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Autore: robiblu    09/09/2013    0 recensioni
Questa storia parla un po' di me, e un po' di quello che spesso mi ritrovo ad immaginare.
Scriverla mi ha fatto sentire bene, spero possa piacere.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Per l’ennesima volta si ritrovava in auto con sua madre che le dava consigli, e come al solito non la stava ascoltando. Guardava la strada e pensava. Pensava a quanto la sua vita andasse male, a quanto stesse soffrendo, a quanto fosse impotente.
Questa volta però, osservando la solita strada, aveva notato un’enorme scritta. ‘’Mediateca regionale’’. Non sapeva cosa fosse. Non ancora.
A casa decise di cercare su internet, non trovò alcuna informazione esauriente, così lasciò perdere.
Riprese in mano il suo quadernetto e, come suo solito, scrisse tutto quello che aveva dentro, tutto quello che non poteva dire.
Era sola. Non aveva davvero nessuno, e questa storia la stava uccidendo. Il fatto di non avere amici era diventato un problema vero. Perché trascorrere un anno in casa, senza avere nessuno a cui poter dire quanto si sta male, è atroce. Come atroce fu per lei aver perso l’unica persona che davvero la capiva.
È che lei era diversa. Ma lo era davvero, non come tutte quelle ragazze un po’ timide che farebbero di tutto per diventare qualcuno o per entrare in quei gruppi tanto ambiti.
Perché lei ci era uscita con quella gente. Quella gente popolare. Ed erano state proprio quelle persone ad averla cambiata. Era diventata come tutti, una stupida ragazza timida che faceva la simpatica nei pub con la birra in mano aspettando che le passassero la canna. Era diventata ciò che aveva sempre odiato pur di non rimanere sola, pur di non essere divorata dalla solitudine. Qualche ragazzo aveva anche iniziato a notarla ed a parlare con lei. Ma un giorno cambiò tutto, un giorno qualsiasi, un giorno in cui non aveva voglia di uscire e vedere quel ragazzo simpatico e leggermente bassino che un po’ cercava di attaccare bottone con lei, ma di cui non le importava molto, se non intavolare la solita, ma entusiasmante conversazione su Star Wars.
Fatto sta che da quel giorno tutto cambiò, lei compresa. E il vero problema fu che non se ne accorse. Da quella sera non uscì più. Non scrisse più a nessuno, e nessuno chiese di lei, se non per due o tre settimane.
E poi capì che aveva fatto bene, ma lo capì dopo molto tempo che essersi allontanata da quelle persone con cui si sentiva obbligata a sballarsi per passare la serata, era stato un bene.
E da quel momento iniziò a conoscersi, a capire davvero che tipo di ragazza fosse, che cosa volesse.
Di certo non fu facile, anzi. Iniziarono ad arrivarle anche degli attacchi di panico in quelle rare situazioni in cui era costretta a ritrovarsi con quella gente.
Era cambiata davvero, adesso aveva una vera personalità, sebbene si portasse dentro un dolore terribile, un vuoto incolmabile. Era successo qualcosa dentro di lei, era forse scattato un meccanismo involontario che le aveva aperto gli occhi.
Ma, sebbene fosse soddisfatta di ciò che aveva fatto, era una solitaria che odiava la solitudine, e che, per essere felice, aveva bisogno di chiudere gli occhi e fantasticare.
Scriveva storie bellissime nella sua mente, disegnava volti e luoghi. Era tutto favoloso nella sua testa, ma sapeva bene che quella che stava intraprendendo era una strada senza via di uscita. Perché sognare va bene, ma vivere nei sogni, no, affatto. Iniziava a non volersi neppure svegliare, pur di non riprendere a vivere quella che per lei non era vita.
Così, un pomeriggio qualunque, decise di uscire. Aveva sempre sognato di vagare per la sua città con lo zaino in spalla, sperando di scoprire qualche luogo nascosto. Ma si era sempre detta che non c’era nulla in quella piccola città.
Però quel giorno iniziò a camminare, a vagare per quelle strade affollate ma non troppo, e improvvisamente, si ritrovò davanti a quel luogo che l’aveva incuriosita.
‘’Mediateca Regionale’’. Quella scritta era davvero grande, forse troppo.
Decise di entrare, ne rimase affascinata. Era una sottospecie di biblioteca con una sala proiezioni ed altra roba. Era davvero un bel posto. Iniziò a curiosare.
Uscì soddisfatta dopo poche ore.
E così ci tornò, ci tornò così tante volte che ormai anche i tipi che ci lavoravano sapevano il suo nome.
Un giorno come tanti, si recò in quello che forse era diventato il suo piccolo rifugio.
Passeggiando tra gli scaffali e facendo scorrere il dito sui libri, notò un ragazzo. Era seduto a terra, e stava leggendo. Era carino. Ma carino come piaceva a lei. Quindi era mingherlino. Lei aveva un’attrazione speciale per i ragazzi alti e magri, quelli che se ne stanno sulla loro e che non hanno niente da dimostrare a nessuno ma che diventano simpaticissimi se li conosci.
Aveva dei capelli lunghi, ma non troppo, di un castano chiaro che lei adorava. Non si era neppure accorto di lei, o del fatto che lo stesse osservando da qualche minuto di troppo.
Sentì che doveva fare qualcosa. Aveva l’impressione che quel ragazzo non era lì per caso. Era quasi sicura che fosse stato mandato dal destino, o da Dio o da chiunque decide queste cose. Non che lei credesse a questa roba, ma c’erano delle volte in cui era certa che una forza maggiore decidesse di far incontrare delle persone o di far avvenire determinate cose.
Si vergognava da morire, ma decise di lasciar perdere per una volta.
Prese un libro a caso, si girò verso di lui e disse ‘’Leggi come le vecchiette. Le vecchiette muovono le labbra quando leggono’’.
Lui rise, e la guardò per un po’. Si sedette vicino a lui, e gli chiese cosa stesse leggendo.
Era una biografia di Roman Polanski. Lei iniziò a parlare di quanto avesse adorato i suoi film. Parlò così tanto, ma non solo di quello. Di così tante cose che sembrava stesse vaneggiando.
Ad un certo punto si fermò, e lo guardò. Lui aveva tenuto gli occhi fissi su di lei per tutto il tempo, sembrava quasi ne fosse affascinato. Rise. Si vedeva che non era timido ma che aveva solamente voglia di scoprire fino a che punto lei avesse intenzione di parlare.
La fissava e se ne stava zitto. Sembrava quasi imbarazzante.
Così lei decise di parlare di nuovo, ‘’Non so davvero da dove mi siano uscite tutte queste parole, di solito sono timida, lo sono, ma forse sono stata zitta per troppo tempo.’’
Abbassò lo sguardo, aspettando di sentire la sua voce, aveva una voglia matta di scoprire che voce avesse. ‘’Di certo non sembri timida - rise - anch’io adoro Polanski.’’.
Parlarono per molto tempo di cinema, di musica, di loro. Sentiva di aver conosciuto qualcuno di speciale, e non riuscì a trattenere il suo solito sorriso ebete di quando è felice per tutto il corso della conversazione.
Anche lui sembrava essere sereno. Forse anche divertito. Non conosceva la sua storia, ma era sicura che presto ne avrebbe fatto parte anche lei. Era sicura che quella conversazione non sarebbe finita lì.
Dopo un po’ di tempo, rimasero in silenzio, e lui sorrise. Aveva un sorriso bellissimo.
Le disse che doveva andare. Si alzò, ripose la biografia di Polanski e la guardò. Sembrava che avesse migliaia di pensieri nella testa, ma che non riusciva a verbalizzare. Mosse le sue sottili labbra tentando invano di formulare una frase. Così, spostandosi i capelli, la guardò dritto nei suoi grandi occhi a mandorla e le disse ‘’Ci vediamo domani, qui fra questi stessi scaffali, con gli stessi libri in mano. Ci conto.’’
Lei sorrise, e lo salutò.
Alzò lo sguardo ripensando a tutto quello che era successo, era felice.
Il giorno dopo si fece trovare di nuovo lì, alla stessa ora, fra gli stessi scaffali. Ma lui non c’era.
Aspettò così tanto che decise di andarsene. E proprio mentre si stava alzando, lo vide. Era carino come il giorno prima, carino come piace a lei.
Sorrisero entrambi.
Da quel giorno si incontrano sempre lì, sempre fra gli stessi scaffali.
Nessuno l’aveva mai fatta sentire così bene.
Divennero amici, e lei fu finalmente felice. Lui era ciò che aveva sempre desiderato. 
Aveva capito che l'unico modo per colmare quel vuoto che portava sempre dentro di sé, era vivere, intensamente. 
Da quel momento iniziò a farlo.
Perché vivere davvero è tutto ciò che rimane quando ogni altra cosa cade a pezzi. 

  
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