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Autore: Laura Anita Winchester    15/09/2013    3 recensioni
Cosa succederebbe se il famoso Sherlock Holmes fosse costretto dal suo coinquilino John Watson ad andare da un famoso psichiatra?
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Watson , Nuovo personaggio, Sherlock Holmes
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Premessa
Girovagando e fantasticando con una mia amica fanatica come me di Sherlock della "BBC" e di "Hannibal" della NBC ho scoperto (o almeno credo di averlo fatto) che non esistono, o forse sono davvero poche perchè non ne ho trovate, (e se ce ne sono vi supplico di contattarmi in privato e di farmelo sapere!) ff su Sherlock Holmes e Hannibal Lecter ** Quindi ho deciso di mettermi alla prova e di scrivere qualcosa su un loro ipotetico incontro! Spero che la ff sia di vostro gradimento ^^
I personaggi che tratto non sono di mia invenzione ma di quei geni del male che li hanno creati! *piange in un angolo*


-John, tu sei maledettamente folle.
Quelle erano state le stesse parole che il consulente della polizia di Londra continuava a ripetere da ore. John Watson, ex militare, si era alzato quel Mercoledì mattina pronto ad accompagnare il suo coinquilino ad una visita da uno stimato psichiatra e il signor Sherlock Holmes non aveva fatto altro che criticare coloro che “pensano di sapere tutto sul cervello quando non sanno di avere un criceto in prognosi riservata nella loro testa”.
Ma l’ex militare questa volta era determinato, aveva caricato il coinquilino su un taxi ignorando le sue lamentele e quasi strozzandolo con la sciarpa per fargliela indossare, visto che quella mattina si era presentato vestito solo con il lenzuolo del letto.
Ed eccoli li, in una sala d’attesa dai colori caldi delle pareti e quadri che Sherlock definiva “ripugnanti”. La musica di Bach riempiva la stanza rilassando l’ex soldato che camminava osservando da vicino i vari quadri mentre il coinquilino batteva nervosamente, o forse perché si annoiava(?), il piede sul tappeto color caramello stonando con la melodia.
-Ma quanto ci vuole per parlare con un paziente?- sibilò Sherlock incrociando le braccia sul petto e mettendo il broncio.
-Sherlock! La gente paga per stare qui e sfruttano al massimo il loro tempo…
Un singhiozzo ruppe il discorso di John. Proveniva da dietro la porta, questo voleva dire che il paziente…
-Per l’amor di Dio o almeno per il bene del mio cervello, andiamocene John!- lo supplicò il consulente alzandosi.
-No!- sibilò spingendolo sul divano –Andiamo Sherlock…
-Cosa? Perché diavolo devo parlare con uno psichiatra mica sono…- si interruppe lanciando un’occhiataccia a John.
-Un sociopatico?- concluse John sorridendo –Ti farà bene una chiacchierata col signor Hannibal Lecter, vedrai. E’ il migliore sul campo e mi è stato consigliato da alcuni amici.
-Hannibal, ma che diavolo di nome è?- sibilò il riccio strizzando gli occhi azzurri –E poi da quando hai degli amici che vanno da uno psichiatra che non si trova a Londra?
John alzò gli occhi al cielo e tornò a concentrarsi sui quadri.
Finalmente dopo altri dieci minuti di attesa e di lamentele del coinquilino la porta si aprì e un uomo in giacca e cravatta osservò con sguardo vacuo i due uomini –Il signor Sherlock Holmes?
Il consulente non rispose, anzi nemmeno si degnò di riservagli un’occhiata; così John fu costretto a sospirare –E’ lui. Lo scusi, non è molto socievole.
-Parlo solo con chi è di mio interesse John- spiegò l’uomo.
-Credo che la pensiamo allo stesso modo- rispose il signor Hannibal sorridendo leggermente –E lei signor Holmes è un bellissimo esemplare di sociopatia. Ho letto delle sue capacità deduttive e di come risolve i crimini e lo trovo… affascinante.
John osservò Hannibal stupito e lo fu ancora di più quando Sherlock si alzò dal divano per raggiungere lo psichiatra, chiudendosi la porta alle spalle e lasciando John da solo in sala d’attesa.
 
-Prego- disse Hannibal indicando una poltrona in pelle nera posta a specchio davanti a quella dove si sedette.
Sherlock si tolse il cappotto lanciandolo su un divanetto posto in un angolo della stanza e si lasciò cadere sulla poltrona –Vediamo di fare in fretta. Ho un impegno. Un caso di massima urgenza.
-Non è l’unico. Io sono pieno di casi- spiegò lo psichiatra inclinando leggermente il capo. Stava forse cercando di essere ironico?, pensò il consulente  –Mi sembra una persona molto attiva. Anche se non interessata a coloro che perdono tempo.
-Ma che bravo…- sibilò il consulente guardandosi attorno, notando la libreria raggiungibile solamente da una scala. Si alzò e iniziò a salire la scala che scricchiolò sotto al suo peso –Veda di dire qualcosa di interessante nei prossimi tre minuti, altrimenti dovrò concentrarmi su qualcosa di più consistente- sussurrò aprendo un libro a caso.
-Veramente dovrebbe essere lei qui a parlare- spiegò Hannibal avvicinandosi dal basso –Ma la accontenterò- prese un bel respiro e iniziò a parlare senza ricevere interruzioni da parte del consulente –Deve sapere, signor Holmes, che la maggior parte dei miei pazienti viene qui per problemi comuni come deficit dell’attenzione, stress, ansia tramutata in problemi respiratori e molti altri problemi che non dovrebbero avere niente a che fare col mio lavoro. L’essere umano è diventato così patetico col passare del tempo che è buono ormai solo per una cosa…- si interruppe per avvicinarsi ad un tavolino dove vi erano riposte alcune carte che riproducevano dei progetti di edifici e altre costruzioni –Ma lei, signor Holmes… nonostante abiti chilometri di distanza da questo posto ha una certa notorietà- disse alzando gli occhi verso l’altro.
Sherlock si era appoggiato alla sbarra in ferro guardando giù, gli occhi chiari strizzati in una smorfia di curiosità. Inclinò il capo per osservare meglio l’uomo sotto di sé. I capelli erano modestamente pettinati sui lati, le spalle larghe quasi quanto quelle di un operai che sollevava pesi e la postura corretta. Le labbra assumevano una smorfia particolare ogni volta che taceva e la pelle si tendeva sugli zigomi affilati rendendolo quasi surreale. Come un predatore.
-Ha risolto molti crimini con quella che tutti chiamano “capacità dell’attenzione”. Beh, rischio di infrangere il segreto professionale di un mio paziente, ma posso dirle che anche un mio nuovo amico ha le sue caratteristiche- spiegò sorridendoli –Voi due riuscite a vedere oltre alla “pellicola protettiva”, se possiamo chiamarla così, di ogni crimine. Riuscite ad entrare completamente nella scena del delitto quasi entrando in simbiosi con essa.
Le labbra di Sherlock si curvarono in un ghigno –Oh, ora capisco perché John mi ha portato qui. Lei è il famoso psichiatra che segue il “consulente instabile” dell’F.B.I. Ho letto dei crimini di cannibalismo, anche se non sono perfettamente d’accordo con le ultime ipotesi tratte dagli omicidi.
Lecter fece una smorfia di disapprovazione –I giornali ormai parlano così tanto, ma come ho detto non siamo qui per parlare dei miei pazienti, ma di lei. Ho voluto accennare ad un mio paziente per attirare la sua attenzione, cosa che ora ho, e desidererei che lei mi parlasse del suo acerrimo nemico che i giornali hanno dato per “invenzione” cosa che se mi consente di esprimere un parare trovo estremamente stupida.
Il consulente scese le scale in silenzio raggiungendo la sua poltrona –James Moriarty è il mio esatto opposto. In realtà siamo così simili che io stesso faccio fatica a trovare delle differenze, ovviamente lasciando per scontato che io lavoro per la polizia e non per il crimine organizzato.
Hannibal annuì paziente, ignorando la modestia del paziente per farlo proseguire.
-Ha cercato in qualsiasi modo di distruggermi. Mi ha trasformato da un eroe da prima pagina in un folle sociopatico desideroso di attenzione- gli scappò una smorfia –Deve sapere che io non provo alcun tipo di emozione. Il mio interesse maggiore è il lavoro e la cosa che detesto di più è perdere tempo, come in questo caso, con persone che pretendono di sapere qualcosa su di me dopo aver letto solo qualche articolo di una stupida rivista.
Lo psichiatra rise –Signor Holmes, mi spiace averle dato una così brutta impressione- disse accavallando una gamba sopra l’altra in un gesto che dava più l’impressione di essere di professionalità che eleganza –Ma avrei delle obiezioni da fare rivolte al suo discorso. Qualsiasi essere umano prova emozioni- spiegò allungando la mano verso un bicchiere di vino rosso, forse persino troppo rosso, per portarlo alle labbra chiedendo però prima se il consulente ne desiderava un bicchiere.
Sherlock scosse la testa e osservò incuriosito l’espressione dello psichiatra mentre deglutiva accompagnando il liquido verso lo stomaco, come se ne provasse piacere. Come se improvvisamente tutto ciò che lo circondava sparisse lasciandolo solo con quel liquido…
-Come stavo dicendo- riprese Hannibal riportandolo alla realtà –L’essere umano è animato da certi istinti, anche solo il provare dolore, ridere e sentire la mancanza di qualcuno è un modo come un altro di provare emozioni. Sono sicuro, signor Holmes, che lei come tutti prova emozioni. E’ difficile essere realmente apatici in questo mondo.
Sherlock inclinò il capo annoiato –Non può parlare di dolore con me, né di sentire la mancanza di qualcuno. Nemmeno mi rendo conto quando il mio coinquilino esce di casa.
-Ma credo che lei abbia almeno riso una volta- spiegò Hannibal con sguardo vacuo.
-Mai…
-Mai?- chiese lo psichiatra alzando un sopracciglio poco convinto.
Sherlock deglutì. Quella volta che lui e John erano corsi per i tetti di Londra per acciuffare un criminale, oppure quella volta che si erano ritrovati alla casa bianca o ancora…
Guardò lo psichiatra –Mai.
La discussione si portò avanti per ancora una ventina di minuti, ma senza ottenere realmente niente di buono o sfruttabile per un perfetto profilo.
Alla fine Sherlock si alzò annoiato dalla sedia, forse lo era stato per tutta la seduta (?), e si diresse alla porta –Quanto pensa che ci metterà?- chiese infilandosi il cappotto.
-Scusi?- chiese Hannibal avvicinandosi.
-A scoprirla. Quanto pensa che ci metterà il suo nuovo paziente a capire chi è in realtà?
Lo psichiatra alzò l’angolo della bocca in un sorriso –Non saprei dirglielo con certezza. Sto facendo del mio meglio per evitare che lui lo scopra. Spero che lei non rovini i miei piani. Mi dispiacerebbe…- si interruppe.
Il consulente si voltò –Non credo che la mia carne possa essere di suo gradimento. Il mio coinquilino si lamenta continuamente del fatto che non mangio molto. Sarei un completo spreco- sospirò –Comunque non ho intenzione di interferire con le indagini del suo paziente. Non ho il potere che ho a Londra qui. Lascerò che le cose facciano il suo corso- spiegò lanciando un’occhiata alle mani che assieme ad altri indizi lo avevano portato a indovinare la vera identità dello psichiatra. Pensava che il cannibalismo fosse una caratteristica solo per coloro che non erano riusciti a raggiungere un vero scopo nella vita. Uomini del paleolitico che si erano fermati all’istinto primordiale di mordere i loro simili per sopravvivere seguendo la legge del più forte. Ma l’uomo accanto a lui era tutt’altro. Lo aveva quasi imbrogliato tutto quel insieme di eleganza e cordialità, ma sapeva riconoscere un leone quando lo vedeva e in quel momento il leone lo osservava con curiosità dietro quegli occhi scuri.
-La ringrazio- disse lo psichiatra sorridendogli lasciando trapelare per un momento il vero volto del cannibale che risiedeva dentro di lui. Qualcosa si mosse dentro lo stomaco del consulente, ma non avrebbe mai ammesso di essere spaventato.
Sherlock annuì e aprì la porta dando le spalle al cannibale che probabilmente nessuno avrebbe mai scoperto. Nessuno tranne lui.
 
L’ex militare sospirò giocando con il suo maglione di lana quando finalmente la porta, anche se non quella dello studio, si aprì. Comparve un uomo tra i venti e i trenta, la barba incolta, gli occhiali grandi appoggiati sul naso che permettevano agli occhi chiari di vedere meglio e i capelli nei e spettinati. Esitò sulla soglia –Oh, salve.
-Salve- salutò cortesemente John notando che l’uomo non alzava gli occhi dal pavimento.
-Deve ancora entrare?- chiese posando la valigetta su una poltrona frugandoci all’interno.
-Cosa?- chiese John poi comprese –Oh, no sto solo aspettando un amico. Sono la dentro da un bel po’ quindi non ci vorrà molto.
L’uomo annuì –Perfetto- sibilò lasciandosi cadere sulla poltrona e aprendo un fascicolo che recava sulla copertina il simbolo dell’F.B.I.
-Lei è della polizia?- chiese John quando il silenzio si fece imbarazzante.
L’uomo annuì, poi alzò gli occhi dal foglio senza però posarli in quelli dell’ex militare –Sono una sorta di “consulente”.
-Ma ha un’arma con sé- fece notare John. Sapeva riconoscere il rigonfiamento sul fianco causato da un’arma; era una delle poche cose che gli erano tornate utili dalla guerra.
-I test per entrare nell’F.B.I. sono molto severi- sussurrò tirando su col naso –Mi permettono quindi di fare solo da consulente e di avere un’arma.
John inclinò il capo pronto a fare un’altra domanda, quando la porta si aprì e Sherlock uscì nel suo cappotto. Si alzò in piedi –Tutto bene?
Holmes annuì anche se la sua attenzione era concentrata sull’uomo in poltrona.
Hannibal era dietro di lui in attesa che se ne andassero. Lo sguardo non era cambiato di un millimetro e non presentava segni di stress, almeno quelli che John avrebbe notato.
-Piacere di conoscerla- disse Sherlock allungando la mano verso quella dell’uomo in poltrona –Sono Sherlock Holmes.
L’uomo esitò e gli strinse la mano –Will Graham.
-So esattamente chi è lei. L’unico argomento sui giornali degno di essere di mio interesse- spiegò Sherlock alzando un angolo della bocca in un sorriso forzato –Infondo sono quasi come lei. Anche se mi interesserebbe provare una volta ad immedesimarmi nel killer come fa lei.
John rimase a bocca aperta. Sherlock che si complimentava con qualcuno? Del suo stesso rango? Che diavolo stava succedendo?
-Si fidi, non è così bello- spiegò l’uomo alzandosi –Ora scusatemi, ma devo parlare col signor Lecter.
-Problemi Will?- chiese lo psichiatra facendosi da parte per farlo entrare nello studio.
-La solita visita- sussurrò l’uomo lanciando un’ultima occhiata a Sherlock prima che la porta si chiudesse.
-Che cosa significa?- chiese John confuso.
-Che cosa significa cosa?- chiese Sherlock uscendo dallo studio, facendo cenno per fermare un taxi diretto all’aeroporto –E mi devi ancora spiegare perché mi hai mandato da un uomo che indossa il panciotto e la cravatta!

Salve salvino a tutti!
Spero davvero che questa ff vi sia piaciuta e spero con tutto il cuore di non aver copiato nessuno con questa idea ^^
Vi ringrazio per averla letta!
Un bacione
LAW

 
   
 
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