importante per la famiglia reale. Certo, non sapere cosa muovesse il re a cercare di ottenere Siilon era frustrante, però… ‘stanotte, a casa, mi faccio qualche ricerca sui miei libri per vedere se scopro qualcosa di interessante su quelle terre’. Sul suo viso comparve un sorriso furbo. Dopotutto lei era Lina Inverse ed era famosa anche perché amava intromettersi nelle faccende degli altri, no?

Aperto l’uscio di casa, non parve troppo sorpresa dal trovare la tavola apparecchiata e la cena fumante già nel piatto. Ormai era diventata una specie d’abitudine da quando Dylan si era più o meno stabilito li. Lei stava fuori tutto il giorno e lui, visto che era di buona famiglia e non aveva bisogno di lavorare, si occupava della casa in attesa del suo ritorno.

“Ciao Lina!” – gli disse il ragazzo con un sorriso. “Che faccia che hai! E’ stata una giornataccia?”.

Lina sbuffò e si abbandonò sulla sedia. “Già, una giornataccia davvero! Oggi me ne sono capitate di tutti i colori”. Fece una piccola pausa. “Ed io e te dobbiamo parlare!”.

Dylan la guardò incuriosito. “Di cosa?”.

Lina aveva quasi paura di continuare. Da li in poi la conversazione non sarebbe stata piacevole, ma tergiversare non serviva a nulla. “Si tratta di ieri sera Dylan, di quello che ci siamo detti…”.

Il giovane sorrise. “Parli del fatto che abbiamo deciso di far diventare ‘seria’ la nostra storia e di allargare la famiglia?”.

Allargare la famiglia… Lei e Dylan non erano certo sposati, Lina era affezionata a lui e gli voleva bene, ma non aveva mai considerato quel ragazzo la sua ‘anima gemella’. Stavano bene insieme, così, senza pretese, e aveva sempre pensato che anche per Dylan fosse la stessa cosa. Una storia piacevole, ma in fondo di poco conto, senza basi per il futuro. Ma poi, la sera prima, Dylan le aveva detto che la voleva come compagna per la vita, che voleva diventasse la madre dei suoi figli… Non sapeva bene perché ma non si era opposta alla richiesta di Dylan, forse perché era troppo stanca dalla dura giornata alla confraternita per replicare o forse, probabilmente, perché l’aveva colta di sorpresa. Non che Lina non desiderasse avere un marito e dei figli un giorno, ma non li voleva avere con Dylan. Con lui le cose erano andate più che bene finché ognuno se ne era stato a casa sua, ma ora, sotto lo stesso tetto, si era accorta che la sua presenza la infastidiva talvolta. E queste non erano certo ottime premesse per creare una famiglia. La ragazza prese un profondo respiro. “Ecco appunto… allargare la famiglia…”.

Dylan le si avvicinò e le prese le mani nelle sue. “Vuoi provarci già da stasera?”.

Il volto della maga si imporporò in un attimo. “NOOOO!!!”.

L’espressione del ragazzo mutò in attimo davanti a quel netto rifiuto e si fece sospettosa. “Che cosa c’è Lina?”.

La maga non sapeva che fare, ma forse prendere tempo le avrebbe evitato un litigio. “Nulla, non c’è nulla. E’ solo che mi hanno proposto un nuovo incarico alla confraternita, un incarico che prevede l’uso della magia. E come ben sai, i maghi perdono i loro poteri durante la gravidanza e di conseguenza non potrei portare a termine l’incarico affidatomi se rimanessi incinta, incarico, fra l’altro, molto remunerativo”.

“E’ solo una scusa!” – replicò, gelido, Dylan – “semplicemente, a te non importa nulla di quello che ci siamo detti ieri sera”.

“Non è vero che non mi importa nulla, è solo che…”. Tentò di finire la frase ma non ci riuscì. Per la prima volta nella sua vita le mancavano le parole.

“E’ solo che io sono un piacevole passatempo per te, nulla di più. Sai Lina, all’inizio ero onorato di uscire con te, una maga famosissima e potentissima. Non avrei mai pensato, allora, di arrivare al punto di odiare la tua magia. La tua priorità rimani tu, non ti importa di null’altro che di te stessa, ma io non credo di riuscire a starti dietro in questo. Non voglio essere solo un diversivo che ti distragga da ciò che ami davvero” – concluse Dylan fra l’arrabbiato e lo sconsolato.

La maga si rabbuiò a quelle parole. Chi le aveva già rivolto, anni prima, frasi simili? “Non credi di esagerare Dylan? In fondo ti sto chiedendo solo un po’ di tempo, qualche mese probabilmente”.

Il giovane si avvicinò alla porta e l’aprì. “Fra qualche mese ci sarà un’altra scusa Lina. Tu non sarai mai pronta, non per me almeno. Ed io non ho la forza di stare ad aspettare qualcosa che non arriverà mai. Torno a casa!”.

“Quindi…finisce così?” – chiese Lina con un tono più gelido di quello che avrebbe voluto.

“Già!” – rispose Dylan con un’alzata di spalle prima di chiudere l’uscio dietro di se.

Lina si abbandonò sulla sedia. Era andata peggio del previsto a quanto pareva. Stranamente però non si sentiva triste, solo un po’ scossa e stranamente sollevata. Dylan aveva ragione, aveva capito tante cose di lei e Lina non poteva negare la realtà. Amava la magia, il potere, il vivere senza legami, libera. Aveva dovuto fare rinunce per questo, era vero, ma non si sentiva ancora pronta a cambiare vita, a mettere la testa a posto, a rinunciare a quello che, con tanta fatica, era diventata. Certo, si sentiva un po’ in colpa verso Dylan, l’aveva ferito e sapeva che non se lo meritava. L’aveva sempre trattata come una principessa, si era piegato ad ogni suo capriccio, era logico che prima o poi si sarebbe stufato in assenza di un riscontro da parte sua. Sollevò lo sguardo verso il soffitto e sospirò. “Ed ora che faccio? La tradizione vuole che una fanciulla che viene lasciata dal suo uomo passi la serata sul suo letto, a piangere disperatamente…”. Scosse la testa a quel pensiero e sorrise fra se e se. “NAAAA, non sarebbe da me! E poi ho altro da fare”. Ed in effetti non era Dylan la sua principale preoccupazione. Voleva scoprire cosa c’era a Siilon, ecco cosa gli interessava davvero in quel momento!

Consumò in fretta la cena e poi corse su per le scale, fino alla soffitta. Aprì la botola e si ritrovò in un piccolo atrio polveroso, pieno di scatoloni, con solo una piccola finestra sul soffitto che dava sull’esterno.

Lina cominciò ad aprire scatoloni su scatoloni alla ricerca di qualche libro che potesse illuminarla sulla strana richiesta di re Akim. Il suo viso si illuminò quando vide, in fondo ad una scatola, un testo sui luoghi inesplorati del pianeta. “Lo sapevo che c’era!” – esclamò entusiasta. Allungò il braccio e fece per tirarlo fuori quando fu distratta dallo strano tintinnio di qualcosa che era caduto fuori dalla scatola. Si chinò per vedere cosa fosse e i suoi occhi si allargarono per lo stupore quando realizzarono cosa era caduto. Erano anni che non vedeva quell’oggetto. Lo raccolse con delicatezza e prese a fissarlo fra le sue mani. Era un semplice braccialettino in corda rossa con attaccato un piccolo campanello dorato che tintinnava ad ogni suo piccolo movimento. Lina sorrise con amarezza, si era scordata di avere quell’oggetto. “Gourry…” – sussurrò piano, stringendo fra le mani il braccialetto.

Era stato lo spadaccino a regalarglielo anni prima, per il suo compleanno. Andavano di moda e Lina l’aveva visto fra le bancarelle di un mercato. Aveva fatto finta di disprezzarlo, dicendo che era un oggetto da bambine, ma Gourry doveva aver intuito che invece le piaceva e alla fine si era presentato in camera sua, quella sera, con quel piccolo oggetto, dicendo che era un regalo per il suo compleanno. “E’ stato…poco prima che ci separassimo” – mormorò la maga fra se e se. Già, anche Gourry se ne era andato, come Dylan, per gli stessi motivi di Dylan. O almeno così credeva. Era stata cattiva con lui, l’aveva allontanato per paura di esporsi. Eppure lo aveva sempre saputo che Gourry, a differenza di Dylan, sarebbe stato disposto ad aspettarla. Anche per sempre. E questa era una cosa bella, certo, ma Lina non aveva voluto portarsi sulle spalle un peso del genere. E per questo l’aveva allontanato. Le loro strade si erano divise ed erano ormai anni che non lo vedeva. Ed erano anni che non pensava a lui, non perché lo avesse dimenticato, ma perché si era resa conto che pensare a Gourry la riempiva di nostalgia. Eppure, le sarebbe piaciuto rivederlo, anche solo da lontano…

Con un gesto secco rimise il braccialetto nello scatolone, si sedette per terra e si mise a sfogliare il libro. Non aveva voglia di ripensare al suo passato. E poi a cosa poteva servire? Avere rimpianti per una cosa che dopotutto aveva deciso lei era solo una perdita di tempo.

Un leggero miagolio la riportò alla realtà. Un gatto bianco era entrato dalla finestra e le si era avvicinato, strusciandosi sulle sue gambe.

“Ciao, sei venuto anche questa sera!” – esclamò Lina accarezzandolo.

Il gatto rispose con un miagolio e Lina sorrise. “Sai micetto, questa sera avevo intenzione di studiare, ma negli ultimi cinque minuti la mia mente se n’è volata chissà dove. Ed è in momenti così che mi sembra di aver sbagliato tutto quanto negli ultimi anni”. Ed era in momenti così che si sentiva sola. Ed ora non c’era più nemmeno Dylan…

Il gatto la guardò sornione e si stese al suo fianco. Lui avrebbe dormito, Lina avrebbe studiato qualcosa di quella magia che tanto amava e che, senza che se ne rendesse conto, tanto le aveva tolto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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