Alle
sette di mattina Ben era ancora sdraiato nel letto immobile, stanco e
debilitato, neanche fosse ammalato.
Era
rimasto sotto le coperte a fissare costantemente la finestra, non
badava al
caldo che faceva a stare sotto le lenzuola.
La fronte
era imperlata di sudore, la salivazione era a zero.
Il
cellulare sul comodino vibrò e Ben, con movimenti lenti e
affaticati, si
trascinò dalla parte opposta del letto per afferrarlo e
vedere chi lo stava
cercando.
Un
messaggio di Matt “Ci troviamo tutti
al
bar Angelo di fronte casa tua, fa’ presto!”.
Due
chiamate perse, una dall’amico, l’altra dalla
sorella.
All’idea
di rivedere tutti i suoi amici montava in Ben un senso di ansia e
preoccupazione che lo costringevano a farsi aria per ritrovare il
respiro.
Niente da fare, Ben non aveva superato lo shock.
Si alzò
dal letto e andò in bagno a farsi una doccia ghiacciata per
schiarire le idee e
cercare qualche vano tentativo di riprendersi.
L’acqua
cadde e lo colpì con violenza sulle spalle, era talmente
ghiacciata che Ben
fece davvero fatica a respirare.
Per un
attimo i pensieri rei svanirono dalla mente confusa di Ben lasciando il
vuoto e
la calma.
La doccia
aveva fatto bene.
Quando
uscì il ragazzo corse a cambiarsi d’abito e poco
dopo si presentò in cucina
dove trovò la madre intenta a seguire un programma di
giardinaggio in
televisione.
La
vestaglia aperta sul davanti che mostrava il pigiama.
< Buon
giorno!> lo accolse lei, stranamente sorridente.
Ben prese
la sua inseparabile aranciata e una brioche dalla dispensa, ma quando
fece per
rompere l’involucro del dolce, a Ben si chiuse lo stomaco in
un pugnetto grande
quanto quello di un bambino.
La rimise
dentro lo scaffale.
< Non
hai fame?> chiese sua madre che aveva osservato tutte sue le
mosse.
< Devo
uscire tra poco..> Ben evitò il discorso.
< E
dove vai? Sei sempre in giro coi tuoi amici..>
Il ragazzo
percepì una nota di disapprovazione nella voce della madre.
< Non
starò via tanto..>
<
Vorrei ben vedere… Ben che ti succede? Non ti drogherai,
vero?>
<
Mamma! Non sono a quei livelli!>
< Sei
sempre in giro, alle ore più strambe! Ieri sei tornato alle
due e mezza di
notte, esci di domenica mattina alle sette e mezza, ma a chi verrebbe
in mente
di alzarsi a quell’ora di domenica mattina?>
< A un
drogato forse..>
< Fai
poco lo spiritoso! E comunque sei strano!>
< Lo
sono sempre per te!>
La donna
evitò di discutere col figlio anche quel giorno, prese il
telecomando e cambiò
canale sintonizzandosi sul TG.
Proprio
in quel momento Ben sentì una notizia che gli fece rizzare i
peli delle
braccia, aprì bene le orecchie e si bloccò di
scatto ad ascoltare.
“…
Una ragazza è stata ritrovata
morta alle prime luci di questa domenica mattina da un uomo che aveva
deciso di
correre e si è avventurato nel parco del paese..”
<
Oh
povera ragazza..> commentò la mamma di Ben.
Il
ragazzo smise di respirare, il suo cuore non batteva più.
Fermo
immobile a trattenere il respiro continuava ad ascoltare la notizia al
TG.
“…
L’autopsia verrà fatta nei
prossimi minuti ma nel frattempo la scientifica presuppone che la
ragazza sia
deceduta già da parecchie ore, la causa della morte
è ancora da accertarsi.
Nessun parente ha per ora denunciato la scomparsa della ragazza..
è giallo”.
Nessuno
aveva avvisato i carabinieri. I genitori non avevano ancora mosso i
primi passi
per ritrovare la figlia.
Ben rimase
in silenzio fino alla fine del servizio.
Ora i
giornalisti stavano intervistando l’uomo che aveva ritrovato
il corpo senza
vita di quella povera ragazza.
“Stavo
correndo lungo le rive del
lago quando mi sono accorto che c’era qualcosa incastrato tra
i rami di un
albero che pendeva. Mi sono avvicinato è ho trovato la
giovane che galleggiava
in acqua…”.
Dietro
l’uomo intervistato la telecamera inquadrava il lago che Ben
riconobbe subito e
la via principale del bosco; non c’era dubbio, Ben riconobbe
il parco
all’istante, era quello maledetto, quello della casa
abbandonata, era QUEL
parco!
La mente
di Ben cominciò viaggiare, a farsi mille interrogativi, in
particolare ce n’era
uno che lo assillava: “La ragazza giaceva sulla riva del
lago, vuol dire che
qualcuno l’aveva spostata…”.
La mente
del ragazzo continuava i suoi viaggi sempre più sinistri
quando ad un certo
punto Ben decise di fermarsi perché un oscuro presentimento
aveva cominciato a
vagare e a parlare al ragazzo terrorizzato ancora per
l’abberrante notizia.
Il
cellulare vibrò e Ben saltò in aria trattenendo a
stento un urlo, che uscì come
una smorfia.
Era Helen
“Ti stiamo aspettando
corri!”.
La mano
che teneva il cellulare tremava, Ben si accorse che lo strava
stringendo con
forza.
Di colpo
si ricordò di respirare.
<
Ben?> sua mamma lo risvegliò da quello strano stato
di coma in cui era
caduto.
< Devo
andare..> disse con un filo di voce.
< Ben
posso sapere dove andate?> sua mamma si era alzata dalla sedia e
aveva
raggiunto il figlio sull’uscio di casa.
<
Siamo qua nei dintorni, non mi buco, te lo giuro!> il ragazzo
alzò le mani
in segno di resa.
La madre
sbuffò e sparì dietro la colonna per tornare in
cucina.
Ben
raccontò il servizio che aveva appena visto prima di uscire
di casa.
I ragazzi
restarono in silenzio fino alla fine, guardandosi ogni tanto alle
spalle con
l’ansia di essere sentiti da qualcuno.
< Ma è
una tragedia!> commentò Bart.
< Ma
aspetta, hai detto nel lago?> chiese Beatrix.
Ben
annuì.
I ragazzi
rimasero ancora svariati secondi in silenzio per assimilare
ciò che avevano
sentito.
< Ho
un brutto presentimento ragazzi..> disse Andy, il primo a
rompere il
silenzio.
<
Qualcosa non mi torna…> gli diede corda Helen.
< Se
la ragazza è stata ritrovata nel lago…
vuol… vuol dire che..> la voce di Andy
tremava.
Beatrix
finì la frase per lui.
< Vuol
dire che qualcuno l’ha… l’ha
spostata…?> l’ultima parola la
pronunciò
appena.
Di nuovo
un silenzio di tomba si abbattè sul gruppo di adolescenti.
Ben
ragionò.
Andy e
Beatrix non avevano torto, la ragazza era nella stanza quando
è stata ritrovata
da loro, poi magicamente era nel lago.
O che da
morta camminasse lo stesso, o invece, l’ipotesi
più convincente… è stata
spostata da qualcuno.
< Se è
stata spostata…> Matt sembrava avesse letto i
pensieri di Ben < Vuol dire
che quell’uomo che abbiam visto era…
era…>
Non finì
la frase, non ce n’era bisogno, e in ogni caso Alyce non gli
diede la
possibilità.
< Oh
no ragazzi non posso crederci!> sbattè i pugni sul
tavolo facendo rumore
Ancora
silenzio.
Per
quanto a Alyce l’idea non piacesse, era l’unica
risposta plausibile.
Quella
notte i ragazzi erano evasi dalla casa terrorizzati a morte e quando si
erano
girati avevano visto qualcuno affacciarsi dalla finestra. Da quella finestra! Quella in cui giaceva a
terra la povera ragazza.
Chiunque
fosse entrato dopo di loro doveva averla per forza vista.
Quella
sagoma indistinta era rimasta per minuti a fissare i ragazzi che se ne
andavano, poi si era dileguata scomparendo nel buio.
Era
veramente l’assassino?
I ragazzi
si erano ritrovati faccia a faccia con lui? Non sapevano chi fosse.
Doveva
già essere lì dentro da un bel po’.. da
prima che i ragazzi arrivassero.
O almeno
sapeva della loro presenza, perché un uomo normale che entra
per sbaglio in
quella casa ed è innocente, chiama subito la polizia, non
resta a guardare un
gruppo di adolescenti scappare.
Doveva
averli sentiti e aveva aspettato che se ne andassero, per forza, non
c’era
altra spiegazione logica.
Ben sentì
un brivido percorrere la colonna vertebrale, ne aveva sentiti fin
troppi quella
stessa notte.
Ben si
guardò intorno.
Vide un
uomo alto, sulla sessantina, indossava un cappellino e una camicia
bianca.
Poteva
essere lui l’uomo che si era affacciato alla finestra.
Poi girò
lo sguardo verso il tavolo affianco fissando un uomo più
robusto del primo che
leggeva il giornale e sorseggiava il suo the.
Che fosse
lui?
Di
sicuro, l’uomo alla finestra aveva riconosciuto parte dei
ragazzi, ma loro non
erano riusciti nella stessa impresa, loro erano allo scoperto,
quell’uomo
misterioso sapeva chi fossero ma non viceversa.
< Che
facciamo adesso?> Matt interruppe i pensieri di Ben.
<
Andiamo alla polizia! L’abbiamo deciso ieri notte!>
Alyce, ferma, drastica.
< Io
non ci voglio andare!> protestò Andy.
<
Bene, tu non ci verrai!>
A fermare
quella che poi sarebbe sfociata in una sfuriata, intervenne Beatrix.
<
Sentiamo prima come si sviluppa la vicenda… magari
dall’autopsia sapranno già
svelare questo giallo…> le parole della ragazza erano
speranzose, ma pure
lei non ci credeva.
Tutti
erano terrorizzati all’idea di andare in questura, nessuno
voleva ritrovarsi
faccia a faccia con i poliziotti.
Poi a Ben
venne in mente il sogno che fece.
Quella
voce, quelle parole… significavano qualcosa? O si era
inventato tutto?
Del resto
era un sogno, i sogni sono irrazionali.
Forse era
nervoso per ciò che aveva visto, quindi il suo incoscio
aveva tirato brutti
scherzi.
Cosa
fare? Fidarsi di una scemenza, o andare davvero dai carabinieri?
La
seconda opzione lo allettava di più.
Di colpo
sentì il gelo pararsi su di lui.
Lo
avvolgeva come in una nube ghiacciata.
Ben cercò
di reprimere un brivido che pian piano si fece sentire sulla schiena.
Si
strofinò le braccia.
< Non
sentite freddo?> chiese.
Tutti lo
guardarono ammutoliti.
Helen fu
la prima a parlare.
< C’è
l’aria condizionata, forse è
quella…>
Tutti
cercavano di evitare l’argomento inutilmente.
Ben si
sentì strano, molto strano.
Un senso
di nausea nacque all’imboccatura dello stomaco e pian piano
salì fino alla gola
che si retrinse fino a diventare piccolissima.
Ben passò
dai brividi di freddo alle vampate di calore.
<
Ragazzi vado un attimo in bagno..> disse a stento e si
alzò senza aspettare
risposta.
Si
diresse verso il bagno del bar e corse ad appoggiarsi su un lavandino e
aprì
l’acqua.
Se ne
gettò un po’ sulla faccia per rinfrescarsi e pian
piano si sentì meglio, anche
se col fiatone.
Chiuse
l’acqua e si asciugò appena con i fazzolettini che
vendevano in quel locale,
inutili.
Mentre si
tamponava il viso vide una porta del bagno aprirsi leggermente e una
sagoma
dietro immobile che non usciva.
Ben mise
bene a fuoco la vista e guardò attraverso lo specchio, era
proprio dietro di
lui.
Si
reggeva con le braccia sul lavandino e aspettò diversi
minuti per vedere come
si evolveva la situazione, poi si decise a parlare.
<
Tutto bene là?>
Nessuna
risposta, nessun cenno.
Poi la
porta si spalancò di colpo mostrando una ragazza
inquietante, pallida e coi
capelli scuri lunghi cadere sul petto.
Ben truccata,
Ben la riconobbe immediatamente.
La
ragazza del sogno.
La
ragazza uccisa.
Ben si
girò di scatto e la guardò intensamente.
Aveva le
allucinazioni, non poteva essere reale.
Il
ragazzo per un istante ebbe paura di andare in iperventilazione.
Il cuore
minacciava di uscire dalla cassa toracica.
"è
una stupida visione, solo una
fottutissima allucinazione” ripeteva tra
sé e sé.
< Non
è un’allucinazione, e tu non sei pazzo!>
disse la ragazza, la stessa voce
che Ben percepì nel sogno.
Ben stava
per tagliare la corda, ma sentendo quelle parole si bloccò
di colpo, si girò e
guardò nuovamente la ragazza.
Aveva uno
sguardo smarrito, impacciato.
< Ti
vuoi calmare adesso?> ripetè lei.
< Chi
sei? Che vuoi da me?> disse Ben.
< Te
l’ho già detto cosa voglio. Ho bisogno del tuo
aiuto…>
< Ma
come..>
La
ragazza alzò un dito per zittirlo.
< Mi
devi aiutare a scoprire che mi ha eliminato!>
Quelle
parole erano così fredde, terribili.
Suonavano
dure e aspre, forti come un pugno nello stomaco.
Ben restò
in silenzio a guardarla.
Era più
smarrito di prima, poi balbettò.
< Ma
io non so da dove cominciare… ci penserà la
polizia..>
< Per
favore… secondo te ce la faranno mai a scoprire chi sia
l’assassino?>
La
polizia di quel paese non aveva una reputazione stellare.
Non tanto
perché non fosse capace nel suo lavoro, quanto
perché era un paese talmente
piccolo che il peggior reato che potesse capitare era una rapina in una
cartoleria, era un paese troppo piccolo perché succedessero
reati da C.S.I.
E quello
era proprio un reato bello grosso, proprio da C.S.I. una ragazza uccisa
e
trovata poi in un lago, era una storia abberrante, mai sentita prima in
quel
luogo.
Era
normale la preoccupazione della gente.
< Ti
starò accanto, non ti abbandono ma mi devi
aiutare…> la sua voce si era
fatta calda e premurosa.
Ben per
un attimo restò imbambolato a guardarla e ad assaporare
quelle paorle così
calde e speranzose, come se fosse in uno stato di coma.
Poi si
risvegliò bruscamente.
< Sei
tu che mi fai questo?> chiese.
Il viso
della ragazza si tramutò in un’espressione
interrogativa.
Incrociò
le braccia.
< Che
intendi dire?>
< I
continui brividi di freddo, la nausea…>
sbraitò Ben.
La
ragazza si strinse le spalle.
< Quando
ti sono accanto, tu sei l’unico in grado di percepirmi, se
voglio farmi vedere,
tu sei l’unico che mi vedi, mi percepisci anche sulla
pelle..>
<
Quindi tutte le volte che mi sarai accanto dovrò patire il
freddo artico??>
disse ironico Ben.
La
ragazza fece una smorfia di insoddisfazione.
In quel
momento entrò Matt.
Spalancò la
porta e si diresse verso l’amico.
< Ben,
come stai? È da un’ora che sei qui dentro!>
< Si
scusami, non mi sentivo tanto bene>
< è lo
shock..>
No Matt,
è lei..
<
Forse>
<
Comunque abbiano deciso di aspettare ad andare dalla polizia..>
Alla fine
si erano decisi, avrebbero atteso dei miglioramenti.
Ma ora
Ben sapeva cosa doveva fare, sarebbe stato compito suo risolvere il
crimine, ma
aveva bisogno del sostegno dei suoi amici, aveva bisogno che
approvassero
quello che aveva in mente di fare, era necessario.
Aveva bisogno
del suo migliore amico vicino.
I due
amici fecero per tornare al gruppo seduto al tavolo e ben, con la coda
dell’occhio,
vide la ragazza fantasma camminare pochi passi dietro di lui.
Sentiva freddo,
batteva i denti, così la ragazza si allontanò
ancora, dileguandosi
completamente.