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Autore: GuardianaDelleShip    07/09/2013    1 recensioni
In questa one shot di 1068 parole racconto un altro pezzo del passato di Sean Alexander Graymark, il mio personaggio in un Gioco Di Ruolo ispirato a Shadowhunters. Qui avrà a che fare con il dolore per la morte del suo fratellino Samuel (che ho descritto nella ff intitolata "L'ultimo sguardo") e l'alcool, la strada che sceglie di seguire per dimenticare. Buona lettura!
Genere: Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Due giorni. È quanto tempo è passato da quando Samuel, il mio fratellino, è stato giustiziato dal Conclave. Mio padre è disperato perché nel giro di una manciata di ore ha perso il secondogenito e i genitori; mia madre è inconsolabile perché era estremamente protettiva nei confronti di mio fratello, essendo il più piccolo della famiglia. Lo è stata anche con me quando ero io il cucciolo indifeso. Da parte mia non ho più toccato un'arma da dopo il funerale di Sam e dei nonni. Il bianco degli abiti da lutto faceva risaltare gli occhi gonfi e rossi della mia famiglia, compresi i miei. Ho passato le ultime 48 ore a piangere in camera di mio fratello, seduto sul suo letto e rigirandomi tra le mani il pugnale di famiglia, l'arma del delitto. Sono riuscito a riaverlo dai Fratelli Silenti finito il funerale e ora lo guardo come se fosse tutta colpa sua. Ma non è colpa sua. È mia. Sono stato io a regalarlo a Sam; se lui non l'avesse avuto forse i nonni sarebbero ancora vivi, e anche lui. "Ahi" Un dolore acuto mi trafigge la mano sinistra, così abbasso lo sguardo: senza nemmeno rendermene conto ho stretto il pugnale nel pugno, aprendomi un lungo e profondo taglio nel palmo. Osservo il mio sangue scorrere lungo la lama e gocciolare a terra, fino a formare una piccola pozza rossa sul tappeto di Sam. - Manterrò la promessa, Sammy. Lo giuro sul mio sangue. - Ho sete. Non ho più mangiato né bevuto dopo la morte di mio fratello. Tornato all'Istituto mi sono chiuso in camera sua e non ne sono più uscito. Indosso ancora gli abiti bianchi. Mi alzo ed esco. Non penso nemmeno a farmi un iratze o a bendarmi la ferita; mi pulisco la mano sui pantaloni, lasciando una scia di sangue che si nota come un faro. Faccio lo stesso con la lama del pugnale. È scesa la notte da poco e come in trance mi dirigo verso un bar frequentato da Nascosti. Mi siedo su uno sgabello davanti al balcone e ordino una vodka doppia, per berla tutta d'un fiato. - Un'altra, per favore. - dico al barista, un licantropo. Lui obbedisce e mi serve la mia ordinazione. Quando sbatto il bicchiere vuoto sul piano davanti a me, il barista si china verso di me con uno sguardo poco amichevole. - Dì un po' Cacciatore, sei venuto in cerca di guai? - Sollevo uno sguardo stanco su di lui, mentre sento tutti i Nascosti presenti fissarmi la schiena. - No. Sono venuto per annegare il mio dolore nell'alcool. E non voglio causare guai a nessuno. Questo è il primo posto che mi è venuto in mente. Posso pagare e ti chiedo solo di continuare a riempire il mio bicchiere. - Metto sul bancone abbastanza soldi da poter pagare alcolici per tutta la notte e gli faccio cenno di versare altra vodka. Lui non obbietta e fa come gli ho chiesto fino all'orario di chiusura. A quel punto ho la testa pesante, ma il cuore più leggero. L'alcool mi annebbia la mente a tal punto che non ricordo più come arrivare all'Istituto e barcollo fuori dal bar, dove mi accascio a terra e svengo. Non so esattamente per quanto tempo ho perso conoscenza, ma quando mi sveglio inizia ad albeggiare. Vomito in un vicolo, poi attraverso la strada fino a un piccolo parco, dove crollo letteralmente su una fontanella; apro l'acqua e metto la testa sotto il getto, inzuppandomi completamente i capelli. Quando mi rimetto in posizione eretta gocce d'acqua fredda mi colano dai capelli lungo il collo e la schiena. Ora sono abbastanza lucido da poter tornare a casa. Passo davanti a uno di quei minimarket aperti 24 ore su 24, dove compro alcune bottiglie di alcolici. Arrivato all'Istituto mi trascino fino in camera mia, dove mi spoglio fino a rimanere solo con i boxer. Quando mi tolgo i pantaloni l'unica arma che portavo cade a terra: è il pugnale di famiglia. Lo raccolgo e nel mentre mi porto alla bocca una delle bottiglie, senza guardarne il contenuto. Whisky. Dopo averne tracannato diversi sorsi comincio a vederci doppio: dopotutto non mangio niente da 48 ore e non ho ancora smaltito la sbornia accumulata durante la notte, perciò l'alcool mi entra in circolo all'istante. Bene. È proprio quello che volevo. Non penso a niente. Porto indietro il braccio e lancio il pugnale, che si conficca nell'anta dell'armadio di fronte a me. Nonostante tutto l'alcool che ho in corpo il lancio è stato preciso. Il movimento però mi ha sbilanciato, e non essendo saldo sulle gambe crollo a terra accanto al letto. Ricomincio a bere fino a che non svengo nuovamente. Quando esco dal mio stato di incoscienza indosso un paio di pantaloni e vado a cercare qualcosa da mettere sotto i denti. Al mio ritorno mi faccio una doccia gelata e mi lavo i denti. Mi sembra di avere un martello pneumatico nel cervello, così vado in biblioteca alla ricerca di una soluzione al doposbronza. Quando la trovo metto insieme gli ingredienti in cucina e bevo il frullato che ne è risultato. É tremendamente schifoso, ma fa il suo effetto. Oramai è sera e mi presento a cena; i miei genitori e gli altri abitanti dell'Istituto non fanno commenti sulle mie condizioni: ognuno elabora il dolore nella propria maniera. Io ho scelto la strada dell'alcool, una strada che sento che percorrerò per molto tempo, almeno finché non sarò in grado di sopportare il dolore. Accanto a me c'è un posto vuoto. Era quello di Sam e percepisco la sua assenza anche senza voltarmi in maniera spaventosamente chiara. Non sento il calore della sua pelle e delle sue risate invadermi, perciò mi verso più vino del solito. Finito di mangiare passo in camera mia a prendere la mia giacca di pelle. Quando sto per uscire mi blocco sulla porta della mia stanza, poi torno indietro e divelgo il pugnale dall'armadio. Ancora non lo so, ma tra pochi mesi me ne andrò dall'Istituto, il ricordo di mio fratello aleggierà per sempre in questo edificio, e io non riuscirò a sopportarlo. Non so nemmeno che a partire da oggi andrò ogni sera nel bar dove sono stato ieri, e anche nel minimarket a comprare alcolici. La mia vita per i prossimi due anni si svolgerà esattamente come le ultime 24 ore, dominata da un unico elemento: l'alcool.
  
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