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Autore: Sara_Lau21    12/09/2013    3 recensioni
[Titolo precedente: "Non posso"!]
Irene, quindici anni, una vita normalissima, ma una scoperta fatta così, senza preavviso alcuni le cambierà la vita. Ha una sorella maggiore che è stata data in adozione anni addietro.
Marco di anni ne ha trenta, una vita anch'egli normalissima, anche se è stato adottato e non pare neppure intenzionato a cercare la sua vera famiglia, reputando coloro che l'hanno allevato come sua unica famiglia.
I due hanno diverse cose in comune e s'incontreranno agli scout: Lui un capo, un educatore, mentre lei fa parte del reparto.
Ma se oltre all'età, al fatto che lui è un educatore di lei alla loro già difficilisisma storia si aggiungesse dell'altro?
[La coppia principale ha una differenza d'età notevole ed una dei due è pure minorenne. Se siete contrari a certe cose non leggete direttamente la storia, è meglio, in più, vorrei precisare anche la presenza dell'incesto come una delle principali tematiche, quindi, se pensate di non reggere non leggete, invece di venire, poi, ad insultare]
[Scriverò dal punto di vista di entrambi, anche se il primo capitolo è totalmente incentrato su Irene e Marco manco appare]
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incest, Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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-Andate all'inferno, tutti e due! Vi odio!- urlo con forza e con rabbia contro i miei stessi genitori, correndo in camera e cambiandomi.

Ho bisogno di uscire fuori, di correre, di allontanarmi da questa casa, di schiarirmi le idee.

-Irene, aprici la porta! Dobbiamo parlarne meglio!- ma che ci sarebbe di così importante da aggiungere a ciò che mi hanno appena detto?!

Ho una sorella e loro l'hanno abbandonata molto prima che io nascessi.

Mi fanno schifo.

Mi metto le prime cose che trovo, più precisamente una T-shirt nera con J-Ax stampato sopra, un paio di pantaloni neri provenienti dalla tuta di ginnastica ed una felpona viola con la cerniera.

Prendo il cellulare ed il portafoglio e senza neppure pentinarmi o truccarmi decido che è l'ora d'uscire.

Apro la porta di camera mia -non prima di essermi infilata un paio di scarpe da ginnastica anch'esse nere- e senza neppure guardare i miei genitori -se li posso definire ancora tali- vado verso la porta di casa.

-Io esco- e detto ciò prendo la mia fidata bici che tengo chiusa dentro casa ed esco per strada, abitando in una casetta su due piani e con solo un piccolo terrazzino ed un piccolo giardinetto dietro.

Mi sistemo alla ben meglio, salgo in sella e parto senza neppure una vera e propria meta.

Sono partita alle tre di pomeriggio e pedalo da quasi mezz'ora, oramai.

-Pronto? Chiara? Come va? Personalmente male. Ti va di vederci? No, per favore... adoro la tua ragazza, mi sta molto simpatica e tutto il resto, ma volevo parlare in privato con la mia migliore amica. Okay, ti aspetto a casa tua- e chiudo la telefonata con la mia migliore amica di sempre.

E' una ragazza in gamba, ha la mia stessa età e siamo cresciute sempre insieme, inseparabili sin dal nido.

Riprendo a pedalare e dopo quindici minuti raggiungo una via piena di villette a schiera.

La casa di Chiara è l'ultima sulla sinistra, una villetta a schiera con tre lati liberi e piuttosto nuova.

Scendo dalla bici e suono il campanello, aspettando.

Mi viene ad aprire una donna sulla quarantina, con dei capelli castani tendenti al neri, tenuti un po' corti e con dei grandi occhi color nocciola.

Io le faccio un sorriso stirato, falso, anche se io voglio molto bene a quella donna, è quasi una second amadre per me, essendo la mamma della mia migliore amica.

-Chiara mi ha detto di aspettarla qui. Ha detto che riaccompagnava a casa la sua ragazza e poi veniva- le spiego, sapendo che pur dicendole della ragazza di sua figlia lei tanto non si scomporrà affatto.

Chiara è dichiaratamente bisessuale e la prima persona a cui l'ha confidato sono io. Avevamo dodici anni e lei stava rischiando di confondere la nostra amicizia con l'amore, ma per fortuna non l'ha fatto.

Adesso sta da un anno con Denise, una ragazza di colore, egiziana, per la precisione e proprio grazie a questa sua relazione ha fatto coming out a casa.

I suoi genitori hanno accettato quasi subito e la cosa è a mio parere molto bella.

-Certo, entra. Vuoi un caffè? Un thè? Una fezza di torta?- che donna... stupenda.

Metto la mia bici nel loro giardino, la chiudo col lucchetto ed entro in casa.

-Un thè con un pezzettino di torta, se è possibile- le dico, sedendomi al tavolino da otto.

Chiara ha tre fratelli, due maschi ed una femmina e quindi, il suo tavolino è molto grande.

-Ire, va tutto bene? Mi sembri spossata... lo sai che con me puoi parlare liberamente- sì, ormai per me questa donna è una seconda madre.

Sto male, sono stanca, sfinita e provata, ma non so se è il caso o meno di parlarne, anche se è comunque la madre della mia migliore amica.

Lei alla fine capisce che sto aspettando Chiara proprio per questo e che non è il caso di parlarne proprio adesos, quindi mi dà il thè e il pezoz di torta e non aggiunge altro.

Dopo dieci minuti arriva pure Chiara, la quale apre la porta come un tornado.

-Ragazzi, sono tornata tra voi!- io le sorrido e lei mi corre incontro, abbracciandomi e baciandomi sulle guance.

-Oh, Irene!- ma poi capisce che ho bisogno di parlare e quindi, andiamo in camera senza aggiungere altro.

-Irene, che succede? Per caso sei andata con uno sconosciuto e adesso sei incinta?- okay, è pazza.

Lei si chiude la porta di camera sua alle spalle ed io mi butto sul suo letto, togliendomi la felpa e le scarpe.

-Uccidimi...- commento, chiudendo gli occhi e sospirando.

Lei si siede accanto a me e dopo qualche secondo riesce -finalmente- a parlare.

-Dopo che avrai partorito. Lo sa che cosa penso dell'aborto- la odio.

Come può anche solo pensare che io sia così stupida da farmi veramente ingravidare a soli quindici anni?

E' pazza.

Apro gli occhi e la guardo, stanca.

Camera sua è tappezzata di poster e di oggetti fantastici, dall'immagine di J-Ax, a quella di Elfen Lied, alla sua collezione di manga, a quella di candele e di libri sull'occulto, più altre cose.

Io e lei siamo molto simili, ci piacciono più o meno le stesse cose -anche se io preferisco la chiatarra alla batteria- e quindi andiamo d'accordo in un modo assurdo.

Se i miei genitori mi avessero detto che ho una gemella avrei pensato subito a lei, poco ma sicuro.

-Non sono incinta, Chiara! Da quando in qua scoperei, scusa?- le chiedo sospirando, dopo tutto lei lo sa: Se avessi fatto sesso per la prima volta glielo avrei detto subito.

-Scusami, allora! Ma sembri distrutta! Che ti è successo?- mi chiede, stavolta finalmente seria.

Io riprendo fiato e mi metto a sedere, decidendo di spiegarle tutto quanto.

Chiara si sistema una ciocca dei suoi lunghi capelli castani dietro la nuca ed io mi metto una mano fra i miei capelli biondo cenere, i quali li tengo lunghi sin sotto le spalle, ma non di più.

I miei occhi azzurri si guardano attorno ed io mi mordo il labbro inferiore.

-I miei genitori sono degli stronzi- ammetto, senza mezzi termini.

Chiara rimane alibita ed io la capisco, ma ancora non sa praticamente niente.

Mi hanno rivelato una cosa, Chiara- inizio, cercando le parole giuste per spiegarle tutto quanto senza fare confusione e senza impazzire.

-Una trentina d'anni fa mia madre è rimasta incinta per la prima volta. Aveva appena compiuto i diciotto anni e si è diplomata per un miracolo, partorendo tre mesi dopo tale avvenimento. Il figlio era di mio padre, visto che già all'epoca stavano insieme e lui aveva vent'anni e doveva partire militare- faccio una lunga pausa, lasciando che Chiara assimili tutto quanto, quindi, continuo la mia spiegazione, -I miei genitori non sapevano che cosa fare e quando mia madre ha capito che o continuava a studiare e a fare una vita da comune adolescente, o comunque da adulta ssenza nesusna vera responsabilità, o allevava il suo bambino, ha scelto la prima opzione. Non ha mai voluto sapere il sesso del nascitoro fino alla fine, tanto anche se non abortiva, non l'avrebbe comunque allevato lei. Solo alla fine le hanno detto che era una femmina e lei solo all'ultimo ha deciso di dare a quella bambina una collana con un medaglione a metà. L'altra metà lo tiene ancora lei e adesso lei e mio padre vogliono affidare quella metà a me- non ho ancora finito, ma mi sento già in lacrime, non ne posso più di parlare, di spiegare.

Odio tutto questo, odio ciò che ho appena raccontato, odio i miei genitori, odio la vita in generale.

-Irene... quindi tua sorella dovrebbe avere trent'anni, adesso?- io annuisco e lei mi mette una mano sulla spalla.

Sa che le solite frasi fatte non servirebbero e che anzi, le odierei, quindi, se ne resta zitta e tale silenzio mi serve più di qualsiasi altra parola una persona possa dire.

-Che hai deciso di fare?- mi chiede, infine, dopo un paio di minuti che mi sono sembrati un'eternità.

Mi stringo nelle spalle e sospiro.

-Nulla. Che dovrei fare, scusa? Prenderò il medaglione e pace. Forse appena ne avrò l'età mi metterò sulle sue tracce, ma non mi aspetto niente di che. Siamo state cresciute in modo separato, sempre che lei sia ancora viva, è ovvio. Certo, la prima parte della storia mia e sua è da film, ma la vita non è un film- dico, continuando a parlare con la mia migliore amica, a sfogarmi con lei.

-Pensare che ho una sorella non so neppure dove mi uccide- continuo, ormai più che altro distrutta e sfinita.

Chiara annuisce e si alza.

-Domani c'è la prima riunione scout, ricordi? Io sono lì dentro già da un anno, ma per te è la prima. Ti vengo a prendere alle 09, 30, okay?- io annuisco e mi alzo.

Guardo l'ora sul cell e costato che sono più delle cinque di pomeriggio.

I miei saranno in ansia.

-Perdona i tuoi genitori. Erano giovani ed inesperti, non sapevano che cosa fare, sicuramente è per questo che le cose sono andate così. Loro ti vogliono bene e se potessero sicuraqmente tornerebbero indietro- Chiara è sempre così matura... l'adoro.

Le sorrido e la saluto, quindi me ne vado.

Saluto pure sua madre e quindi mi avvio verso casa mia con la mia fidataa bici.

Dopo un quarto d'ora, poco più, arrivo davanti a casa mia

-Irene! Ma dov'eri?!- è mio padre.

Io lo fulmino con lo sguardo ed entro in casa.

-Da Chiara. Ora, per favore, posso avere quel medaglione con collana annessa e ciao?­- chiedo, guardando direttamente mia madre seduta sul divano di casa.

Lei tira fuori il medaglione e la collana e me li porge, entrambi.

-Custodiscili con cura- mi dice.

Solo allora ci penso.

Se mia sorella è ancora viva perché non mi ha cercata lei?

Scaccio subito quel pensiero dalla mia testa e mi vado a chiudere in camera.

Devo essere pronta per domani.

 

Angolo autrice:

 

Quest'idea è stupida, malata, assurda.

Ma perché?!

Okay, adesso io mi calmo, respiro e vado avanti.

Non so neppure come mai proprio questi genere di storia qua...

Io e l'universo scout siamo in perfetta simbiosi e quindi, sullo sfondo ci sarà anche quello.

Dovrò scrivervi alcuni chiarimenti, lo so, perché o sei scout, o certe cose di tale mondo non riesci proprio a capirle, me ne rendo conto perfettamente.

Comunque, spero che vi piaccia e che la recensirete!

Al prossimo capitolo!

  
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