Il
ponte
-Paul...-
Il richiamo del mio nome
permette alla sua voce di assumere un tono vivace, colmo di una
spensieratezza
ultimamente inusitata.
La stessa serenità
debolmente ostentata dal suo sguardo, il cui lucore, entusiasta dal mio
arrivo
viene affievolito dall'ombra di un nemico persistente.
Lo stesso che ha cosparso
di un ferale pallore il suo volto, tinto ormai soltanto nel mio ricordo
di un
puerile rossore.
Inclino il capo, inseguendo
inutilmente il susseguirsi di quelle lentiggini opache, il cui profilo
risulta
appena accennato. Simili alle tende velate lievemente dal sole, che
celano
pudicamente i vetri delle finestre, così come le ciglia di
Linda si arcuano
sugli occhi scuri. Un tentativo vano di nascondere quel nemico silente
che da
tempo si è insinuato oltre le sue membra, privandole della
naturale energia che
pochi anni prima le conduceva in danze eleganti e altrettanto piacevoli
movimenti.
Tali azioni ora divengono
oggetto di un'invidia rassegnata e di una smaniosa aspirazione che
trapelano
dalle azioni inquieta di mia moglie.
Le spalle di mia moglie
si contraggono contro i numerosi cuscini disposti accuratamente dalle
infermiere, creando sulla stoffa increspature simili alle rughe che
cospargono
il volto di mia moglie.
Entrambe tali
imperfezioni sono state provocate da due pesi gravosi, il cui
sollevamento pare
impossibile da attuare.
Un sospiro solca le
labbra screpolate di Linda e permette alle mie di schiudersi, assumendo
una
posa rattristata.
Il sorriso che la donna
mi riserva pare uno scrigno celato da un padrone avaro, nel quale a
stento
riesco a scorgere l'allegrezza di cui è stato fonte.
Tale entusiasmo, seppur
insano, viene riprodotto dalle voce di Linda che in un arrochito
sussurro tenta
di produrre parole confortanti.
-Non... non ti aspettavo
così presto! Sei già passato questa mattina, non
avresti dovuto venire anche
nel pomeriggio... mi avevi detto di avere una...-
Dirige la mano contro la
luce del sole in un movimento che pare invogliare la frase appena
pronunciata a
raggiungere il proprio termine.
Tale gesto del polso mi
permette di notarne l'estrema magrezza che, come una veste fastidiosa,
avvolge
le ossa, delineandone il profilo.
Deglutisco la salinità
delle lacrime appena sopraggiunte, e con esse il ricordo di quelle
braccia
possenti che hanno avvolto il mio busto in un abbraccio amorevole.
Linda ignora la silente
richiesta d'aiuto del mio labbro inferiore, tremulo prigioniero dei
miei denti,
e continua a parlare
-Una... intervista,
giusto? Alle quattro... perché sei venuto? Hai
l'appuntamento fra qualche
minuto con i giornalisti.-
Si rischiara la gola,
scuotendo il capo, risoluta a sconfiggere quel nemico che si erge sul
suo viso,
mostrando ai miei occhi il proprio ghigno malevolo.
Avanzo nella stanza,
percependo il movimento repentino della mie narici, reazione evidente
all'aroma
aspro dei medicinali e dei prodotti igienici di cui le pareti
dell'ospedale
sono pregne.
Le stesse pareti avvolte
da quella carta da parati, il cui candore cattura la vacua attenzione
di Linda,
prima ravvivata da un piacevole interesse.
Sospiro profondamente e
raggiungo la sponda del suo letto prima di replicare, permettendo
all’apprensione
di eludere la sorveglianza del mio impassibile orgoglio, attraverso
quelle
parole incerte.
-Volevo… volevo
accertarmi che stessi… bene… Insomma,
che… fossi migliorata da questa mattina…-
Scuote le spalle,
trattenendo una soddisfazione puerile nei lineamenti inariditi dalla
malattia.
-Mi lusinga sapere che il
mio maritino in carriera riesca ancora a rispettare i suoi doveri nei
riguardi
della moglie.-
Riconosco una nota acuta
nella sua voce che traduco come ironia.
Ormai i sentimenti spesso
prodotti da mia moglie assumono un'espressione sconosciuta che sono
costretto a
decifrare.
Tale progressiva
scomparsa di familiarità persino nelle parole di Linda,
incita le mie lacrime a
percorrere i solchi lungo le mie gote, levigati dal dolore e dalla
rassegnazione.
Quella rassegnazione
oscurata per un istante dalla speranza nella guarigione, che ha
condotto
nuovamente le mie membra lungo quei corridoi intrisi di tristezza.
Una tristezza che ha
sorpreso nuovamente il mio animo ingenuo, poiché racchiusa
nei lineamenti di
mia moglie. Gli stessi che ho desiderato osservare incurvati in una
posa
gioiosa, sentimento purtroppo estraneo a quell'edificio.
Racchiudo nel pugno
appena creato ogni vana illusione germogliata nel mio spirito,
lasciandola
rovinare lungo il fianco assieme alle dita che non accennano a
rilassarsi.
Linda aggrotta la fronte,
sinceramente incuriosita dal mio gesto, il quale riceve però
la sua
comprensione nonostante le parole appena pronunciate:
-Che ti succede?-
Umetto le labbra con la
punta della lingua, permettendo alla rabbia di esprimere la propria
natura
contro il destino, autore di tale ignobile sentimento.
Lascio scivolare una mano
fra i capelli, permettendo al mio mento un tremore convulso.
-Che mi succede?! A volte
mi chiedo come tu abbia ancora voglia di scherzare dopo tutto quello
che sta
accadendo...-
Un sorriso sarcastico
muore sulla mia bocca, da cui un gemito sfugge abilmente. Impedisco
all'orgoglio di interromperne la corsa e con un gesto di noncuranza
intimo alle
lacrime di offuscare la mia vista, già abbacinata dalla
frustrazione.
Apro le labbra nel
tentativo di pronunciare parole, il cui principio risulta agonizzante e
addolorato dalla realtà di cui sono divenuto vittima inerme.
-Non credo che... che
l'ironia sia il modo migliore per affrontare questa maledetta
situazione
Linda... no, non lo è...-
Linda ascolta le mie
parole, le braccia incrociate sul petto e un'attenzione vivida e
costante
finalmente impressa nei suoi occhi.
Scuote il capo, l'ombra
del divertimento oscura il suo viso e la carezza della sua mano provoca
numerosi brividi lungo il suo braccio.
-Non credevo di aver
sposato un uomo così noioso...-
-Lo stai facendo ancora...
Perché? Ti sembra divertente scherzare con me quando sto
vedendo mia moglie
indebolirsi giorno dopo giorno?-
Linda scuote il capo,
probabilmente sconsolata dalla mia preoccupazione indomabile. La stessa
che lei
ha imparato ad escludere dai propri pensieri riguardanti la
precarietà della
propria salute. Ad essi offre una serenità innaturale, che
pare l’evidente
espressione della rassegnazione alla quale io non mi permetto di cedere.
Alza il volto scarno
verso il mio, che la tensione ha eroso notevolmente, privandolo di quel
rossore
femminile che Linda si divertiva a saggiare con i polpastrelli. Gli
stessi che
increspano le lenzuola, pallide quanto le gote di mia moglie, nel
tentativo di
ricreare figure astratte in cui Linda si diverte a ricercare la
concretezza che
la sua vita pare perdere lentamente.
Rivolge nuovamente gli
occhi alle coperte, abbozzando un sorriso incoraggiante alle sue dita
improvvisamente zelanti.
Finalmente la sua voce
articola parole compunte e a me comprensibili.
-No, Paul, non è il modo
migliore. Temo he non ci sia un modo adatto per affrontare questa
situazione.
Neppure il tuo lo è. Ma prova ad immaginare una cosa, amore
mio. Prova ad
immaginare una grande distesa pietrosa e inospitale e una profonda
voragine a
separarmi da un grande spiazzo tiepido e verdeggiante. Solo un ponte
fragile e
insicuro mi permette di raggiungere quel luogo così
ospitale. E io sto salendo
su quel ponte, Paul. Nonostante il timore che possa cedere al mio peso
e
lasciarmi scivolare nell’abisso della disperazione. Io mi
affido alla sicurezza,
seppur precaria, di quelle assi. Io mi abbandono alla speranza che un
giorno io
possa smettere di soffrire e possa continuare a condividere la mia vita
con
te.-
Scuoto il capo, un poco
infastidito dalla sua puerile illusione che contrasta con
l’effettivo stato di
salute di Linda, il quale non pare offrire adito ad alcuna fiducia
nella
guarigione.
Il mio cinismo no
sorprende mia moglie, ormai esperta conoscitrice degli anfratti
più oscuri e
sconvenienti del mio carattere, assai più fragile di quel
ponte da lei
descritto.
-La speranza è un
sentimento troppo effimero in queste occasioni, Linda, non ti
aiuterebbe a
sconfiggere la malattia e quel maledetto spiazzo verdeggiante di cui
parli non
potrà mai avvicinarsi soltanto grazie alla tua fiducia,
non…-
-Anche la frustrazione a
cui stai soccombendo lo è. Credi che evitare i giornalisti e
occuparti soltanto
del mio ricordo ti aiuti ad affrontare con maggior sicurezza la
realtà? Credi
davvero che assistere al mio dolore con altrettanta tristezza sia
l’atteggiamento
più razionale che tu possa adottare? No, Paul. Non lo credi
davvero, ma speri
che le lacrime possano cancellare i tuoi sentimenti rabbiosi. Ma non
è così e
lo sai. Attraversa questo ponte assieme a me, Paul. Spero, anche solo
per un
attimo, che tutto possa tornare come prima.-
Mi avvicino
repentinamente al suo letto, cercando le sue mani oltre le lenzuola
sotto cui
hanno cercato protezione. Percepisco il timido tepore delle sue dite,
che tento
di rinvigorire con il calore che risiede nelle mie.
Linda riconosce quel
tentativo e ne sorride, stendendo quelle labbra che mi sorprendo a
desiderare
ancor più ardentemente di quanto ricordassi.
L’orgoglio si ritira
mesto dalle mie parole mentre la sincera titubanza avanza nella mia
voce.
-Io… io non ci riesco… ho
paura che… quel ponte non riesca a reggere anche me e
che… possa distruggersi e
che… in quell’abisso mi attenda nuovamente
il… timore di perderti… E io… -
Scuoto il capo, adagiandolo
contro il suo petto e permettendo alle lacrime di inumidire la sua
camicia da
notte. Percepisco le sue dita vagare fra i miei capelli, invitandomi ad
esprimere i miei timori.
-Ho paura, Linda… Io non
voglio… non voglio continuare a vivere se tu non…
non ce la farai… non credo di
essere in grado di affrontare… tutto quanto se
tu… non sarai con me… -
Accoglie il mio volto fra
le mani, costringendomi a rialzare il volto dal suo busto caloroso.
Inaspettatamente
distinguo il velo delle lacrime rivestire gli occhi di Linda, mentre il
suo
mento freme debolmente.
La sua voce assume un
tono autoritario e perentorio, che contraddiceva la sua espressione.
-Non devi… non devi dirlo
mai più. Mi hai capito? Mai più.-
Scuote le ciglia,
porgendomi il palmo e incoraggiandomi a sfiorarlo con le dita che
mantengo
adagiate lungo le coperte.
Accetto il suo consiglio
silente, con la stessa pazienza che riservo all’ascolto delle
sue parole.
Linda deglutisce rumorosamente
prima di esclamare con voce rotta dalla stessa emozione che traspare
anche dal
mio respiro, improvvisamente ansante.
-Ora… uscirai da quella
porta, incontrerai quei giornalisti e comincerai ad attraversare quel
ponte
assieme a me. Mi prometti che lo farai? Me lo prometti, Paul?-
Incontro il suo sguardo,
ignorando la corsa delle lacrime che raggiungono la mia camicia.
La stessa oltre cui il
mio cuore accelera quei battiti che il dolore e la disperazione hanno
rallentato. La stessa rapidità coinvolge anche le mie iridi
che guizzano sul
volto della donna che ha carezzato i miei dispiaceri, donando loro il
piacevole
tepore della speranza.
Quella speranza che d’improvviso
ravviva le miei ambizioni e i miei desideri, da tempo sopiti da quella
malattia
la cui ferale falce ha distrutto la mia fiducia nel destino.
Esso mi rivolge un
sorriso incoraggiante che accolgo con altrettanto entusiasmo.
Scuoto il capo, preda
compiaciuta di una fiducia che da tempo non ricordo di aver riserbato
nel destino,
negli ultimi tempi.
Adagio le mie labbra su
quelle di Linda, che ricambia il mio bacio con un sentimento sincero
affatto
offuscato da quella malattia che ha impallidito le sue gote.
Carezza le mie tempie
affettuosamente, prima di sussurrare la mia risposta.
-Te lo prometto…-
Assaporo il piacere che
la speranza dona alle mie parole prima di ringraziare con uno sguardo
la donna
che ha impresso nella mia spirito un sentimento diverso
dall’angoscia donata da
un futuro incerto.
Linda rilassa la schiena
contro i cuscini che sorreggono le sue spalle, su cui il peso della
malattia
non pare gravare.
Rilascia un ultimo bacio
sulla superfice increspata delle mie labbra prima di esclamare
ironicamente:
-Distruggili, McCartney!-
Rispondo alla sua allegra
risata con una altrettanto serena, accompagnata da una confessione che
rivela
entusiasmo e passione. Sentimenti che nella loro espressione non
conoscono la
repressione causata dall’inquieto dolore che sembra avere
abbandonato le mie
membra.
Esse ora abbandonano la
propria figura lungo il fianco di mia moglie, il cui corpo infonda al
mia un
calore che non ho creduto possedesse.
-Puoi scommetterci, amore
mio…-
Angolo autrice:
Buon pomeriggio, care
lettrici!
Ehm… si nota molto che
adoro molto la coppia PaulLinda? XD
Desideravo omaggiare in
qualche modo quell’amore estremamente profondo e sincero che
a mio parere li ha
legati fino alla prematura e triste scomparsa di lei…
Spero che questo mio
racconto, uscito inaspettatamente dalla mia
“penna”, possa essere apprezzato
anche da voi.
Vi ringrazio per il
continuo sostegno!
Giulia.