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Autore: MedusaNoir    07/09/2013    3 recensioni
Nei loro giochi, Jaime doveva stare al suo fianco, scegliendo il cavallo più vicino e sguainando una spada di plastica.
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Doveva andarsene. Le navi di Drake sarebbero salpate presto e non aveva senso rimuginare ancora su ciò che stava lasciando: era un inglese e per l’Inghilterra doveva combattere.
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Avrebbe potuto recare la scritta “Londra”, “Parigi” o “Edimburgo”, ma per gli uomini che tornavano dalla Grande Guerra il significato era uno solo.
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«Metteresti a rischio tutto ciò che abbiamo fatto per arrivare fin qui.»
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Il portiere diede loro le chiavi della camera numero tre, assicurando che si trattava della migliore dell’albergo.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cersei Lannister, Jaime Lannister
Note: AU | Avvertimenti: Incest
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In ogni tempo saresti bella, in ogni tempo io ti amerei



A Finn, Finn Jones e Finn il procione.
Accidenti, quanti Finn conosco!

A Jaime piaceva osservare Cersei mentre correva verso la giostra dei cavalli: era così minuta, nascosta da un vestito pieno di pizzi e roselline che si sarebbe volentieri strappata via, ma non si faceva problemi a cacciare eventuali “intrusi” dal suo cavallo preferito – quello bianco con il crine dorato, il più regale. Le era affezionata così tanto che un giorno Jaime le chiese se le avesse dato un nome e lei, con espressione fiera, aveva affermato che era “il cavallo della regina”, non aveva bisogno di un nome.

“Regina”: le bambine che andavano a scuola con loro sognavano di diventare principesse, ma su quel punto Cersei era sicura, lei era una regina. Forse il motivo era elevarsi sopra tutte le sue compagne, ricordando al mondo di essere la migliore.

Nei loro giochi, Jaime doveva stare al suo fianco, scegliendo il cavallo più vicino e sguainando una spada di plastica. Lo chiamava “il suo fidato cavaliere”, appellandolo di tanto in tanto anche come Lancillotto.

«Perché?»

Cersei aveva alzato le spalle. «È il più famoso, quindi dev’essere anche il più coraggioso. E poi amava Ginevra che era la regina e io sono la regina. Tu mi ami?»

Suonava come un ordine, ma a Jaime non dispiaceva. «Sei la mia regina» le rispondeva divertito.

Poi, al termine di ogni gioco, Cersei lo ricompensava con un leggero bacio sulle labbra rosse. Guardando i loro amici, Jaime non era sicuro che tra fratelli ci si scambiassero baci, ma in fondo nessuno di loro aveva una sorella regina.

 

*****

 

I preparativi per la partenza erano quasi ultimati, ma Jaime non aveva ancora intenzione di lasciare la sua casa; ogni volta che il suo sguardo incontrava il letto dove dormiva la sorella, ogni sicurezza veniva messa in dubbio e lui non poteva far altro che indugiare sulla soglia. Cersei era immersa nei sogni – sognava forse di sposare il re? – e pareva beata, avvolta in quei capelli dorati che tanto spesso gli aveva permesso di accarezzare.

Doveva andarsene. Le navi di Drake sarebbero salpate presto e non aveva senso rimuginare ancora su ciò che stava lasciando: era un inglese e per l’Inghilterra doveva combattere.

E doveva andarsene. Rimanere ancorato a sua sorella sarebbe stato infantile – e folle, tremendamente folle – perché quella non era la vita che voleva per lei, fatta di nascondigli, di rancore verso una morale cristiana che sarebbe solo dovuta bruciare sul rogo.

Ma se non parto saremo noi a bruciare.

Afferrò il suo unico bagaglio e diede le spalle al passato – finché quello non tornò, doloroso e vivifico come solo quell’amore insensato sapeva essere.

«Vai?»

Le gambe di Jaime tremarono appena mentre si costringeva a restare immobile sulla soglia, a non guardare sua sorella negli occhi.

«Salperemo questa mattina.»

«Jaime.»

Fu inutile: bastò sentire uscire quel nome dalla bocca di Cersei per farlo voltare, per porlo di fronte a ciò che stava abbandonando – forse per sempre. Sì, la cosa migliore sarebbe stato lasciarsi per sempre.

Il bel volto della sorella era attraversato dal sorriso di chi ne sapeva più di lui. «Torna presto.»

Jaime sorrise a sua volta. «Lo farò.»

Restare lontano sarebbe stato più semplice, ma a Jaime Lannister la semplicità non piaceva proprio.

Giuro che lo farò.

 

*****

 

Il treno rallentò non appena giunse nei pressi della stazione. Jaime riusciva a sentire il clangore delle rotaie nonostante i passeggeri che si agitavano intorno a lui, affacciato al finestrino per vedere, oltre la nube di fumo, la folla in attesa.

Dov’era lei?

Si fece spazio per raggiungere un secondo finestrino, sperando così di trovare sua sorella. Qualcuno era già cominciato a scendere, la sacca sulla schiena, e correva incontro ai parenti che non vedeva da mesi ormai; sotto la pioggia scrosciante si scambiavano baci, strette di mano, abbracci più o meno lunghi come l’eternità. Solo una ragazza aspettava apparentemente senza alcuna fretta, in piedi sotto un cartello che recitava “Lions Tea”; Jaime la vide e un sorriso si accese sul suo volto.

Tipico di Cersei.

Sua sorella non sarebbe corsa da lui, non avrebbe scavalcato famiglie riunite e madri in lacrime per raggiungerlo e stringerlo come non faceva da tempo: avrebbe continuato ad attendere, facendo attenzione a non bagnarsi i capelli e il cappotto, finché lui non le fosse apparso davanti. Lo sguardo che vagava tra i passanti, però, tradiva la sua apprensione.

Sorridendo ancora, Jaime si sistemò il capello e afferrò il borsone, unico passeggero rimasto in quel treno per “casa”. Avrebbe potuto recare la scritta “Londra”, “Parigi” o “Edimburgo”, ma per gli uomini che tornavano dalla Grande Guerra il significato era uno solo.

Lentamente il soldato scese dal treno e sotto la pioggia incontrò gli occhi verdi della sorella. Avrebbe potuto rischiare – qualcuno avrebbe notato la palese somiglianza tra loro? – ma la determinazione con cui Cersei rimase immobile gli fece capire.

Aspetterò. Ho aspettato settimane, mesi, sto aspettando da una vita. Aspetteremo di essere soli.

«Bentornato» lo salutò Cersei con un sorriso beffardo – “Hai visto? Sei tornato. Avevo scommesso su di te. Ti amo. Corriamo a casa. Voglio baciarti ora e tutte le notti a venire.”

Jaime sorrise allo stesso modo.

 

*****

 

Avvolta da quel vestito di mussolina porpora e oro, i ricci capelli acconciati con eleganza, Cersei sembrava essere a proprio agio; agli occhi di chiunque sarebbe parsa una ragazza – una donna, ormai - di nobili natali e mai nessuno avrebbe potuto immaginare la sua ascesa dal basso, da una condizione che aveva cercato in tutti i modi di lasciarsi alle spalle.

«Come mi trovi?»

Jaime si avvicinò alla sorella, che osservava il proprio riflesso attraverso il lucido specchio verticale, e le scostò una ciocca di capelli biondi dal collo. «Bellissima» rispose, baciandole leggermente la pelle scoperta. «Sarai perfetta come dama di compagnia della regina.»

Lo sguardo di Cersei incontrò quello del fratello un attimo prima che lui la voltasse e premesse le labbra contro le sue; gli cinse le spalle con le braccia per aggrapparsi a lui e Jaime la strinse a sé con più forza, respirando il suo respiro. Un rumore poco distante li fece sussultare, ma nella stanza non c’era nulla.

Cersei interruppe il fratello prima che potesse riprendere a baciarla. «Non qui, non ora. Robert potrebbe arrivare in qualsiasi momento.»

«Me ne sbatto, di quel Baratheon di merda. Se voglio baciarti, lo farò.»

«Metteresti a rischio tutto ciò che abbiamo fatto per arrivare fin qui.» Questa volta la spinta di Cersei fu più forte. «Non perderò la mia nuova condizione per un bacio.»

Sordo alle sue parole, Jaime la strinse di nuovo, lasciando che lei si divincolasse per qualche secondo senza ottenere risultati. Fece scivolare una mano sul suo seno. «E per qualcos’altro?»

Forse sua sorella mormorò un rifiuto, ma Jaime non lo udì; riprese a baciarla, determinato e percorso dall’adrenalina di poter essere scoperti in qualsiasi momento.

Ne sarà valsa la pena.

 

*****

 

Cersei Lannister non si arrendeva mai, neanche per un momento.

Era Jaime quello debole.

Quello che aveva passato le notti degli ultimi vent’anni – da quando il grembo della madre li aveva ospitati – rannicchiato accanto alla sorella, le dita intrecciate nelle sue; non vent’anni, forse dieci, forse un po’ di più, erano quelli in cui Jaime aveva smesso di chiudere occhio la notte. Cersei dormiva beata tra le sue braccia, con la scusa di avere troppa paura per restare sola – una scusa a cui Jaime non aveva mai creduto, e non capiva perché suo padre fingesse di non conoscere sua figlia – mentre lui fissava il soffitto, donandole di tanto in tanto casti baci sulla fronte e addormentandosi, sfinito, soltanto quando arrivava mattina.

La consapevolezza di essere condannati all’Inferno non era più terribile dell’immagine di un unico giorno senza Cersei, ma nella seconda metà della sua vita – quando si era accorto che l’affetto che provava per lei non era quello di un fratello – aveva temuto di non essere ricambiato e quello era stato il suo inferno personale.

Finché Cersei, una notte, non aveva spostato il volto per permettergli di baciarle le labbra.

La recita dei bravi fratelli era andata avanti fino a quel giorno, alternandosi a notti di sincerità in cui i loro corpi si stringevano e univano, tornando uno solo come era stato fin dall’inizio. Poi, un mattino, la guerra.

Se ne parlava da anni ormai, ma quanto poteva essere considerata realtà per due persone che la vivevano ogni giorno, combattendo e perdendo contro i propri sentimenti?

Jaime era sempre stato il fratello debole, così fu Cersei a dover decidere. A convincerlo a dormire in un albergo, lontano da una casa che ricordava costantemente il loro legame di sangue; a lavarsi con cura, tagliare i capelli e vestirsi con gli abiti migliori, come avrebbe fatto lei; a portare con sé un contenitore piccolo e trasparente, ben nascosto nella tasca della giacca.

La guerra, era chiaro a entrambi, non li avrebbe mai riuniti: non si trattava di restare divisi per qualche giorno o qualche mese o qualche anno, ma per tutta la vita. E Cersei non aveva intenzione di vivere con il ricordo di un fratello che non avrebbe potuto rivedere.

Il portiere diede loro le chiavi della camera numero tre, assicurando che si trattava della migliore dell’albergo.

«Vi porterò il caffè, domattina» si era offerto, e Jaime aveva annuito senza neanche udirlo, perché la sua mente era lontana, concentrata sulla mano che teneva quella di Cersei davanti a qualcuno che non era loro.

Per un giorno, agli occhi di una sola persona, erano stati due amanti.

Sarebbe bastato per sempre.

 

*****

 

Jaime si svegliò, trafelato. Si portò una mano alla fronte per asciugare il sudore, tossendo e rizzandosi a sedere sul letto.

Quel sogno era stato così reale… Poteva sentire ancora le sensazioni di paura e angoscia, di sicurezza e dubbio, di ineluttabilità che lo avevano attanagliato in ogni momento del sogno. Sembrava passato così tanto tempo, eppure erano solo le sei del mattino e la sveglia non era ancora suonata. Si guardò intorno, ricordando dopo qualche secondo che sua sorella non dormiva nella sua stanza.

Doveva fumare, doveva fare qualcosa.

I pensieri si raccolsero nella sua mente senza che glielo avesse ordinato, mostrandogli la maestosa nave di Francis Drake, gli appartamenti privati della regina Vittoria, il conflitto mondiale alle porte; aveva sognato anche di essere un cavaliere, come nei giochi che lui e Cersei facevano da piccoli, e che Robert Baratheon era il re. Sua sorella… sua sorella era la regina, già – come poteva essere altrimenti? Avevano fatto iniziare una guerra per nascondere il loro amore e poi… poi… Jaime non riusciva a ricordare come finiva quella parte del sogno.

«Cazzo…»

Affondò la testa tra le mani, pensando che l’alcol della sera precedente dove avergli dato alla testa.

No, non si tratta dell’alcol.

Se davvero si era ridotto così per Cersei, aveva bisogno d’aiuto. Nel frattempo, poteva trovarlo in un pacchetto di sigarette e in un’altra bottiglia di birra.

«Mi distruggerai, Cersei…» sussurrò al nulla, lieto che sua sorella non potesse sentirlo.






Questa... cosa è stata "colpa" di Finn, che ha osato fare il compleanno in questi giorni. Non si fa, Finn, non si fa!
... come non si consegna un regalo di compleanno due giorni dopo, ma la mia puntualità è rinomata, ormai.
Allora! Cosa c'è da dire su questa storia?
È una sorta di spin-off della mia nuova long AU, Rabbit heart and Lion heart, ambientata ai giorni nostri; mi sono ispirata inconsciamente a Fallen di Lauren Kate - e dico "inconsciamente" perché me ne sono accorta solo mentre scrivevo la storia, ma è sempre giusto dare i dovuti crediti.
I prompt che l'hanno ispirata sono stati forniti dalla stessa Finn:
- giostra
- domande in sospeso (c'era davvero? Vabbè, facciamo che erano abbastanza implicite!)
- immagine
- tradimento
- Albergo ad ore (Herbert Pagani)

La prima scena si svolge in un tempo non ben definito, nel corso del '900; la seconda nel 1500, la terza al termine della Prima Guerra Mondiale, la quarta nel 1800 e la quinta durante la Seconda Guerra Mondiale. In ogni occasione, Jaime e Cersei sono inglesi, nonostante la mia storia AU (e quindi l'ultima scena) sia ambientata idealmente in America del Nord (non posso neanche parlare di Stati Uniti, avendo completamente stravolto la cartina dell'America, ma vabbè).
C'è altro da dire? Sicuramente, ma mi dimentico sempre qualcosa, quindi credo che finirò con l'augurare di nuovo (in ritardo) tanti auguri a Finn e con il chiedermi perché, da shipper Jaime/Brienne, finisca sempre a scrivere di Jaime/Cersei.
Ma in fondo la so, la risposta.
(No, mi dispiace, non è "Solo l'amore vero", ma "Mi piace l'angst")
(Come se con Jaime/Brienne non ci fosse abbastanza angst)
(Ma almeno Brienne lo ama)
(Basta, la chiudo qui)

Spero che la storia vi sia piaciuta!

Medusa, a Lannister
   
 
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