Trama: Un Incantesimo trasforma
Merlin in un
bambino di sei anni e Arthur dovrà trovare il modo di farlo
tornare adulto,
mentre si prende cura di lui
Ringrazio
sentitamente le 116 persone che seguono questa storia, i 28 che la
preferiscono
e gli 8 che la ricordano. Inoltre dedico il capitolo
a chi ha
recensito.
Di
giornate bizzarre, dopo quella, ce ne furono molte
altre. Ventitré, per la precisione.
Iniziando
dal fatto che Uther era caduto di nuovo in
catalessi, dopo l’attacco della figlia e, sebbene Arthur ne
fosse profondamente
rammaricato, al momento era quasi sollevato dell’effetto che
la battaglia aveva
avuto sul genitore. E questo per tre ovvie ragioni: Merlin , Gaius e
Anacleto.
Dopo
la sconcertante scoperta che Merlin fosse uno
stregone, ora ci si metteva anche il cerusico a scoprire innate doti
magiche
nascoste, mentre le insegnava al valletto e il gufo era
semplicemente…
sconcertante. Era un maestro ancora più abile di Gaius,
anche se un brontolone
allucinante e insopportabile. Conosceva milioni di incantesimi e
sortilegi.
Difatti,
il piccolo doveva aumentare la propria
potenza, sino a portarla al livello di se stesso da adulto, per poter
riaprire
lo spazio temporale.
I
primi giorni, Arthur non aveva potuto assistere alle
sessioni d’allenamento o, più sinceramente, non ci
era riuscito.
Incantesimi
potentissimi, studi accurati e ore e ore di
prove. Merlin non si lamentava mai, ma si vedeva che era stanco e
Arthur non
riusciva proprio a vedere in quel visino così innocente
tutta quella fatica, ma
non poteva fare nulla per alleviargliela.
Ogni
sera, però, dopo che, esausto, Merlin si
addormentava a metà cena, Arthur lo prendeva tra le braccia,
ancora mezzo sveglio,
e cercava di cullarlo nel tentativo di conciliare il sonno.
Ogni
sera, Merlin si addormentava tra le braccia del
suo principe e poi veniva adagiato nel sontuoso letto a baldacchino
rosso,
confortato dalla solida presenza di Arthur che gli assicurava un lungo
e
pacifico sonno, mentre lui si avvinghiava al suo braccio e al suo petto.
Ogni
giorno, però, si affaticava ore e ore con
l’anziano mentore –che aveva anch’egli
una notevole resistenza fisica,
nonostante l’età!- tanto che, alcune sere, a volte
bruciava per la febbre e
Arthur passava la notte in bianco per vegliarlo e inumidirgli una
pezzuola
sulla fronte.
Nonostante
ciò, ogni mattina era sveglio e pimpante,
pronto per un’altra piena giornata.
I
frutti si fecero vedere presto, decretò Arthur. Meno
di un mese e Merlin era pronto. Meglio così. Nonostante
adorasse quella piccola
peste, al principe mancava il suo servitore. E poi, erano cinque
settimane che
era senza valletto, sebbene Gwen era sempre disposta ad aiutare.
Oh,
si. Merlin l’avrebbe pagata, per quello scherzo.
“Sire,
ho fatto tutto ciò che potevo. Ogni mia
conoscenza delle arti magiche, sebbene limitata, ora è in
possesso di Merlin. È
pronto.” Gli annunciò Gaius, una sera, con Arthur
che ancora aveva tra le
braccia il bambino addormentato. “Domani è il gran
giorno, è inutile attendere
oltre.”
“E
cosa dovremo fare?” domandò Arthur, in un sussurro.
“Beh,
sire, vi ricordate la Valle Dei Re Caduti?” gli
chiese Gaius.
Certo
che Arthur la ricordava. L’anno prima ci aveva
quasi lasciato le penne, in quel posto, trafitto alla schiena da una
freccia.
“Non
dirmi che dovremo andare lì, Gaius, spero!” disse
Arthur, leggermente allarmato. Quello era l’ultimo posto,
assieme all’Isola dei
Beati, che volveva visitare.
“E
invece si, Sire, dovremo recarci proprio li.”
Affermò Gaius in tono grave, alzando un sopracciglio
“Perché, c’è
qualche problema?”
“No
no, figurati.” Si affrettò a dire Arthur, con tono
noncurante “Ma perché dobbiamo andare proprio
lì?”
“Sire,
vi ricordate quando vi ho detto che per
riaprire lo spazio temporale serve un potentissimo stregone?
È lo stesso che ha
mandato Anacleto a vegliare su Merlin.”
“Ah,
si, mi ricordo. Taliesin, giusto?” chiese Arthur,
ricordando la conversazione avvenuta proprio in quella stanza il mese
prima.
“Esatto,
Sire.” Confermò Gaius “È
l’unico abbastanza
potente da poter riaprire lo spazio temporale e non rimanerne
coinvolto.”
“E
poi io cos dovrò fare?” domandò il
principe “Una
vota che lo spazio temporale verrà riaperto.”
“Dovrete
essere vicino a Merlin. Lui verrà sbalzato,
come è già successo, nella linea temporale. Voi
dovrete seguirlo. Se nel limbo
è presente una persona che non ha contribuito ad aprirlo,
esso non si chiuderà.
Voi avrete il tempo per cercare Merlin e riportarlo al presente. Entro
un’ora,
però. Il libro non può restare aperto per sempre
e si chiuderà comunque,
intrappolandovi dentro.”
“Oh,
beh, questo è molto rassicurante.”
Borbottò
Arthur, e Gaius sorrise.
“Suvvia,
Sire. Dubito che vogliate continuare a fare
da baby sitter a questo marmocchietto, sebbene vedo che ormai ci state
prendendo gusto.” Disse, stuzzicandolo.
“Io,
cosa? No, no, ti sbagli!” disse Arthur, arrossendo.
“Domani andremo da questo Taliesin e finalmente riavremo il
vero Merlin… ha un
bel po’ di lavoro in arretrato!”
Il
principe continuò a borbottare insensatezze anche
mentre lasciava le stanze di Gaius per tornare nelle proprie e mettere
il
bambino a letto. Gaius, osservandogli le spalle, fece un sorrisetto
furbo e il
suo sopracciglio si elevò tanto da toccare quasi la radice
dei capelli.
Vivere
quasi cento anni dona saggezza e, soprattutto,
rende abili nel riconoscere le sottigliezze.
**
“Allora?
Dov’è il mago?” chiese Merlin con voce
squillante, una volta che furono arrivati davanti a una caverna piena
di
cristalli.
“È
qui, anche se non lo vedi.” Rispose Gaius, e Merlin
lo fissò con aria smarrita.
“Prova
a chiamarlo.” Gli suggerì il cerusico,
indicando l’entrata della grotta.
“Emh…
Mago Talisin…” sussurrò il piccolo.
“…Taliesin!”
lo corresse Gaius a mezza voce.
“Si,
Taliesin. Ecco… ho bisogno di te per tornare grande,
puoi venire qui, per favore?”
“Un
‘Per Favore’ apre mille porte.” Disse una
voce nel
nulla, poi dalla grotta uscì un uomo anziano, coi i corti
capelli e la barba
bianchi, gli occhi verdi e una tunica marrone.
Merlin
pesò che lui era il tipo di persona che
incuteva rispetto, ma calma, allo stesso tempo. Gli ispirava fiducia,
così usci
da dietro le gambe di Arthur dove si era rintanato e gli fece un gran
sorriso.
“Ciao,
Emrys.” Disse Taliesin, arruffandogli i
capelli.
“Emrys?
No, io sono Merlin!” lo corresse il piccolo,
un po’ imbronciato.
“Sono
molti i nomi con cui sei conosciuto ma credo
che, per il momento, Merlin andrà bene.”
Replicò lo stregone. “Allora, qual
buon vento ti porta qui?”
“Mi
serve il tuo aiuto per tornare grande.” Spiegò
Merlin
“se mi fai l’incantesimo e Arthur mi va a prendere
nel temporale.”
“Nello
Spazio Temporale!” lo corresse nuovamente
Gaius, sorridendo.
“Si,
li. Per favore, mi aiuti Talisin?”
“Oh
Merlin, sei senza speranza.” Disse Gaius
bonariamente, ma Taliesin non se l’era presa, e sorrideva
anche lui.
“Essia,
ti aiuterò.” Concesse, arruffando di nuovo i
mori capelli di Merlin.
“Oh,
grazie!” gridò Merlin, entusiasta. “Cosa
devo
fare?”
“Scegli
un incantesimo. Uno qualunque, che ti piace di
più. Però devi impegnarti e farlo potentissimo.
Io lo respingerò, così si
aprirà lo spazio temporale. Il resto lo farà il
Principe Arthur. Sei pronto?”
“Emh…”
tentennò Merlin, e Arthur vide i suoi occhi
riempirti di lacrime.
“Ehi,
Merlin, che ti prende?” gli chiese,
accucciandosi per essere alla sua altezza. Merlin gli gettò
le braccia al
collo. “Non voglio lasciarti!” pianse, mentre
stringeva Arthur.
Il
principe avvertì, con un certo fastidio, che anche i
suoi occhi pizzicavano, così strinse Merlin e si costrinse a
usare la voce
ferma.
“Merlin,
ma noi non ci lasciamo. Ci rincontreremo,
solo che tu sarai più grande. Ma sarai sempre tu,
capisci?”
“Si,
ma-”
“Niente
ma!” lo rimproverò Arthur, staccandosi da Merlin. “Sapevi
che questo giorno sarebbe
arrivato, hai lavorato duramente per essere pronto. Ora è
giunto il momento. Vai
e sii forte!”
“Ma…”
“Merlin!
Forza!” Arthur odiava essere così duro, ma
rivoleva il vero Merlin, subito.
“Dai,
Merlin, sii ragionevole. Il tuo tempo non è in
quest’epoca. Devi tornare a casa. Tua madre sarà
preoccupata.” Disse Taliesin.
“Mia
mamma?”
“Si,
sei sparito da tempo, ormai. La tua mamma del
passato sarà preoccupata. Non vuoi riabbracciarla?”
“Si…”
sussurrò il piccolo, mentre le lacrime
iniziavano a rigargli il visino.
“E
allora forza, pochi minuti e vi riabbraccerete. Scegli
un incantesimo.”
Merlin
annuì e chiuse gli occhi, concentrandosi.
Sussurrò
una parola che Arthur non udì, sebbene fosse accanto
a lui, poi Merlin aprì gli occhi e Arthur li vide dorati.
Taliesin
restò in silenzio, ma anche le sue iridi
cambiarono colore.
Arthur
si aggrappò al piccolo quando vide gli
incantesimi cozzare, poi fu sbalzato via, come risucchiato. Chiuse gli
occhi a
causa della troppa luce.
Quando
li riaprì, vide che si trovava in un corridoio spoglio
e scuro. Ai due lati, c’erano varie porte, tutte in fila e
tutte contrassegnate
con un numero.
Alla
sua destra, c’era il numero zero , alla sinistra
l’uno. Di nuovo alla destra, di fianco allo zero,
c’era il due. Sulla sinistra
il tre e così via.
Dubbioso,
Arthur aprì una porta a caso, quella col
numero sei.
Si
trovava a Eldor. Un grappolo di gente si era appena
riunita e festeggiava. Si avvicinò di più e vide
il bambino che aveva appena
lasciato tra le braccia di una donna piangente, la madre, mentre tutti
gli
altri festeggiavano.
Uscì.
Provo
con quella dal numero nove e si ritrovò nei
campi, mentre Merlin, William e altri uomini zappavano sotto il sole
cocente,
madidi di sudore. Arthur provò una sensazione di disagio nel
vedere un
ragazzino di soli nove anni con in mano una zappa più grande
di lui. Era così
gracile…
Non
sopportando oltre la vista, uscì ed entrò al
numero undici.
Faceva
freddo e la capanna di Merlin era piena di
spifferi. Il ragazzino era a letto, con un panno sulla fronte sudata e
col
respiro irregolare.
Stava
male, e aveva solo un lenzuolo a coprirlo.
“Tesoro,
ecco, bevi il brodo.” Unith si avvicinava al
figlio, con in mano una tazza fumante. Merlin si mise faticosamente a
sedere e
si portò la scodella alle labbra.
“Ma
è brodo di carne!” esclamò, incredulo e
debole “Mamma,
cosa hai fatto per averlo?”
“Amore,
non ti preoccupare. Bevilo e rimettiti in
forze, non ce la faccio a fare tutti i lavori da sola.
Su…”
“Mamma!”
“Ho…
ho venduto una delle galline. Sai, quello è
manzo, per cui il frumento non era sufficiente a pagarlo”
“Mamma,
non dovevi, le galline ci servono!” protestò
Merlin, col respiro affannoso.
Unith
gli accarezzò i capelli. “Sssh… zitto.
Bevi e
dormi. Tu sei più importante di tutto.”
Arthur
dovette uscire, perché il magone minacciava di
uscire. Ripensò alla conversazione che aveva avuto con
Merlin, quando si erano
ammalati dopo l’avventura sul ghiaccio.
Un delicato bussare,
però, interruppe troppo presto il loro contatto.
“Mio Signore, la
colazione” disse Gwen, entrando nella stanza con un enorme
vassoio. Lo posò
sulle ginocchia di Arthur che, però, guardò
schifato il contenuto delle due
ciotole.
“…Brodo?!”
esclamò,
incredulo “Che razza di colazione è?!”
“Prescrizione di
Gaius” si giustificò la serva “per i
prossimi giorni sia Voi che Merlin dovrete
assumere liquidi.”
“Perché ti
lamenti? È
buono il brodo!” cinguettò, invece, Merlin,
afferrando una delle due tazze e
iniziando a bere avidamente. “Mmm! È di carne!
Solo ai giorni di festa posso
bere il brodo di carne!”
“E a te pare lussuoso
questo nutrimento?! Che razza di cibarie avete al villaggio?”
“L’avena e il
riso! E
a volte il brodo di verdura e il latte della mucca” rispose
il valletto,
rabbuiandosi un po’.
“Solo questo?!”
domandò il Real Babbeo e Gwen lo incenerì con lo
sguardo, allorché Arthur
ricordò il suo soggiorno a Eldor, ormai quattro anni or
sono, e dei loro magri
pasti.
Col
cuore in mano, volle provare un’ultima porta, la
quindici.
Ebbe
fortuna. Era primavera e le primule erano in
boccio. Un Merlin e un William adolescenti -e piuttosto brufolosi-
stavano
raccogliendo la legna. Ridevano.
“Dai
Merlin, sono stanco. Richiama a te i rami con un
incantesimo, così potremo riposarci.”
“Non
posso, Will, lo sai. L’ultima volta che l’ho
fatto mi hai scoperto. Tu sai mantenere un segreto, ma gli
altri…”
“Si
lo so, gli altri ti metterebbero alla forca. Come non
detto. Però il carico più pesante dovresti
portarlo tu, così ti fai i muscoli.”
“Sta
zitto, Will. Non mi servono i muscoli.”
“Giusto,
a che servono i muscoli quando si è uno
stregone?”
“Will…”
“Dimmi.”
“Sta
zitto.”
“Okok…
allora, con Jessie come va, eh?”
Merlin
arrossì.
“Beh…
ecco… va. Ieri l’ho portata al campo di fiori.
Ha detto che si è divertita, dice che sono
gentile.”
“Merlin,
il gentiluomo… si suona bene.”
I
due ragazzi ridevano e Arthur sarebbe rimasto li per
sempre. Ma aveva solo un’ora, lo sapeva.
A
malincuore uscì, e varcò la porta
ventiquattro. L’ultima.
Il
paesaggio era… scuro. Non c’era paesaggio. Era
tutto
vuoto.
“Arthur!”
stava chiamando una voce. “Arthur!”
“Merlin,
dove sei?!” gridò il principe, cercando di
orientarsi.
“Arthur.
Sono bloccato qui! Aiutami!”
“Qui
dove? Non ti vedo!”
“Davanti
a voi!”
Eccolo!
Arthur finalmente lo vedeva. Ma perché stava
li fermo? Perché non veniva verso di lui?
“Merlin,
non fare l’idiota. Vieni subito qui!”
sbottò,
impaziente, mentre si muoveva verso di lui.
“Non
posso!”
“Cosa
significa che non p- ahi!” Arthur andò a
sbattere contro… contro che cosa? Non c’era nulla
tra lui e Merlin, eppure lui
aveva appena cozzato contro una superficie liscia e fredda.
“Sono
bloccato!” gridò Merlin, tirando pugni al nulla.
Qualcosa, però li fermava.
Poi
Arthur capì.
Un’invisibile
barriera si ergeva tra di loro,
impendendo loro di toccarsi.
Note Dell’Autrice:
-
Sia
“La valle dei re caduti” che il Mago Taliesin
vengono citati nella puntata
3x05: La caverna di cristallo
-
Ragazzi,
non mi dilungo troppo, perché devo finire i bagagli! Si,
perché domani mattina
sarò su un aereo diretto in Inghilterra! Il 15 Settembre, inoltre, visiterò Winchester e andò a vedere la Tavola Rotonda! Che emozione! *-* Ci tenevo ad
aggiornare prima della
partenza, anche perché il prossimo sarà
l’ultimo capitolo! Aggiornamento l’11
Ottobre, non mancate perché mi offendo ahaah Vi
penserò durante il mio viaggio!
Ciao, bella gente!
Dona
l’8% del tuo tempo alla causa pro
recensioni!
Farai
felici un mucchio di scrittori!!