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Autore: vampiredrug    07/09/2013    9 recensioni
Questa fic langue nel meandri del mio computer da mesi... più che di una storia a capitoli vera e propria si tratta di una serie di "episodi" legati al finale dell'ottava stagione e a ciò che ne consegue, sia per Castiel che per Dean.
Spero che pubblicare mi sproni a terminare le parti che ho lasciato in sospeso!
Destiel, anche se non esplicito.
Genere: Fluff, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
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HUMAN TRAINER
 
 
UMANO, ADESSO
 
Il vecchio letto del motel cigolò sonoramente sotto il peso dell’angelo, anzi, dell’ex angelo che, sdraiato sullo stomaco, si voltava verso il secondo occupante con un morbido sorriso ad illuminargli il volto.
 
- Dean… - mormorò in tono estatico - Questo… questo è… fantastico. Ne voglio ancora… - pregò, sporgendosi verso l’altro.
 
Il cacciatore si trovò ad osservarlo da distanza ravvicinata, senza fare troppo caso o preoccuparsi della nuova intimità che si era instaurata tra loro, scuotendo il capo in segno di diniego.
 
- No angioletto, meglio non esagerare, il tuo corpo non è abituato a tutte queste sollecitazioni. - spiegò, pacato - Preferirei andarci piano, le prime volte… -
 
- Ma io… - protestò debolmente Castiel, sgranando gli occhi, blu ed enormi, ad un palmo dal viso di Dean, che però non si lasciò impressionare.
 
- Cass, ho detto di no. -
 
L’altro mise su un cipiglio autoritario.
 
- Dean, dammelo. [1] - comandò, sfoderando il tono da sono-un-angelo-del-Signore-ti-ho-salvato-il-culo-dalla-perdizione, tentando allo stesso tempo di affondare il cucchiaino nella ciotola di plastica tra le mani dell’amico.
 
- Neanche per sogno, ne hai già avuto troppo, vuoi sentirti male? - lo rimbeccò Dean in tono paternalistico, intercettando il cucchiaino con una mano e spostandosi un poco, in modo da sottrarsi alle grinfie dell’amico.
 
- Dici così solo perché vuoi mangiarlo tutto tu! - lo accusò l’altro, offeso.
 
- Non dire sciocchezze, lo faccio solo per il tuo bene! Non mi piace nemmeno così tanto, sai benissimo che preferisco una fetta di torta a questo… -
 
- A proposito, che cos’è? - domandò Castiel, momentaneamente distratto dalla sua caccia alla ciotola.
 
- Questo è budino al cioccolato, Cass. Ero praticamente certo che ti sarebbe piaciuto… direi che possiamo aggiungerlo alla lista dei cibi ok. - mormorò il cacciatore con un ghigno soddisfatto.
 
- Sì, ne ho apprezzato molto sia la consistenza che il sapore. - convenne Castiel, con il distacco che lo contraddistingueva fino a poche settimane prima - … Ora però potrei averne ancora? - aggiunse poi con aria implorante, come un bambino, facendo sorridere Dean, anche a causa dello sbaffo di cioccolato che aveva sulla guancia, all’angolo della bocca, che lo rendeva dannatamente simile ad un moccioso.
 
- No. - mormorò dolcemente il cacciatore mentre, senza nemmeno pensarci, lo ripuliva con il pollice, sfiorando inavvertitamente le labbra socchiuse e soffermandosi sulla pelle calda dell’altro una frazione di secondo di troppo, trasformando quasi il gesto in una carezza.

Toccare Castiel ormai non era più una novità, da quando quest’ultimo era diventato umano e lo seguiva ovunque come un cucciolo, ma toccarlo in questo modo era… diverso.
 
Aveva dovuto insegnargli praticamente ogni cosa, dall’allacciarsi le scarpe a come lavarsi i denti, dal radersi senza morire dissanguato al farsi la doccia in maniera decente, ma il gesto istintivo che aveva appena compiuto non c’entrava nulla con tutto ciò.
 
E ora l’altro lo stava guardando in modo strano, inclinando la testa in quella sorta di tic che non aveva mai perso.
 
Perché diamine doveva sempre guardarlo così?
 
- Dean. -
 
- Cosa? -
 
- Perché mi tocchi? - chiese Castiel, senza alcuna malizia.
 
- Eri sporco. Sporco di cioccolato. - spiegò il cacciatore, sperando di chiuderla lì.
 
- Potevo rimuoverlo io. Ne sono in grado. - commentò serio, col suo solito pragmatismo angelico, per poi leccarsi il labbro a dimostrazione della propria autosufficienza con un mezzo sorriso orgoglioso, in un tale sfoggio di umanità che Dean avrebbe trovato davvero tenero e buffo se solo non fosse stato tremendamente a disagio.
 
Si sollevò frettolosamente a sedere sul letto, rigido, evitando di guardarlo ancora negli occhi.
 
- Hai ragione. Scusami, non volevo sottovalutarti. O… metterti in imbarazzo. -
 
- Non mi hai messo in imbarazzo, Dean. - rispose l’altro senza scomporsi - Mi piace quando mi tocchi. -
 
‘Oh, merda.’

- Hem, senti Cass, credo di aver capito cosa intendi, ma non sono cose che si dicono, queste. -
 
- Perché? - domandò l’amico, sprizzando innocenza da ogni poro.
 
‘Maledizione, ma perché nessuno accetta mai le cose per quello che sono?’


- Perché… potrebbe essere frainteso. La gente… la gente potrebbe pensare che io ti tocchi in… in un certo modo. In modo inappropriato. -
 
- Ma tu mi tocchi in un certo modo. E poi chi è la gente? -
 
‘Signore, dammi la forza…’
 
- No Cass, il tuo concetto di “certo modo” è sicuramente diverso da quello che intendo io. E la gente è… bé, la gente è Sam, ok? Non dire mai una cosa simile davanti a Sam. -
 
- Va bene, come desideri. Non avvertivo comunque il bisogno di divulgare quest’informazione con Samuel o con altri. -
 
- Ecco, bravo. -
 
- Dean? -


- Che c’è, ora? - sbuffò il cacciatore, esasperato.
 
- Cosa vuol dire toccare in modo inappropriato? -
 
Dean si schiarì la voce, per prendere tempo e mettere insieme una risposta che fosse comprensibile per Castiel.
 
- Vuol dire… vuol dire toccare in modo intimo. Personale. -
 
- Ma tu lo fai continuamente. Mi hai anche insegnato a lavarmi… -
 
- Sì, ma in quel caso era necessario, cause di forza maggiore. E poi non ti ho toccato, ti ho solo spiegato come fare. Quello che intendo io è toccarsi per il semplice piacere di farlo… senza un fine pratico, ecco. -
 
Castiel parve rimuginaci su per qualche istante, poi annuì con aria solenne.
 
- Credo di aver capito. - annunciò.
 
‘Grazie al cielo.’
 
- È per caso il modo in cui si sono toccati quei due uomini quando ce ne siamo andati? -
 
- Che… quali uomini? - chiese Dean, cadendo dalle nuvole.
 
- Quelli al bar, la sera in cui abbiamo recuperato l’arco di cupido, la sera in cui… in cui io… - si bloccò, incapace di continuare.
 
Incapace di accettare.
 
Dean si morse un labbro, di fronte al dolore ancora più che evidente di Castiel.

Ci stava provando, ci stava provando davvero, con tutte le sue forze, ma ancora non aveva trovato un modo per far sì che l’altro dimenticasse.
O che soffrisse di meno.
 
- Sì Cass, proprio così. Proprio… hem… come quei due. - confermò, arrendevole, desideroso solo di spostare l’attenzione dell’amico su un argomento qualsiasi che non fosse la perdita definitiva e irrimediabile di tutto ciò che aveva o che era stato.
 
Castiel sembrò abboccare.
 
- Non capisco però… cosa c’è di inappropriato, se si amavano? -
 
‘Colpito e affondato. Ok Dean, cerca di educarlo in maniera aperta e tollerante… se vai avanti così ti toccherà portarlo al Gay Pride…’ pensò il cacciatore con un sospiro, in preda ad un alquanto imbarazzante dejà-vu in cui aveva dovuto spiegare ad un angelo con la sua prima, pubblica erezione perché il fattorino della pizza stesse sculacciando la babysitter.
 
- No, no, tra loro non c’era nulla di sconveniente Cass! Ma tra noi… ecco… sarebbe sconveniente proprio perché... insomma… non ci amiamo. -
 
Castiel tacque qualche secondo, rimuginando.
 
- Ma io ti amo, Dean. - replicò quindi, imperturbabile, facendo quasi cadere di mano cucchiaino e ciotolina all’amico, che d’improvviso parve sul punto di soffocare.
 
- Ma… che stai dicendo? - farfugliò, la gola improvvisamente secca.
 
- Nutro dei sentimenti di forte affetto nei tuoi confronti, lo sai. Non voglio che ti accada nulla di male, Dean. -
 
- Uh, sì… sì Cass, questo lo so. Anche io e Sam non vogliamo che ti succeda nulla di brutto, ma questo non… cioè sì, è amore anche questo ma… insomma… non è la stessa cosa! Fra due persone innamorate i sentimenti sono diversi da quelli che esistono fra amici. O fratelli. - spiegò Dean, cercando di riprendere la calma.
 
- Sono più forti? -
 
- No, non necessariamente. Solo… diversi. - specificò il cacciatore, che d’innamoramento e sentimenti ne sapeva a malapena più di Castiel.
 
- Non sono sicuro di aver capito la differenza. -

Dean roteò gli occhi trattenendo una smorfia di disappunto, cercando di decidere se si sentiva più imbarazzato o esasperato.

- Senti Cass, perché ti fai un giretto in biblioteca e ti cerchi qualcosa… qualche bel libro che sia più… hem… esaustivo del sottoscritto? Che so, un manuale… eh? - suggerì Dean con l’ultima briciola di pazienza rimastagli, utilizzando quella che era in breve tempo diventata la sua personale versione del classico “perché lo dico io” che ogni genitore sulla faccia del pianeta, presto o tardi, propinava ai figli.
 
Castiel annuì silenziosamente e lasciò cadere il discorso, avendo ormai imparato che quando l’altro si giocava la carta della biblioteca non c’era verso di cavargli altre informazioni.
 
Dean l’osservò sollevarsi dal letto, raccogliere il trench da una sedia e uscire senza una parola.
Non si preoccupò.
Sapeva perfettamente che non era offeso, come sarebbe stato facile pensare, ma che, ancora poco pratico delle faccende umane, semplicemente aveva seguito alla lettera il suo consiglio, non avendo null’altro da dire sull’argomento.

Lasciò andare un sospiro triste, fissando la porta chiusa.

Ancora non si era abituato a non vederlo semplicemente sparire in un fruscio d’ali e, ogni volta che Castiel entrava in una stanza, invece di fare una delle sue apparizioni ad effetto, avvertiva una sottile fitta al cuore, una sensazione d’ingiustizia a cui probabilmente non si sarebbe mai rassegnato.
 
In ogni caso, niente di paragonabile a come si era sentito quando l’aveva trovato in quel campo, poco distante dalla chiesa dove lui e Sam avevano imprigionato Crowley…
 
Non si era nemmeno posto il problema sul come fosse effettivamente riuscito a trovarlo, su cosa l’avesse guidato attraverso la boscaglia, tanto fitta da strappargli i vestiti e graffiargli la pelle, fino al punto esatto in cui Castiel giaceva in ginocchio, con gli occhi pieni di lacrime rivolti al cielo: se fosse stato l’istinto di un cacciatore, l’affetto di un amico o l’intervento di qualcosa di superiore, quel Dio che avevano così tanto cercato e che continuava allegramente a fottersene della sorte dei propri figli.
 
Non aveva detto una parola, Dean, si era semplicemente inginocchiato al suo fianco e, insieme, avevano osservato lo spettacolo al tempo stesso bellissimo e terribile degli angeli che ad uno ad uno precipitavano attraversando la notte come stelle cadenti.
E quando, dopo un tempo apparentemente interminabile, anche l’ultima delle scintille infuocate ebbe terminato la propria triste e disperata parabola attraverso il cielo, estinguendosi in lontananza, si era alzato e aveva teso la mano a Castiel, che l’aveva guardata a lungo prima di afferrarla, come se aggrapparsi all’umanità di Dean significasse… arrendersi.
Al proprio destino.
Ad una nuova vita fatta di umanità e dolore.
 
Ma l’aveva afferrata.
L’aveva afferrata, forte, si era alzato in piedi e aveva stretto un lembo della giacca del suo umano a capo chino, come se quella fosse l’unica cosa che lo teneva ancorato alla realtà, come se quel brandello di stoffa fosse l’unica cosa che gli permetteva di non impazzire.

Avrebbe desiderato che Dean l’abbracciasse come faceva sempre con Sam, ma non si azzardava a chiedere.
 
Quando doveva chiedere qualcosa per se stesso, perdeva improvvisamente la disinvoltura con cui aveva sempre domandato aiuto ai Winchester, per una causa o per l’altra.
 
E poi, ormai, non aveva alcun diritto di domandare nulla.

Non più. Non dopo tutti gli sbagli che aveva commesso, seppur animato dalle migliori intenzioni.

Per questo gli costò uno sforzo enorme esalare le uniche parole che avrebbe pronunciato per giorni interi.

Le disse piano, aggrappato al bavero della giacca dell’altro, la voce spezzata dalla vergogna e dal dolore per l’ennesima scelta sbagliata.
 
- Aiutami, Dean… -
 
Lentamente, una mano calda e gentile era salita fino a posarsi sulla nuca dell’angelo, premendo dolcemente fino a fargli posare la testa contro la spalla del cacciatore, mentre l’altra gli sfiorava la schiena con carezze circolari per calmarlo, così come sua madre faceva con lui quando era bambino.

- Puoi scommetterci, pennuto. - mormorò Dean, sentendolo tremare e stringendolo forte - Andiamo a casa, ora. -


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[1] Citazione  dalla 5X02, Good God, Y'All, quando Castiel pretende che Dean gli consegni l'amuleto che gli permetterà di trovare Dio.
 
   
 
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