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Autore: Giulia_1997_    10/09/2013    2 recensioni
-Le cose più belle accadono a chi sa aspettare-. Be', in questo caso siamo in presenza di Charlie, una ragazza che non si aspetta niente, ma che, alla fine, riesce ad apprezzare la vita e le cose che essa ha in serbo per lei. Non è la solita storia d'amicizia, di romanticismo, d'avventura. E' la storia di Charlie.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sono le sette e mezza. OK, posso dormire per altri cinque minuti.
Il problema di fondo è che quando pronuncio questa fatidica frase, puntualmente al risveglio, gettando un occhio verso l'orologio, sono le otto meno cinque. Onde evitare eventuali problemi legati al tempo, decido di infilarmi le mie super-comode ciabatte pelose e di recarmi in bagno. Quello che vedo allo specchio, per poco non mi spaventa. I miei capelli hanno una forma molto astratta, quasi "a coda di coniglio", non so se mi spiego. Li abbasso con la spazzola, cercando di dargli un senso. Mi rigurdo allo specchio. Adesso va meglio.. ma quello è.. un brufolo? Ci penso io... . -Charlie, sbrigati sono le otto meno un quarto- sbraita mia madre dal corridoio. -Arrivo subito- mi affretto a rispondere. Mia madre odia che la si faccia aspettare quando impone ordini o semplicemente pone delle domande. Mi sa che io e il mio brufolo ce la dobbiamo vedere più tardi. 
Seconda settimana di vacanze estive. -Ma come- starete pensando -non avevi detto che indossavi delle super-comode ciabatte pelose?-. Be', in realtà io le indosso sempre, autunno, inverno, primavera ed estate, e si vede. Morbido pelo verde ricopre interamente il piede, un dolcissimo cane con la lingua rosa di fuori posto sulla sua punta, due occhi grandi e vivaci ed il naso rotondo e nero che possibilmente è l'unica parte della ciabatta a non aver mutato il suo colore. Sì, perchè quasi tutta è  come se fosse ricoperta da un velo grigio di putridume. Pensandoci sono due anni che le indosso giorno e notte. Ho anche vietato a mia madre di lavarle, devono restare così come le ho comprate, quando ero con il nonno.
Mia madre urla di nuovo il mio nome. e i miei pensieri svaniscono e tutt'ad un tratto mi ritrovo trasportata nella realtà, come scesa da una macchina del tempo - "Prego, signorina, l'aiuto a scendere" "Oh, grazie mille"-. Ciabbattando rumorosamente, con l'intenzione di preannunciare il mio arrivo con il rumore dei miei piedi, quasi come il rullo di tamburi che preannuncia l'uscita del coniglio dal cappello del prestigiatore, arrivo in cucina dove trovo tutta la mia famiglia seduta intorno al tavolo intenta a fare colazione. I miei ci tengono tanto a stare tutti insieme, così anche per le piccole cose, vogliono che le condividiamo tutt'insieme.
Così devo svegliarmi presto di mattina, nonostante siano le vacanze estive e nonostante mi svegli alle sette ogni santo giorno. Però non nascondo che questi momenti di condivisione e di riunione mi piacciono molto. Forse perchè per me la famiglia è davvero la cosa più importante, perchè sono molto legata. Tant'è che mi appresto a sedermi ed a cominciare il mio pasto. Dieci minuti, e la magica atmosfera delle famiglie della pubblicità svanisce. Mio padre si affretta ad andare a lavoro con mia madre, mio fratello ad uscire con i suoi amici ed io rimango seduta al tavolo a finire la mia colazione. Quando tutti sono usciti da casa, indugio un momento ed in seguito corro a prendere il mio cellulare. Nessun messaggio, di nuovo.
Sconfortata, torno al tavolo, sparecchio, da brava ragazza, e vado in camera mia. L'orrore mi si apre davanti: pareti scrostate, carta da parati di un rosa nauseante stracciata, la lampadina dell'abatjour rigorosamente fulminata, che si accendeva ad intermittenza come le luci dell'albero di natale, poggiata sopra il comodino con il cassetto aperto, perchè rotto, dal quale fuoriuscivano calzini di tutti i colori e motivi diversi, letto disfatto, cartacce sopra la scrivania e, ovviamente, fuori dal cestino. Con questa atmosfera, coronata dalla formidabile lampadina mal funzionante, entro con tranquillità, mi sfilo il pigiama gettandolo sopra il letto disfatto e indosso la prima T-shirt che mi capita davanti abbinata a dei jeans trovati sulla mia sedia-armadio. Infilo a fatica le mie scarpe da ginnastica senza slegare i lacci e, dopo aver dato un fulminea occhiata al disastro che era la mia stanza, mi volto, quasi orgogliosa ma nello stesso tempo vergognata, e, uscendo, mi chiudo a porta alle spalle, come se così facendo potesse evitare di passarmi in mente il proposito di ripulirla... troppo tardi. Consapevole, comunque, del fatto che non avrei mai dato ascolto a quella vocina della mia testa, attraverso il corridoio fino alla porta, prendo la tracolla, infilo distrattamente in questa chiavi e telefono, do un ultima controllatina alla casa ed apro la porta.
La brezza del mattino mi sfiora dolcemente il viso, mi scosta i capelli e mi fa acc
aponare la pelle. Tolgo il lucchetto dalla bici e parto. Una normalissima giornata estiva, per una normalissima ragazza.
  
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