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Autore: PZZ20    09/09/2013    6 recensioni
Nappa, un campo di battaglia e la mia malsana idea di scrivere di saiyan e guerra...
Genere: Guerra, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nappa
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Buona sera...

Non ho molto da dire. Spero che non suoni banale e trita come pare a me.

Per 22volteMe, con sincera ammirazione e gratitudine.

Sophya.

 

 

 

 

 

NAPPA.

 

 

 

C'è un'afa soffocante ed i raggi pressanti della stella rossa sembrano cuocerlo come una fornace. E' in evidente affanno ma non si scompone. Lecca il sangue che gli cola dal labbro superiore, un sorriso sghembo si dipinge sul suo volto tumefatto e, mentre l'adrenalina gli pompa nuovamente nelle vene, si butta all'attacco, un'altra volta, forse l'ultima ma... Non importa.

 

 

L'aria è fresca ed il sole così chiaro... Non si sente che un lieve filo di vento scuotere le fronde rigogliose degli alberi, la calma lo avvolge e Nappa si chiede se sia così che ci si sente in paradiso. Non importa, non a lui per lo meno; lui che il paradiso non saprà mai che cos'è.

Siede su un masso poco distante dalla sua navicella e inspira profondamente aria, tanta, fino a riempire i polmoni completamente per poi abbandonarsi con la testa sulla pietra ricoperta di muschi, le dita ad accarezzare l'erba e gli occhi fissi al cielo.

Il volto ha smesso di pulsargli ed il labbro di sanguinare ma il dolore alla bocca dello stomaco e l'evidente affanno restano, forse più pressanti di prima, a ricordargli che tutti, anche i guerrieri valorosi, prima o poi cadono.

Ebbene lui vorrebbe proprio morire in un posto come quello, magari con il sorriso sulle labbra e un'età abbastanza avanzata da potersi dire stanco di tutto. Forse... O forse no.

 

 

 

Il colpo allo sterno è forte e sa di acido, sa di merda, delle sue budella spappolate o, per lo meno, del pasto mai digerito di quella schifosa mattina torrida come un rogo.

Gli occhi si accendono di furia cieca e l'onta dell'oltraggio -quella o forse solo la semplice voglia di mietere vittime- porta l'alieno a pagare lo scotto del colpo inflitto.

Per Nappa la guerra è tutto, è la sua anima, la sua vita, l'aria che respira; ogni colpo subito è come il bacio rovente di una puttana, lascia un segno rossastro ed un vago ricordo sofferente, nulla di più.

Essere un saiyan è questo in fondo: significa non fermarsi, non ricordare, non soffrire.

Ed è così infatti.

Nappa ingoia sangue e bile e colpisce a sua volta perforando l'avversario da parte a parte con un ki-blast abbastanza potente e ravvicinato da lasciare solo interiora e carne bruciata attorno al suo braccio destro. Un altro, poco più in la, cade sotto i colpi dei suoi compagni.

Non ha tempo da concedersi per rimirare lo spettacolo, non ora, il nemico è in vantaggio numerico e bisogna abbatterne ancora tanti prima di tirare un sospiro o perdersi in puttanate come sfottere Thaoks perché, solo sopo sei giorni di scontri, si ritrova già senza un braccio.

Un gruppetto di nemici, armati fino ai denti, lo carica con la foga di chi ha perso tutto, pure la speranza e non gli resta che la vendetta sul nemico invasore; avanzano verso di lui, urlano incomprensibili insulti e sputano sui suoi compagni caduti. Uno di loro regge la testa di un giovane saiyan su una picca e gliela punta contro, come se ciò bastasse ad intimorirlo, come se fosse qualcosa di più di una patetica scusa per farlo incazzare ulteriormente.

Se ne fotte della tattica, se ne fotte del richiamo dei compagni e se ne fotte pure della testa mozzata, a ben vedere, ma li carica come se non ci fosse un domani e, probabilmente, visto il loro numero e la loro potenza di fuoco, per lui sarà proprio così.

Un affondo, poi un altro, poi il dolore accecante e le urla di una voce che stenta a riconoscere come propria, l'abbaglio delle onde energetiche nemiche ed il sapore della terra umida fra i denti.

Pensa, o forse lo spera, che arrivi anche il buio, ad un certo punto, ma non è così.

I colpi si susseguono sulle sue scapole, sul collo e sulla schiena ma non sono sufficienti, non per abbattere lui. Innalza l'aura e si solleva, in piedi, ancora una volta. Il sorriso diventa sprezzante e, nonostante le copiose perdite di sangue, l'uccello diventa duro fra le sue gambe tese. È la guerra, cazzo, e lui l'ama, lui è forte, tanto da sentirsi immortale, e i suoi nemici sono a terra ustionati ed immobili.

L'odore dei cadaveri, bruciati dalla sua potenza, pervade l'aria, è nauseante ma ormai ci ha fatto talmente il callo da parergli solamente l'ennesima sbuffata di aria troppo calda.

Un altro sorriso, un altro grumo di saliva insanguinata e si ricomincia.

 

 

 

Vorrebbe morire lì, forse... Sì, ma non oggi, non ora. Non è proprio il momento.

Vuole vedere Freezer cadere in ginocchio, prima, vuole vedere l'erede al trono vincere il suo primo combattimento, prima... Vuole trovarsi una bella femmina e recuperare tutte le ore di sesso che non si è potuto permettere fin'ora, tutte le ore che ha invece dedicato a fottersi qualcosa di meglio, di più glorioso: il sangue nemico sui campi di battaglia.

È giovane, Nappa, troppo per potersi dire saggio o esperto ma è già stanco. E, a ben vedere, non vorrebbe mai finire i suoi giorni in pace, con il sorriso sulle labbra, no.

Lui è un saiyan ed i saiyan muoiono combattendo, con una smorfia di fatica e ferocia sul volto, mai sereni e mai in pace.

Così è stato per suo padre e così sarà per lui.

Tirare avanti più che si può, ammazzarne il più possibile. È quello il dogma, quella la legge.

Se ti porti meno di cento anime cadute, sulle spalle, non sei nessuno.

Più uccidi e più diventi grande.

Lui, poi, ha già trecento battaglie nei ricordi e non sa' quanti morti sulla coscienza, sa' solo che mille è un numero troppo basso per contenerli.

 

 

 

Il colpo arriva di spalle e lo sferza come mille aghi, la carne sanguina e brucia e l'armatura cede.

Un urlo feroce gli graffia la gola; il tempo di girarsi ed un altro fendente lo raggiunge al petto ora nudo.

Sangue. C'è tanto sangue, adesso, che gronda e cola dal suo corpo vestendo il terreno ai suoi piedi di rosso scarlatto. Ma le ginocchia non cedono e il respiro non manca, così che anche lui possa, infine, affondare il suo attacco.

 

 

 

La pace di quel luogo incontaminato l'ha distratto fin troppo. È ora di rimettersi in viaggio, Vegeta-sei non è lontano e lui, a dispetto dei pensieri di poco prima, ha davvero bisogno di una vasca di rianimazione se non vuole finire i suoi giorni in quel luogo “incantato”.

Lascia oscillare la coda nel vento mentre prende un'ultima boccata d'aria pulita, un ultimo sprazzo di pace. La brezza fresca gli sfiora il torace scoperto ed infiamma le ferite, ancora aperte, di nuovo dolore pungente.

È ora di tornare all'inferno rosso cui appartiene, al suo ruolo, al suo sovrano. Il principe è piccolo ma ha già dimostrato notevoli doti combattive. Non è lontano il giorno in cui dovrà iniziare ad allenarlo, pertanto, gli conviene tornare a casa vivo...

 

 

 

Sembra non ci sia nulla da fare. Sembra che i nemici siano davvero troppo numerosi e loro... Loro sono rimasti solo in quattro.

Più di venti corpi saiyan, orrendamente mutilati giacciono su quel terreno marcio e puzzolente. Soffermarsi a riflettere, risulterebbe quasi poetico, marci dentro ed ora, nella guerra che perdura violenta, marci anche fuori.

Sembra stiano perdendo, è vero, ma hanno ancora una carta da giocarsi, l'ultima, la migliore: la dannata stella rossa tramonta e, al suo posto, due satelliti enormi, gialli e pieni, fanno capolino dietro i monti ad illuminare il campo di battaglia.

“Scacco matto, bastardi.”

 

 

Il cuore suona sordo ed insistente come un martello nella cassa toracica, nella gola e poi su, fino alle tempie pulsanti.

Il respiro si fa profondo e veloce, sempre più rapido, mentre i muscoli si tendono e le ossa stirano i legamenti e le carni per allargarsi. È libertà, è dolore, è gioia, morte e pace insieme.

È l'Oozaru e non c'è niente di più bello. Meglio del sesso, meglio dell'alcool, meglio del cibo.

L'urlo diventa ruggito, l'aura diventa devastante e i sensi si acuiscono.

Non pensa, non pensa più a nulla -sempre che uno come lui l'abbia mai fatto veramente- e si getta a capofitto sul nemico. Distrugge, schiaccia, incenerisce e divora.

In pochi minuti la situazione si ribalta e gli scimmioni avanzano verso i confini delle città abitate. Da lì in poi saranno solo macerie, da quel momento, non resterà più nulla se non l'eco delle urla strazianti e l'odore soave ed opprimente della morte.

Per un saiyan la bellezza è questo: la guerra e nient'altro.

A lei votati e di lei boriosi amanti. Suggellano il patto sin dalla nascita, il loro unico vero legame, quello con la battaglia, e se lo portano fin nella tomba, lì, su quei campi di battaglia che di loro conosceranno solo la furia, l'istinto animale, la brama famelica della vittoria e mai il nome. Perché in fondo, un guerriero saiyan vale l'altro, perché alla fine, anche essere un guerriero di primo livello, non ti rende leggenda; leggenda è chi vince, sempre; leggenda è chi regna e comanda, chi schiavizza e sottomette.

Non lui, no. Nappa è nato per essere secondo, per chinare il capo ed eseguire gli ordini, per farsi beffe degli altri dopo che già qualcuno se ne è fatte di lui.

Nappa è feroce proprio anche per questo: per l'eterna consapevolezza di essere nulla eppure di poter fare tanto.

 

 

La battaglia è finita e le pire funebri si ergono a decine, come impone la tradizione guerriera: dove si recupera un corpo, si bruciano i resti.

Le fiamme danzano contro il cielo, ora schiaritosi, ed emettono volute di fumi azzurrognoli che accendono l'atmosfera di sfumature marine le quali inghiottono le dense nubi, umide e soffocanti, che pregnano quel luogo disgustoso. Davvero un brutto posto per morire.

La battaglia, però, è finita e Nappa ha vinto.

Fissa la pira dove il corpo di Thaoks si arroventa fino a divenire cenere fluttuante nell'aria. Non potrà più prenderlo in giro per quel fottuto braccio staccato e mai recuperato, e non potrà più farci a botte durante una di quelle giornate noiose di stallo fra una missione e l'altra.

Nappa però ha vinto, così che, ora, tutto il resto non ha più importanza.

Perché nulla ha davvero importanza se non la guerra; anche tornare a casa e trovare un bel paio di cosce tra cui infilarsi, a confronto di una vittoria del genere, è davvero niente.

Il colosso questo lo sa bene, così che, nuovamente a bordo della sua capsula, mentre imposta le coordinate di ritorno per Vegeta-sei, si lascia sfuggire un sorriso tronfio.

Sì, anche questa volta ha vinto.

  
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