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Autore: Nihal_Ainwen    11/09/2013    1 recensioni
"E’ incredibile quante storie si intreccino in un luogo triste e pieno di dolore come un ospedale, quanti piccoli momenti di felicità si possano scorgere se si osserva attentamente. Wu Fan aveva imparato da tempo entrambe le cose, cercando di non farsi sfuggire nessuno di quegli attimi, perché sapeva bene che erano quelli a dargli la forza di continuare nel suo lavoro."
[KaiSoo] [HunHan] [BaekYeol]
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Baekhyun, Baekhyun, Chanyeol, Chanyeol, D.O., D.O., Kris, Kris, Sehun, Sehun
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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[Buondì, vi dico subito che il rientro a scuola è stato assolutamente un trauma. Detto ciò, volevo specificare un paio di cosucciue su questa oneshot misera misera:
1) è divisa in tre "storie", una per ogni coppia che trovate nell'intro, che hanno come un'unica costante il personaggio di Kris;
2) volendo, se una o più delle tre coppie non dovesse esservi gradita, potrete leggere tranquillamente le vicende di quelle che più vi piacciono.
Spiego meglio il punto due: in realtà, i tre casi, non sono collegati tra loro...perciò saltarne uno vi permeterebbe comunque di "capire" la storia generale. Inutile dirvi che preferirei di gran lunga che leggeste tutto, ma è già tanto se leggete qualcosa.
Credo di aver concluso, bye. *saluta con la manina*]



E’ incredibile quante storie si intreccino in un luogo triste e pieno di dolore come un ospedale, quanti piccoli momenti di felicità si possano scorgere se si osserva attentamente. Wu Fan aveva imparato da tempo entrambe le cose, cercando di non farsi sfuggire nessuno di quegli attimi, perché sapeva bene che erano quelli a dargli la forza di continuare nel suo lavoro. Non è facile diventare un chirurgo, ma ancora più difficile è avere la tempra necessaria per rimanerlo dopo anni di interventi, riusciti o meno: era così che gli dicevano i suoi colleghi più anziani. E lui ci credeva; perché, nonostante avesse poca esperienza, aveva già avuto svariati crolli emotivi a stare in quel luogo per più di dieci ore, in quelle che definiva giornate pesanti. Quando poi un’operazione non andava come previsto, era anche peggio. Ogni medico che si rispetti sa che possono esserci complicazioni anche durante gli interventi più semplici, ma sperimentarlo dal vivo era tutta un’altra cosa: per sua fortuna, Wu Fan ancora non aveva dovuto vivere l’esperienza di un paziente morto sotto i suoi ferri. Però vedeva gli altri, come ne uscivano distrutti, a volte persino annientati e dovevano rinunciare al loro lavoro, troppo sconvolti per continuare con quel mestiere così difficile.
Erano proprio quegl’attimi che l’avevano salvato fino a quel momento: era vedere quanta gioia potesse portare nei pazienti e nei loro familiari un semplice “è andato tutto bene”, un “si riprenderà”. A volte, persino le notizie più brutte si rivelavano una scoperta, poiché ognuno ha il suo modo di reagire alla disgrazia, che non sempre è quello che ci si aspetterebbe. Una delle prime cose che aveva stupito Wu Fan quando era entrato nel mondo dell’ospedale, era vedere quanto alcuni pazienti lottassero, non per la vita e la morte, ma per essere forti al posto di chi stava fuori dal letto. Aveva visto madri rassicurare con successo i loro bambini, nonostante sapessero che rimaneva loro poco da vivere; aveva assistito a scene in cui dei bambini riuscivano a fare credere ai genitori di stare bene, grazie solo ad un sorriso; mariti e mogli che continuavano a fare progetti, illudendo l’altro che presto sarebbero tornati a casa insieme.
 Wu Fan, nella sua ancor breve esperienza, avrebbe portato con sé per sempre tre momenti in particolare, come avrebbe portato nel cuore le persone che glieli avevano regalati, a volte disperate ma sempre forti a modo loro.

Goodbye My Lover
Gli piaceva quel ragazzo, non per un motivo così speciale, ma per il semplice fatto che ogni volta che entrava nella sua camera lo trovava con il sorriso ben fermo sulle labbra. Non era uno di quei sorrisi rassegnati, stanchi o tristi, non era nemmeno uno di quelli di convenienza, tirati o acidi come di scherno: era semplicemente un sorriso, autentico. Uno di quei sorrisi che di solito non si trovano in un reparto come quello, non adatto al tipo di malattia che affliggeva quel ragazzo di soli ventitré anni. Nonostante questo però, Do KyungSoo sorrideva sempre, e sorrideva sul serio.
-Come fai a sorridere sempre in quel modo? Perché continui a farlo?- gli aveva chiesto una volta il ragazzo che andava sempre a trovarlo, mentre Wu Fan era intento a cambiargli una flebo.
Era ancora agli inizi e non aveva pazienti suoi, però aveva il ruolo di sostituire altri medici e di svolgere i compiti più disparati; in quel momento, stava facendo ciò che sarebbe spettato fare ad un infermiere, ma non gli importava.
-Voglio morire come ho vissuto, anche se a te può sembrare una pretesa assurda.- gli rispose Do KyungSoo, continuando imperterrito a sorridere al suo interlocutore.
Quello era il tipico caso in cui il malato rassicura e da forza alla persona sana, nonostante dovesse essere il contrario. I genitori e il fratello venivano sempre a trovarlo nel pomeriggio e Wu Fan aveva potuti vederli solo un paio di volte, quel ragazzo invece passava tutte le sere e a volte si tratteneva anche a dormire sulla scomoda poltrona verde stinto. Kim Jongin era il tipico ragazzo per cui e con cui qualunque donna farebbe follie, eppure lui sembrava non vedere niente che non fosse la camera d’ospedale di Do KyungSoo: non gli ci era voluto molto a capire che erano innamorati. Non li aveva mai visti baciarsi o fare niente di più che stringersi la mano, ma era certo dal modo in cui si guardavano che erano l’uno il cuore dell’altro, che si amavano come solo a quell’età si può amare qualcun altro.
-Devi smetterla di dire che morirai Soo, lo sai che mi da fastidio.- lo rimproverò Jongin, agitandosi leggermente sul bordo del materasso, continuando a tenere la mano dell’altro.
Erano molto diversi tra loro, sia caratterialmente che fisicamente: mentre il più giovane era alto e con un fisico ben fatto,  l’altro ragazzo era ormai ridotto allo spettro di sé stesso; mentre il primo aveva la carnagione color cioccolato e i capelli castano scuro, il secondo aveva la pelle più bianca del latte e gli occhi ancor più grandi del solito. Da quel poco che Wu Fan era riuscito a capire, si era reso conto che anche sotto la sfera emotiva i due ragazzi erano quasi uno l’opposto dell’altro. Eppure gli piacevano entrambi, tirava sempre un sospiro di sollievo quando gli dicevano di recarsi in quella stanza piuttosto che in un’altra.
-Io dico solo quello che penso, come ho sempre fatto. Tutti muoiono, Jongin, sembra banale ma è l’unica verità universale.- gli disse quel giorno il ragazzo a letto, stringendosi debolmente nelle spalle.
Ed aveva ragione, la morte è l’unica cosa certa che si sa della vita. Qualsiasi percorso possa prendere la nostra esistenza, abbiamo tutti una cosa in comune: il punto d’arrivo, la meta ultima. La morte, perché tutti muoiono.
                                                                                           * * * * * * *   
Do KyungSoo l’aveva presa bene, fin troppo bene secondo Wu Fan, che per la prima volta dopo un mese aveva trovato la forza di rivolgergli la parola. Quando era entrato, il ragazzo nel letto gli aveva sorriso come sempre, e aveva continuato a sorridergli veramente anche dopo aver ricevuto la notizia peggiore che si potesse avere. Il futuro chirurgo si era offerto di sua spontanea volontà di essere lui a dirlo al ragazzo, aspettandosi finalmente di vederlo piangere e disperarsi, invece nulla di quello che si immaginava era accaduto.
-Come puoi accettarlo così?- gli chiese a bruciapelo, sorprendendosi lui stesso di tutta quell’improvvisa audacia.
-Perché forse l’ho sempre saputo, sin dall’inizio.- mormorò KyungSoo sospirando, e per la prima volta a Wu Fan il ragazzo sembrò esausto. –Perché in fondo non accettarlo non servirebbe a nulla, tra tre mesi morirei comunque.- continuò massaggiandosi le tempie. –Perché in realtà, per quanto mi costi ammetterlo e per quanto tutto ciò sia egoistico, non vedevo l’ora che finisse. Non ce la faccio più, non so se riesce a capire.- concluse abbandonandosi con la schiena sui cuscini, accompagnando il tutto con quello che sembrava un singhiozzo.
-Purtroppo no, non riesco a capire. Ma posso provare ad immaginare.- disse l’uomo sedendosi sul materasso.
-Non che io non ci credessi, anzi, ho voluto crederci fino alla fine. In modo che anche i miei ci credessero, che anche Jongin ci credesse...Ma sapevo che non sarebbe finita bene. Non so come, ma lo sapevo.- si sfogò, per la prima volta da quando era cominciato quell’incubo. –Non vorrei andarmene, non voglio lasciarli...ma penso che sia un bene per tutti quanti. Io sono stremato, sono ormai il fantasma di quello che ero e loro devono tornare a vivere. L’attesa era diventata troppo snervante per me e per loro.- cercò di spiegarsi, continuando a sorridere nonostante avesse cominciato a piangere silenziosamente, forse senza nemmeno rendersene conto.
-So che hai paura, chi non l’avrebbe? Però so anche che quello che dici è giusto.- ammise Wu Fan alzandosi. –Penso che mi mancheranno molto i tuoi sorrisi Do KyungSoo.- gli rivelò con ormai le lacrime agli occhi.
-E’ per questo che ti sorridevo sempre, perché sapevo che avresti conservato con cura i miei sorrisi anche dopo che me ne fossi andato.- affermò il giovane asciugandosi le lacrime con l’orlo del lenzuolo.
                                                                                            * * * * * * *
-Wu Fan?- si sentì chiamare nel bel mezzo del corridoio dell’ospedale, da una voce che gli era alquanto familiare ma a cui non riusciva a dare un volto.
Si girò istintivamente, trovandosi davanti il viso di Kim Jongin, che era sempre lo stesso ma allo stesso tempo era completamente diverso. Gli sorrideva come non aveva mai fatto prima: non con il solito sorriso smorto di quando veniva a trovare il ragazzo dalla pelle color latte, ma con un sorriso molto più simile a quello del suo KyungSoo.
Erano passati già due mesi dall’ultima volta che l’aveva visto, il giorno in cui avevano dimesso Soo per lasciargli trascorrere a casa i suoi ultimi giorni di vita, dato che sarebbe stato inutile tenerlo lì quando ormai non c’era più niente che si potesse fare. Jongin non aveva mai perso la speranza, perché si sa che quella è sempre l’ultima a morire nonostante sia la prima a nascere.
-Forse non ti interessa, anche se qualcosa mi fa pensare il contrario, ma ci tenevo ad essere io a dirti che...se n’è andato.- dichiarò con la voce rotta, gli occhi ancora rossi e gonfi per il troppo piangere. –E’ morto com’è vissuto, a modo suo. Se ti può consolare, e spero di sì, sorrideva.- terminò poco prima di essere abbracciato dal più grande.
Rimasero così per parecchi minuti, piangendo l’uno sulla spalla dell’altro, eppure avevano entrambi nel cuore il ricordo vivido del sorriso di Do KyungSoo. Perché il suo sorriso era uno di quelli che non si dimenticano: perché era
vivo e autentico nonostante tutto, perché era speciale per chiunque lo guardasse. Era il sorriso di chi ci ha creduto fino alla fine, ma che ha saputo accettare l’inevitabile. Era quella l’essenza di Do KyungSoo, un misto di fede e coraggio, ed era quella l’eredità che lasciava a chi lo aveva amato.

The Heart Will Go On
L’aveva già fatto ormai parecchie volte, tanto che i colleghi cominciavano a definirla “la sua specialità”, un trapianto non era una cosa nuova per Wu Fan, nemmeno se si trattava di un trapianto di cuore. L’unica cosa che lasciava in lui qualche perplessità, era la giovane età del ragazzo che avrebbe dovuto operare da lì ad una settimana: aveva soli diciannove anni, fresco di scuola superiore. Ovviamente aveva studiato accuratamente la sua cartella clinica, molto più del solito in realtà, e si era domandato come il suo cuore avesse retto così a lungo e perché non l’avessero fatto operare da piccolo. Ma quelli non erano affari suoi e non si sarebbe impicciato della vita privata del suo paziente, come non aveva mai fatto durante la sua brillante carriera medica, a meno che non fossero i suoi pazienti a coinvolgerlo per primi. All’apparenza poteva sembrare il tipico chirurgo freddo e posato, al pari del bisturi che ormai era quasi un’estensione naturale del suo braccio, ma sapeva aprirsi con chi avesse bisogno di un supporto morale. Ma soprattutto, cosa fondamentale in un mestiere come il suo, nel lavoro ci metteva il cuore: viveva ogni operazione con la consapevolezza che la vita di una persona dipendeva da lui e, in minor parte, dal caso. Quella del caso era una storia conosciuta ad ogni medico, se non si voleva rischiare di sentirsi Dio e di conseguenza annientati se qualcosa fosse andato storto. Inoltre Wu Fan credeva nel destino quanto bastava per sapere che ogni cosa va come deve andare, nonostante non lasciasse mai interferire questa convinzione con il suo lavoro, provando sempre il tutto e per tutto prima di darsi per vinto. I familiari dei pazienti che aveva avuto finora l’avevano sempre ringraziato, rassicurandolo ogni volta che le cose non andavano bene: secondo loro aveva fatto tutto il possibile, a lui importava questo. Erano rare le volte in cui si arrivava a quella conclusione -la peggiore per un medico- e, mentre si apprestava ad incontrare quel giovane, si augurava che quell’intervento non fosse una di quelle. Lo trovò che disfaceva lo zaino.
-Buongiorno e ben arrivato.- si introdusse bussando un paio di volte alla porta già aperta della stanza del ragazzo.
Quest’ultimo si girò sorpreso, e forse anche un po’ spaventato, con ancora in mano una t-shirt grigia dall’aria vissuta. Wu Fan notò con un sorriso che aveva i capelli tinti di biondo, leggermente più chiari dei suoi, con qualche sfumatura di quello che doveva essere stato un rosso accesso. Il giovane aveva un bel viso, con dei lineamenti così fini da farli sembrare il frutto di qualche esperto intagliatore, mentre il fisico era ormai quello di uomo fatto e finito. Di certo avrebbe continuato a crescere, ma aveva già abbandonato da un po’ le forme da ragazzino, sostituite da quelle che sfoggiava ora sotto una maglia nera dalla scollo a V. L’uomo aveva appreso il suo nome studiando la cartella clinica.
-Buongiorno a lei.- rispose dopo l’iniziale incertezza, inchinandosi educatamente davanti ad una persona più grande.
-Devi essere Oh Sehun, mi presento: il mio nome è Wu Fan e sarò io ad operarti.- disse il più anziano dei due porgendo la mano destra al giovane, che la strinse immediatamente dopo aver poggiato la maglietta nell’armadio.
-Piacere di conoscerla Dottor Wu.- mormorò chinando rispettosamente il capo, come si conveniva dalla situazione.
-Il piacere è mio.- ricambiò il dottore lasciando la presa intorno alle dita del giovane. –Se vuole potremmo...- cominciò sorridendo rassicurante, prima di essere interrotto dall’arrivo di un altro ragazzo.
L’ultimo arrivato si fiondò all’interno senza nemmeno bussare, superandolo con poche falcate, e dirigendosi dritto verso il suo paziente, che nel frattempo aveva sospirato esasperato. Il più basso dei due, dai capelli color miele e l’aria infantile quasi femminea, gli passò le braccia intorno al busto di slancio, abbracciandolo forte. Wu Fan trovava che ci fosse qualcosa di simile nei due, per questo li aveva inizialmente scambiati per fratelli, o parenti come minimo. Invece, per la prima volta in vita sua, si era trovato in errore su una cosa così ovvia; non ci volle molto prima che il suo paziente sciogliesse l’abbraccio e baciasse dolcemente sulle labbra l’altro ragazzo.
-Han, questo è il chirurgo che dovrà operarmi, il Dottor Wu Fan.- spiegò Oh Sehun al nuovo arrivato, che continuava a tenergli un braccio intorno alla vita. –Dottor Wu, ho il piacere e l’onore di presentarvi il mio ragazzo, Lu Han.- concluse poi sorridendo genuinamente.
                                                                                            * * * * * * *
Nei giorni seguenti, Wu Fan aveva avuto modo di sapere di più sulla dolce coppia, scoprendo con suo sommo stupore che il più grande dei due era in realtà il ragazzo cinese, di ben quattro anni. Gli erano piaciuti subito quei due ragazzi e l’amore che li legava gli ricordava molto un caso di parecchi anni fa, che purtroppo però era finito male. Portava ancora nel cuore il sorriso autentico e disinteressato di Do KyungSoo e le lacrime di sincero dolore di Kim Jongin, non avrebbe mai dimenticato nessuno dei due. E qualcosa gli diceva che non avrebbe mai dimenticato nemmeno Oh Sehun, che sembrava molto più adulto di quanto non fosse, e Lu Han, con quella sua risata cristallina e la pelle di porcellana. Ogni persona lo colpiva in modo diverso, ma erano poche quelle che gli rimanevano davvero dentro, in un angolo del cuore riservato solo a loro, poiché se l’erano in qualche modo conquistato e meritato.
Wu Fan aveva voluto essere chiaro con entrambi però, il giorno dell’intervento, spiegandogli al meglio che poteva quali sarebbero potute essere la conseguenze di un’operazione simile, nel caso non fosse andata come sperato. Poteva capitare infatti, che l’organismo del più giovane non accettasse l’organo estraneo o che qualcosa potesse andare storto durante il trapianto. Si era prolungato più del dovuto nell’elencare rischi e benefici della cosa, sottolineando però che il cuore di Sehun comunque non avrebbe retto a lungo e che prima o poi avrebbe ceduto agli stimoli esterni. Le possibilità in fondo erano tre: tentare e riuscire, tentare e fallire, non tentare e fallire in partenza.
Lu Han aveva molta più paura del compagno ma non lo diede a vedere in alcun modo, la sua voce non vacillò un solo istante e il suo sguardo non tentennò mai mentre assorbiva ogni parola. In quel momento, Wu Fan realizzò quanto maturo fosse, poiché sapeva che stava facendo tutto ciò solo ed esclusivamente per infondere sicurezza nel più giovane, che pareva trarre la maggior parte della sua forza del giovane cinese. Si sorrisero e si baciarono un’ultima volta prima di separarsi, per lasciare che il più piccolo fosse condotto in barella nella sala operatoria; l’uomo con il camice vide chiaramente le lacrime rigare il volto di entrambi, chiedendosi il motivo per cui venisse da piangere anche a lui. Prima di essere anestetizzato, Oh Sehun gli chiese un favore personale e il chirurgo promise che avrebbe fatto quello che il suo paziente gli aveva chiesto di fare in caso le cose fossero andate male.
                                                                                            * * * * * * *
Wu Fan era presente quando Oh Sehun aprì di nuovo gli occhi per la prima volta, col nuovo cuore a pompare il suo sangue, ma con lo stesso identico amore negli occhi a muovere il resto del suo corpo. E, ovviamente, c’era anche il suo Lu Han, seduto su una sedia al suo fianco intento a stringere forte la sua mano destra. Non appena il più grande si accorse che il più giovane si era svegliato, scoppiò in lacrime di commozione, cercando di trattenersi dall’abbracciarlo forte come aveva fatto quando l’avevano ricoverato. In tutta risposta il ragazzo sdraiato a letto si mise a sedere, allungando le braccia verso di lui subito dopo, attento a non staccare i tubicini che sparivano all’interno delle sue vene. Si tennero stretti senza dire nulla per un decina di minuti buoni, sotto lo sguardo attento di Wu Fan, preoccupato che, troppo presi dall’essere di nuovo insieme, potessero commettere qualche sciocchezza o far stancare troppo il suo paziente. Dopo qualche bacio a fior di labbra e fiumi di parole su quanto avessero avuto paura di perdersi, entrambi rivolsero un gran sorriso al medico chirurgo appoggiato alla parete vicino alla porta; nei loro occhi era visibile tutta la loro gratitudine.
-La cicatrice sul mio petto è la firma del nostro amore, Han. Con questo cuore nuovo non dovrai più avere paura di perdermi, ti amo Lu Han.- sentì sussurrare a Sehun, prima di lasciarli soli nella stanza.

In the Absence of Light
Wu Fan dovette spostarsi all’ultimo secondo per non essere travolto da un ragazzo alto almeno quanto lui, che continuava a blaterare con quel suo vocione caldo e profondo, tenendo sotto braccio un altro ragazzo, decisamente più gracile e minuto di lui; non poté far a meno di girarsi verso quell’uragano con gli occhiali e dalle strane orecchie.
-Chanyeol, davvero, non è colpa tua. Solo che questo mal di testa non ne vuole sapere di lasciarmi in pace.- mormorò il più basso dei due, sorridendo mestamente.
-Mi dispiace Baekhyunnie, adesso andiamo in farmacia okay?- sentì dire dal suo accompagnatore, il tornado Katrina.
Ad un tratto però furono costretti ad interrompere la loro marcia, poiché il ragazzo con l’emicrania si era bloccato all’improvviso, sfuggendo dalla presa del più alto e portandosi una mano alla fronte. La sua espressione sofferente la diceva lunga sul dolore che doveva provare al momento, mentre si massaggiava piano le tempie sperando forse di trovare in quel gesto un qualche sollievo. Il medico gli si avvicinò un po’ preoccupato, perché in fondo occuparsi delle persone in difficoltà era il suo lavoro, e anche perché quel ragazzo con al collo una macchinetta dall’aria costosa sembrava stare male sul serio. Non appena gli fu a portata di braccio, il giovane si appoggiò a lui di peso, mentre il ragazzo che lo accompagnava faceva dietro front per vedere cosa stesse succedendo al suo amico, con un’espressione quasi sconvolta. Wu Fan non fece nemmeno in tempo a chiedere al ragazzo cosa si sentisse, che quest’ultimo gli collassò tra le braccia, il viso dai bei lineamenti ridotto ad una maschera di sofferenza atroce. Per un momento, per un solo istante, il giovane chirurgo fu preso dal panico, per poi riprendersi immediatamente sorreggendo il ragazzo svenuto mentre cercava di capire cosa l’avesse fatto crollare in quel modo. Non sapeva praticamente nulla su di lui, se non che aveva un forte mal di testa...che non lo lasciava in pace. Se ciò che aveva dedotto da quella frase era vero, le emicranie del giovane tra le sue braccia dovevano essere lunghe e frequenti, quasi come se ci fosse abituato. Decise di fidarsi del suo istinto e di non perdere altro tempo: se aveva ragione, come temeva, anche un secondo in più sarebbe potuto risultare fatale; se si sbagliava non sarebbe comunque accaduto niente di male. Peccato che Wu Fan, per quanto giovane e poco esperto, non sbagliava quasi mai le sue diagnosi.
                                                                                            * * * * * * *
I sensi di colpa lo stavano divorando ormai  e aveva deciso di prendersi un periodo indeterminato di ferie, dato che in quello stato non poteva di certo fare bene il suo lavoro, in cui ci volevano prontezza di spirito e lucidità. Lui aveva sempre pensato di avere entrambe, eppure in quel caso non era stato abbastanza reattivo, non aveva capito quanto la cosa fosse grave in realtà. Erano ormai dodici giorni che il ragazzo con la macchinetta al collo era in coma, se ne stava addormentato sul letto d’ospedale inerte, con la testa fasciata e gli occhi chiusi. I suoi colleghi avevano cercato di rassicurarlo: gli avevano detto che se non ci fosse stato lì lui, quel giovane sarebbe morto di sicuro sul pavimento piastrellato di quel corridoio. Cercavano di convincerlo che aveva fatto il possibile anche questa volta, come tutte le altre, ma la verità era che lui non ci credeva, che forse avrebbe potuto fare qualcosa in più di guardarlo svenire. L’unica persona in grado di dargli un minimo di conforto era Park Chanyeol, il ragazzo con le strane orecchie, che se ne stava quasi ventiquattro ore su ventiquattro in quell’asettica stanza di ospedale nel reparto terapia intensiva. Anche Wu Fan ci andava spesso per andare a trovare Byun Baekhyun –era quello il nome del giovane in coma- e chiedergli scusa per non essere riuscito a fare di più, per non aver compreso subito che quello non era un semplice mal di testa. Si era ritrovato ad addormentarsi con la testa poggiata sul materasso e a svegliarsi la mattina con addosso una calda coperta di pile, con il sorriso a trentadue denti di Chanyeol a dargli il buongiorno. Non gli dava la colpa di niente, anzi, gli diceva spesso che anche Baekhyun ce l’avrebbe avuta a morte con lui per quello, non appena si fosse svegliato. Perché quel ragazzo nato nel suo stesso mese, ma di qualche anno più piccolo di lui, era sicuro che prima o poi sarebbe tornato da loro, era convinto che si stesse solo riposando dato che si lamentava sempre del ritmo serrato che aveva la sua vita. Aveva scoperto che Byun Baekhyun possedeva tre grandi passioni: il canto, la fotografia e...i trucchi, adorava l’eyeliner in particolare. I due giovani uomini avevano parlato molto di lui, mentre sorseggiavano un tè insieme nella camera d’ospedale o mentre risolvevano insieme le parole crociate; in qualche strano modo, riuscivano persino a sorridere e a ridere ogni tanto. Dal canto suo, il ragazzo nel letto si faceva sempre più pallido e fragile, quasi che potesse cadere in pezzi con un alito di vento: più si sta in coma, più si prende l’aspetto di un fantasma...così diceva la madre di Wu Fan. E la cosa che preoccupava maggiormente quest’ultimo, era proprio il fatto che Baekhyun somigliasse sempre di più all’ombra di sé stesso, com’era successo parecchi anni fa a Do KyungSoo. Proprio pensando a quest’ultimo e al suo Jongin, era riuscito a capire perché Park Chanyeol non riuscisse a calcolare nemmeno lontanamente la possibilità che Byun Baekhyun non riaprisse gli occhi. Doveva esserne innamorato, proprio come lo era Lu Han di Oh Sehun, come lo era stato Do KyungSoo di Kim Jongin. E Wu Fan si rese conto cha a fare breccia nel suo cuore erano sempre loro, le persone innamorate, ma quelle innamorate davvero.
                                                                                            * * * * * * *
E dopo venti giorni precisi, di attesa e trepidazione, Baekhyun si era svegliato, spalancando gli occhi ma rimanendo immobile al suo posto. Non se n’erano accorti subito, poiché erano entrambi impegnati con un difficilissimo cruciverba, ma non appena sentirono singhiozzare mollarono tutto per accorrere al letto del ragazzo. Eppure lui non sembrava essersi accorto di loro, continuando a piangere disperato con le mani a coprirgli gli occhi e a scuotere la testa con una foga innaturale. Wu Fan sapeva che agitarsi poteva solo che fargli male, perciò lo costrinse con gentilezza e decisione a tornare sdraiato, facendogli poggiare la schiena sui cuscini e tirando su lo schienale del letto. Chanyeol gli fu subito affianco, sedendosi sul bordo del materasso, per poi abbracciarlo forte e lasciarsi andare ad un pianto di gioia e liberazione, mentre l’altro ragazzo gli accarezzava dolcemente la testa tenendo gli occhi chiusi. Solo quando il più giovane dei due -anche se di pochi mesi- si calmò mollando la presa, Byun Baekhyun si sporse verso di lui con fare incerto, prendendogli il viso tra le mani dalle dita fine, da pianista. Dopo essere rimasto così per qualche secondo, avvicinò il proprio volto a quello dell’altro lasciandogli un casto bacio sulle labbra, ricominciando a piangere continuando a tenere le palpebre tassativamente abbassate.
-Baekhyun...Bacon... Mi sei mancato di impazzire. Ti amo, non so come avrei fatto senza di te hyung.- mormorò il più alto asciugandogli delicatamente le lacrime: non sapeva però quanto fosse amaro e corrosivo quel pianto, non poteva immaginare le parole che avrebbe sentito pronunciare dal ragazzo che amava.
-Ti amo anch’io, Chanyeol... Ma non ti vedo. Non vedo niente da quando mi sono svegliato.- singhiozzò Byun Baekhyun, dicendo addio con quelle semplici parole alla luce e ai colori del mondo.
Wu Fan raggelò, sentì i brividi freddi trapassargli la schiena, perché lui sapeva; aveva sempre saputo che quella probabilità c’era, ma non aveva mai voluto confessarlo a Park Chanyeol. Ormai non poteva più far nulla, se non spiegare ad entrambi che Baekhyun aveva perso la vista a causa di un’emorragia celebrale operata con qualche secondo di ritardo. E che quei secondi di ritardo se li sentiva tutti dentro, ad accusarlo di non aver fatto tutto il possibile per quel giovane con l’emicrania e una macchinetta semiprofessionale appesa al collo da cigno.


Dopo due mesi dal giorno in cui Byun Baekhyun aveva scoperto di aver perso la vista, era tornato all’ospedale, dal quale era stato dimesso solo qualche settimana prima, con uno scopo ben preciso. Sarebbe voluto andare da solo, ma ancora non era in grado di spostarsi in autonomia con i pochi mezzi che aveva acquisito in quei pochi giorni. Di certo non voleva essere accompagnato da Chanyeol, poiché l’amicizia nata tra lui e il dottore che l’aveva operato lo metteva un po’ a disagio: non avrebbe potuto fare quello che voleva, se ci fosse stato anche il suo ragazzo. Perciò aveva chiesto a JongDae di accompagnarlo; era il suo miglior amico praticamente da sempre e si volevano troppo bene per far sì che un incidente rovinasse un rapporto così intimo e profondo, consolidato negli anni.
Dopo essere giunto a destinazione però, Baekhyun aveva preteso di essere lasciato da solo con il chirurgo, convincendo facilmente il suo amico che non avrebbe avuto problemi e che sarebbe rimasto con lui. Avendo ottenuto da parte del più grande ciò che voleva, ossia la promessa di chiamarlo non appena finito e di non fare “lo spavaldo”, JongDae li aveva salutati. Wu Fan, che si era ripreso e che era tornato a lavorare anche grazie all’aiuto di Park Chanyeol, era rimasto piacevolmente sorpreso da quella visita, che allo stesso tempo lo metteva un po’ in ansia.
-Sono contento di vedere che hai ripreso a fare quello in cui riesci meglio.- aveva esordito il ragazzo più giovane.
Il medico aveva notato che, nonostante ormai non vedesse che le ombre, Baekhyun continuava a mettersi l’eyeliner.
-Grazie...- rispose perplesso. –Scusa se te lo domando ma...come fai a truccarti?- chiese, pentendosene subito dopo.
Il più piccolo dei due rise, portandosi una mano davanti alla bocca dalle labbra rosee e strizzando leggermente gli occhi: aveva una bella risata, pensò Wu Fan mentre lo guardava sorridendo.
-Forza dell’abitudine, riuscivo a farlo ad occhi chiusi già prima di tutta questa storia.- confessò prendendo a braccetto il più alto, che ancora era intento a guardare il suo viso dai lineamenti delicati.
Alla fine era proprio questo il punto: ci si abitua a tutto con il passare del tempo. In alcuni casi bastano giorni, in altri ci vogliono settimane, alcune volte devono passare dei mesi o addirittura trascorrere degli anni...ma alla fine l’abitudine prevale sempre e comunque, per quanto ci si possa sforzare di evitarlo fino all’ultimo respiro.
Kim Jongin si sarebbe abituato a vivere senza Do KyungSoo, Oh Sehun si sarebbe abituato ad amare Lu Han con un cuore nuovo, Byun Baekhyun si sarebbe abituato a non poter veder il sorriso di Park Chanyeol.
Wu YiFan si sarebbe abituato alla tristezza che aleggia in un ospedale ma anche alla gioia, se si sa bene come e dove guardare. E lui ormai lo sapeva, perché era abituato ad aguzzare lo sguardo in cerca delle persone innamorate.
   
 
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