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Autore: crimsontriforce    16/03/2008    2 recensioni
“Senza un punto d'incontro” significa anche procedere in parallelo, Tidus.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tidus
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nessun concorso né prompt particolare stavolta, solo una piccola riflessione personale. :) Io che scrivo su Tidus, heh... domani finisce il mondo XD






Senza un punto d'incontro” significa anche procedere in parallelo, Tidus.




I suoi passi lo precedono


Al mio genero exp-loratore



Tidus odia suo padre e lo odia ancor più da quando ha scoperto di non averne ragione.



“Senza un punto d'incontro”: così era solito pensare al rapporto fra sé e Jecht. L'uno bianco, l'altro nero; l'uno despota, l'altro vessato; l'uno abbandonato, l'altro che se n'era andato per sempre e se l'avesse fatto apposta non sarebbe riuscito a risultargli più irritante. Di certo, dopo dieci anni, il solo pensare alla persona rozza e invadente che era suo padre basta ancora a rovinargli umore, digestione e giornata – in rigoroso ordine.
Si salva solo il blitzball, proprio quello che nelle speranze di sua madre avrebbe dovuto ricomporre un rapporto incrinato e che invece è stato un punto cardine della sua indipendenza: uscire dall'ombra del grande campione è un proposito che l'ha guidato negli anni, anche se il mondo non manca mai di ricordargli il contrario. E, se ancora gli capita di immaginare la sua sagoma guizzare in lontananza mentre si allena da solo, basta un tiro alla massima potenza in quella direzione per esorcizzarlo. Non sarà un Perfetto e Sublime Tiro di Jecht di Tipo Tre, ma funziona.

Quando Auron gli dirà che il suo vecchio è Sin, parte di lui, una parte arrabbiata e anche un po' meschina, non se ne sorprenderà. Fare un danno di quelle proporzioni? Tipico, tipico di Jecht.

***

Ed ecco che Yuna gli parla per la prima volta di un Sir Jecht che non può essere il padre che conosceva ma allo stesso tempo non può che essere lui, anche se i loro ricordi non riescono a trovare un accordo sulla figura ingombrante che nel bene o nel male ha lasciato un segno sulle loro vite. L'evocatrice non gli dedica molte parole, ma da quelle poche emerge un affetto così sincero che gli dà i brividi. Non sa se per la sorpresa o il disgusto.
Solo in seguito, rivoltandosi senza tregua nella branda che gli è stata assegnata per la notte, mette a fuoco un dettaglio che durante la giornata ha tralasciato: Sir Jecht è stato un guardiano. Jecht, lo stesso piangi-pure-non-sai-fare-altro Jecht, nessun-altro-può-farcela-sono-io-il-migliore Jecht, aveva lasciato qualunque vita si fosse rifatto per servire e proteggere un'altra persona. In confronto, un viaggio di mille anni sembra a Tidus un paradosso di poca importanza.

Nessuno l'ha mai chiamato “Sir”, finora, e “guardiano” continua a sembrargli una pomposa definizione per un mestiere di ripiego, ma non è esattamente quello che sta facendo, anche se nella sua testa si chiama solo “stare accanto a Yuna”? Di nuovo sente un brivido e non è per sorpresa, né disgusto.

***

Ed ecco che, quando perde il conto dei giorni che ha passato in questo strano futuro, inizia a vedere la bellezza del mondo oltre Zanarkand in tutte le sue sfumature. Ora sono quelle del blu di Macalania, che minaccia di avvolgerli in un gelo magnifico ed eterno. Non si lasceranno sopraffare.
È un viaggio più duro di quanto avesse immaginato, anche più triste, ma col tempo ha capito che recriminare è inutile e sta imparando a guardare avanti, trovando un suo equilibrio. L'ha capito da solo! Non ha bisogno che glielo ripeta una stupida registrazione. Non ha bisogno di sentire quell'uomo ripetere il corso dei suoi pensieri, giorno dopo giorno. Soprattutto, non ha bisogno di sapere che lo amava. Non vuole saperlo, non vuole pensarci, non vuole.

***

Tidus odia suo padre e lo odia ancor più da quando ha scoperto di non averne ragione: solo ora – e l'ironia del tutto non passa inosservata ai suoi occhi – inizia a vedere l'uomo dietro al mostro dei suoi ricordi. Non potendo prendersela con se stesso per aver sbagliato per una vita intera, però, al momento si accontenta di continuare a detestare lui. Sempre più per ogni passo che compie e che scopre finire immancabilmente su orme già calcate.

***

La verità porta con sé l'ora più buia.
Si è sempre sentito estraneo a questo mondo: con ogni pasto consumato insieme, ogni parola amica, gli sembrava di colmare parte della distanza ma la meta si spostava sempre qualche passo in là, irraggiungibile anche solo col pensiero. Pensiero che, beninteso, non è mai stato la sua specialità – ma ci aveva provato davvero, con tutte le sue forze, a capire cosa fosse quella qualità indefinita che lo separava dal compagno di squadra, dal sacerdote incontrato per strada, dall'uomo che l'ha cresciuto, dalla sua Yuna. Specialmente da lei. Ora che sa darle un nome, “realtà”, non può che chinare il capo e gettare un'ultima occhiata al muro di corpi intrecciati che separa le due facce della sua non-esistenza. Anche solo restare in piedi gli richiede uno sforzo immane. Per Yuna, riesce a sorridere. Ma l'unica verità è che è solo. Dannatamente solo.
Nei pochi mesi che ha trascorso in pellegrinaggio ha visto la vita manifestarsi in modi che non avrebbe neanche saputo immaginare: popoli, culture, individui, pensieri. Li ripercorre tutti con l'occhio della memoria, ossessivamente, chiedendosi se sia mai esistita anche solo una persona che ha sofferto quello che sta soffrendo lui, che potrebbe capirlo.
La risposta aleggia al limite del pensiero consapevole con la forza di una tempesta imminente. Ancora la respinge. Non può accettarla.
Non vuole.

Nell'oscurità delle grotte il vento dà loro tregua, ma giorno e notte si perdono assieme a tutto ciò che non è “marcia”, “riposo”, “silenzio”. Ora è giunto il momento del riposo. Quando il gruppo si ferma, Tidus rimane irrequieto, spada alla mano. La sua testa dolente reclama pace, ma gli è parso di vedere delle orme diramarsi dal sentiero, poco prima, appena visibili sulla sabbia fine su cui stanno camminando. Sa che deve seguirle, a dispetto delle fiere e dei dolori e del sonno (per cosa, poi? Sognare? Per piacere), e lo fa, semplicemente. Senza porsi domande.
C'è Auron di guardia, spera che capirà.
Le impronte, che possono essere state lasciate da piedi scalzi oppure no, risalire a un mese o a dieci anni prima, non lo portano lontano: si fermano sulle rive di una piccola pozza costellata di rocce luminose. Attorno a lui, altre luci danzanti non mancano di ricordargli che si trova in un luogo di morte. Sono opprimenti. Gli gira la testa e gli sembra che vortichino tutto intorno a lui imprigionandolo in uno spazio irreale. Ne ha abbastanza d'irrealtà! Soffocato dall'incertezza sul suo stesso essere, si specchia nell'acqua in cerca di risposte.

La memoria di Jecht gli sorride da oltre il riflesso.

Infine lo accetta: si inginocchia e fa sua quell'immagine, immergendo nell'acqua le mani a coppa. Questa è la loro storia e ne vedrà la fine – per entrambi.

Si volta e vede i suoi stessi passi innanzi a sé, un lungo sentiero già tracciato da dieci lunghi anni e con ogni ribellione, ogni rifiuto, non ha fatto altro che inoltrarvisi. Ora lo vede e può percorrerlo consapevolmente, con una parvenza di serenità.
Sa che lo porterà a Zanarkand. Poi... Fidati di me. Penserò a qualcosa.


***

Ed ecco, per le uniche persone che li abbiano mai spinti a diventare uomini migliori (stima, riverenza, rispetto, amore: sentimenti più facili da riordinare a trent'anni che a diciassette), ecco che sono pronti a deporre le loro vite ai piedi dei loro evocatori, anse parallele della stessa spirale. Proprio ora che quelle vite hanno acquisito un senso. Proprio per questo hanno il coraggio di farlo.

La differenza: per Jecht è una scommessa, un tiro rischioso. Tidus vede quel passaggio, con lo sguardo finalmente libero dal rancore, lo sfrutta e segna.
Da un giocatore del suo calibro, in fondo, c'era da aspettarselo.

***

Ha vinto.
Non riceve applausi: solo una mano incontra la sua, senza creare alcun suono nella non-materia che già li circonda entrambi. Non chiede altro riconoscimento.




   
 
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