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Autore: Notteinfinita    15/09/2013    7 recensioni
Il caldo pomeriggio estivo sembrava invitare a stare all'aperto, così Diana e Martin avevano deciso di studiare nel parco della scuola o, per meglio dire, Diana studiava seduta sul prato mentre Martin sonnecchiava sdraiato di fianco a lei.
La ragazza alzò gli occhi dal libro per posarli sull'amico addormentato.
[...]
Con un sospiro rassegnato la ragazza tornò ai suoi compiti.
Era così concentrata nel tentativo di non pensare a ciò che sentiva per Martin che non poté fare a meno di sussultare quando sentì l'U-watch suonare.
«Uhmmmm è ancora presto per alzarsi.» mugugnò Martin, scambiando quel suono per la sveglia.
«Martin, ci stanno chiamando dal Centro.» disse Diana, scrollandolo.
«Carina» biascicò il ragazzo, con gli occhi semi-chiusi per poi stringerla a sé come un orsacchiotto di peluche.
Imprigionata tra le braccia del ragazzo, a Diana sembrò che il suo viso prendesse fuoco.
Proprio mentre cercava di staccarsi da Martin, il portale si aprì sotto di loro che, risucchiativi, conclusero il loro viaggio rovinando a terra davanti la scrivania di M.o.m.
*****
Che missione li attende?
Di chi sono i "battiti impazziti" del titolo?
Non vi resta che scoprirlo leggendo!
Genere: Commedia, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Diana Lombard, Martin Mystère, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Battiti impazziti

 

Il caldo pomeriggio estivo sembrava invitare a stare all'aperto, così Diana e Martin avevano deciso di studiare nel parco della scuola o, per meglio dire, Diana studiava seduta sul prato mentre Martin sonnecchiava sdraiato di fianco a lei.

La ragazza alzò gli occhi dal libro per posarli sull'amico addormentato.

Sorridendo, si disse che avrebbe dovuto svegliarlo e rimproverarlo per la sua mancanza di volontà ma aveva un faccino così indifeso quando dormiva che non se la sentiva proprio di disturbarlo.

Mentre era ancora intenta ad osservarlo, il ragazzo si mosse mugugnando qualcosa di incomprensibile. Temendo che si stesse svegliando, Diana distolse lo sguardo arrossendo leggermente.

Ci mancava solo che lui si accorgesse del suo imbarazzo e magari gliene domandasse la ragione, si rimproverò.

Non sapeva dire quando avesse iniziato a provare per lui qualcosa di più di una semplice amicizia. Inizialmente si era anche detta che probabilmente si sentiva così legata a lui solo a causa dei pericoli che correvano ad ogni missione ma, alla fine, si era dovuta arrendere alla realtà del fatto che provava per lui un sentimento più forte dell'amicizia, così come si era arresa all'idea di non avere nessuna speranza: lui aveva occhi per tutte tranne che per lei.

Con un sospiro rassegnato la ragazza tornò ai suoi compiti.

Era così concentrata nel tentativo di non pensare a ciò che sentiva per Martin che non poté fare a meno di sussultare quando sentì l'U-watch suonare.

«Uhmmmm è ancora presto per alzarsi.» mugugnò Martin, scambiando quel suono per la sveglia.

«Martin, ci stanno chiamando dal Centro.» disse Diana, scrollandolo.

«Carina» biascicò il ragazzo, con gli occhi semi-chiusi per poi stringerla a sé come un orsacchiotto di peluche.

Imprigionata tra le braccia del ragazzo, a Diana sembrò che il suo viso prendesse fuoco.

Proprio mentre cercava di staccarsi da Martin, il portale si aprì sotto di loro che, risucchiativi, conclusero il loro viaggio rovinando a terra davanti la scrivania di M.o.m.

La botta presa ebbe il potere di risvegliare Martin che saltò subito in piedi con aria sconvolta.

Intanto anche Diana si era rimessa in piedi ma, a causa del rossore che adornava le sue guance, teneva lo sguardo abbassato.

M.o.m la fissò per un attimo ma si disse che non era quello il momento adatto per indagare.

«Nell'ultimo mese sono stati avvistati degli strani bagliori provenire da un bosco alle pendici del Monte Logan.» spiegò la donna «Dovete scoprire di cosa si tratta, si sospetta dell'attività aliena.»

«Risolveremo il caso, ne stia pur certa!» affermò Martin con aria spavalda.

«Ah, agente Mystere, ecco qui il suo U-Watch, lo abbiamo revisionato» disse M.o.m, porgendo l'orologio al ragazzo. «Abbiamo anche installato...»

Mentre la donna parlava, un nuovo portale si aprì alle spalle dei ragazzi e, prima che lei potesse finire la sua spiegazione, i due vi si lanciarono senza indugio.

Atterrati nel mezzo del bosco, iniziarono a vagare in cerca d'indizi, finché un bagliore sinistro non attirò la loro attenzione.

Con circospezione Martin e Diana si diressero nel punto di origine delle luci. Quando lo raggiunsero, si trovarono davanti uno strano edificio dalla forma discoidale.

Con tutti i sensi all'erta si avvicinarono all'entrata e vi si avventurarono. Di fronte a loro si estendeva un corridoio di lucido metallo, illuminato elettricamente, che sembrava seguire un percorso a spirale.

Dopo averlo percorso per alcuni minuti, giunsero in una specie di laboratorio.

Ovunque facevano bella mostra di se contenitori di varie dimensioni con all'interno parti di corpi inequivocabilmente alieni.

Diana volse lo sguardo su Martin, alquanto terrorizzata.

«Temo che in questo laboratorio si facciano degli esperimenti sugli alieni.» bisbigliò la ragazza.

«Il problema è capire chi li compie e a quale scopo.» aggiunse lui, guardandosi intorno e osservando con sospetto la porta posta dal lato opposto a quello da cui erano entrati.

Improvvisamente le luci si spensero e Martin sentì la ragazza urlare.

Quando le luci si riaccesero, vide Diana accasciata a terra, dall'altra parte della stanza, stordita ma ancora in sensi mentre sulla porta che stava osservando si stagliava una figura semi-umana. Difatti, se il corpo era quello di un uomo, uno scienziato o di un medico, a giudicare dal camice, lo stesso non si poteva dire per i tentacoli che si dipanavano a partire dal suo ventre e per il terzo occhio posizionato sulla fronte.

«Moscerini, benvenuti nel mio regno!» disse con voce cavernosa «Io sono il dottor Quasar e voi, miei cari ragazzi, siete giunti alla fine della vostra vita.»

Martin, immediatamente, cercò di avvicinarsi a Diana ma un colpo di tentacolo lo mandò dritto contro la parete in fondo alla stanza.

Mentre il ragazzo si rialzava, l'uomo premette un bottone che innescò la chiusura della porta che dava sul corridoio: in pochi secondi si ritrovarono rinchiusi nella stanza.

«Normalmente non uso materiale umano ma la tua caparbietà potrebbe essermi utile» disse l'uomo studiando Martin, prima di imprigionarlo con i suoi tentacoli.

Vedendolo immobilizzato, Diana tentò d'intervenire ma, appena si fu aggrappata ai tentacoli, uno di questi lasciò la presa sul ragazzo per poi scaraventarla nuovamente al muro.

Mentre si rialzava, Diana vide la porta della stanza più interna serrarsi con uno scatto metallico.

Impotente, la ragazza continuò a picchiare i pugni contro la porta e a scaraventarvi sopra oggetti nel vano tentativo di aprirla.

Ad un tratto, un urlo di dolore, accompagnato dal rumore di una scarica elettrica, riempì l'aria.

«Martin!» gridò Diana, riconoscendo la voce, mentre tentava ancora di aprire la porta. Il silenzio che seguì le fece gelare il sangue nelle vene.

Disperata si lasciò cadere a terra. Mentre le prime lacrime iniziavano a solcarle il viso, la porta dietro cui era scomparso il dottore si riaprì e la sagoma di un Martin dai vestiti bruciacchiati si stagliò sulla soglia.

«Vittoria!» disse il ragazzo, alzando il braccio in alto e formando un V con le dita prima di perdere i sensi e cadere a terra, faccia avanti.

Preoccupata Diana gli si avvicinò e lo girò.

«Martin, Martin riprenditi!» iniziò ad urlare.

Vedendo che non si riprendeva, iniziò a farsi prendere dal panico e a scrollarlo.

«Martin, ti prego svegliati!» supplicò.

«No, Amore mio, non puoi lasciarmi!» sussurrò, disperata, per poi accasciarsi a piangere sul suo petto, ignara che il ragazzo stava già riprendendo conoscenza ed aveva quindi udito chiaramente le sue ultime parole.

Paralizzato da ciò che aveva sentito, Martin rimase fermo alcuni minuti, fingendosi ancora svenuto.

Ad un tratto, Diana sentì qualcuno accarezzarle i capelli. Alzato il capo di scatto, si ritrovò davanti il viso di Martin, sveglio e sorridente.

«Non sai che paura mi hai fatto prendere!» gridò, gettandogli le braccia al collo.

Sapeva che non era un comportamento usuale in lei, sapeva anche che avrebbe potuto insospettire Martin ma in quel momento non le importava. Aveva temuto di averlo perso e adesso aveva bisogno di sentirlo vicino.

«Mi dispiace, non ti libererai di me così facilmente!» scherzò lui.

Diana lo fissò negli occhi, sorridendo tra le lacrime e gli assestò uno scappellotto scherzoso sulla spalla.

«Quel tizio voleva fulminarmi ma sono riuscito a metterlo ko, adesso, però, è meglio chiamare il Centro per portarlo via, prima che si svegli.» disse Martin rialzandosi ed aiutando Diana a fare lo stesso.

Pochi minuti dopo la chiamata, gli uomini del Centro vennero a prelevare il dottor Quasar e a far sparire ogni traccia del suo laboratorio.

«Ottimo lavoro, agenti.» disse M.o.m, avvicinandosi a loro. «Agente Mystere, è sicuro di stare bene?» disse la donna, osservando il suo aspetto malconcio.

«Non si preoccupi, nessun danno.» rispose Martin facendo l'occhiolino, per poi esibirsi in alcune mosse da culturista che lasciarono perplessa sia M.o.m che Diana.

«M.o.m siete riusciti a scoprire chi era quell'uomo?» chiese Diana.

«Un ex militare, cacciato dall'esercito per il suo progetto di sfruttare le capacità aliene per rendere più forti i soldati trasformandoli in ibridi.»

«Che orrore!» esclamò Diana rabbrividendo.

Sentendosi osservata, la ragazza volse lo sguardo e vide che Martin la fissava.

«Tutto ok?» gli chiese.

«Certo!» affermò lui, volgendo il capo perché non scorgesse il rossore che si era diffuso sul suo viso. Nonostante le buffonate in cui si era esibito, in realtà, non riusciva a dimenticare le parole di Diana.

«Bene ragazzi, il vostro lavoro qui è finito. Potete andare.»

Salutata M.o.m, i due entrarono in un altro portale che li riportò nel parco della Torrington.

«Io vado in camera mia.» disse Diana, dopo aver raccolto i libri che aveva lasciato sul prato.

«Ok, buonanotte.» rispose Martin, avviandosi dal lato opposto.

«Martin, sei pronto per il cinema?» chiese Billy, andandogli incontro insieme a Java.

«Cinema?» chiese Martin, perplesso.

«Oggi noi vedere “Super scemi galattici”!» esclamò Java.

«A dire il vero mi sento un po' stanco, sono appena tornato da una missione.» disse Martin, impossibilitato a spiegare il vero motivo per cui sarebbe voluto rimanere da solo.

I due lo guardarono con aria sconsolata.

«Ma oggi è l'ultimo giorno di programmazione!» protestò Billy.

«E va bene, andiamo.» concesse, infine.

Cambiatosi in fretta, raggiunse i due amici rassegnato all'idea di dover rimandare le sue riflessione e, in fondo, speranzoso che la distrazione potesse essergli utile per chiarirsi le idee.

 

Mentre i tre amici si incamminavano verso il cinema, Diana, con un sospiro, rientrava in camera sua.

Mio Dio, come ho potuto essere tanto avventata da lasciarmi andare così, si disse.

Cosa avrei fatto se Martin mi avesse sentito, si chiese, lasciandosi poi scivolare a terra.

Qualche minuto dopo, rialzatasi, poggiò la sua borsa sul tavolo e si affacciò alla finestra mentre un sorriso di sollievo le si dipingeva in volto al pensiero che Martin stesse bene.

Nel frattempo, i tre ragazzi avevano raggiunto il cinema ed avevano preso posto.

Durante la proiezione del film Martin aveva lo sguardo un po' perso, Java e Billy non poterono fare a meno di accorgersene e di chiedersi cosa lo rendesse così silenzioso.

«Martin, tutto bene?» chiese Billy all'uscita dal cinema.

«Ve l'ho detto sono solo stanco.» rispose il ragazzo, cercando di tranquillizzare gli amici.

 

Raggiunta la scuola, Martin salutò velocemente gli altri due e si diresse verso il suo dormitorio. Durante il tragitto si ritrovò a passare davanti la finestra della camera di Diana e, istintivamente, alzò lo sguardo per osservarla. Un sorriso dolce gli spuntò sulle labbra vedendo le luci spente e immaginandola addormentata nel suo letto.

Resosi conto del comportamento che stava tenendo, arrossì e affrettò il passo in direzione della sua camera.

Rientrato nella sua stanza si fiondò sotto la doccia per schiarirsi le idee.

Finita la doccia, ancora gocciolante, con soltanto un asciugamano intorno ai fianchi si gettò sul letto.

Le parole di Diana continuavano a ritornargli in mente ma, per quanto fosse certo di averla udita, gli sembrava ancora assurdo che avesse sentito davvero la sua amica chiamarlo “Amore mio”.

Ciò che lo stupiva non erano solo le parole ma anche la sua stessa reazione: sentendole, il suo cuore aveva preso a battere freneticamente; non gli era sembrato strano, non gli era venuto da ridere...si era sentito felice e questa consapevolezza lo lasciava perplesso.

Possibile che mi sia innamorato di lei, si chiese.

Impossibile, una ragazza seria come lei non s'innamorerebbe mai di un buffone come me, si rispose tristemente.

Sbuffando si alzò dal letto e, gettato a terra l'asciugamano, si rivestì per poi tornare a sdraiarsi.

Quei pensieri ripetitivi non lo stavano portando da nessuna parte e sperava che, nel momento in cui l'avesse rivista, sarebbe riuscito a fare chiarezza sui suoi sentimenti.

Con fare risoluto, spense la luce pregando in cuor suo che il sonno venisse a sottrarlo ai suoi pensieri.

 

Mentre Martin annegava nei suoi dubbi, Diana, sdraiata nel suo letto, si sentiva schiacciare dalle proprie certezze.

Lui non amerà mai una tipa ordinaria come me, a lui piacciono quelle come Jenni, constatò, mentre una lacrima solitaria le scivolava lungo la guancia per andarsi a perdere nel cuscino.

Con un ultimo sospiro, Diana si raggomitolò in posizione fetale. Doveva dimenticare le parole che avventatamente si era lasciata scappare. Non avrebbe rovinato la sua amicizia per dei sentimenti senza futuro.

 

La mattina successiva i due ragazzi si fecero coraggio alla prospettiva d'incontrare l'altro.

Con i nervi a fior di pelle giunsero davanti alla classe dove si sarebbe tenuta la prima lezione.

«Buongiorno Diana.» disse Martin, con lo sguardo fisso all'orizzonte.

«Ciao Martin.» rispose Diana, mantenendo lo sguardo basso per nascondere il disagio. Se solo avesse alzato lo sguardo, si sarebbe accorta che il ragazzo condivideva il suo stesso imbarazzo.

Durante tutta la lezione Diana ebbe l'impressione di essere osservata e, alzati gli occhi, più volte notò che Martin la fissava per poi distogliere lo sguardo appena lei alzava il suo. Questo atteggiamento, a cui non sapeva dare una spiegazione, la agitava alquanto.

Non poteva fare a meno di pensare che fosse dovuto alle parole che aveva detto quando temeva di perderlo; era certa che lui in quel momento fosse privo di conoscenza eppure non poteva impedirsi di sentirsi agitata.

Il resto della mattinata trascorse piuttosto tranquillamente per entrambi, per loro fortuna avevano avuto lezioni separate.

All'ora di pranzo, come al solito, si ritrovarono in mensa.

Erano appena giunti davanti a Java, quando l'U-watch iniziò a suonare.

Con un balzo, scavalcarono il bancone per poi fiondarsi nel portale apparso dentro al frigo.

Dopo essere stati identificati tutti e tre, raggiunsero l'ufficio di M.o.m.

«Ben arrivato Martin!» disse la donna, inarcando un sopracciglio nel vedere gli altri due. «Deve esserci stato un errore di comunicazione.» commentò.

«Scusami, M.o.m, non ho fatto in tempo ad avvisare Martin che la chiamata era solo per lui.» spiegò Billy, appena arrivato.

«Cosa è successo?» chiese Martin, lievemente preoccupato.

«Accomodatevi.» disse M.o.m, premendo un bottone e facendo apparire tre poltrone. «Vedi, Martin, quando ti ho restituito l'U-watch non ho avuto modo di spiegarti che vi era stato inserito anche un cardiofrequenzimetro per controllare i parametri vitali dei nostri agenti. Durante il controllo dei rilevamenti è stato registrato un brusco innalzamento dei battiti quindi abbiamo necessità di capire ciò a cosa sia dovuto.»

«Il caro dottor Quazar mi ha dato una bella scarica elettrica, potrebbe essere stato quello.» ipotizzò il ragazzo.

«Le alterazioni dovute alla scarica sono precedenti allo sbalzo, quindi deve essere stato qualcos'altro.»

A quelle parole, Martin si irrigidì leggermente.

Intanto Diana aveva avvertito il suo cuore perdere un battito.

«Magari la scossa ha rovinato l'apparecchio.» suppose, ancora, Martin.

«È una possibilità ma va verificata quindi consegnami l'U-watch così potremo analizzarlo mentre tu vieni sottoposto ad un controllo cardiaco, giusto per stare tranquilli.» disse M.o.m.

Anche se a malincuore, Martin slacciò l'orologio e lo consegnò al suo capo.

«Billy ti accompagnerà nel laboratorio dove ti verranno fatti i controlli» disse, ancora la donna.

«Io potere andare con Martin?» chiese Java.

Al cenno affermativo del Capo, i tre ragazzi uscirono dall'ufficio.

«Agente Lombard, se vuole può tornare alla Torrington.» disse la donna, quando furono rimaste sole.

«Se per lei non è un problema, vorrei attendere i risultati dei test.» rispose Diana.

«Tiene molto all'agente Mystere.» constatò M.o.m.

Di fronte alla verità di quelle parole, la ragazza abbassò lo sguardo, a disagio.

«Non c'è motivo di vergognarsi.» la rassicurò «Comunque per me non c'è nessun problema, rimanga pure qui, però dovrà farsi compagnia da sola mentre io vado ad esaminare l'U-watch.»

«Non si preoccupi.» la rassicurò Diana, con un sorriso imbarazzato, tirando fuori un libro dalla tracolla.

Con un enigmatico sorriso stampato in volto M.o.m uscì dall'ufficio.

Rimasta sola, Diana cercò di concentrarsi sulla lettura ma il tumulto dei suoi pensieri glielo impediva.

Non solo la perspicacia di M.o.m l'aveva destabilizzata, facendole temere che i suoi sentimenti fossero facilmente decifrabili per chiunque ma, inoltre, non poteva fare a meno di chiedersi se quell'accelerazione dei battiti di Martin fosse dovuta ad un mal funzionamento dell'U-watch, a qualche scompenso nel cuore del ragazzo o, ipotesi più assurda, alle sue parole.

 

Trascorsa circa un'ora, M.o.m rientrò nel suo ufficio e non si stupì di trovare Diana seduta in poltrona col libro nella stessa pagina di un'ora prima.

«Ho qui i risultati dei test sull'U-watch, adesso non ci resta che aspettare Martin.»

Pochi minuti dopo, i tre ragazzi fecero ritorno.

«Ecco i risultati del controllo.» disse l'esserino verde mentre consegnava un dischetto alla donna.

Fatti apparire due schermi olografici, M.o.m iniziò a verificare i dati con sguardo assorto.

Quando ebbe finito, alzò lo sguardo sui suoi agenti e si portò davanti la scrivania.

«Agente Mister posso dirle con piacere che i risultati dei suoi test sono perfetti, è in ottima salute. D'altro canto anche l'U-watch risulta perfettamente funzionante.» spiegò.«Non ci rimane che accedere alle rilevazioni ambientali e sincronizzarle con i dati registrati dal cardiofrequenzimetro.»

«Rilevazioni ambientali?» chiese Martin, confuso.

«Il rilevatore è l'altro strumento che abbiamo inserito nel suo equipaggiamento, permette di rilevare sbalzi termici, campi magnetici, ultrasuoni, qualsiasi cosa possa interferire con l'operato dei nostri agenti.»

Quelle parole ebbero il potere di far accelerare il battito di due dei presenti: Diana temeva ciò che la registrazione avrebbe rivelato e Martin tremava al pensiero della reazione di Diana quando si fosse resa conto che lui sapeva.

«Magari noi nel frattempo potremmo tornare a scuola, così lei potrà lavorare in pace.» propose Diana, in un estremo tentativo di salvare la situazione.

«Ci vorrà solo qualche minuto.» Ribatté M.o.m che, mentre parlava, aveva già provveduto a collegare l'U-watch al computer.

Impossibilitati ad uscire da lì, i due ragazzi fissavano il computer come fosse una bomba pronta ad esplodere.

Dopo pochi secondi degli strani fruscii iniziarono a diffondersi tramite gli altoparlanti.

“Moscerini, benvenuti nel mio regno!” si sentì.

«Dobbiamo andare ancora un po' avanti.» disse M.o.m, continuando a trafficare con la tastiera del pc.

“Vittoria!”

«Ecco Martin, questo sei tu dopo che hai sconfitto il dottor Quasar, ci siamo quasi.»

Il rumore di un tonfo echeggiò nella stanza.

“Martin, Martin riprenditi!”

“Martin, ti prego svegliati!”

Consapevole di quello che fra poco tutti avrebbero sentito, Diana si strinse nelle spalle e abbassò lo sguardo mordicchiandosi le labbra, come chi attende di essere colpito.

Martin, dal canto suo, non smetteva di far saettare lo sguardo dal pc a Diana, alla ricerca di un modo per interrompere la trasmissione.

“No, Amore mio, non puoi lasciarmi!”

Le parole echeggiarono limpide nella stanza.

Gli occhi di Java e Billy si allargarono per lo stupore mentre M.o.m non poté fare a meno di sentirsi in colpa per essere stata l'inconsapevole fautrice della rivelazione. Non era certamente quello che si aspettava di trovare nella registrazione.

Diana, non riuscendo a sopportare gli sguardi di tutti puntati su di lei, corse fuori dalla stanza.

«Diana, ti prego, fermati.» urlò Martin, correndogli dietro.

Preoccupato, anche Billy stava per uscire dall'ufficio ma M.o.m lo bloccò parandoglisi davanti.

«Devono chiarirsi da soli.» spiegò «Java, puoi tornare alla Torrington, mentre tu Billy torna a lavoro.»

I due, non potendo fare altro, lasciarono l'ufficio.

Rimasta sola, M.o.m tornò alla sua scrivania con un sospiro. Voleva bene ai suoi agenti e, dopo quanto era successo, sperava solo che l'incidente non causasse troppi danni.

Intanto Diana, appena uscita dall'ufficio, era fuggita in direzione dell'uscita.

Grazie al suo distintivo di agente le era stato facile farsi aprire un varco dimensionale e, senza voltarsi indietro, vi si era lanciata.

Appena sbucata in camera sua, sentì il rumore di qualcuno che cadeva dietro di lei, giratasi, vide che a seguirla era stato Martin.

«Per favore, vai via» lo pregò, con la voce rotta dal pianto «Dalla registrazione è chiaro che tu hai sentito quello che ti ho detto e dalla tua reazione è altrettanto chiaro che non contraccambi i miei sentimenti e che preferivi fingere di non sapere nulla. Quindi adesso lasciami sola. Quando domani ci vedremo riprenderemo la nostra solita vita, come se non fosse successo nulla.» disse, avvicinandosi alla porta.

«No!» rispose, semplicemente, Martin.

«Che vuol dire no?!»

«No, non voglio dimenticare quello che mi hai detto.» protestò Martin, sentendo improvvisamente caldo. Non era decisamente abituato ad affrontare discorsi seri.

«Perché non vuoi? Perché così ogni volta che ti dirò che non hai speranze con Jenni potrai rinfacciarmi che neanch'io sono riuscita a resistere al tuo fascino?» chiese, ormai in preda alla disperazione. «Non avrei mai pensato che fossi così meschino!» commentò, abbassando lo sguardo, sconfitta.

«Diana, maledizione, ascoltami!» urlò il ragazzo, afferrando l'amica per le spalle e arrossendo nel vedere il suo sguardo puntato nel suo. «È vero, io ho sentito tutto ma non ti ho detto nulla perché mi sentivo confuso.» chiarì.

Diana lo fissò, stupita.

«Mi sono sempre sforzato di vederti solo come un'amica, certo che non potesse mai interessarti un tipo come me. Poi tu mi hai detto quelle parole ed io non ci ho capito più nulla.» spiegò, con voce più titubante ed emozionata ad ogni parola.

Rossa in viso, la ragazza lo fissava, mordicchiandosi il labbro inferiore, impossibilitata a capacitarsi che quelle parole fossero uscite dalla bocca di Martin.

L'attenzione del ragazzo fu calamitata dalla bocca di Diana: quel gesto, così usuale in lei, non gli era mai sembrato tanto sexy.

Pur se imbarazzato per la situazione insolita, Martin avvicinò il suo volto a quello di lei e, dopo averle lanciato un ultimo sguardo, per essere certo che anche lei fosse d'accordo, si appropriò delle labbra di Diana stringendola forte a se mentre lei, stupita e felice, si aggrappava alla sua camicia e schiudeva le labbra con un sospiro di beatitudine.

Totalmente presi dal bacio, non si accorsero di due figure che, ridacchiando, li spiavano arrampicati sull'albero di fronte alla finestra, i quali, a loro volta, non si accorsero di una terza figura, appena giunta, finché questa non poggiò loro le mani sulle spalle.

«Non sta bene spiare!» redarguì M.o.m, facendo sussultare Billy e Java.

I due, una volta scoperti, non ebbero altra alternativa che scendere e dileguarsi mentre la donna, prima di andare via, gettava un'occhio dentro la camera.

Ora dovrò fargli un bel discorsetto sulla divisione tra vita privata e lavoro, pensò, ma il sorriso stampato sul suo volto rivelava che, in fondo, era felice per loro.

«Povera Jenni, chissà quanto soffrirà adesso!» commentò, intanto, Martin, ancora con Diana tra le braccia.

«Martin!» sibilò la ragazza, staccandosi da lui e brandendo un enorme martello di legno.

«Ecco la Diana che mi piace!» esclamò, esibendo un sorriso divertito.

La ragazza lasciò cadere il martello e si portò le mani alle guance, rosse per l'imbarazzo mentre Martin approfittava della distrazione per stringerla nuovamente a sé.

«La mia Diana.» le sussurrò a fior di labbra, sorridendo del suo rossore, prima di baciarla dolcemente.

  
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