Una voglia, una donna, un saiyan.
Era
l’afa opprimente tipica d’una notte di agosto.
Dalla finestra aperta poteva guardare le stelle sparpagliate nel buio
del cielo, le tende d’ organza fluttuavano mosse da un
gradevole soffio di vento.
Che cosa tremenda non riuscire a dormire!
Bulma aveva continuato e continuato a rigirarsi, adagiandosi prima su
un fianco e poi sull’altro, ottenendo solo di spiegazzare la
bella camicia da notte.
Esasperata ad un tratto annaspò e poi si sollevò
di colpo per mettersi a sedere, nell’ombra delineata sulla
parete individuò un sagoma inquietante, effetto della
cattiva digestione.
Aprì la bocca per sbadigliare,sicché
lasciò che lo sguardo si perdesse verso sinistra e per un
attimo si accorse di trattenere il fiato.
Guardare Vegeta mentre dormiva era stupefacente, così simile
ad una statua dalla pelle diafana, le braccia nude sporgevano dal
lenzuolo, il viso rilassato dal torpore lo rendeva ancor più
affascinante. Dalle labbra socchiuse gli sfuggiva un sibilo roco,
russava, eppure si ostinava a negarlo quando gli veniva rinfacciato,
Bulma sorrise ripensando a quanto si irritasse.
I giorni temibili di Majin Bu erano stati esiliati in una parte remota
della memoria lasciando spazio a nuove giornate serene, ai loro piccoli
screzi che tanto amava.
Pervasa da un attacco improvviso d’ansia sentì il
bisogno di porsi alcune domande, essendo in un particolare periodo,
avendo gli ormoni in subbuglio, spesso soggetta a cambi
d’umore.
Perché si sentiva simile ad un palloncino sul punto di
scoppiare? Perché la tormentava quella fame esagerata?
Non sapeva nemmeno cosa potesse saziarla, più mangiava e
più le veniva voglia di ricominciare e alla fine correva a
vomitare, piegandosi verso il lavandino o il water colta da forti
conati.
Scrollò la testa scacciando quegli inutili interrogativi e
si portò istintivamente una mano sul ventre, lo
carezzò con la punta delle dita sentendo la pelle tesa e un
bozzo prorompere verso il basso, probabilmente un piedino.
Aveva desiderato così tanto un altro figlio prima di vivere
quello stralcio di vita apocalittico, segnato dal sangue, dalle lacrime
e dalla morte del suo compagno.
Quando Vegeta ritornò alla fine dell’incubo, si
era sentita pronta ad aprirgli il cuore al fine di capire se anche lui
potesse allietarsi all’idea di avere un altro frugoletto in
giro per casa.
La donna sospirò e si tuffò nei ricordi
ripescando quella notte d’amore in cui, guardandosi negli
occhi, egli non si era negato e l’aveva esaudita facendo
sì che in lei germogliasse il seme di una nuova vita.
Si era
ritrovata in lacrime di gioia alla scoperta della gravidanza.
E al diavolo quelli che tanti anni prima avevano dato per follia la
loro attrazione, il rapporto che li univa si era concretizzato un poco
alla volta solidificandosi in un vero sentimento.
Il saiyan si era nel frattempo girato dandole le spalle e Bulma non
resistette, gli sollevò la maglietta per baciargli la pelle,
lo ascoltò grugnire prima che si voltasse di scatto, giusto
in tempo per cogliere un sorriso incurvale le labbra.
“Bulma, che succede, perché non dormi?”
Ogni volta sembrava cadere dalle nuvole, con quel tono tra il seccato e
l’imperioso come se ignorasse l’insonnia che da
tempo tormentava le sue notti, già, ma lui solitamente
dormiva senza accorgersi dei lunghi sospiri con cui la compagna
aspettava il nascere dell’alba.
“Non riesco a dormire, il bambino si muove, spinge, fa mille
sussulti, spiegami come faccio a chiudere occhio.”
Per qualche secondo lui preferì tacere, le
labbra strette in una linea dura, gli occhi rivolti verso la sveglia
digitale.
“Le tre! Sono le TRE!” Sbraitò balzando
a sedere, ora tutti e due avevano incrociato le braccia immusoniti.
La donna alzò le spalle e lui parve indignato,
borbottò qualcosa, ma tacque nel vederla mordersi il labbro,
il repentino cambiamento biologico del suo corpo poteva riservare
parecchie sorprese, era meglio non farla agitare troppo.
La scienziata fece una smorfia avvertendo sulla lingua un sapore amaro,
un leggero conato di vomito le risalì la gola, provava una
sensazione di vertigine.
“Anguria.” Aveva scelto una sola parola per
esprimere il concetto del proprio fabbisogno, una voglia improvvisa e
pazzesca aspettava d’essere soddisfatta.
Lui le diede un’occhiata con un sopraciglio
inarcato,realizzando che stava per essere coinvolto in qualche assurdo
capriccio.
“Anguria? Cosa stai farneticando? Ho sonno, lasciami
dormire!” concluse seccato.
“Eh no, mio caro principe, potresti anche smetterla di essere
egoista per una volta. Tuo figlio potrebbe risentirne se non mangio
subito una fetta di quel frutto.”
“Che cosa vuoi dire? Cosa stai dicendo? Sono tutte
scempiaggini!” Cosa si aspettava, che
capitolasse così facilmente? Che ci mettesse entusiasmo e si
alzasse a quell’ora assurda per andare in giro a svaligiare
l’orto di qualche contadino?
Bulma sbarrò gli occhi incredibilmente azzurri e senza
preavviso scattò in piedi trascinando a terra il lenzuolo,
rilanciò immediatamente l’accatto più
agguerrita che mai.
“Non sono sciocchezze, si dice che una voglia insoddisfatta
lasci un segno sulla pelle del nascituro, non vorrai che nasca con una
patacca rosa, magari sul viso? ” Malgrado in quel momento non
ne fosse troppo convinta, insistette con le proprie teorie fino a
sfinirlo. Era intenzionata a trionfare, come sempre.
“Una patacca rosa sul viso? Stai vaneggiando, sono
tutte dicerie! E poi dove te lo vado a trovare quel coso! ”
La guardò in cagnesco, ma intanto si era alzato e
sollevò una mano indeciso se afferrare la tuta.
“Vai nel deposito ortofrutticolo, non è distante,
basterà che sfondi la porta e recuperi il bottino, semplice
no?!” Lo fulminò con un sorriso, toccandosi il
pancione, avanzando lentamente verso di lui senza staccare gli occhi
dal suo viso.
“Maledizione donna!” Era arrabbiato, adirato con se
stesso, poiché sapeva di stare per cedere, il suo sguardo
severo la colpì, ma le labbra tradirono la sua debolezza.
“E va bene! Andrò a prenderti quella dannatissima
anguria, ma sia chiaro io da domani mi trasferisco in
un’altra stanza!” Quella minaccia non
sortì in lei alcun effetto, anzi, la fece ridere sotto i
baffi, era troppo spaventoso per lui accondiscendere alle bizzarrie di
una terrestre? Lo studiava divertita dalla velocità con cui
si rivestiva, gli era grata ma si guardò bene dal dirglielo.
“Non è divertente? Un tempo cercavi le sfere del
drago e adesso vai alla ricerca di una grossa e succulenta sfera di
colore verde.” A lui “cascò”
la mascella, non sopportava che riesumasse con voce sarcastica le
proprie gesta passate.
Le gambe nerborute del saiyan si mossero verso la finestra, scattante
salì sul davanzale e si sporse in avanti per librarsi nel
buio, sentiva il vento spingergli indietro i capelli, godeva
dell’ebbrezza della velocità, fiero delle sue
innate capacità guardava dall’alto la grande
capitale assopita.
“Il deposito mi sembra che sia da quella parte, è
inammissibile cosa mi tocca fare, cadere così in
basso!”
Il principe dei saiyan colto in flagrante… stava per rubare
un cocomero! Così immaginò avrebbero scritto i
giornalisti l’indomani, riempiendo le prime pagine dei
maggiori quotidiani di Città dell’ovest se il
custode lo avesse scoperto, ma in fondo poteva sempre farlo a pezzi con
un raggio d’energia prima che potesse denigrarlo agli occhi
del mondo.
Non ci volle molto perché l’imponente edificio si
specchiasse nelle sue iridi, giaceva ai piedi di una collinetta poco
distante dalla periferia, intorno v’erano poche altre
costruzioni e migliaia di cassette di legno ammassate una
sull’altra.
Non poteva perdere troppo tempo e starsene lì a ricacciare
il suo orgoglio, la sua pazienza aveva cominciato a vacillare non
appena le suole degli stivaletti si posarono al suolo.
Vegeta si guardò attorno con aria furtiva e si
sforzò di mantenere la calma, dirigendosi con passo felpato
verso la porta metallica dell’ingresso.
Un cane di grossa taglia tenuto da una spessa catena
d’acciaio iniziò a ringhiare, si muoveva sbavando,
smanioso di lanciarsi verso l’intruso.
“Tsk, sta zitto se non vuoi che ti faccia diventare docile
come un agnellino!” Gli occhi neri e penetranti sortirono
l’effetto desiderato: l’animale guaendo si
rifugiò nella cuccia, con la coda tra le zampe.
**********
Bulma non aveva
la benché minima idea di quanto tempo occorresse al compagno
per compiere la missione, a quel punto era meglio infilarsi a letto e
accendere il televisore, ma se le cose fossero andate come sperava non
l’avrebbe fatta attendere troppo, cosicché
avrebbe potuto assaporare quel delizioso gusto di cui tanto sentiva il
bisogno.
Allungò le gambe e sistemò un cuscino dietro le
spalle, il bambino si muoveva agitato, capogiri, nausea, dolori alla
schiena la colsero togliendole il respiro.
“Resisti ancora un attimo tesoro”,
mormorò con dolcezza. “Papà sta
arrivando.”
**********
Entrò
in quel deposito in meno di un secondo, era bastata una leggera
pressione della mano e la porta aveva ceduto aggrovigliandosi come
cartone. I suoi passi risuonavano nel silenzio, guardava profilarsi
numerose file di contenitori che maledì con tutta la forza
che aveva.
Ma era inutile darsi dell’imbecille, ormai che stava per
mettere le mani sulla refurtiva, anche
se si sentiva ridicolo, quasi colpevole di compiere una simile
sciocchezza, ma gli bastò pensare a quegli occhi azzurri,
intensi, intriganti, per farlo procedere con determinazione verso i
container, divelse il primo coperchio guardando con delusione le
centinaia di banane.
“Ma dove sono quei maledetti cocomeri?”
Nell’oblunga cassa affianco trovò delle mele rosse
e in quella dopo delle pesche, diede un calcio nella successiva facendo
rotolare a terra un quintale di albicocche.
“Un anguria! Mi serve solo un’dannatissima
anguria!” Mai come in quel momento avrebbe voluto prendere a
calci qualcuno, se solo gli fosse apparso davanti Kakaroth!
“Ehi bellimbusto! Dico a te, con quei capelli da pazzo
scatenato!” gridò una voce inducendolo a voltarsi
e a digrignare i denti. Quando gli capitavano certe cose rimpiangeva i
vecchi tempi, non aveva mai tollerato che qualcuno gli parlasse con
strafottenza, ora gli sarebbe piaciuto tanto zittirlo quel buono a
nulla.
Le iridi feline di Vegeta riuscivano a scorgere la sagoma
dell’uomo nonostante fosse nascosta
nell’oscurità, gli stava intimando la resa,
credendo di non correre rischi mentre impugnava una pistola e gliela
puntava contro.
“Senti babbeo, dammi subito un’anguria e me ne
vado, prima che mi penta e ti cambi i connotati.” Gli
ordinò con un ghigno poco rassicurante.
Poi il principe si mosse e fulmineo si ritrovò con il viso
ad un centimetro dal suo, lo strinse per il colletto della camicia
spingendolo verso la parete e poi lo sollevò diversi
centimetri da terra.
L’uomo realizzò con terrore di non aver alcuna
speranza per contrapporsi a quella forza immane, prima di arrendersi
restò a bocca aperta, poi lentamente aprì il
palmo della mano e lasciò cadere l’arma sul
pavimento.
“Se-senti amico, ho moglie e quattro ragazzi, non voglio
rimetterci le penne, quello che cerchi è in fondo alla
parete, nell’ultimo cassone. Prendile anche tutte, ma
lasciami stare!” Tossicchiò piano, la stretta lo
aveva finalmente liberato.
Senza proferire parola Vegeta gli diede le spalle e calpestò
il pavimento umido a grandi falcate per dirigersi verso il punto
indicatogli. Non intendeva sprecare un minuto di più dentro
quel magazzino, non aveva dimenticato la ragione dei suoi sforzi, ma
nemmeno di aver guidato l’armata di Frezeer alla conquista
d’interi pianeti, operazioni delicate che aveva concluso con
prontezza e precisione, ed ora invece per ironia della sorte, pur
avendo concluso l’incarico, poteva solo vantarsi di aver in
mano una grossa anguria.
Il guardiano era rimasto immobile ad osservarlo, non aveva visto un
ladro comportarsi in modo così stravagante, possibile che
non gli interessassero i soldi custoditi nell’ufficio
adiacente? Era senz’altro uno svitato.
“Che hai da guardare? Ringrazia che ho poco tempo altrimenti
ti farei passare la voglia di fissarmi!” L’uomo
aveva ingoiato, sconvolto dal fatto di sentirsi così inerme,
lo guardò allontanarsi ed emise un sospiro di sollievo.
Aveva dato libero sfogo ai propri poteri per avanzare sulla via di
casa, lasciando dietro di sé una scia che squarciava il
cielo, stringeva forte tra le mani la grossa sfera verde timoroso che
potesse sfuggirgli.
“Ecco qua!” Il saiyan fece in suo ingresso dalla
finestra e saltò a terra guardandola dritta negli occhi.
Bulma sorrise dolcemente, aveva atteso tanto quel momento.
“Grazie al cielo, non sai quanto ho patito.” Il
tempo di alzarsi e di infilare le sfiziose ciabattine rosa e gli si
parò davanti, i capelli le ricadevano sciolti sul volto e
non riuscivano a celare la sua eterea bellezza.
Un rauco sospiro era sfuggito dalle labbra di Vegeta, era innegabile
che fosse l’unica donna capace di fargli perdere la testa, la
sola capace di fargli compiere le cose più assurde, di
fargli battere così forte il cuore.
“Bada che è l’ultima volta che ti
accontento, non mi parlare più delle tue strane voglie, che
altro non sono che infantili capricci!” Aveva stretto i denti
adottando la solita espressione seccata, anche se lei non sembrava
intenzionata a ribattere, gli parve strano.
“Che c’è? Perché fai quella
faccia? Non volevi assaggiare quel coso? Come mai non scendi in
cucina?” domandò bruscamente.
Se solo avesse potuto ignorare i suoi occhi, le sue labbra morbide, la
voce suadente.
Bastava che lo guardasse in un certo modo per farlo capitolare,
tuttavia provava molto più di un’attrazione
fisica, esisteva un qualcosa di inspiegabile che lo induceva a sentirsi
parte di lei, si era insidiata nella sua mente e nel cuore.
“Aspettami sveglio che torno subito.” Gli aveva
sussurrato in un orecchio, la guardò allontanarsi e chiudere
la porta, era assolutamente intenzionato ad ignorare quella
raccomandazione.
“Tsk, se pensa che stia sveglio ad aspettare i suoi comodi si
sbaglia di grosso, sono le quasi le cinque e voglio dormire!”
Concesse un’occhiatina all’orologio, spense la luce
e si liberò della tuta, si infilò sotto le
lenzuola e cercò di rilassarsi, ma invano.
Il ticchettio della sveglia cominciò a dargli sui nervi,
l’afferrò e la lanciò contro il muro,
ma ecco spuntare lei dalla porta, la richiuse piano e a piccoli passi
raggiunse il letto.
“Vegeta, sei sveglio?” chiese distendendosi al suo
fianco e non ci fu nessuna risposta, fingeva di dormire.
Lo guardò con attenzione e d’un tratto il suo
umore imprevedibile cambiò nuovamente: il sorriso si
tramutò una smorfia.
“Uffa, gli avevo detto di aspettarmi!” Gli occhi
fissi e spalancati sui suoi chiusi, beh, per ovvietà a lui
non interessava, stava russando!”
“Sei proprio uno scimmione incivile, come puoi trascurarmi
così? Ho una voglia!” urlò con
disapprovazione.
Travolto da un’ondata di irritazione l’uomo si
sollevò con impeto, stavolta avrebbe girato i tacchi, era
arcistufo di sopportarla.
“Un’Altra?! Mi hai stancato Bulma! Tieniti la tua
voglia che io penso alla mia. IO voglio
dormire e per colpa tua non ho chiuso occhio! Non mi interessano
macchie e macchiette, che nasca pure a pois il bambino!”
Raccolse i vestiti per andarsene, non aveva pensato prima a quanto
potesse diventare noiosa una donna incinta, difatti quando lei
aspettava il loro primogenito era partito per potersi allenare.
“Sei solo un’egoista, ma fa niente, vattene pure,
vorrà dire che glielo spiegherai tu a nostro figlio il
perché avrà stampato nel corpo uno strano segno a
forma di labbra.” Certo che riusciva sempre a sorprenderlo,
era senza parole e fu lui a spezzare il breve silenzio.
“Ora cos’è questa storia della labbra?
Un altro ritrovato per farmi ammattire?” chiese rapidamente,
la sua curiosità risultò più che
evidente.
“Se ti avvicini ti spiego.” Parlò a voce
bassa, gli batteva il cuore selvaggiamente nel vederlo camminare verso
di lei, sentì l’alito caldo sfiorarle le guance e
avvampò.
“Allora cosa sono tutti questi misteri?”
sbraitò, non era il momento adatto per scherzare, Bulma lo
guardò sbattendo le palpebre.
“Sicuro di non voler conoscere la mia nuova
voglia?” Tutto era meglio di quelle parole incomprensibili,
la bocca del principe s’era incurvata in un sorriso di sfida.
“Va bene! Ma qualsiasi cosa sia non mi interessa!”
Alzò le spalle in un gesto indifferente.
“E’ troppo, questo è troppo!”
La donna lo trafisse con occhi fiammeggianti e gli sbottò
contro.
“Volevo solo baciarti, troglodita!”
gridò.
“Come?” Attaccò lui bianco in faccia
come un lenzuolo.
“Sì, ma non importa, mi
terrò questa voglia. Forse hai ragione, non devo credere a
certe dicerie!” Indietreggiò scossa dal proprio
sfogo.
“Basta scherzare, è una questione
seria.” disse Vegeta con voce roca.
C’era finalmente qualcosa che gli piaceva fare, che
desiderava, una voglia che volevano soddisfare entrambi.
Con le dita le sfiorò in contorno delle labbra, la guardava
intensamente.
Restò a pensare per un momento, il sangue gli pulsava a
mille nelle vene, la prese piano fra le braccia bramando le sua bocca
color corallo.
“E’ meglio non rischiare Bulma e poi sarebbe un
disonore per me avere un figlio marchiato da una tua voglia inesaudita!”
La voce era provocante.
Lei poteva vedere i suoi occhi ardere come tizzoni, trattenne il fiato
quando posò la bocca sulla sua e la baciò con
passione, le ginocchia non la reggevano, in un baleno si sentiva di
nuovo felice.
Bulma aprì gli occhi, vide il suo volto virile,
sentì il suo odore maschio, eccitante e improvvisamente lo colpì
al petto con forza, ormai priva di controllo.
“Sei diventata matta? Il cocomero ti ha annacquato il
cervello?” chiese sorpreso da quella strana razione,
benché ormai le stranezze fossero all’ordine del
giorno a casa loro.
“No, è solo che non possiamo fare
l’amore, non adesso, guardami, sono una
mongofliera!”
Lui era così affascinante, così sfacciatamente
bello e si lasciò sfuggire un ghigno divertito.
“Vedi, mi prendi in giro! ” Il principe le
appoggiò le mani sulle spalle, alzò il capo
incatenandosi ai suoi occhi.
“Non mi importa se sembri un pallone gonfiato, piuttosto sono
preoccupato, perché io ho sempre questa voglia di te?
Sarà una malattia o cosa?”
Bulma scoppiò a ridere e lui la baciò di
nuovo, era un amante incredibile, il suo Vegeta, una voglia
che sapeva non si sarebbe mai estinta.
Fine.
Ciao raga ^^ in
questo periodo sto aggiornando con meno frequenza…
Chiedo scusa e prometto di rimediare non appena avrò più tempo libero a disposizione.
Come sempre ho scritto velocemente e spero di non aver reso Vegeta troppo OOC …ç_ç nel caso scusate.
Mi farebbe
piacere un vostro parere anche per dirmi che vi ha
stomacato!!!
Un bacio grande
Grazie a Sara e
ad Alan per averla letta in anteprima e per i loro consigli. ^^
LORIGETA ^^