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Autore: Vejitina    18/03/2008    3 recensioni
AIZENxGIN. Gin ha seguito il suo capitano ovunque. Ma cosa penserà realmente di Aizen? Una piccola Love Story contorta!!
Genere: Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri, Gin Ichimaru, Sosuke Aizen
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Ecco la mia prima One-shot su Bleach e sulla mia coppia preferita: Aizen-Gin

Ecco la mia prima One-shot su Bleach e sulla mia coppia preferita: Aizen-Gin.

 

L’ho fatta un po’ strana e deviata, ma infatti sono una psicopatica, si sa. Spero comunque che vi piaccia ugualmente.

 

Commentateeeeeeee!!!!!

 

 

QUELLO CHE IL MIO CAPITANO COMANDA

 

Solo sotto le tue carezze, sotto i tuoi colpi e le tue manchevolezze

mi sono sentito veramente amato.

Nonostante il disastro, nonostante la nostra imminente fine,

ti prego, stringimi forte, fammi sentire al sicuro.

 

 

Passeggio attraverso gli alti saloni del palazzo bianco di Las Noches. Non so dove andare. Provò ad affacciarmi da uno dei grandi balconi e fuori dalla finestra vedo solamente un mondo vuoto e cupo.

Mi annoio.

Una volta, nell’altro mondo, mi divertivo di più. Avevo un lavoro, avevo amici, degli interessi, avevo quello che tutti oserebbero chiamare una vita.

Ora non ho niente.

Mi rimani solo tu, Capitano...

Ho abbandonato tutto il mio mondo per te, perché è quello che volevi, è quello a cui lavoravi da tutta una vita e io non volevo rovinartelo con le mie stupide lamentele.

Passo la mano sul liscio marmo bianco della balconata. è tutto così diverso qui. è pulito, lucido, perfetto, ma talmente freddo e inodore da non lasciarti niente adosso. Un tempo, ovunque fossi, percepivo il legno dei palchetti sotto i miei piedi, sentivo l’odore dei fiori primaverili dai giardini, avvertivo il soffice tessuto da capitano sulle mie spalle... quello stesso tessuto così profumato su di te.

Vedendo il sole artificiale fuori dal palazzo, mi manca la sensazione di quello vero sul mio viso. Mi illudo, sperando che tu l’abbia creato solo per me, perché sai quanto mi manca. Il sole mi ricorda tante cose... cose che non si possono dire... cose che non dovrebbero comunque essere viste da nessuno.

Sposto il mio sguardo e ti vedo. Una tua statua è stata messa in questo piano e io neppure lo sapevo. Mi avvicino per toccare le labbra scolpite, così piene, così morbide al tatto. È un ottima statua, ma la tua bellezza non è neanche lontanamente ritratta, Aizen-sama.

Passo le dita sulla guancia di levigato marmo bianco. La prima volta che mi ha toccato la guancia, l’hai fatto per sbaglio, o almeno così io ho pensato allora. Mi hai sfiorato leggermente con il palmo della mano mentre, da bravo tenente, scrivevo qualche scartoffia per te. Devo esser arrossito come una ragazzina, perché hai mostrato un sorriso furtivo, spostando il braccio.

Ti rubo un piccolo bacio da tanto sei bello. Nel placido silenzio del salone, sorrido felice e vado via. Scendo dal piedistallo, facendo ondeggiare il vestito bianco, e penetro nei buoi corridoi di questo immenso castello.

Continuo a camminare, sperando di trovare qualcosa da fare. Mi annoio e quindi ritorno ad un tempo neanche tanto lontano, quando, nel torpore pomeridiano di quell’eterna primavera che è la Soul Society, mi trovavo nella tua stanza ad accarezzarti dolcemente il corpo dopo aver fatto l’amore. Immagino intensamente i tuoi profondi occhi scuri, chiusi nel sonno, accarezzo con la mente i tuoi soffici capelli castani scomposti, mi perdo con le mani fra i tuoi perfetti pettorali scolpiti. Quando dormi sembri così pacifico, così placido.

Sorrido e alla fine arrossisco al ricordo dei nostri momenti insieme. M’infiammo subito al pensiero di un tuo bacio. Le tue labbra sono così carnose che non smetterei mai di morderle e ferirle fra i baci. Ti arrabbi sempre se ti faccio male, se ti faccio sanguinare. Non capisco mai perché visto che tu a me lo fai sempre.

Non sei mai stato il tipo che da baci, forse perché sei timido o forse perché tu pretendi tutto e non dai mai niente in cambio.

Al nostro primo bacio, io ho preso l’iniziativa. Stavamo bevendo del the sul pavimento del tuo ufficio. Discutevi su come regolare alcuni shikigami della tua compagnia, e io, come tuo tenente, prendevo nota di ogni tua parola. All’improvviso ho avvertito alle mie spalle il mio kimono nero muoversi. Un movimento lento, ma percettibile. Non mi sono girato a scorgere la mano furtiva solo perché sapevo che tu l’avevi già tolta. Sono rimasto immobile con il cuore che gridava, resistendo a quel tuo sottile richiamo che mi diceva di prendere avventatamente il tuo corpo tra il mio. L’invito però è stato troppo forte per non ascoltarlo. Mi sono sporto verso il tuo sorriso e ti ho baciato le carnose labbra, un gesto così semplice e normale da non farmi sentire in imbarazzo. Ho solo aspettato con un sorriso sul volto una tua reazione.

Ti sei tolto gli occhiali, che già sapevo odi portare, e mi sei letteralmente saltato addosso, come se lo aspettassi da una vita, come se lo volessi da sempre.

Ancora adesso, tanto tempo dopo quel caldo pomeriggio, vorrei sapere se era davvero così, se mi desideravi come io volevo te, Capitano.

Se non ci avessero interrotto, bussando alla porta, mi avresti spogliato su quella veranda? Mi avresti portato alla tua scrivania, che tante volte ci ha visto insieme, e mi avresti preso lì? Probabilmente sì. Tu non ami aspettare, non sei molto dolce come amante. Penso che chiederti qualcosa di romantico sia come chiedere a Kira di essere più rude o ad Abarai di essere più aggraziato.

Sei venuto da me quella stessa sera impaziente e eccitato. Quando mi hai svegliato, entrando nella mia camera di soppiatto, io dormivo già da alcune ore. Non hai detto niente, come sempre quando sgattaioli nella mia stanza di notte. Sei rimasto immobile ad aspettare che scostassi le coperte per te e io ti ho fatto entrare nel mio letto molto più velocemente di quanto tu sia entrato nella mia vita.

La prima volta non è stata tenera, come le tante altre trascorse. Perché tu lo vuoi così e io farei ogni cosa per te. Sei andato via in silenzio agli albori del mattino nascente, lasciandomi solo a leccare le mie inutili ferite. Se la luce del sole non mi avesse mostrato i pesanti segni del tuo passaggio sul mio corpo, non avrei veramente creduto alla tua venuta.

Mi sono rassegnato da molto tempo ad avere un po’ di tenerezza, forse neanche io sono quel tipo di persona delicata dopo tutto. Non conto ormai più i morsi sul mio corpo, i segni violacei sulla mia pelle, le lenzuola cambiate di notte perché sporche del mio stesso sangue. Ma a me va bene così, purché ti possa avere nel mio letto, purché possa avere la patetica illusione di averti accanto.

D'altronde il mio corpo è tuo, ne puoi fare quello che vuoi.

Posso sopportare ogni cosa se so di poter fissare il tuo viso la mattina, accarezzare la tua pelle in un attimo rubato, nascondere il viso stanco nel tuo petto per riposarmi.

Non importa quanto morsi debba sopportare prima di vederti soddisfatto, quanto dolore debba reprimere in una notte... stringimi forte a te... fammi dimenticare tutto... legando il mio corpo a te ogni secondo di più.

Ogni tuo desiderio è un ordine. E io non vivo che per soddisfarti.

Con il tempo però, sono diventato un po’ esigente anch’io. Vorrei che mi facessi meno male, ma non fisicamente. Il mio cuore sanguina ogni notte, ogni notte che tu non vieni, ogni notte che tu vai via presto, inventando qualche scusa. È amore questo? Non lo so. Tu lo sai cos’è l’amore, Capitano? Parola troppo scontata forse l’amore. Usata da tutti, ma nessuno lo sa vivere davvero. Io ti amo? Se io ti amassi e tu mi amassi, pensi che questo dolore diminuirebbe, passerebbe del tutto come curato da un invisibile medicina centellinata dai tuoi baci? Io so solo che il mio cuore è contento, se ti rendo felice. E l’unica maniera che so per renderti felice è continuare ad eseguire le tue disposizioni, come venire in questo posto buoi e noioso: Houco Mondo. È un posto brullo, privo di acqua o di sole, non ci passerei nemmeno un istante della mia vita, ma è qui che volevi arrivare e io non posso far altro che seguire il mio capitano.

Mi hai mai dato la possibilità di una vera scelta nella vita? Solo una volta, ma poteva definirsi tale se sapevi già la mia risposta e la mia poteva essere una scelta giusta se sapevo che alternativa era la morte...

Un giorno dopo aver fatto l’amore nella tua stanza, ti sei fatto pensieroso all’improvviso. Nel tuo kimono da camera bianco fissavi fuori dalla finestra le stelle eterne e io ti guardavo dal letto pensare.

Alla fine hai dato voce ai tuoi pensieri nascosti, esordendo con il mio nome: “Gin... tu mi seguiresti ovunque?”

“Ovunque, Capitano.” risposi subito. “Ovunque lei comanda.”

Hai sorriso. “Il prossimo posto dove voglio andare è molto diverso da Soul Society. Mi seguiresti anche in un altro mondo? Seguiresti ogni mio ordine pur di arrivarci indenni?”

Alzai un sopraciglio. “Lasciare questo mondo?”

“Potrebbero esserci dei problemi per quello che voglio fare. Devo cercare delle informazioni prima di tutto e voglio che tu nasconda ogni mia traccia. Poi desidero lasciare questo inutile posto fatto di gente gretta e priva di talento.”

Lo sapevo da sempre che volevi altro che fare il capitano della quinta compagnia. Avevo imparato da molto tempo la vera natura che si nasconde dietro quegli occhiali spessi e quel viso tranquillo. Lo sapevo ed lo avevo accettato, contro ogni logica. Mi sei entrato troppo dentro, come un veleno maledetto o una droga che desidero costantemente. Quindi quando parlasti delle tue vere intenzioni, non pensai a tutto quello che avrei perso, non pensai a tutto il male che avrei probabilmente causato. Non pensai a niente, tranne al desiderio di esserti ancora utile.

Sospirai, scuotendo la testa. “Se non si può fare a meno... Farò sempre quello che Lei comanda, Capitano.”

Ti sei avvicinato, mi hai abbracciato alla vita, sfoggiando uno di quei sorrisi che mostri raramente.

“Quello che voglio è che tu ora diventa capitano, Gin.

“Si è già stufato di me, Capitano?”

Hai riso leggermente, ma ormai non mi sentivi più. Non ascoltavi più la mia presenza fra le tue braccia, nella tua mente il tuo piano sovrastava tutto, non lasciandomi nemmeno un piccolo spazio in cui alloggiare, ma solo la convinzione di poterti servire ancora.

“Il capitano della 3^ compagnia è vecchio, morirà di vecchiaia fra qualche giorno.

“Davvero?”

“Aspetta e vedrai, Gin. Ti raccomanderò come suo successore. Ho già il voto di un capitano, me ne serve un altro e pensavo Ukitache. Come tenente, invece, pensavo di darti quel giovane biondo della nostra compagnia, molto dotato nel kido, Izuro Kira.”

“Anche il tenete delle 3^ compagnia morirà di vecchiaia?” Ironizzai.

Più o meno, pensavo più ad un incidente nel mondo terreno.”

Mi hai preso il mento fra due dita, mi hai baciato piano.

“Pensavo ti piacesse il ragazzo? Non è carino?”

“Si, lui mi piace. Ha un bel visino.

“Speri di rendermi geloso con lui?”

“Anche se fosse lo so che è inutile, Capitano Aizen.”

Hai riso e mi hai baciato con trasposto. Eri felice? Hai sempre la stessa espressione soddisfatta sul volto e non so come interpretare i tuoi sentimenti.

“Con due capitani sotto il mio comando, posso riuscire a muovermi con più facilità.

Strinsi piano il tuo kimono, fissando i tuoi occhi nocciola, persi in un futuro che solo tu potevi vedere. Mi aggrappai alle tue spalle, desiderando restare ancora immerso nel tuo caldo petto rassicurante. Hai mai provato qualcosa di simile nella tua vita o eri sempre così preso da te stesso come ora?

“Quale sarà il suo nuovo tenente, Capitano?”

Ti sei riscosso, soppesando il mio sguardo. “Non ti piacerà, lo scommetto, e io non voglio vedere il tuo faccino oscurato per il resto delle serata.”

Mi morsi un labbro. Sapevo di chi parlavi e non mi piacque infatti. “È quella piccola Hinamori, vero? Quell’incompetente, che non fa altro che correrle dietro con gli occhi lucidi, sarà il suo nuovo tenente?”

Schh...” Mi zittisti con dito sulle labbra. “Nessun altro che non sia tu mi farà mai da tenente, Gin.”

Nascosi il viso nel suo petto, ma tu mi costrinsi ad alzare lo sguardo su di te, tirandomi piano i capelli.

“Una volta finita questa cosa, potrai ucciderla. Te lo prometto.

La semplicità con cui lo dicesti fu allarmante, ma lo fu molto più la mia risposta.

“Lo faccia lei per me, Capitano. La uccida davanti ai miei occhi.

In quel momento mi resi conto dove mi avessi trascinato. A poco a poco come uno squalo, mi hai fatto affogare in un mondo oscuro da cui non si può far ritorno, un mondo di pazzia dove l’unica ragione di vita sei tu, Aizen-sama.

Mi scrutasti negli occhi, forse allarmato o sorpreso.

“È un problema?” Ti ho chiesto.

“No.” Hai scosso la testa, sorridendo. “Va bene, la ucciderò come vuoi tu.”

Mi hai baciato, la discussione è finita lì.

Sono impazzito da molto tempo.

Tu probabilmente lo sei da molto più.

Cosa facciamo? Dove stiamo andando? Da quale fiume sanguinoso e folle ci facciamo trasportare inerti? Non basterebbe un dio eterno per rimediare ai nostri sbagli, nessuna morte può compensare il dolore che abbiamo causato a tutti. So che la sofferenza degli altri ti piace... la cerchi... la vuoi... e io, impotente di fronte al mio contorto amore, ti assecondo in ogni follia. Il tuo sadismo si conforma perfettamente al mio auto-masochismo, permettendoci di ferirci a vicenda in questo rapporto malsano.

Nonostante mi renda conto di quello che fai, non riesco ad arrabbiarmi con te. Non ne vedo il motivo: Tu farai sempre quello che vorrai e io ti seguirò comunque ovunque tu scelga di andare.

Non me la prendevo male neanche quando portavi qualche donna in camera tua la notte. Restavo ore accanto alla parete sentendoti respirare e ansimare, ascoltando ogni tuo movimento dolce che non davi a me, ogni parola concitata che sussurravi a lei. Non mi arrabbiavo, come tu sapevi che restavo sveglio accanto alla parate tutta la notte, io ero conscio che lo facevi solo per farmi uscire di testa.

Ma io non soffrivo. Ogni tuo ansimo lo figuravo per me, ogni tua parola dolce la immaginavo rivolta a me, placando a poco a poco la sofferenza che bruciava il mio consunto corpo. Non sei mai riuscito a distruggermi e forse è per questo che sto ancora al tuo fianco dopo tanto tempo. Mi ritengo l’unica persona che può farlo senza uscire di testa e questo è quasi lusinghiero per me. Il dolore che mi provochi è costante e ormai assopito dentro di me, anestetizzandomi la mente ormai fredda.

Nonostante ti voglia e non riesca a contrastarti, qualche volta ti odio. Vorrei sbatterti contro un muro per vederti almeno una volta sconcertato e ferito. Lo so, non ho speranze di prenderti di sorpresa, ma alla fine mi pento lo stesso dei miei pensieri. Sarebbe poca la soddisfazione ricevuta per pochi istanti se devo vedere il tuo bel viso ferito e la tua perfezione scalfita.

Tu sei Aizen-sama. E purtroppo Aizen-sama è perfetto, inattaccabile e irraggiungibile.

Sono stufo di camminare. Vado nelle stanza private per riposare. Vorrei dormire.

Attraverso il salotto comune e dalla tue stanze vedo uscire di corsa una arrancar minuta. Ha un vivido segno rosso sul volto e sta piangendo. Sei sempre il solito irascibile. Non sai trattare con le donne.

Busso alla porta.

“Sono io. Posso?”

Sento una voce che mi dice di entrare.

Apro la porta e ti vedo disteso sul divano, meraviglioso vestito di bianco e nero. Resti immobile con una mano sugli occhi stanchi. Sei troppo stressato.

“Hai fatto piangere quella ragazza.

“Non è una ragazza, è un arrancar. Non è niente.” Sbotti iroso.

Sospiro. “Dovresti trattare meglio le persone che lavorano per te.

Sorridi per la prima volta e mi ritengo soddisfatto di me. “Mi sarà rimasto ancora qualche avversione verso gli Hollow. In fin dei conti sono sempre uno Shikigami. Togli la mano dagli occhi, mi fissi. “Cosa stavi facendo?”

“Passeggiavo. Mi annoio.”

“Davvero?” alzi un sopraciglio sorpreso.

“Non c’è niente da fare, nessuno fa mai qualcosa di divertente qui.

Sollevi l’angolo della bocca, ghigni con dolcezza. Stringi gli occhi taglienti e sensuali, facendomi eccitare. “Vieni qui.”

Mi avvicino e tu mi catturi e mi baci un polso dolcemente. Mi accarezzi con queste mani pericolose e dolci che amo sopra ogni cosa.

“Non vuoi giocare con qualche arrancar? È divertente.

Scuoto la testa.

“Vuoi Szavel? È molto carino, no?”

Sbuffo fingendo noia. Mi piace che cerchi di farmi divertire.

“Vuoi che ci giochiamo insieme?”

Storco la bocca, scuotendo ancora la testa.

“Vuoi che giochiamo io e te?”

Lo voglio. Lo voglio sempre, ma non adesso. Sospiro e mi godo la tua espressione confusa.

Mi metto al tuo fianco e mi accomodo come un gatto sul tuo petto. “Vorrei solo stare qui. Per un po’.”

Tu mi accogli fra le tue braccia senza domande. Ormai lo sai che ha volte ne ho bisogno.

“Gin?” sussurri il mio nome e io rispondo al tuo richiamo, alzando gli occhi verso di te. Sento la tua grande mano accarezzare il mio volto, passi le tue lunghe dita fra i miei sottili capelli grigi, scompigliandoli appena, sembrando quasi dolce.

“Baciami.”

Sorrido.

“Quello che il mio capitano comanda.”

 

 

Ecco è finita!!

 

Volevo ricreare il loro bizzarro rapporto e non può essermi venuto in mente altro che questo, scusate...

Non è possibile che Aizen riesca a essere dolce e innamorato, ma allo steso tempo, Gin, con la sua cinica indifferenza riesce a sopportare tutte le sue follie per stargli accanti. Sono perfetti insime! Nonostante quello che descrive Gin, volevo che finisse bene. Volevo dimostrare che, in qualche modo… anche contorto, Aizen ci tenesse davvero a Gin.

 

Leggete!!

 

E soprattutto commentate!!!

 

  
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