Dopo averne tanto parlato,
finalmente questa fic vede la sua pubblicazione. Ne sono molto felice,
perché l’idea
di questa fic nasce più o meno tre anni fa (o qualcosa in più) grazie
ad una singola
scena che mi era venuta in testa e che mi ha spinto a scrivere.
All’inizio
volevo scrivere una one shot, perché sono praticamente negata per le
long (XD),
ma alla fine l’ispirazione mi ha accompagnata e ne sono venuti fuori
più
capitoli, rilegando la scena iniziale all’ultimo capitolo e
modificandola quasi
completamente. Partiamo già in modo strano, eh? XD
Per continuare con questa
catena di stranezze, comunico già da adesso che si tratta di una fic what if, cioè alternativa al manga,
infatti più in là comparirà anche un personaggio che non avrebbe dovuto
esserci.
^^ Inoltre, alcuni capitoli saranno piccoli piccoli, altri più lunghi.
Niente,
è davvero una fic che parte senza speranze (XD), è leggera, e spero che
possa
divertivi almeno un pochina leggerla, come io mi sono divertita a
scriverla.
Fatemi sapere! ^^
Al prossimo capitolo!
Due
Era comparso
all’improvviso dall’aria, volteggiando in modo teatrale, ed era
atterrato
davanti a lei interrompendo i combattimenti in corso contro i
delinquenti che
stava inseguendo, soccorrendola. Con un pugno aveva atterrato due
uomini, con
un calcio altri due e, in un secondo, aveva risolto la situazione.
Aveva
improvvisato uno strano balletto di pose impossibili, aveva esclamato
il suo
nome ed era volato via così come era venuto, lasciandola più irritata
che mai: le
aveva sottratto la scena senza alcuno scrupolo, e non sarebbe stata
l’unica
volta.
1 – Padre e figlia
“Scoprirò chi si
nasconde dietro quella maschera… Lo scoprirò… Insomma, devo
scoprirlo! Dopo tutta la fatica che sto facendo…”
Videl sbuffò
annoiata: quel pensiero non la abbandonava più da giorni.
La sua ricerca di notizie riguardanti Great Saiyaman, il nuovo
supereroe
mascherato che era comparso tempo prima a Satan City e che voleva
rubarle la
scena, andava avanti da qualche tempo senza alcun risultato e la
ragazza
cominciava a scoprirsi impaziente ed irritata.
Perché quel
buffone aveva dovuto cominciare la sua carriera contro il
crimine proprio nella sua città? Tutti erano a conoscenza del fatto che
Satan
City aveva già un eroe, suo padre, e che lei gli dava una mano
a
mantenere l’ordine e tutto quel trambusto rischiava di buttare all’aria
ogni
equilibrio: la città era troppo piccola per avere due eroi.
La voce monotona
del professore s’infiltrava dispettosamente tra i suoi
pensieri, impedendole di pensare a qualcosa di decente, qualunque cosa
di
decente, decente abbastanza da poter smascherare quel buffone verde.
Provò a fissare
il libro di inglese: l’immagine sorridente di suo padre
le ammiccava fastidiosamente dalla pagina stampata. Lo chiuse con un
colpo: non
c’era bisogno di ricordarle continuamente che quel buffone stava
offendendo
l’onore di suo padre. Non sapeva forse che Mr. Satan era il più forte
del mondo
e poteva cavarsela benissimo da solo? Great Saiyaman non poteva
continuare a
gettare fango sulla sua famiglia in quel modo: era stufa di vederselo
comparire
davanti ogniqualvolta c’era un criminale da fermare e prendersi il
merito per
ogni azione.
Improvvisamente
un piccolo segnale acustico la colse di sorpresa: Videl
guardò immediatamente il segnalatore anti-criminali che aveva al polso,
vedendolo illuminarsi e cominciare ad emettere suoni concitati.
“Videl, abbiamo
bisogno del tuo aiuto!” esclamò la voce del capo della
polizia, spaventatissima “Un gruppo di esaltati si è introdotto nel
palazzo del
sindaco e minaccia di ucciderlo se non ascoltiamo quello che hanno da
dirci!”
“Arrivo subito!”
replicò la ragazza, tesa, senza minimamente pensare di
stare disturbando la lezione: ormai tutti i suoi compagni di classe e
il
professore si erano voltati verso di lei e seguivano, ansiosi, quello
scambio
di battute. Anche il ragazzo che si era appena trasferito nella loro
classe,
Gohan, la stava guardando: se ne accorse quando, afferrate le chiavi
del suo
velivolo, dovette superarlo di corsa per poter lasciare la classe. Era
strano,
perché di solito lui se ne stava in silenzio nel suo angolo a seguire
le
lezioni o a pensare ai fatti suoi, ma, più ci ripensava più se ne
convinceva,
le era parso davvero molto interessato a quello che stava succedendo.
“Mi raccomando,
fa’ attenzione!” riuscì soltanto ad esclamare il
professore, un po’ in ansia, mentre Videl correva fuori dall’aula.
Per non
rischiare di aggravare la situazione, premette a fondo il piede
sull’acceleratore e giunse al palazzo del sindaco in un baleno.
L’edificio era
completamente circondato da automobili della polizia e da una folla di
curiosi
che, non appena si accorsero che era arrivata, cominciarono a gridare
il suo
nome fiduciosi. Compiaciuta da tutte le speranza che quelle persone le
avevano
affidato, Videl sorpassò quella barricata improvvisata ed entrò nel
palazzo.
Non c’era segno
di persona viva, all’interno. Sospettosa, si guardò
intorno con circospezione e realizzò che l’atrio era davvero vuoto, non
c’era
nessuno nascosto neppure dietro ai banconi delle reception: forse i
criminali
erano al piano di sopra. Percorse le scale velocemente, ma in silenzio
per non
farsi scoprire ed entrò nell’unica porta sul largo pianerottolo che era
accostata.
“Chi va là?!” la
accolse una voce dura accompagnata dal rumore di mezzo
caricatore di arma da fuoco svuotato sul muro.
“Sono Videl,
sono venuta ad arrestarvi!” esclamò lei senza paura,
avanzando “Gettate a terra le armi e consegnatevi se non volete passare
altri
guai!”
Una risata
generale la accompagnò per ogni passo finché non fu
abbastanza vicina ai criminali per poterli guardare un faccia: erano
tutti
uomini grandi come gorilla disposti in fila, uno accanto all’altro, e
dietro di
loro, con la faccia di un condannato a morte, c’era il sindaco,
tremante.
“Questo sarà un
problema.” pensò continuando a guardare davanti a sé
senza paura. C’erano dieci uomini grandi il doppio di lei ed era anche
da sola.
Doveva elaborare una strategia.
“Chi osa ancora
violare la legge?” esclamò teatralmente una voce con
un’intonazione particolare.
Immediatamente
tutti si voltarono nella sua direzione di provenienza, ma
non videro che frammenti di intonaco e polveri vorticanti nell’aria.
Poi una
figura alta e dotata di antenne si fece largo nella stanza, rivelando
un buco
più o meno grosso nel muro.
Era penetrato
nel palazzo volando.
“Tu hai… Hai…”
esclamò Videl incredula, additando quella figura
che conosceva fin troppo bene. Great Saiyaman la raggiunse e si parò
davanti ai
criminali al suo fianco.
“Liberate
immediatamente il sindaco o dovrete vedervela con me!”
annunciò puntando un dito contro tutti quegli uomini in tono
accusatorio.
Eccolo che, come al solito, interveniva non richiesto da nessuno,
sempre
puntuale, per prendersi tutto il merito.
Videl sentì il
sangue andarle velocemente alla testa e per un momento
provò la voglia di fargli assaggiare un suo pugno, ma, guardando
davanti a sé,
capì che non era il momento. Doveva fare di nuovo buon viso a cattivo
gioco e
collaborare con lui. Come al solito.
“Sto arrivando!”
esclamò stizzita e corse incontro ai criminali,
ingaggiando una lotta feroce con uno di loro. Volarono calci e pugni e
finalmente riuscì ad atterrarlo facendolo svenire, ma, non contenta, si
preparò
ad affrontarne un altro quando si ritrovò davanti agli occhi la solita
scena.
Era ogni volta
così: lei si faceva in quattro per mettere i criminali al
tappeto, poi si guardava intorno e vedeva che quel buffone mascherato
aveva già
disseminato la strada di corpi esanimi senza neppure che lei se ne
fosse resa
conto.
“E’ tutto a
posto!” esclamò lui facendole il segno della vittoria con
entrambe le mani dopo aver liberato il sindaco. Videl sbuffò
sonoramente e lo
guardò con astio.
“Non credere che
io ti ringrazi per avermi aiutato!” sputò, furibonda.
Quel buffone le aveva rubato di nuovo la scena, non poteva proprio
sopportarlo.
“Non devi
ringraziarmi.” replicò lui tranquillamente, poi le sorrise.
“Hai combattuto davvero bene.”
A quelle parole,
la ragazza si sentì stranamente arrossire. Distolse lo
sguardo con imbarazzo e gli diede le spalle per non guardarlo.
“Io devo andare.
Vedi di non combinare altri casini!” esclamò tentando
di mantenere un tono piuttosto duro e corse via da quella stanza
sentendosi
tutta sottosopra. Per quale assurdo motivo le diceva quelle cose se era
palese
che lei non potesse sopportarlo? Spinse di nuovo l’acceleratore del suo
veicolo
a fondo, confusa. Aveva dimenticato anche di cercare di smascherarlo.
“Scusi se sono
stata fuori così a lungo!” esclamò inchinandosi sul
ciglio dell’ingresso della classe. Il professore la accolse con un sorriso sollevato e la invitò a prendere posto
come se non fosse accaduto nulla. Videl corse alla sua fila, ma per
sedersi
doveva superare Gohan.
“Mi fai
passare?” gli chiese con impazienza, degnandolo soltanto di uno
sguardo.
“C-certo.”
Aveva il fiatone
come se avesse corso veloce per chilometri. Era molto
strano. Si sedette accanto ad Erase piena di curiosità.
“Ma cosa avete
fatto mentre ero via?” le chiese sottovoce per non farsi
sentire “Sembra che Gohan abbia partecipato ad una maratona…”
Lo indicò
all’amica con un cenno del capo: il ragazzo era tutto sudato e
continuava respirare pesantemente.
“Non saprei.”
replicò Erase alzando le spalle “Però Gohan è stato di
nuovo fuori per così tanto tempo che anche il professore ha cominciato
a
preoccuparsi!”
“Di nuovo?”
Videl continuò
ad osservarlo mordendosi un labbro. Da quando era
arrivato in quella classe, era già accaduto tre volte che Gohan uscisse
dall’aula per andare in bagno quando lei aveva ricevuto una
segnalazione dalla
polizia. Era davvero strano.