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Autore: Frammenti di Specchio    15/09/2013    7 recensioni
Raccolta di piccole OS dedicate al passato di Ziva, alla sua infanzia, adolescenza,...
Dedico questa raccolta alla mia Effe, a Marghe ed Ale. nonché a tutte le fans di Ziva.
Genere: Angst, Comico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ari Haswari, Eli David, Tali David, Ziva David
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Cronache della memoria. Il soffio del passato

Nonna Ester
 
 




Non appena Eli aveva annunciato alla moglie che la sua amabile suocera sarebbe giunta il pomeriggio successivo, Rivka era del tutto impazzita. Aveva iniziato a sfrecciare avanti ed indietro per le tutte stanze della casa pulendo balconi, vetri e muri, cambiando lenzuola, tende e copri divano, lucidando stoviglie, servizi di piatti e posate; aveva  persino riordinato le cabine armadio e le camere dei figli buttando giocattoli rotti e riesumando orribili bambole da collezione che nonna Ester aveva comprato alle nipotine e con le quali non avevano mai voluto giocato.
 
La sera precedente al suo arrivo, Rivka aveva imposto ad Ari una doccia ed una rasatura alla barba incolta, poi aveva preso le due figliolette e le aveva cacciate dentro la vasca da bagno insaponandole e lavandole da capo a piedi e spargendo sul loro corpo un olio profumato alle delicate fragole di bosco fregandosene delle proteste di Ziva sull’odore e degli urli di Tali per l’acqua negli occhi – Silenzio voi due! E guai a voi se uscite in giardino a giocare! – si era raccomandata infine.
 
La mattina successiva, invece, erano stati sbattuti tutti giù dal letto prima dell’alba e costretti ad una rapida seduta dal parrucchiere per domare i ciuffi ribelli e far brillare le loro chiome anche al buio. Anche se rapida non era certamente l’aggettivo più consono dato che solo per districare i lunghi ricci ribelli di Ziva, la parrucchiera Greta aveva impiegato più di mezzora. Fortuna che Tali, per sui tre anni di vita, aveva ancora i capelli piuttosto corti.
 
Tornati  a casa dopo due ore, Rivka li aveva segregati sul divanetto in vimini della veranda. – Non osate muovervi! Devo lavati i pavimenti! – e si era raccomandata col figliastro di non permettere alle monelle di andare a rotolarsi nella terra come dei maschiacci.
Ari aveva guardato quel delirio seduto sul divano, vestito di tutto punto e con un caffè amaro comprato al bar perché l’accesso alla cucina era assolutamente vietato: mamma aveva lucidato persino le maniglie delle antine ed avrebbe staccato un dito a chiunque le avesse anche solo sfiorate.
 
Ogni tanto lanciava un’occhiata a destra ed a sinistra per controllare che le sorelle non si muovessero di un millimetro.
 
Tali muoveva la testolina a ritmo della canzoncina per bambini che stava canticchiando mentre stringeva fra le braccia una bambola di pezza; Ziva, con un muso insofferente, incrociava le braccia davanti al petto schiaffata in un abitino di pizzo bianco e rosa pastello e con un enorme fiocco dello stesso infame colore con fra i capelli. – Pizzica. – aveva iniziato a lamentarsi un secondo dopo che Ari glielo aveva messo addosso. Anche se la vera tragedia era scoppiata quando la costrinse ad indossare le scarpette bianche di vernice e non le sue solite scarpe da tennis.
 
Ma il vero incubo doveva ancora venire ed Eli, previdente e furbo come un faina, aveva pensato bene di trovare come scusa un’importante riunione al Mossad. Rivka aveva sgranato gli occhi, ma le sue lacrime e le sue proteste erano state vane: il marito si era dileguato in un secondo aumentando ulteriormente l’agitazione nella moglie. Anche Eli sapeva quanto potesse essere dispotica e petulante sua madre.
 
Nonna Ester arrivò un pomeriggio di luglio, afoso e soleggiato, con la sua borsetta a fiori grigi, il suo velo nero sulla testa ed il suo solito completo scuro, da lutto. Lutto che si protraeva oramai da più di quarant’anni.
Appena aveva varcato la soglia di casa, Tali e Ziva erano sfrecciata in posizione tattica: si erano messe in fila indiana per andare a salutare la nonna con le braccia tese lungo ai fianchi – Shalom, nonna Ester. – avevano detto in coro come due scimmiette ammaestrate.
La nonna, in chiara risposta, si era chinata per baciare loro le fronti, squadrarle da capo a piedi e controllando che non avessero riccioli fuori posto che le facessero sembrare figlie di nessuno. Poi, aveva alzato lo sguardo su Ari, l’aveva osservato nella sua camicia grigia e pantaloni cenere ed aveva annuito, compiaciuta e soddisfatta. Infine, si era rivolta alla cognata che si stava già mordendo la lingua e sorrideva come un'ebete per far piacere alla suocera – Vorrei che le bambine vestissero di nero, oggi. È un giorno di lutto per la nostra famiglia... – una lacrima si impigliò nelle sue ciglia e la donna estrasse con rapidità fulminea un fazzoletto grigio dalla manica. Rivka si era completamente scordata di quel particolare, aveva sgranato gli occhi iniziando a tremare dal nervoso, infine prese a recitare mentalmente qualche preghiera per evitare di correre al Mossad e fare secco suo marito passandoci sopra con la macchia.
 
Ziva girò la testolina verso Ari e lo guardò torva in viso mentre Tali aveva iniziato a tirarle la gonnellina cantilenando in continuazione – Chi è motto? Chi è motto? Chi è motto? Chi è motto? Chi è motto? Chi è motto? - una nenia insopportabile.
Allora, prima che la nonna proseguisse nella sua interpretazione del solito pianto disperato e convulso, Ari brancò le sorelle, le prese in braccio e si avviò al piano superiore – Le cambio subito, nonna!
 
Ziva protestò imbronciata per diversi minuti, sostenendo che non poteva farsi vedere da Rivkin vestita in quel modo osceno: lei doveva andare a giocare alla guerra simulata con pietre e bastoni, doveva sconfiggere Malachi e prendere a calci Liat. Non fare la sfilata per la nonna.
- lo farai domani. Adesso, metti quel dannato vestito prima che scoppi la terza guerra mondiale e spendi meno energie. Oggi è di digiuno per tutti, pure per te.
A quella parola, Ziva aveva sbarrato gli occhi, era impallidita ed ad aveva iniziato a singhiozzare come una matta. Ma purtroppo era la realtà. Nonna Ester veniva a Tel Aviv solo un pomeriggio l’anno, il 10 luglio, giorno della morte del marito e quel giorno, finché lei fosse stata in vita e tutto il parentado sperava ancora per poco, sarebbe stato di digiuno per tutta la famiglia. Tranne per Eli David, sfortunatamente costretto in un’importante riunione proprio nell'ufficio accanto al bar del Mossad.
 
Pestando i piedi imbufalite, Tali e Ziva furono costrette a marciare da casa alla sinagoga sotto il sole cocente e con un velo nero legato in testa. Rivka si era raccomandata di fare le brave, di non lamentarsi, di non fiatare, di non sporcarsi, di non sudare, né respirare. Allora, la piccola Tali aveva trattenuto il respiro finché non era diventata blu, poi aveva ripreso a respirare ma solo perché la sorella maggiore le aveva spiegato che la mamma scherzava.
 
La recita delle preghiere durò più di tre ore. Dopo la prima ora, Ziva e Tali si erano nascoste sotto le panche, lontano dallo sguardo attento della nonna che era impegnata a pregare ed a dondolarsi avanti ed indietro, ed avevano iniziato a fare qualsiasi cosa tranne quello che facevano la mamma e la nonna. Ari le aveva viste, ma era rimasto in silenzio, complice di quel gioco.
Alla fine della seconda ora e con un caldo tremendo, Tali si era accoccolata sul pavimento fresco e si era addormentata. Dopo mezzora, anche Ziva l’aveva imitata levandosi le scarpe di vernice nere.
 
Verso le sette di sera, al termine delle preghiere e mentre la nonna e Rivka andavano a salutare il rabbino, Ari afferrò le sorelline per la caviglia e le trascinò fuori da sotto la panca. Com'era normale, nessuna delle due si svegliò quindi fu costretto a prenderle in braccio e farsi tutta al strada di ritorno con le due bestie addosso. Solo a metà strada, la magnanima Rivka, dopo aver ascoltato le lamentele di Ester per troppo tempo, decise di lasciarla un po' sola e prendere fra le braccia la sua figlia più piccina. Non avrebbe mai potuto prendere Ziva, sapeva quanto Ari le fosse legata.
 
La sera fu la più lunga della loro vita.
Il pendolo in salotto scoccava ogni mezzora.
Le lancette segnavano i secondi.
Lo stomaco di Ari indicava l'immensa fame che sentiva dentro.
Era seduto sul divano ascoltando la nonna cantare in ebraico preghiere di lutto mentre Rivka si mordicchiava il labbro, isterica continuando a fissare l'orologio e scrutando inviperita la porta d'ingresso. Aspettava ancora la venuta del marito che non sarebbe certamente avvenuta finché la madre fosse stata nei paraggi.
 
Verso le otto e mezza, dopo più di un ora che Ari non vedeva le due sorelle nei paraggi, decise di alzarsi dal divano, lasciare le due donne ai loro canti e salire al piano di sopra per cercare di capire dove si fossero nascoste. Sperò non fossero sgattaiolate fuori per giocare: Ziva sarebbe stata perfettamente capace di calarsi dalla finestra con una fune per andare a giocare alla guerra simulata. Soprattutto se nella squadra rivale c'era Liath.
 
Raggiunto il piano superiore ed aguzzando il suo udito perfetto, Ari iniziò a sentire il rumore di risatine. In punta di piedi ed in silenzio, giunse davanti alla porta chiusa della camera di Tali. Sapeva che entrambe erano là dentro, così aprì la porta e rimase sulla soglia a braccia incrociate e la spalla sinistra appoggiata allo stipite. - Cosa state facendo?
La testolina di Ziva riemerse da sotto al letto con un sorrisino beffardo. Mise il dito davanti alla bocca e disse: - Ssssth! - poi, fece cenno al fratello di raggiungerle sotto al letto.
 
Ari, con una risatina, si staccò dallo stipite, chiuse la porta alle sue spalle e si sdraiò a terra riuscendo ad infilare sotto al letto solamente la testa e le spalle. Ovviamente, il resto del corpo era rimasto ben visibile a chiunque entrasse nella cameretta.
Scrutò le due belve, soprattutto Ziva che nascondeva qualcosa dietro la schiena - Ziva... - cantilenò per farla parlare, mentre la piccola Tali ridacchiava con le mani sulla bocca sdraiata sul pavimento.
La sorellina maggiore si dondolò avanti ed indietro, infine mostrò le mani ad Ari - É per te! - e gli porse un sandwich avvolto in un tovagliolino di carta. - La mamma ha nascosto il cestino della cena sotto al letto. Lo fa sempre quando arriva la nonna!
 
Il fratello maggiore, con infinita dolcezza, baciò le guance a Ziva - Te l'ho mai detto che ti voglio bene?
 
Lei arrossì e Tali le si aggrappò al vestito nero della sorella per baciarle anche lei le guance - Anche io! Anche io! - squittì la bimba per poi scoppiare a ridere abbracciata a Ziva.
 
Ari aprì il panino e lo divise in tre parti, tenendo per sé la più piccola. Porse le due fette perfette alle sorelle, ma le bimbe scossero il capo divertite. Corrugando la fronte, Haswari restò esterrefatto quando vide Ziva trascinare verso di loro un piccolo cestino da pic-nic - Li abbiamo fatti preparare anche per te. - fece l'occhiolino e questa volta fu lei a baciare il fratello - Ti voglio bene, Ari!
 
   
 
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