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Autore: Mash    07/09/2013    1 recensioni
Appena ha capito di essere nei guai, che l’avrebbero ucciso, ha deciso di scappare. Ha corso, ha corso senza sosta fino al paese, sicuro che gli altri suoi compagni lo avrebbero potuto aiutare a capire cosa era andato storto.
Ha trovato solo ombre sulla sua strada.
Si è rinchiuso dentro la scuola e si è nascosto, sapendo di non avere alcuna speranza contro quegli esseri che riescono a tirare fuori tutte le sue paure. Che rappresentano proprio i suoi più oscuri timori.
Genere: Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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Note d'autore:
Questa storia è un prologo di un’idea che ho ormai da due anni. Il posto in questione esiste davvero, ovviamente quello che ho scritto no (forse, non si sa mai cosa può accadere) e ho sempre visto il paese come un buon posto per ambientare una storia dell’orrore. Tralasciando poi che i miei compagni parlano veramente di un fantasma che gira per la scuola in cui passiamo le notti, è nato tutto ciò.
Mi piacerebbe prima o poi, continuare a sviluppare questa trama, quindi questo prologo è diciamo un terreno di prova per vedere se la storia può piacere a qualcuno che non sono io. Grazie per la lettura.

Tutto si perde nell'ombra


Plick.
Plick.
Plick.
Si guarda intorno nell’oscurità, stringendo il bordo della porta dell’aula, spiando dal suo rifugio eventuali minacce.
Plick.
Plick.
Plick.
Con lentezza si volta verso la stanzetta in cui si trova il bagno, e aggrotta le sopraciglia, infastidito da quel rumore.
Come se non bastasse il ronzio ha ripreso ad infastidirlo, li sente vicini. Si stanno parlando. Lo stanno cercando. Rumori di passi in lontananza si mescolano con il gocciolio del rubinetto, creando una cacofonia di suoni sempre più intensi che scavano dentro la sua testa.
Basta.
“BASTA!”
Vuole che tutto quel fracasso smetta.
Si porta le mani sulle orecchie chiudendo gli occhi, trascinandosi indietro fino ad andare a sbattere sulla brandina sulla quale dormiva uno dei suoi compagni, ormai scomparsi nel nulla, probabilmente divorato da una di quelle ombre scure che gli stanno dando la caccia.
La paura si accentua dentro di lui.
Lo avrebbero trovato.
Scivola poi a terra, sempre con le mani a proteggere le orecchie, come a voler scacciare rumori invisibili che s’insinuano nella sua testa.
La porta scricchiola, e il ragazzo alza il volto, con gli occhi pieni di terrore.
L’avevano trovato.
L’avrebbero ucciso.
No.
“NO!”
Indietreggia andando a sbattere al muro dell’aula, infilando le unghie nella carne, sfregiandosi il volto, affondando sempre più in profondità, fino a quando non sente il sangue scarlatto bagnargli le guance e le dita.
Non aveva scampo.
Non poteva fuggire da nessuna parte.

Il giorno prima
-Conosco un buon posto dove sballarsi qui nel paese.-dice il ragazzo con i capelli scuri all’amico, mettendogli una mano sulla spalla.
-Siamo qui per lavorare, non possiamo sballarci Andrea.-risponde l’altro ragazzo, sorridendogli appena, dandogli un leggero spintone con la spalla.
-Non ci beccherà nessuno. Dopo la chiusura, ce ne andiamo su alla fontana con Mario e ci facciamo un tiro. Uno solo dai.-prega Andrea, questa volta convincendolo definitivamente.
-Ma è roba sicura?-domanda l’altro ancora un po’ scettico.
-Certamente.- Andrea sorride:-Fidati di me.-
Il ragazzo sorride e annuisce, accettando.

Alza gli occhi verso la porta, guardando quelle ombre scure come la notte. Ora che erano lì non avrebbe più potuto fare niente. Non sarebbe potuto scappare. Il suo pianto non avrebbe funzionato. Non si sarebbero fermati davanti a niente.
-Vi prego…-prega, facendo sgorgare dagli occhi le prime lacrime, strusciando contro il muro fino a rimettersi di nuovo in piedi.
“Vi prego…”ripete mentalmente, come se le ombre avessero potuto avere accesso ai suoi pensieri.
Un rumore come di una radio rotta si leva da quelle figure dell’oscurità. Dai suoi occhi continuano a scendere le lacrime, e lentamente, sfregando contro il muro, si sposta verso l’unica via di fuga che ha trovato; una delle finestre dall’altro lato della stanza.
Una delle figure scure si protende verso di lui emettendo di nuovo quel suono. Il ragazzo si ritrae, arrivando alla sua unica via di fuga.
Plick.
Plick.
Plick.
Ancora quel maledetto rumore.
Di nuovo un ronzio da parte degli esseri d’ombra. Quello più vicino si protende nuovamente, ma lui si alza sul parapetto della finestra facendo cadere ciò che gli inquilini vi avevano posto al di sopra e apre il vetro beandosi del vento fresco della notte, immergendosi nel silenzio che sente provenire da fuori.
Adesso avrebbe potuto far smettere tutto.
Plick.
Plick.
Plick.
Ronzio.

Due ore prima.
La faccenda è sfuggita di mano ad Andrea.
-Lu…ca…-la sua voce è inclinata dal pianto mentre vede l’amico cadere a terra, con un’espressione di terrore negli occhi sbarrati.
L’ombra scura si volge verso di lui. L’abbaiare di un cane gli arriva alle orecchie forte come il trillo di una sirena.
“No.”
Un urlo si leva dalle sue labbra mentre con le mani sporche di sangue inizia a correre verso la foresta, giù, giù, sempre più giù fino a tornare in paese.
Per un istante, guardando le prime abitazioni, si sente al sicuro.
Respira a fatica appoggiandosi al muretto di una casa, e osserva il cielo scuro come la pece. Dev’essersi fatto buio e non se né accorto.
Dove sono tutti? Dove sono gli altri suoi compagni che si trovano sempre al bar a bere birra e sghignazzare?
La paura inizia a prendere il sopravvento non appena individua la prima ombra scura dirigersi di corsa verso di lui.
“Non ti avvicinare.”
Preso dal panico, si volta, ma vede l’altra ombra oscura che ha ucciso Luca scendere dalla strada e farsi sempre più vicino, minacciosa.
-NON VI AVVICINATE!-
Sa di urlare perché la figura d’ombra davanti a lui si ferma e lo osserva. O almeno crede che lo osservi. Quel volto non ha una faccia. Non ha occhi, non ha bocca. Ha solo oscurità dentro di se. Solo tenebre. Tenebre in forma umana.

La giovane si volta verso l’altro compagno e si getta sul suo petto, facendo sgorgare le prime lacrime, scoppiando in singhiozzi.
Il poliziotto che li ha accompagnati si sporge dalla finestra e guarda in basso.
Plick.
Plick.
Plick.
Il rubinetto continua a gocciolare nell’altra stanza, e il corpo del giovane è orribilmente scomposto sul campo da basket della scuola. Lo può ancora vedere emettere dei deboli movimenti, probabilmente vorrebbe ancora scappare da loro, in qualche modo.
Non sa cos’è successo alla mente del giovane.
Non sa della droga che hanno preso, su, alla fontana.
Sa solo che quel ragazzo aveva una paura matta di loro, come se non fossero esseri umani. Come se non riuscisse a riconoscerli.

Dieci minuti prima
Si chiude nella scuola. Si chiude nella scuola e si getta contro la brandina del suo amico.
Ne ha ucciso uno ma non ha potuto impedire che una di quelle ombre uccidesse Luca.
Non ha idea di dove siano gli altri ragazzi che si trovavano con lui. Non sa che fine ha fatto Alessia, né tantomeno Mario.
Ricorda però, la sensazione del sangue sulle dita.
Non gli c’è voluto molto per uccidere un’ombra. Il suo corpo era stranamente fragile mentre la colpiva con tutta la sua forza.
Mentre quella era abbassata a tirare dalla sigaretta di Luca, lui si è voltato… si è voltato e ha recuperato un grosso ramo.
Dopo, l’ha colpita. Con tutta la forza che poteva.
Ricorda che ha pensato fosse strano che il sangue fosse fioccato dalla ferita alla tempia. Perdevano sangue quelle ombre, così come stava sanguinando Luca, ferito da un’altra di esse nel medesimo modo.
Non avrebbe permesso che una cosa del genere accadesse anche a lui.
Non avrebbero avuto la sua vita dopo quella dell’amico.
Ricorda di aver colpito più forte, questa volta sentendo spaccarsi sotto di lui la cassa toracica della figura scura, per poi abbattersi di nuovo in quel punto, procurando altro sangue sul suo volto, sulle sue mani.
Un sorriso gli spunta sul viso mentre ricaccia indietro le lacrime.
Nonostante tutto gli è piaciuto.
Plick.
Plick.
Plick.
Erano loro.
Erano arrivati a ucciderlo.

C’è Luca lì con lui. I capelli biondi lo fanno somigliare a un angelo, mentre si sporge verso di lui con il sorriso sul volto, e Andrea capisce che cosa è appena accaduto.
Si alza dall’asfalto e prende la sua mano senza pensarci troppo.
Solo un respiro roco si leva dal basso e poi unicamente il silenzio, interrotto dall’avanzare di una sirena in lontananza.
Lui però non guarda a terra, inizia semplicemente a camminare.
 
Una settimana dopo
Allucinogeni. Si scopre infine che qualcuno aveva venduto a quei ragazzi degli allucinogeni.
Non si riesce a trovare il colpevole da nessuna parte, ma il sindaco sa che uno del suo paese è coinvolto nella faccenda. Sa che c’è del marcio nella propria città.
Il sito archeologico è chiuso. Il viavai di studenti interrotto. La scuola interdetta.
Una strana leggenda si alza tra le mura del paesino. La leggenda di spiriti che di tanto in tanto si possono vedere all’interno della scuola.
Due giovani ragazzi.
E delle ombre nere che li inseguono, come a volerli tormentare per l’eternità.
La verità si fa sempre più oscura col passare degli anni.
Alla fine tutto si perde nell’ombra.
Il sito è riaperto. Gli studenti ritornano. Anche se sono passati solo cinquant’anni, la storia è ormai dimenticata.
Andrea non si è suicidato. Luca non è stato barbaramente ucciso a colpi di bastone. Alessia non è stata colpita alla tempia, e poi massacrata con una bottiglia di vetro, e Mario non è morto scavando con le unghie nella pelle, fino a dissanguarsi completamente, all’ingresso del paese. Tutti loro sono rimasti uccisi in un brutto incidente, tra le maestose rocce che si stagliano all’ingresso della loro cittadina.
Nessuno saprà mai la verità.
Niente disturberà più la calma del loro paese.
O almeno, questo è quello che pensano.
  
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